PRIVILEGIA NE IRROGANTO di Mauro Novelli


 

Il PuntO 82.

TV: due domande sulla riforma Gentiloni.

 

Di    Mauro Novelli 15/10/2006

 

 

1) Sul ripristino delle regole di concorrenza.

In un mercato da decenni graniticamente duopolistico, che significato ha fissare al 45 per cento il tetto alla pubblicità dei competitors? Fatto il pieno (con l’aiutino di sorvolare su qualche sforamento, comme d’abitude) resta agli “altri” il 10 per cento. Concorrenza vorrebbe che, se si interviene per imporre le regole della concorrenza in mercato con sclerosi duopolistiche, il legislatore  dovrebbe imporre -  per i due dominanti - il tetto massimo del 50 per cento del mercato, cioè non più del 25 per cento in capo ad ogni operatore, per lasciare agli altri “partecipanti” la metà del mercato. Forse l’Antitrust di Catricalà avrà qualcosa da dire. Diciamo meglio: l’Antitrust di Catricalà avrà qualcosa da dire ? E quello europeo?

2) Sul ripristino della legalità e del rispetto delle sentenze.

In Italia, da sempre, il potere legislativo e quello esecutivo sono inclini ad allearsi contro il potere giudiziario che – diciamocelo – rompe spesso le loro uova nel paniere. Nell’ultimo ventennio, il contrasto si è acuito, anche per una evidente decadenza della qualità dell’offerta politica di governi e legislatori. Gli atteggiamenti di rottura, di conseguenza, si sono fatti mediaticamente più marcati.

 Ma  da un governo che si dice deciso a ripristinare nel corpo sociale espressioni di maggior rispetto della legalità ed a colpire l’inclinazione ad imporre scelte  di convenienza politica, non ci saremmo aspettati un tanto “naturale” stravolgimento dei confini di intervento: lascia interdetti la “cassazione”, da parte dell’Esecutivo, della sentenza della Corte Costituzionale 466 del  20 novembre 2002. La Corte  aveva stabilito che la legge Meccanico sul settore delle comunicazioni era illegittima nella parte in cui non definiva un termine certo e non prorogabile oltre il 31.12 03, per la cessazione delle trasmissioni via etere di Rete 4. La Corte aveva mal digerito la l’annosa fase transitoria e ne aveva accettata “l’attuale prosecuzione, purché temporaneamente limitata”; aveva inoltre definito l’incostituzionalità della legge poiché – riferendosi ad uno sviluppo della rete digitale “ancora in una fase di mera sperimentazione” - non garantiva “alcuna certezza di cessazione della fase transitoria entro un termine congruo e definitivo”. Imponeva, quindi, la fissazione di “un termine finale assolutamente certo, definitivo e dunque non eludibile” entro il quale o si dava concreto inizio ad un nuovo sistema realmente pluralistico o Rete 4 doveva cessare le trasmissioni via etere. Secondo la Corte, la data del 31.12.03 “offre margini temporali all’intervento del legislatore per determinare le modalità della definitiva cessazione del regime transitorio”. Detti margini temporali sono quindi senz’altro compresi tra il 20.11.02 (data della sentenza) e il 31.12.03 (decorrenza del nuovo regime).

Ma il 31.12.03 è trascorso senza che il legislatore intervenisse con nuove norme di sistema, ed  avrebbe dovuto imporre a Rete 4 – senza possibilità di rinvio - il trasferimento  sul satellite e lasciare il posto ad Europa 7,  legittimata ad utilizzare la concessione.

Ma, come abbiamo visto, la riforma Gentiloni “cassa” la sentenza della Corte Costituzionale: impone, infatti, ad entrambi i duopolisti di rinunciare ad una rete ciascuno con  trasferimento sul satellite. Ma solo nel 2009.

Forse il Presidente della Repubblica avrà qualcosa da dire. Diciamo meglio: il Presidente della Repubblica avrà qualcosa da dire ?