PRIVILEGIA NE IRROGANTO di Mauro Novelli


 

Il PuntO 83.

L’ineffabile peso delle Assicurazioni auto nel paniere Istat: ma  la spiegazione c’è!

 

Di Mauro Novelli    22-10-2006

 

Abbiamo sempre sostenuto che le compagnie di assicurazione (come del resto le banche) godono di buona stampa e di buone leggi. Ma una pur veloce analisi al paniere Istat ci fa considerare riduttivo quel giudizio: godono infatti anche di buone statistiche.

Ecco che cosa abbiamo potuto rilevare da una indagine temporale sul paniere Istat, cioè sull’elenco di beni e servizi (oltre mille) che l’ Istituto centrale di statistica stila per permettere le rilevazioni delle variazioni di prezzo, cioè dell’inflazione. Ad ogni voce l’Istat annette un “peso” in funzione della maggiore o minore incidenza di quel prodotto o servizio (sia per prezzo, sia per frequenza di acquisto) sulla spesa totale che, per convenzione, è fatta pari a 1.000.000. In altri termini, peserà più la voce “Ortaggi e legumi freschi” della voce “Sale da cucina” e della voce attrezzi da giardino. L’Istat varia ogni anno la composizione del paniere cercando di adeguarsi ai cambiamenti delle abitudini, dei costumi, delle mode.

E’ evidente che la variazione di prezzo di un prodotto del paniere incide sul calcolo dell’inflazione in funzione del peso ad esso assegnato dall’Istat.

E veniamo alle assicurazioni sui mezzi di trasporto (RC Auto, incendio e furto ecc.).

Dopo la liberalizzazione del settore (luglio 1994) abbiamo assistito ad unimpennata dei premi RC Auto ecc. Alcune  associazioni dei consumatori – Adusbef in testa - hanno denunciato a gran voce le storture di mercato che si stavano creando (avvalorate dalla condanna Antitrust a pagare 700 miliardi per cartello  a carico di 37 compagnie,  ridotte a 17 dal TAR Lazio).

La tabella riporta l’andamento dei premi dal 1996 al 2002 per alcuni paesi della UE: in Italia quasi raddoppiano; nello stesso periodo, in Francia sono calate dell’8 per cento. Facciamo notare che la rilevazione è di fonte Antitrust, non Istat.

 

EVOLUZIONE DEI PREMI IN ALCUNI PAESI EUROPEI (1996-2002)

NUMERI INDICE (1996 = 100) [Fonte Antitrust]

 

 

Italia

Regno Unito

Spagna

Media U.E.

Germania

Francia

1996

100,0

100,0

100,0

100,0

100,0

100,0

1997

109,2

104,4

101,1

102,7

102,4

98,6

1998

124,3

116,6

105,2

101,9

  96,5

95,2

1999

145,2

130,8

113,5

107,5

101,8

91,9

2000

159,0

151,4

122,2

114,6

110,3

90,7

2001

176,2

165,2

128,4

122,5

118,6

90,8

2002

196,7

169,6

135,6

128,4

119,7

92,0

 

 

Né il mercato italiano giustifica le gramaglie mostrate in ogni occasione dalle compagnie.

Le tabelle che seguono mostrano dati illuminanti. Con una popolazione simile per Francia, Gran Bretagna ed  Italia, nel nostro paese operavano – a fine 2004 - 245  compagnie assicurative, quasi la metà di quelle presenti in Francia (480), meno di un terzo di quelle operanti in Gran Bretagna (772).

Perché in Italia sono in grado di operare così poche compagnie di assicurazione? Il settore è impermeabile  perché ben protetto, o non conviene per motivi puramente mercantili? Lasciamo in sospeso la risposta.

Ma ancora: in Spagna (meno di 43 milioni di abitanti) operano 325 compagnie, 80 più delle nostre;  in Olanda (16 milioni di abitanti) prosperano 430 compagnie, 185 più delle nostre;  in Svezia (9 milioni di abitanti) 428 imprese  (183 in più che in Italia). Eclatante il caso della Danimarca dove i 5,4 milioni di danesi vedono attive 210 compagnie, soltanto 35 meno delle nostre.

Sfiducia degli italiani nei confronti delle compagnie? Eppure le nostre 245 compagnie aggregano il più alto livello di premi per singola impresa? 412 milioni di euro per ogni azienda italiana, contro i 330 milioni delle francesi, i  285 per ciascuna delle inglesi, i 225 delle tedesche, fino a giungere ai 45 milioni di euro delle svedesi.

 

 

Imprese di assicurazione e premi per impresa.

[ Fonti Ania ] Dati Numero 31.12.2005

 

 

Numero imprese d’assicurazione

(dati al 12.2004)(*)

1.    Regno Unito

772

2.    Germania

677

3.    Francia

480

4.    Olanda

430

5.    Svezia

428

6.    Spagna

325

7.    Italia

245*

8.    Irlanda

224

9.    Danimarca

210

10. Belgio

181

Raccolta premi per impresa

in milioni di euro

(dati  al 12. 2004)

 

1.   Italia

412

 

2.    Francia

330

 

3.    Regno Unito

285

 

4.    Germania

225

 

5.    Belgio

157

 

6.    Spagna

139

 

7.    Olanda

113

 

8.    Danimarca

75

 

9.    Irlanda

53

 

10. Svezia

45

 

 

(*)Le compagnie italiane sono scese a 240

     nell’aprile 2006

 

 

Con tali caratteristiche di mercato, con un legislatore impressionato dalle gramaglie, con i media altrettanto comprensivi e sensibili alle campagne pubblicitarie, l’Istat non poteva dimostrare un minor grado di umana indulgenza.

Ecco come.

La tabella seguente riporta i pesi di alcune voci di spesa assegnati dall’Istat per i Panieri del 2002, 2003, 2006.

 

Panieri Istat (totale pesi: 1.000.000)

Definizione dei pesi per alcune voci nel 2002, 2003, 2006

 

 

PANIERE 2002

PANIERE 2003

 

PANIERE 2006

Biancheria uomo

3.749

3.438

3.001

Cristalleria e vasellame

3.747

4.104

4.086

Orologi

3.138

3.087

2.193

Assicurazioni mezzi di trasporto

3.113

4.181

12.566

Pane

11.170

11.049

11.057

 

 

Nel 2002,  premi assicurativi sui trasporti pesavano meno di “Orologi”; molto meno di “Cristalleria e vasellame” e di “Biancheria per uomo”; addirittura un quarto del “Pane”.

Per avere un termine di paragone più familiare, possiamo considerare il totale dei pesi pari a 1.000 euro (e non a un milione di unità), quindi confrontabile con una spesa mensile media. Con tale accomodamento virtuale, possiamo dire che (nel 2002)   i mille euro, destinati dall’italiano medio alla spesa mensile, erano così impegnati 3,749 euro per acquistare biancheria per uomo; 3,747 euro per comprare cristalli e vasi; 3,138 euro per comprare orologi. Fin qui, i pesi sono plausibili. Ma che si spendano 3,113  euro al mese  (37,656 all’anno) per assicurare i mezzi di trasporto, mi pare proprio fuori dal mondo. E che addirittura i premi impegnino solo  un quarto di quanto si spenda per il pane, mi sembra proprio da pese delle meraviglie.

Abbiamo visto come, nel 2002, dopo la scorpacciata del raddoppio in 6 anni, le compagnie abbiano deciso di mostrare una minore famelicità sui premi RC Auto.

Il 2002 è quindi un anno di snodo. Fino ad allora, il peso delle “Assicurazioni sui mezzi di trasporto”era stato fortemente sminuito perché i vertiginosi aumenti dei premi non influissero pesantemente sulle rilevazioni dell’inflazione. Con ripercussione anche sui livelli della cosiddetta “inflazione programmata”: la cresta sulla cresta.

Decisa la moderazione, l’Istat provvide a rivedere il loro peso nel paniere 2003, aumentando un po’ (con molta calma)  quel valore ormai insostenibile anche per i talebani del settore assicurativo. Da un peso di 3.113 del 2002, si passò a 4.181 del 2003. Stessa sorte subì la voce “Cristalleria e vasellame” pesante 4.104. Insomma, nel 2003, la voce “assicurazioni auto” pesava solo un terzo dell’impegno finanziario occorrente per il “Pane”.

Con il Paniere 2004, appurata la convenienza per le compagnie  a non mettersi troppo in evidenza con i premi assicurativi (con alcuni propositi di diminuzione), l’Istat – da un anno all’altro - triplica il peso della voce per portarla a 12.074: in caso di diminuzione, il livello d’inflazione ne avrebbe avuto giovamento.

Nel 2006, si è infine passati ad un peso di 12.566, poco più del “Pane” che pesa oggi 11.057.

Per tornare al paragone precedente, nel mese la spesa totale media di 1.000 euro vede le “Assicurazioni per i mezzi di trasporto” collocarsi a 12,566 euro (circa 150,792 euro l’anno), il Pane a 11,057 euro (132,684 euro l’anno).

Incredibile?

 

La spiegazione.

 

Ma si fornisce una spiegazione. Non quella dei diffidenti come noi, infilata “alla traditora” e mirante a colpire le amorose attenzioni dell’Istat affinché gli aumenti imposti dalle compagnie non si avvertano sui dati dell’inflazione. Ma una spiegazione ferreamente logica. Eccola.

E’ vero che gli assicurati pagano il premio, ma è anche vero che, se hanno incidenti, avranno dei risarcimenti. Quindi il peso della voce non può non alleggerirsi di conseguenza, perché l’Istat considera un’entrata il risarcimento del danno.

Capito? Paghi il premio, ma, se per fortuna hai un incidente, secondo l’Istat rientri della somma! E se la fortuna è con la C maiuscola ti avanza anche qualche euro.

Non stiamo scherzando.

Ricapitoliamo la spiegazione: il premio assicurativo è (ad esempio) di 1.100 euro l’anno; ho un incidente con danni di 1.500 euro; pago la somma  al carrozziere/meccanico e la compagnia mi rimborsa. Secondo l’Istat, ho recuperato 1.500 euro: l’intero premio di 1.100 euro, più una entrata extra pari a 400 euro.

Al contrario, il portafogli mi dice che  ho sempre il premio di 1.100 euro in uscita.

Ammettiamolo: la comprensione dell’Istat per le gramaglie delle compagnie  è commovente.

Tale logica (accolta solo dai gonzi - di pochezza intellettuale ma di incrollabile famelicità - da noi eletti per legiferare) condurrebbe a dare peso zero al Pane (alimento fondamentale), alle Cure ospedaliere, alle Cure mediche, alla Carne bovina. Tutte voci che contribuiscono a tenerci la vita. Basta monetizzare.

E’ un suggerimento che offriamo all’Istat.

 

 

 

Argomento correlato: Il PuntO 76. Servizi assicurativi: una indagine quantitativa. Con sorprese.