PRIVILEGIA NE IRROGANTO      di Mauro Novelli


 

 

IL PUNTO

 

Di Mauro Novelli

 

mauronovelli@adusbef.it

 

Raccolta dal n°  60  al n°  68 (dal 18-11-2005 al 27-06-2006)

 

 

 

 

 

Il PuntO n° 68.  Doverose scuse a Speroni

Il PuntO n° 67. Evasione fiscale. Anno 2002: sono macati all’appello oltre 244 miliardi di euro

Il PuntO n° 66. Attenzione. Prezzo del rame e valore dei centesimi di euro: una notizia falsa.

Il PuntO n° 65. Il rubamazzo col trucco sulla Liberazione.

Il PuntO n° 64. Dalla linguaccia di de Gaulle all’ “è mio” di Villepin.

Il PuntO n° 63. Finanze familiari: due scoperte preoccupanti.

Il PuntO n° 62. Sulle informazioni finanziarie detenute in banche dati.

Il PuntO n° 61. Sul debito pubblico e sulle ripercussioni del probabile aumento del tasso Bce

Il PuntO n° 60. Sul credito al consumo in Italia

 


Il PuntO n° 68.  Doverose scuse a Speroni.

Di Mauro Novelli 27-6-2006

Ha ragione Speroni: facciamo schifo! Non sappiamo riconoscere i grandi statisti come lui. Lo pensavamo – a torto - animale politico da branco…. e invece….
Una raccomandazione mi sento in dovere di fare ai nostri Celti: prima di emigrare in Svizzera (per abbassare, come meritiamo, le nostre già meschine medie antropologiche) accertatevi che almeno oltreconfine sappiano riconoscere i grandi statisti, che non vi scambino cioè per compagni di Bruno…..
Sapete come sono gli Svizzeri…. meglio avvisarli per tempo.

Un ultimo consiglio. Cercate di camuffare un po’ il Calderoli: potreste ritrovarvi in un serraglio, svizzero e perfettamente funzionale.

 


 

Il PuntO n° 67. Evasione fiscale. Anno 2002: sono macati all’appello oltre 244 miliardi di euro.

Ecco il calcolo dei redditi “dimenticati”. Un pizzo di 212 euro al mese per famiglia incassato dagli evasori.

 

Di Mauro Novelli . 21.5.2006

 

Due i dati che occorrono per il calcolo dell’evasione fiscale: i redditi dichiarati e quelli effettivi. Poiché i dati più recenti sono quelli relativi al 2002, procederemo al calcolo per quell’anno.

 

1) I redditi dichiarati.

Il Ministero delle finanze ha fornito recentemente i dati 2002 relativi alla distribuzione del reddito delle persone fisiche, aggregato dai dati Irpef.

Al di là delle “curiosità” e delle valutazioni – indignate o soddisfatte - sui dati relativi ai vari scaglioni (solo 245.814 concittadini “guadagnano” più di 100.000 euro l’anno), è interessante un dato complessivo: i 39.938.515 contribuenti (persone fisiche) hanno dichiarato redditi per 623,432 miliardi di euro.

Ecco la distribuzione:

 

 

 

2) I redditi 2002 effettivi (spesa reale + risparmio + pagamento debiti pregressi) dello stesso anno

2.a) La spesa effettiva delle famiglie.

Dalla tabella che segue, ricaviamo un altro dato: secondo l’Istat, la spesa delle famiglie residenti nel 2002 è stata di 751,847 miliardi di euro (valori a prezzi correnti).

 

 

2.b) Il risparmio delle famiglie.

La relazione del Governatore di Bankitalia del maggio 2004 fornisce il dato relativo al risparmio degli italiani nel 2002. In quell’anno, il reddito non speso è stato pari a 86,741 miliardi di euro (il 6,9 per cento del PIL).

 

 

 

2.c) I debiti rimborsati.

La stessa relazione del governatore indica in 29,462 miliardi di euro il debito delle famiglie a medio-lungo termine.

 

Sommando la spesa effettiva totale (751,847 miliardi di euro) al risparmio totale (86,741 miliardi di euro) ed  alla somma destinata al rimborso degli impegni finanziari (29,462 miliardi di euro) otterremo il reddito complessivo delle famiglie per l’anno 2002. Esso ammontava a 868,050 miliardi di euro.

 

Sottraendo il reddito per le persone fisiche dichiarato nel 2002 (623,432 miliardi di euro) al reddito effettivo così calcolato (868,050 miliardi) otteniamo la somma mancante all’appello fiscale: 244,618 miliardi di euro non dichiarati all’Erario e per i quali non sono state pagate tasse.

 

Basterebbe riuscire a tassare quei capitali al 23 per cento (aliquota minima) l’Erario introiterebbe 56,262 miliardi di euro: potremmo evitare due robuste manovre fiscali correttive.

Ogni anno, alcuni cittadini rubano soldi a noi ed alle nostre famiglie. Quanto?

Poiché il numero delle famiglie italiane era, nel 2002, pari a 22.103.000, è come se gli evasori rubassero 2.545 euro a famiglia ogni anno (minimo).

Un pizzo da 212,08 euro al mese (minimo).

Forse è giunto il momento di mettere in piedi un meccanismo di difesa contro coloro che invece di pagare le tasse, ci impongono il pizzo.

 

 

Il PuntO n° 66. Attenzione. Prezzo del rame e valore dei centesimi di euro: una notizia falsa.

Di Mauro Novelli  12.5.2006


Nell’ultimo anno il prezzo del rame si è impennato. A frante dei nuovi valori, le monete che vengono battute in quel metallo hanno acquisito un alto valore intrinseco, in alcuni casi ben superiore al valore facciale. Tra queste, ad esempio, la monetina britannica da 2 pence di valore nominale ingloba una quantità di rame che vale 3 pence. Si potrebbe fonderle, vendere il metallo e guadagnare la differenza.
Sta girando la falsa notizia che anche le nostre monetine da 1, 2 e 5 centesimi di euro sarebbero di rame e che potrebbero avere un valore intrinseco superiore ai rispettivi valori facciali.
Niente di più falso: le nostre prime tre monetine non sono di rame, ma semplicemente placcate in quel metallo. Basta fare la prova con una calamita: le monete da 1, 2 e 5 centesimi sono attratte dal magnete, quindi devono essere composte da un’anima di ferro (o di altro metallo magnetizzabile) e da una placcatura ramata. Se le nostre monetine fossero di rame non verrebbero attratte perché il rame è metallo non magnetizzabile, quindi insensibile alla calamita.
I pochi micron di metallo rosso non giustificano, pertanto, una tesaurizzazione.
Comunque, la Banca d’Inghilterra ricorda ai sudditi di sua mestà ed ai possessori di pennies che fondere monete è fuori legge.

12/05/2006

 

 

Il PuntO n° 65. Il rubamazzo col trucco sulla Liberazione.

Di Mauro Novelli  - 25 aprile 2006



Alcune forze politiche continuano a ringraziare gli anglo-americani perché, a loro avviso, sbarcarono in Sicilia (9 e 10 luglio 1943) per liberarci. Contemporaneamente, dalla stessa parte, si vorrebbe sostenere la pari dignità tra repubblichini e partigiani.
Delle due, l’una: se gli anglo-americani ci hanno liberati dai nazifascisti, vuol dire che costoro erano nostri carcerieri e sarebbe opportuno non contrabbandare una loro pari dignità con le forze che cercavano di affrancare il Paese da aguzzini e loro scherani; se invece si vuole dare pari dignità ai repubblichini, occorre sostenere e dimostrare che costoro non erano nostri carcerieri. In tal caso, gli anglo-americani non avevano nessuno o alcunché da liberare. Quindi nessuno li incensi con pelosi e cortigiani caroselli, con la speranza di recuperare qualche cascame d’immagine.
La verità è un’altra. Gli americani sbarcarono in Italia per sconfiggere Germania ed Italia – obbiettivo sacrosanto e legittimo - che avevano loro dichiarato guerra l’11 dicembre 1941, quattro giorni dopo l’attacco giapponese di Pearl Harbour (7 dicembre ‘41). La maschia iniziativa di Hitler e di Mussolini tirò quindi gli USA dentro un conflitto che sembrava praticamente vinto.
La giusta volontà anglo-americana di fare il …. mazzo a chi li aveva aggrediti nella convinzione di spartirsene le spoglie di li a poco, ebbe in Italia l’ effetto collaterale della nostra liberazione, ma solo grazie alla presenza ed all’azione delle forze partigiane ed alla rivolta contro gli aguzzini nazifascisti della parte più consapevole degli italiani. Senza l’azione di resistenza avremmo subito la sorte di Germania e Giappone.
La Germania fu infatti occupata dagli alleati, si ritrovò liberata per concessione dei vincitori e tribolò 45 anni prima di potersi riunificate. Solo dopo il suo risveglio, il popolo tedesco fu informato di quanto aveva combinato in sei anni di atrocità.
In Giappone, dopo la tragedia atomica, l’Imperatore dovette imporsi ai suoi generali perché accettassero la resa: i condottieri erano infatti decisi a continuare il conflitto fino alla distruzione totale del paese. Il popolo giapponese - come quello tedesco - ebbe il ruolo “esaltante” di affidabile carne da cannone per i generali. Oltre all’occupazione militare USA, il Giappone ha dovuto approvare una costituzione che vieta la ricostituzione di forze armate.
Sulla Liberazione, il rubamazzo col trucco non è ammesso.

25/04/2006

 

 

Il Punto n° 64. Dalla linguaccia di De Gaulle all’ “è mio” di Villepin.
Aiutiamoli a crescere un po’ più in fretta.

di Mauro Novelli - 28.2.2006


E così, per la seconda volta in pochi mesi, i Francesi stanno mostrando al mondo tutta la loro gracilità attuale. Di fronte ad un mondo che cambia, alle difficoltà dell’Europa di raggiungere equilibri più avanzati, all’economia dell’Unione che cresce a stento, la Francia si ripiega su se stessa: prima boccia la Costituzione, poi inventa un nuovo modello econometrico, l’economia patriottica. Forse la Commissione per l’economia del Nobel non la prenderà in considerazione, ma l’innovazione va considerata con attenzione.
In pochi decenni, i transalpini hanno consumato inesorabilmente la loro migliore immagine: da portatori di valori proiettati nel futuro ed antesignani per tutti, ad infantili conservatori delle pochezze socio-culturali di oggi. A tal proposito mi viene in mente la linguaccia spacciata da De Gaulle per “prova di forza patriottica” quando, in visita al Canada [era vivo il problema del Quebec], non fece issare la bandiera del paese ospitante sul pennone della nave da guerra francese che lo trasportava. Una semplice puerile impertinenza nei confronti di una tradizione marinara, civile ed universale, fatta passare per manifestazione di grandeur e come tale accettata anche dai cittadini francesi più educati. In quaranta anni, siamo passati dalla linguaccia di De Gaulle all’ “è mio” di Chirac. Crescita un po’ lenta, ma pur sempre crescita. Forse andrebbe un po’ aiutata.
Siamo convinti che, dietro tale fulminea manovra di nouvelle économie, si celino strategie non proprio presentabili all’opinione pubblica francese, quindi europea; soprattutto siamo certi che sarà foriera di negatività per tutti i cittadini della UE.
Mi ripeto: non è facile “coltivare” (serve un buon Q.I.), molto più comodo “saccheggiare”. Ma prevedo ripercussioni su tutti i fronti economici italiani di proprietà transalpina (che vanta investimenti in Italia pari ad 8 miliardi di euro contro i nostri 3 o 4cento milioni investiti in Francia). Ci saranno ripercussioni nella grande distribuzione, nell’alimentare (Gs, Sma-Rinascente, Coin sono francesi come Cademartori, Locatelli, Invernizzi, Galbani), nell’energia (è francese la Edison), nel fronte bancario ed assicurativo.
Per inciso, un consiglio alla BNP Paribas: rinunci spontaneamente all’opa su BNL. Se il clima resta questo, potrebbe prendere una sonora musata commerciale.
Ho curiosato in uno dei siti consumeresti francesi più prestigiosi [www.quechoisir.org] gestito da “l’Union Fédérale des Consommateurs - Que Choisir”, sperando di trovare un commento in merito. Ma della vicenda che coinvolge, in prima battuta, i consumatori francesi non c’è traccia: si discetta di miele e di acqua. Certamente, non è facile per tutti valutare il nuovo modello di econometria patriottica: concediamo loro il tempo di studiare le conseguenze di una materia un po’ ostica.
Mi auguro che questa vicenda, pur con i guasti che provocherà, faccia alla fine crescere tutti, soprattutto coloro che credono di essere già cresciuti.

28/02/2006

 

 

 

Il PuntO n° 63. Finanze familiari: due scoperte preoccupanti.

Ancora sulle ripercussioni dell’aumento di BCE.

 

Di Mauro Novelli  – 6.12.2005

 

In calce, i “Consigli” di luglio 2005 sugli investimenti in titoli e sui mutui fondiari

 

Nel novembre del 2003, quando gli analisti finanziari cominciarono ad esprimersi apertamente su una previsione di tassi crescenti, tra i “Consigli” accolti dal sito di Adusbef scrivevamo:

“ in fase di tassi crescenti, si hanno le seguenti ripercussioni sui servizi bancari e finanziari:
- saranno più onerose le rate dei mutui a tasso variabile;
- crescerà (prontamente) l’onerosità degli affidamenti in conto corrente;
- cresceranno le cedole, quindi i rendimenti, dei titoli obbligazionari a tasso variabile (ad esempio i CCT);
- diminuirà il valore (prezzo) di mercato dei titoli obbligazionari a tasso fisso (ad esempio i BTP), perché circoleranno o verranno emessi titoli più remunerativi;
- non avranno invece ripercussioni negative tutti i servizi di prestito/mutuo a tasso fisso.”

 

“Avvisati” dalle ultime relazioni di Fazio (Bankitalia) e di Sella (Abi) abbiamo scoperto che oltre l’80 per cento dei mutui in essere è a tasso variabile (la percentuale cresce oltre il 90 per cento per i mutui stipulati più recentemente). Ne deriva che la penosità dei rimborsi aumenterà almeno per l’80 per cento dei titolari di mutuo fondiario. Ci auguriamo che buona parte di essi abbiano acceso mutui rivedibili nel tasso e che le condizioni economico-finanziarie di Eurolandia e degli USA non obblighino  Trichet a rincorrere gli aumenti imposti ai tassi americani.

E’ questa la prima triste scoperta.

La seconda, meno dolorosa ma sempre preoccupante, è derivata dall’analisi dell’andamento degli investimenti mobiliari delle famiglie italiane.

Dai supplementi al bollettino statistico ”Conti Finanziari” di Bankitalia, abbiamo ricavato il seguente andamento circa la qualità dei titoli acquistati dai risparmiatori.

 

Famiglie e istituzioni senza fini di lucro al servizio delle famiglie.

In miliardi di euro – Fonte Bollettini statistici Bankitalia “Conti finanziari”

 

ATTIVITA’ (alcune voci)

2° trim.

2001

2° trim.

2002

2° trim.

2003

2° trim.

2004

2° trim.

2005

2005/2003

(2° trim.)

2005/2001

(2° trim)

Liquidità e depositi (a vista e non)

645,3

680,4

741,0

797,7

842,3

+ 13,7 %

+30,5 %

BOT

22,1

27,1

22,7

22,1

10,7

- 52,9 %

- 51,6 %

CCT

88,5

65,8

31,5

21,2

11,1

- 64,8 %

- 87,5 %

BTP ed altri

137,6

134,5

154,7

188,4

212,3

+ 37,2 %

+ 54,29 %

 Azioni italiane quotate

177,4

92,8

139,8

121,3

158,3

+ 13,2 %

- 10,8 %

Fondi comuni

430,4

358,4

353,8

352,3

345,9

- 2,2 %

- 19,6 %

 

Negli ultimi quattro anni, la composizione del portafoglio delle famiglie, ha visto notevolmente crescere la liquidità, indice di incertezza nel futuro e di prudenza nell’investire. Parallelamente ha abbandonato il breve termine (meno 52 % il peso dei BOT); ha visto il tracollo dei CCT, cioè degli investimenti a medio/lungo a tasso variabile, ed un corrispondente forte e costante incremento nell’acquisto dei BTP (tasso fisso).

Se fino alla seconda metà del 2003 i tassi di lungo periodo sono stati in leggero calo o stabili, da quel momento hanno cominciato – contrastati - a subire tensioni verso l’alto (almeno in area Euro). I “professionisti” del settore sapevano benissimo di questa inversione del trend, ma nel caso concreto hanno dimostrato o di non aver più voce in capitolo nei confronti degli investitori, o di non aver provveduto ad avvisare tutti gli interessati. In altri termini, se fino a metà 2003 era giustificato passare ai BTP abbandonando i CCT perché i tassi erano in calo, dopo non era più consigliabile procedere a quelle sostituzioni ed anzi si cominciava a riflettere se non fosse opportuno invertirle. Quanto ai tassi di mercato a breve, la tendenza è netta almeno da un anno: quello deciso il 1° novembre di quest’anno dalla Federal Reserve, che ha portato il livello del costo del denaro negli Usa al 4,0%, è il dodicesimo rialzo Usa dal mese di giugno dello scorso anno; se Trichet decide di mettere mano al tasso di riferimento di eurolandia,  non può che muoverlo verso l’alto.

Ciononostante le famiglie hanno continuato a vendere CCT (o non li hanno rinnovati) ed hanno acquistato BTP. Contro ogni logica finanziaria.

Fu dato il consiglio sbagliato? Forse si. Ne è la dimostrazione la massività del fenomeno ed il sottostante dato quantitativo di variazione: i CCT (tracollati dell’ 87 per cento dal 2001 al 2005) sono passati da 31,5 miliardi di euro del 2° semestre 2003 a 11,1 miliardi del 2005, con una diminuzione del 64,8 per cento, quando il “professionista” avrebbe dovuto consigliare un loro incremento. Parallelamente i BTP, (impennati del 54,3 per cento dal 2001 al 2005), sono cresciuti del 37,2 per cento ( da 154 miliardi di euro a 212) da quando i tassi di lungo periodo hanno invertito l’andamento decrescente ed iniziato a crescere, quando cioè il “professionista” avrebbe dovuto cominciare a suggerire un loro abbandono.

Per avere contezza delle caratteristiche qualitative degli investimenti in titoli di Stato, abbiamo calcolato la percentuale rispetto alle consistenze di titoli di stato in mano alle “Famiglie”, a “Intermediari ed Istituzioni finanziarie e monetarie”, a “Assicurazioni e fondi pensione”, che comunque non costituiscono la totalità degli investitori in bond italiani. 

 

Consistenza dei titoli del debito pubblico e distribuzione di portafoglio.

Fonte Bankitalia – Dati 9-2005 per il debito pubblico – Dati 2° trim. 2005 per distribuzione.

In miliardi di euro – Elaborazioni Adusbef

 

BOT

In circolazione (9-2005)

141,421

 

Acquistati da famiglie

10,7

7,6 %

Acquistati da  intermediari ed istituzioni finanziarie e monetarie

44,2

31,3 %

Acquistati da Assicurazioni e fondi pensione

77,1

54,5 %

 

 

CCT

In circolazione (9-2005)

207,052

 

Acquistati da famiglie

11,1

5,4 %

Acquistati da  intermediari ed istituzioni finanziarie e monetarie

96,3

46,5 %

Acquistati da Assicurazioni e fondi pensione

40,7

19,7 %

 

 

BTP ed altri

In circolazione (9-2005)

929,191

 

Acquistati da famiglie

212,3

22,8 %

Acquistati da  intermediari ed istituzioni finanziarie e monetarie

144,5

15,6 %

Acquistati da Assicurazioni e fondi pensione

96,1

10,3 %

 

 

 

A parte i BOT, i CCT sono quelli meno presenti nel portafoglio delle Famiglie (5,4 %), ma più presenti in quello di Istituzioni ed intermediari finanziari e monetari (46,5 %) ed in quello di Assicurazioni e fondi pensione (19,7 %). Al contrario, i BTP sono quelli più presenti nel portafoglio delle Famiglie (22,8 %), ma risultano trascurati da Intermediari e Istituzioni finanziarie e monetarie (15,6 %) e da Assicurazioni e fondi pensione (10,3 %).

E’ evidente la corretta impostazione finanziaria di banche, assicurazioni, società finanziarie nel decidere in quali titoli investire, per quanto, al contrario, risultano scorrette le decisioni delle famiglie.

Insomma: le valutazioni di investimento delle famiglie sono l’opposto di quelle di banche, assicurazioni, società finanziarie, Tesoro.

Infatti, anche il Ministro dell’Economia ha avuto buoni consigli: dal 2001 al 2005, la quota di debito pubblico coperta da titoli di Stato vede una riduzione dei CCT (soluzione corretta, in periodi di tasso crescente) ed un incremento (altrettanto corretto) dell’indebitamento a tasso fisso (BTP).

 

 

 

Titoli di Stato – Andamento delle consistenze dal 2001 al 2005

Fonte: Supplementi al Bollettino statistico e Bollettino economico (11-05)  Bankitalia

In miliardi di euro – Elaborazioni Adusbef

 

Titoli a M/L termine

Titoli a breve termine (BOT)

 

TOTALE

…di cui a tasso fisso (BTP ecc.)

…di cui a tasso variabile (CCT ecc.)

Settembre 2001

793,973

232,648

124,071

1.150,692

Settembre 2005

929,191

207,052

141,421

1.277,664

 

 

A differenza delle famiglie, in fase di tassi crescenti, lo Stato correttamente si indebita a tasso fisso.

Ma da dove, diavolo, ricavano informazioni di mercato e suggerimenti di investimento i nostri concittadini…? Chi sarà a fornire elementi per la formazione della volontà di investimento delle nostre famiglie?

Le quali, scottate dall’esplosione nel 2001 della bolla speculativa della new economy, hanno fortemente diminuito gli investimenti in azioni italiane quotate ( meno 10,8 per cento nei quattro anni considerati) tornati comunque a crescere nell’ultimo anno ( da 121 miliardi di euro del 2004 a 158 miliardi del 2005) e in quote di fondi mobiliari ( meno 20 per cento circa dal 2001).

Auguriamoci che, sul fronte del capitale di rischio, i nostri risparmiatori non si comportino come il parco buoi sognato dagli speculatori, col popolo bue che compra ai massimi e vende ai minimi.

Per inciso, non voglio neanche pensare allo stato di “maturità” della bolla immobiliare (mondiale).

Nel nostro paese manca la figura del consulente finanziario professionista, libero da vincoli d’agenzia e/o di dipendenza da qualsivoglia entità finanziaria (banca, Sim ecc.), in grado di informare, suggerire comportamenti e ricercare sul mercato gli strumenti migliori di investimento (e per questo essere remunerato) al fine di permettere il raggiungimento degli obbiettivi del “cliente”; mentre oggi “deve” piazzare i titoli dell’azienda per cui lavora o sui quali percepisce provvigioni, altrimenti non fa bella figura nei contest aziendali o non campa.

“Ma – si dirà – i borsini non devono suggerire nulla al cliente… C’è l’elenco dei titoli a basso rischio sul sito di Pattichiari, l’investitore scelga da solo…”.

Non è così. Ribadiamo per l’ennesima volta che il credito ed il risparmio sono settori costituzionalmente rilevanti (art. 47: La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme, disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito….).  Gli operatori del settore non sono bottegai, sono incaricati di gestire un settore fondamentale dell’economia, con l’obbligo di informare, avvisare, allertare, curare i cittadini che a loro si rivolgono per accedere al credito e/o per investire, proprio perché sono in grado di incidere in un campo fondamentale per il “sistema paese”; non possono considerarsi alla stregua di semplici commessi del reparto formaggi di un supermercato, magari premiati dalla direzione per aver collocato con destrezza una partita di mozzarelle prossima a scadere.

Del resto, le motivazioni di condanna nei giudizi intentati da risparmiatori sul collocamento dei bond (Argentina, Parmalat, Cirio ecc.) danno ragione alla nostra posizione perché – in soldoni – banche e Sim avrebbero dovuto prudentemente condurre per mano i risparmiatori, secondo i dettami delle norme vigenti (Testo unico della finanza ecc.) e non saccheggiarne i patrimoni per rientrare delle esposizioni. La “cura” del cliente è l’azione cui gli addetti al settore creditizio devono conformare i propri comportamenti per svolgere un ruolo adeguato alle esigenze di uno degli stati più avanzati del pianeta. In altri termini, oltre che alla entità per cui lavorano, devono essere “utili” alla società, non impoverirla o carpirne la buona fede per rimediare alle lucrose e ben studiate castronerie creditizie di dirigenti scaltri ma con insufficiente q. i., “….tanto poi Pantalone interviene con qualche “fondo” per le vittime dei Bond…”.  Mi viene in mente il comportamento delle banche inglesi, le quali (come le nostre) acquistarono Bond Argentini, ma che (a differenza delle nostre) mai collocarono presso i risparmiatori privati quella spazzatura; e quando la sterlina uscì dal serpente monetario, assieme alla lira, tredici anni fa, quelle stesse banche convocarono i loro clienti titolari di mutui in Ecu per avvisarli dei possibili sviluppi negativi per via del cambio sterlina-Ecu non più bloccato, e per prospettare soluzioni finanziarie alternative o tampone.

Dice: “Ma il legislatore… il governo…. ?”. Lasciamo perdere i politici: sanno che una buona legge a protezione del risparmio “impiccia” fortemente banche e Sim e non trasferisce consensi. E’ opportuno trattarla senza zelo né fretta; del resto, il default argentino è solo del dicembre 2001! Molto più urgente impegnarsi a risolvere il problema dell’ingaggio delle brasiliane catanesi di Scapagnini.

Il risparmio degli italiani può aspettare: anche se munto, è sempre consistente e può ancora dare.

Conclusione.

Chi auspica un aumento dei consumi per il bene di tutti, nel commovente tentativo di convincere i consumatori a spendere di più, deve fare i conti con una sconcertante situazione finanziaria delle nostre famiglie:

- risultano indebitate a tassi variabili. Con il crescere dei tassi, rimborsare i debiti risulterà più gravoso.

- investono i risparmi in titoli a tassi fissi.  Con i tassi in crescita, quegli investimenti (come i BTP) perderanno valore.

Un successone ! Un invidiabile assetto finanziario su cui può contare il versante della domanda interna per irrobustirsi; il migliore per recuperare fiducia e incrementare la propensione al consumo degli italiani!

 

 

Si riportano i due Consigli di luglio 2005

 

(1) Il ConsigliO. Investire in titoli. Attenzione!

Di Mauro Novelli  – 14.7.2005

 

Nella relazione annuale, il presidente dell’Abi, Maurizio Sella, fornisce una interessante serie di informazioni: “Nonostante le vicende accadute negli anni scorsi sui mercati finanziari abbiano penalizzato fortemente la pratica del risparmio “fai da te” ( e ci riferiamo alla crisi Argentina, Cirio e Parmalat), nel 2004 è risultata in aumento la propensione delle famiglie ad acquisire in via diretta gli strumenti finanziari: una modalità operativa che rende più difficile diversificare correttamente il portafoglio”.

Quindi:

1) Per l’Abi, negli anni dal 1998 al 2003, le famiglie italiane hanno dilapidato i loro risparmi perché hanno voluto fare di testa loro, impartendo al borsino l’ordine d’acquisto di Tango bond, Cirio, Parmalat ecc.

2) Ma, secondo Sella, quei drammatici “bagni” non hanno insegnato nulla agli italiani: nel 2004, i risparmiatori hanno ricominciato a pretendere di investire in titoli con decisioni personali ed autonome, senza sentire l’esperto bancario.

Qualche commento:

1)      Sella vuole forse far intendere che i danni del “fai da te” sono stati evitati a quei concittadini che hanno affidato i risparmi alla banca attraverso la sottoscrizione di contratti di gestione patrimoniale o di quote di fondi? In altri termini, i gestori della banca sapevano di dover stare alla larga da Argentina, Parmalat, Cirio ecc. mentre i loro colleghi allo sportello presentavano ai risparmiatori “fai da te” panieri dove quei titoli erano presenti (in alcuni casi, con Parmalat al primo posto)?

2)      In giudizio, le banche stanno sostenendo di non essere mai state a conoscenza del mondezzaio costituito da Tango bond, Parmalat ecc. Si scopre, invece, che i loro gestori di fondi o di gestioni patrimoniali “sapevano”, tanto da aver evitato danni ai loro “gestiti”. Per la magistratura, questa dovrebbe essere una informazione meritevole di approfondimento.

3)      In giudizio, si moltiplicano le sentenze di condanna di banche non solo per ever venduto spazzatura, ma soprattutto per non aver seguito, nella gestione della vicenda e nei rapporti col cliente, i dettami del T.U. della finanza. I giudici cominciano a capire come sono andate le cose.

4)      Preoccupato, Sella informa che, nel 2004, i risparmiatori stanno reiterando quell’ approccio (secondo l’Abi “fai da te”) che ha condotto a disastri. Questa notizia fa tremare i polsi: quali ordini d’acquisto i nostri concittadini stanno inoltrando, dopo aver consultato il paniere ma “d’iniziativa”?

 

Raccomandazione finale ed obbligata per chi investe in titoli: finché i mercati non tornano ad un minimo di trasparenza e correttezza, si rifiutino i titoli “da paniere” e si torni ai tranquilli titoli di Stato italiani. Gli analisti ritengono che nel lungo periodo i tassi dovrebbero crescere, si investa pertanto metà del patrimonio in BTP (tasso fisso) e metà in CCT (tasso variabile) scadenti nei tre, quattro anni.

Ma è proprio tale salutare e tranquillo ritorno ai nostri titoli di Stato a preoccupare Sella e le banche sul versante del mercato mobiliare. Rendono poco? E’ vero, ma rendono!

E’ questa la conseguenza finanziaria più grave del saccheggio perpetrato negli anni scorsi: si torna ad alimentare il debito pubblico (non esistono soluzioni migliori) e si lasciano a secco di capitale di rischio le aziende che dovranno ricorrere ai finanziamenti bancari.

Risultato fallimentare per l’azienda Italia, ma, per l’ennesima volta, comunque lucroso per le banche!

 

 

 

(2) Il ConsigliO. Accendere un mutuo fondiario. Attenzione!

Di Mauro Novelli   -  14.7.2005

 

Le informazioni fornite sui mutui fondiari dal presidente dell’Abi, Maurizio Sella, nella relazione annuale, sono preziose: “Le condizioni molto favorevoli del mercato spingono le famiglie italiane a preferire contratti a tasso variabile: i 4/5 di quelli in essere. Questa quota è ancora più elevata per i nuovi flussi, il 90 per cento dei quali è stato acceso ad un tasso indicizzato a parametri di mercato monetario. Attualmente, il tasso annuo effettivo globale è pari al 3,82 per cento a fronte del 3,95 nell’area euro. Va da sé che ai vantaggi derivanti dal pagamento di rate di importo contenuto si contrappongono i rischi connessi alla possibile futura risalita dei tassi; di ciò le nostre banche rendono consapevoli i mutuatari”.

Due le informazioni:

1)      Almeno l’82 - 85 per cento dei mutui in essere è a tasso variabile, la cui entità della rata è cioè soggetta all’andamento di mercato del parametro sottostante (in genere l’euribor).

2)      Le banche hanno avvisato del fatto che se i tassi si muovono nel senso di una crescita, i mutuatari con contratti a tasso variabile dovranno sopportare rate crescenti.

Oggi, il tasso di riferimento della Banca Centrale Europea è al 2 per cento.

I tassi medi rilevati da Bankitalia nel primo trimestre dell’anno sono pari al 3,86 per cento, per i mutui a tasso variabile, e del 5,16 per cento per i mutui a tasso fisso.

Gli analisti finanziari ipotizzano tassi in crescita nel lungo periodo.

In queste condizioni, una banca che promuovesse mutui a tasso fisso, sarebbe – secondo i parametri operativi correnti – da interdire.

Ed infatti, il sistema conta  oltre l’ 80 per cento di mutui con contratto a tasso variabile.

Ma le banche avvertono: “Va da sé – sostiene il presidente dell’Abi - che ai vantaggi derivanti dal pagamento di rate di importo contenuto si contrappongono i rischi….”[vedi sopra].

Nulla da eccepire ? No, se non fosse per quella qualifica che Sella dà delle rate di un mutuo a tasso variabile: “rate di importo contenuto”.

Facciamo due calcoli.

Un mutuo di 100.000 euro, a 15 anni, con tasso variabile (3,86 %) comporta una rata mensile pari a 732 euro. Un mutuo di pari importo e durata, a tasso fisso (5,16 %) determina una rata di 799 euro ( 67 euro in più del precedente). E’ commovente sostenere - come fa Sella - che una rata di 732 euro (tasso variabile) è talmente “contenuta” rispetto a quella di 799 (a tasso fisso) da far trascurare al cliente il rischio di un aumento dei tassi a medio lungo termine.

Alle corte: il bancario chiede: “Con questo tipo di mutuo pagherà una rata mensile di 732, e volendo possiamo farlo anche a 25 anni, con rata ulteriormente ridotta;  con l’alto, pagherà una rata di 799 euro, e la durata non va oltre i 15 anni. Quale sceglie?“.  Voi che cosa scegliereste?

 

Raccomandazione: invitiamo i futuri mutuatari a stipulare, alle condizioni attuali e con le attuali tendenze, mutui a tasso fisso.

Ci auguriamo che i tassi di mercato non si muovano verso l’alto, perché  metterebbero in difficoltà i titolari di mutui a tasso variabile. In ogno caso, Sella mette le mani avanti: le banche avevano informato e  fin dal 2005.

 

 

Il PuntO n° 62. Sulle informazioni finanziarie detenute in banche dati.

Le regole sui sistemi di informazioni creditizie in vigore dal 1° gennaio 2005, imposte dal Garante della Privacy.

Di Mauro Novelli (28 novembre 2005)



A fronte di richieste di prestiti, mutui, credito al consumo, cessione del quinto dello stipendio, il sistema bancario e finanziario interroga banche dati private in grado di fornire notizie circa lo stato finanziario del richiedente (ritardi nel pagamento di rate, mancati pagamenti, ecc.) per conoscerne l’ ”affidabilità”.
Troppo spesso, coloro che, avendo richiesto un prestito si sentono opporre un rifiuto dalla entità finanziaria a cui si sono rivolti, non sanno assolutamente di essere entrati in elenchi di cattivi pagatori, né hanno avuto mai avuto informazioni sulle conseguenze del ritardo nel pagamento di una rata relativa a precedenti prestiti, poiché fino al 1° gennaio 2005 i contratti sottostanti nulla dicevano circa le negatività cui si andava incontro anche per un ritardo nel pagamento delle rate.
Si è arrivati ad informare il sistema anche circa la situazione finanziaria di mogli, padri, figli del richiedente, così come si informavano banche e finanziarie di richieste di prestito non andate a buon fine, anche s eper rinuncia del’interessato.
Proprio contro la jungla di metodi miranti a mettere a disposizione queste vere e proprie schedature (da cui difficilmente si poteva uscire ) il Garante per la tutela dei dati personali è intervenuto con il Codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti, entrato in vigore a inizio dell’anno in corso.
Quanti devono affrontare questo problema, possono venirne a capo del problema seguendo la seguente procedura:

-1) Primo obbiettivo: venire a conoscenza del nome e dell’indirizzo della banca dati che detiene le informazioni. Occorre, perciò, interrogare la prima entità finanziaria che ci ha rifiutato il prestito. Ottenere risposta è un diritto.
(In calce, il fac simile della relativa lettera di richiesta)

-2) Secondo obbiettivo: entrare in possesso delle informazioni. Occorre, perciò, pretendere dalla banca dati l’invio di tutte le informazioni detenute sulla nostra persona. La banca dati è obbligata a fornire quanto richiesto.
(In calce, il fac simile della relativa lettera di richiesta)

-3) Terzo obbiettivo: entrati in possesso delle informazioni occorre verificarle. Se ci sono errori e/o omissioni si dovranno richiedere le dovute correzioni. Se le informazioni false o inesatte hanno causato dei danni, si potranno chiamare in causa e la finanziaria fonte delle suddette informazioni e la banca dati che le ha pubblicizzate.

-4) Quarto obbiettivo: una volta ottenuta la correzione delle informazioni, se il sistema finanziario non ha nulla da pretendere da noi (se, cioè, nessuno accampa più crediti non onorati nei nostri confronti) chiederemo la cancellazione di ogni informazione che ci riguarda. Si ricordi che l’Autorità Garante dei dati personali ha imposto alle banche dati l’eliminazione (entro un anno dal pagamento di ogni debito) delle informazioni relative a situazioni di contenzioso sanate definitivamente.

Se, nonostante la richiesta, la banca dati non intende dar seguito alla cancellazione, occorrerà denunciare il fatto alla Autorità garante dei dati personali e chiedere un intervento nei confronti della banca dati.
Qualora siano state messe in circolazione informazioni non veritiere e si siano subiti danni, è possibile chiederne il ristoro al responsabile. Si può consultare uno dei nostri legali il cui elenco è riportato alla voce “SEDI” (2^ riga sotto il logo del nostro sito).

Riportiamo un documento esplicativo del 9-12-2004 pubblicato dall’Autorità Garante della Privacy (www.garanteprivacy.it) sul Codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti. (http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1070792 )


LE NUOVE REGOLE SUI SISTEMI DI INFORMAZIONI CREDITIZIE

Le banche dati private consultate da banche e finanziarie per verificare affidabilità e puntualità nei pagamenti e concedere credito al consumo, prestiti e finanziamenti devono adeguarsi al nuovo codice deontologico a partire dal 1° gennaio 2005

Scheda di sintesi

Prendono il via a partire dal 1 gennaio 2005 nuove regole “certificate” dal Garante sulla gestione dei “sistemi di informazioni creditizie”.
Il codice deontologico è stato sottoscritto il 12 novembre da tutte le associazioni rappresentative del settore con il contributo di varie associazioni di consumatori, ed è in pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Le attuali “centrali rischi” private erano sorte senza una base normativa prima della legge sulla privacy del 1996. Per anni, si sono determinati innumerevoli contenziosi sulle informazioni relative ai c.d. “cattivi pagatori”, sulla loro esattezza e sui tempi di conservazione, che duravano cinque anni ed oltre. Un rilevante numero di persone lamentava una lesione della propria dignità e reputazione, ed effetti negativi sull’accesso al credito, sull’iniziativa privata, sulle proprie relazioni sociali e professionali: al centro delle controversie i tempi eccessivamente lunghi di conservazione specie per piccoli ritardi nei pagamenti o mancati pagamenti di lievi importi, informazioni non sempre esatte o aggiornate, resistenze burocratiche nel correggere i dati.
Si tratta di archivi gestiti solo da alcune società o consorzi, ma consultati da tutte le banche e dagli intermediari finanziari. Alcune registrano solo informazioni negative (inadempimenti), altre anche informazioni positive (i finanziamenti accordati, anche se non c’è un mancato o ritardato pagamento).
Ora, un codice deontologico vincolante sul piano normativo (se non è rispettato il trattamento dei dati è illecito, può esporre a sanzioni e anche al risarcimento del danno) fissa nuove garanzie per gli interessati.
Si chiarisce cosa è lecito raccogliere e come mettere legittimamente in circolazione notizie relativi a prestiti, finanziamenti, dilazioni di pagamento, acquisti rateali di beni al consumo, altre facilitazioni finanziarie, richieste di carte di credito, concernenti consumatori e imprese.
C’è una maggiore distinzione tra informazioni relative a lievi indebitamenti da un lato e sovraesposizioni finanziarie o artifizi e raggiri dall’altro. Più possibilità per le finanziarie di individuare chi opera il c.d. “credit shopping”, tempi più brevi di conservazione in rete dei dati relativi a lievi inadempimenti. Informazioni più selezionate, individuate meglio nella loro origine e aggiornate più accuratamente.


Informativa agli interessati

Introdotte diverse occasioni di spiegazione e di maggiore informativa preventiva e successiva agli interessati, sia direttamente, sia attraverso alcune comunicazioni al pubblico anche via Internet.
Obbligo per banche e finanziarie di utilizzare un modello unico di informativa semplificata che dovrà ssere inserito in modo chiaro ed evidente nella modulistica dei finanziamenti.
Più chiarezza, nel caso in cui nel caso in cui si utilizzino metodi statistici di valutazione del rischio creditizio e dell’affidabilità della persona, sugli indicatori o punteggi del credit scoring.
Vi è più chiarezza su come esercitare in concreto i propri diritti.


Dati valutativi

Il trattamento dei dati può riguardare solo dati personali di tipo obiettivo, che vengono precisamente individuati. Non possono essere usate informazioni e giudizi del tipo: “cattivo pagatore”. Non si possono usare codici o codifiche occulti per classificare i clienti: se si usano, l’interessato deve poterne capire bene il significato. Ci sono annotazioni speciali a garanzia dell’interessato quando è contestata la qualità del bene acquistato.


Dati esatti

I “sistemi di informazioni creditizie” possono contenere solo dati esatti. Il codice impone vari riscontri sull’esattezza e sull’aggiornamento delle informazioni. Più chiarezza su chi immette i dati nel sistema ed è maggiormente tenuto a correggerli.


Dati essenziali

C’è più attenzione nel prevenire un eccesso di informazioni rispetto allo scopo: il trattamento dei dati deve essere limitato alle sole informazioni strettamente pertinenti e non eccedenti le finalità perseguite.
C’è una separazione tra dati sugli inadempimenti e altri dati tratti da archivi pubblici.


Niente dati sulle bollette o carte telefoniche

Tra i partecipanti ai sistemi non figurano le società di telefonia, che avevano iniziato a collaborare con le centrali rischi in termini che il Garante aveva già considerato illeciti.
Il problema degli inadempimenti nel settore della telefonia e fuori del credito al consumo sarà considerato a parte in futuro.


Dati sensibili

Le banche dati dei “sistemi di informazioni creditizie” non possono contenere dati sensibili o giudiziari.


L’informazione su terzi

I dati personali conservati devono riguardare solo il debitore (un consumatore, un’impresa o un libero professionista) ed eventuali coobbligati, non terzi che non abbiano un collegamento giuridico con il debitore stesso.


Avviso agli interessati

Quando si determina un ritardo nel pagamento, l’interessato ha diritto di essere avvertito prima della registrazione nel sistema e ha la possibilità di far valere notizie a lui favorevoli.


Quando e come si registrano i dati sull’interessato

Vi sono più controlli prima di immettere le informazioni in rete, e successivamente.
Le informazioni relative al primo ritardo potranno essere comunicate ai “sistemi di informazioni creditizie” solo dopo che sia decorso un periodo di almeno 120 giorni dalla data di scadenza del pagamento, o in caso di mancato pagamento di almeno 4 rate mensili non regolarizzate.
Nel caso di sistemi con informazioni sia positive, sia negative, i termini per i consumatori è di 60 giorni o in caso di mancato pagamento di almeno 2 rate mensili.
L’obiettivo è impedire segnalazioni frettolose che non tengano conto dei fatti sopravvenuti.


Tempi di conservazione dei dati

Il codice deontologico limita i tempi di conservazione dei dati a seconda della gravità degli adempimenti.
Le notizie sui ritardi di pagamento successivamente regolarizzati possono essere conservate 1 anno (in passato si arrivava sino a 5 e in alcuni casi anche oltre) per i ritardi non superiori a due rate o mesi oppure 2 anni per i ritardi superiori.
La notizia sul fatto che pende una richiesta di credito è conservata in rete non oltre 180 giorni. Se la richiesta non va avanti (per rigetto o rinuncia) i dati possono essere conservati per 30 giorni.
Le informazioni su inadempimenti non regolarizzati possono essere conservate per un massimo di a 3 anni dalla scadenza del contratto o dalla data successiva in cui è cessato in altro modo il rapporto o vi è stato un aggiornamento per effetto di accordi sul rimborso.
Le notizie positive relative a contratti senza inadempimenti sono conservate solo con il consenso. La loro conservazione scende gradualmente a tre anni e si vedrà nel 2005 se scendere ulteriormente a due anni o mantenere tale termine.


Accesso ai dati da parte dell’interessato

All’interessato è dovuta la massima trasparenza. L’interessato ha diritto di accesso e il riscontro alla sua richiesta deve essere tempestivo e completo. L’interessato può integrare, eliminare o modificare i dati registrati in un sistema di informazioni creditizie.
Vi è più chiarezza e meno burocraticità nel modo con cui i diritti possono essere esercitati sia presso la banca o finanziaria, sia presso il sistema.


Accesso ai dati da parte di banche e finanziarie

Vi è l’obbligo del segreto per chi consulta i sistemi.
L’accesso ai dati deve essere giustificato dalla pendenza di una richiesta o di un rapporto di credito. Non accedono al sistema le società di recupero crediti.
Crescono le misure di sicurezza dei dati.
I concreti utilizzatori (presso banche, intermediari finanziari o soggetti che chiedono una dilazione di pagamento) dovranno essere opportunamente individuati in un numero limitato e formalmente designati come responsabili o incaricati del trattamento. La consultazione deve essere tecnicamente congegnata in modo da evitare che il sistema fornisca dati relativi a soggetti diversi da quello oggetto dell’interrogazione o ammetta interrogazioni di massa.


No al marketing

I dati detenuti dai “sistemi di informazioni creditizie” non possono essere usati per fare marketing, ricerche di mercato, pubblicità, vendita diretta di prodotti.


Controlli e sanzioni

Tutti i gestori dei “sistemi di informazioni creditizie”, gli intermediari e gli altri soggetti che partecipano ai sistemi saranno soggetti alle sanzioni amministrative e penali del Codice e tenuti al risarcimento del danno, in aggiunta ad altre misure sanzionatorie previste sul piano dell’autodisciplina (richiami formali, sospensione e revoca dell’autorizzazione ad accedere al sistema, pubblicazione della notizia della violazione).
Introdotti controlli periodici anche a campione con la collaborazione delle associazioni dei consumatori.
Controlli più specifici da parte del Garante.


Tempi di attuazione

Il codice entra in vigore il 1° gennaio 2005. per la maggior parte degli adempimenti gli operatori hanno tempo fino al 30 aprile 2005. Altre disposizioni transitorie riguardano le nuove informative agli interessati e la conservazione dei dati positivi.





Seguono facsimile di lettera. E’ importante che la corrispondenza venga sempre inviata a tutti gli indirizzi indicati.


(1) Riportiamo il fac simile della prima lettera mirante a conoscere la banca dati di riferimento, anche se in genere banche e finanziarie forniscono il dato su semplice richiesta dell’interessato.
E’ importante che la corrispondenza venga sempre inviata a tutti gli indirizzi sottoindicati.
__________________________________________


Raccomadata A.R. Al Presidente della società finanziaria/ banca
(Indirizzo della sede legale)
Cap _________città_____________

p.c. (posta normale) Ufficio vigilanza della Banca d’Italia
Via Nazionale, 91
00184 ROMA

p.c. (posta normale) Spett. Autorità garante dei dati personali
Piazza di Montecitorio, 121
00186 ROMA

p.c. (posta normale) ADUSBEF
Via Farini, 62
00185 ROMA


Oggetto: Richiesta documentazione ex Dlgs. 196/2003.
Egregi signori,
il sottoscritto _______________________________________,
nato a ________________________ il _____________,
residente in ________________________________________________________
Codice fiscale ______________________________,
in base al Dlgs. 196/2003, chiede che gli siano inviate, con cortese urgenza, tutte le informazioni sulla sua persona detenute nella Vs. banca dati. Qualora la Vs. società non detenesse una specifica banca dati, vogliate fornirci gli estremi della banca dati di Vs. riferimento.
Si resta in attesa di un Vs. cortese ed urgente riscontro.
Data ______________
Firma __________________________
NOME E COGNOME
INDIRIZZO - TELEFONO




2) Con questa seconda lettera si richiedono alla banca dati le informazioni che mette in circolazione sulla nostra posizione.
[ Le due maggiori banche dati private sono: CRIF – Via Fantin, 3 - 40131 BOLOGNA e CTC – Viale Tunisia, 50 20124 MILANO ]
Si riceveranno una o più pagine di tabulato contenenti tutte le informazioni messe a disposizione del sistema bancario e finanziario.




Raccomadata A.R. Al Presidente della banca dati ____________
Cap _________città_____________

p.c. (posta normale) Ufficio vigilanza della Banca d’Italia
Via Nazionale, 91
00184 ROMA

p.c. (posta normale) Spett. Autorità garante dei dati personali
Piazza di Montecitorio, 121
00186 ROMA

p.c. (posta normale) ADUSBEF
Via Farini, 62
00185 ROMA


Oggetto: Richiesta documentazione ex Dlgs. 196/2003.
Egregi signori,
il sottoscritto _______________________________________,
nato a ________________________ il _____________,
residente in ________________________________________________________
Codice fiscale ______________________________,
in base al Dlgs. 196/2003, chiede che gli siano inviate, con cortese urgenza, tutte le informazioni sulla sua persona detenute nella Vs. banca dati.
Si resta in attesa di un Vs. cortese ed urgente riscontro.

Data ______________
Firma __________________________


NOME E COGNOME
INDIRIZZO - TELEFONO

28/11/2005



 

 

Il PuntO n° 61. SUL DEBITO PUBBLICO

E SULLE RIPERCUSSIONI DEL PROBABILE AUMENTO DEL TASSO BCE

Di Mauro Novelli  – 24.11.2005

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La tabella (ed il relativo grafico) prendono in considerazione l’entità del debito pubblico italiano dal 1996 ad oggi. Mostrano un regolare andamento crescente (più impennato negli ultimi anni) con la particolare caratteristica di un costante superamento dei livelli a metà anno (giugno) rispetto ai valori di fine anno (dicembre), quando i meccanismi finanziari permettono un recupero su valori precedenti.

Tale trend è riscontrabile anche nel il 2005: i circa 1.542 miliardi di euro di giugno, sono scesi a 1.527 di settembre. Vedremo a dicembre su quali livelli si collocherà il debito complessivo.

C’è da chiedersi: perché solo a settembre si megafona il preoccupante livello del debito pubblico, mentre il dato di giugno (superiore di circa 15 miliardi di euro) fu fornito sotto tono? Solo perché eravamo tutti distratti dai contenuti delle intercettazioni dei furbetti? O perché non era opportuno, in quel momento, mettere in mora il governo, aprendo ulteriori e pericolosi fronti per le manovre in atto?

L’ultimo bollettino di Bankitalia (Finanza pubblica) fornisce i dati del debito delle amministrazioni pubbliche al settembre 2005. Abbiamo raggiunto la cifra di 1.527,919 miliardi di euro (2.958.463 miliardi di vecchie lire).

Accoppiata al saldo della bilancia dei pagamenti che nei primi nove mesi dell'anno ha registrato un saldo negativo di -15,415 miliardi contro i -6,246 miliardi nello stesso periodo del 2004 [variazione negativa del saldo della bilancia commerciale (-5,786 mld), dei servizi (-2,414 mld) e dei redditi (-2,020 mld); variazione positiva (+1,051 mld) dei trasferimenti unilaterali]; accoppiata al Prodotto interno che non cresce nonostante le sbandierate vette raggiunte nella lotta alla disoccupazione, tale situazione fornisce impietosi dati finanziari sullo stato del Paese e mette i cittadini in grado di esprimere un fallimentare giudizio sull’assoluta mancanza di governo della cosa pubblica degli ultimi anni.

Per avere dati paragonabili, considerano i livelli raggiunti a settembre dei vari anni dal nostro debito pubblico: in quattro anni (dal 9.2001 al 9.2005) è cresciuto del 14, 76 per cento, passando da oltre 1.331 miliardi di euro agli  oltre 1.527.

 

 

Finanza pubblica – Andamento del Debito delle Amministrazioni pubbliche

Fonte: Supplementi al Bollettino statistico e Bollettino economico (11-05)  Bankitalia - In miliardi di euro – Elaborazioni Adusbef

 

In miliardi di  euro

Differenza % su anno prec.

Differenza %.

Settembre  2005/2001

Settembre 2001

1.331,364

/// 

 

Settembre 2002

1.389,184

+4,34 %

Settembre 2003

1.430,943

+3,00 %

Settembre 2004

1.485,581

+3,82 %

Settembre 2005

1.527,919

+2,84 %

+ 14,76 %

 

 

 

La quota di debito pubblico coperta da titoli di Stato ha avuto il seguente andamento:

 

 

Titoli di Stato – Andamento delle consistenze dal 2001 al 2005

Fonte: Supplementi al Bollettino statistico e Bollettino economico (11-05)  Bankitalia

In miliardi di euro – Elaborazioni Adusbef

 

Titoli a M/L termine

Titoli a breve termine (BOT)

 

TOTALE

…di cui a tasso fisso (BTP ecc.)

…di cui a tasso variabile (CCT ecc.)

Settembre 2001

793,973

232,648

124,071

1.150,692

Settembre 2002

836,637

224,442

133,391

1.194,470

Settembre 2003

870,839

200,319

139,558

1.210,716

Settembre 2004

912,546

192,052

145,320

1.249,918

Settembre 2005

929,191

207,052

141,421

1.277,664

 

Alla luce dell’andamento dei tassi di mercato, particolarmente bassi,  è stato prudente aumentare la quota  di titoli a tasso fisso, pertanto in grado di non risentire di eventuali aumenti dei tassi. Dal 2001 al 2005, i BTP sono infatti passati da 793 miliardi di euro a 929. Nello stesso periodo, la somma dei titoli di stato sensibili alle variazioni di tasso (CCT e BOT) è rimasta praticamente costante.

In questa situazione, un incremento dello 0,25 per cento del tasso di riferimento, comporta un aumento sia sulle cedole scadenti fra sei mesi e più dei CCT (quelle con scadenza più ravvicinata sono ancorate ai rendimenti dei Bot emessi prima dell’eventuale ritocco di BCE) che sugli interessi anticipati dei BOT di nuova emissione. A regime, gli aumenti degli interessi sulle cedole dei CCT comporteranno un maggior esborso di 0,52 miliardi di euro, mentre gli aumenti degli interessi dei Bot “costeranno“ 0,35 miliardi di euro in più. Nel breve periodo lo Stato dovrà provvedere ad un maggiore esborso di 0,87 miliardi di euro (1.684 miliardi delle vecchie lire).

Se invece consideriamo l’impatto del ritocco di Trichet sulla totalità dei titoli in essere, possiamo dire che, a parità di ogni altra condizione ed in funzione delle date di scadenza dei titoli stessi, il sistema Italia sborserà in più 3,2 miliardi di euro.

Circa le ripercussioni della manovra sui tassi, Giancarlo Morcaldo, dirigente del Centro studi della Banca d'Italia, ha minimizzato l’impatto sul monte interessi a carico dello Stato: “Solo a regime infatti si registrerà un aumento pari all'aumento dei tassi. L'impatto sarà di qualche decimo di punto. Bisogna calcolare infatti che nell'immediato l'impatto è solo sui Bot, che hanno una incidenza non eccessiva nella gestione del debito pubblico”.

 

 

 

 

 

Il PuntO n° 60. Sul credito al consumo in Italia

Di Mauro Novelli  18-11-2005

 

E’ ormai un dato di fatto: l’attuale generazione di mezzo (quella dai 35 ai 54 anni) è stata costretta ad entrare nell’ottica dell’indebitamento. E’ la dimostrazione della repentina decadenza dei conti finanziari delle famiglie. I pubblicitari lo sanno benissimo e fanno leva sul “compra oggi, cominci a pagare fra uno e anche due anni”, impegnando in tal modo anche il  reddito futuro, assolutamente non certo.

Molti piccoli commercianti sono falliti o hanno chiudere la propria attività, schiacciati dal costante calo dei consumi. I pensionati , e non solo, hanno una capacità di spesa in forte declino. Un discreto numero di famiglie italiane ha “tirato avanti” dando fondo a risparmi accantonati in precedenza e/o grazie al finanziamento del credito al consumo. A differenza delle generazioni precedenti i giovani, precari o senza lavoro, restano in famiglia ben oltre i 30 anni. E nel giro di un paio di decenni, il pensionato è passato dalla totale emarginazione sociale (anni ‘70 e ‘80), ad unica fonte di reddito per molti nuclei familiari.

Per la prima volta i genitori di questo paese ritengono che i figli staranno peggio di loro.

Riportiamo l’andamento delle consistenze e del trend del credito al consumo come rilevato dalla Banca d’Italia:

 

ANDAMENTO DEL CREDITO AL CONSUMO ANNI 2003 – 2004 .

Fonte Banca d’Italia Relaz. 31-5-2005. Elaborazione Adusbef

In miliardi di euro.

 

 

CONSISTENZA 12/2003

CONSISTENZA 12/2004

DIFF. 2004/2003

IN MLD. di €

DIFF. 2004/2003

PERCENTUALE

SOCIETA’ FINANZIARIE

20,692

24,998

+ 4,306

+ 20,8 %

DI CUI CARTE DI CREDITO

4,477

5,112

+ 0,635

+ 14,2 %

DI CUI PER ACQ. AUTOVEICOLI

10,868

12,387

+ 1,519

+ 14,0 %

BANCHE

30,606

35,607

+ 5,001

+ 16,3 %

DI CUI CARTE DI CREDITO

2,604

3,242

+ 0,638

+ 24,5 %

 

 

 

 

 

TOTALE CREDITI

51,298

60,605

9,307

+ 18,1 %

MEMO: ALTRI PRESTITI DIVERSI DA MUTUI PER ACQUISTO CASA.

 

51,457

 

52,680

 

1,223

 

+ 2,4 %

 

 

Che le cose si vadano aggravando è dimostrato dalla crescita degli ultimi anni: + 6,6 per cento nel 2001 sul 2000, + 9,3 per cento nel 2002 sul 2001, + 12,2 per cento nel 2003 sul 2002, per giungere al + 18,1 per cento nel 2004 rispetto al 2003.

A marzo 2005, l’ammontare del credito al consumo ha superato i 62 miliardi di euro.

Nel settembre 2004, una ricerca del Sole-24 Ore rilevò che si chiedono piu’ prestiti al sud  e che il 43% di coloro che ricorrono alle diverse forme di prestito ha una eta’ tra i 35 e i 54 anni. La stessa ricerca ha messo in evidenza che una persona su tre non conosce il tasso di interesse applicato al proprio prestito.

E’ questo il segnale più evidente del fatto che il ricorso a prestiti, lungi dall’essere una evoluzione positiva dei comportamenti delle famiglie, più “moderna” sostiene Maurizio Sella, presidente dell’ABI, è strada ormai  obbligata per molti nostri concittadini. E non per acquisti superflui o di lusso, ma per scopi primari (alimentazione, scuola, cura). 

La realtà finanziaria delle famiglie è quindi orientata verso un indebitamento sempre più pesante e diffuso: non è difficile prevedere situazioni future di inserimento nel circuito dell’usura per assolvere ad impegni non onorabili ma ineludibili (si pensi a chi deve curarsi). Di fatto, le famiglie italiane stanno dando fondo alla loro capacità di indebitarsi perché tra spese fisse (utenze, casa, scuola, ecc, ) e spese di gestione mensile (alimentazione, spese per produrre reddito ecc.) non sono in grado di armonizzare entrate ed uscite.

Adusbef deve constatare che il problema del sovraindebitamento delle famiglie europee, un tempo quasi esclusivo del Nord Europa e già all’attenzione di Bruxelles, sta avendo pesanti ripercussioni anche nel nostro paese: basta considerare l’andamento dei consumi in Italia.

In rapporto all’ammontare del credito al consumo nell’area euro, la quota imputabile all’ Italia è cresciuta dal 3,3% del 1998 al 7,6% del 2005.

Nonostante tale aumento impetuoso, la tendenza delle generazioni passate a non indebitarsi è dimostrata dal basso rapporto nostrano consistenza del credito al consumo e PIL (si veda la tabella successiva).

 

RAPPORTO TRA CREDITO AL CONSUMO E PIL

Fonte Bankitalia Relaz. 31/5/2005

 

Rapporto Cr.Consumo e PIL

ITALIA

2,8 %

FRANCIA

6,8 %

GERMANIA

7,9 %

MEDIA AREA EURO

6,8 %

 

Ma, invece di provvedere con serie politiche strutturali di sviluppo (investimenti, sostegni alle famiglie con basso o insufficiente reddito, azione seria sulla leva fiscale ecc.) l’attuale governo ha pensato bene di agire su un fronte molto più agevole e meno impegnativo: quello mirante a sopperire alla sempre più ridotta capacità di indebitamento delle famiglie, con offerta di fondi e garanzie per gli erogatori, con il risultato di accrescere il sovraindebitamento e di innescare, nel medio lungo periodo, una bomba a orologeria rappresentata dalle difficoltà finanziarie causate dal peso dei debiti accumulati nel tempo.

Dal 19 settembre 2005 è, infatti, operativo il Fondo di garanzia per il credito al consumo (*), istituito dall’IPI (Istituto per la Promozione Industriale) su disposizione del Ministero delle Attività Produttive. Con tale strumento il Governo ha inteso “ricostituire” la perduta capacità di credito degli italiani più indigenti attraverso l’ agevolazioni per accedere al piccolo credito al consumo.

Il Fondo, in collaborazione con ABI, Assofin e Ipi, presta tale garanzia solo in relazione ai finanziamenti concessi dalle banche e società finanziarie che hanno accettato le modalità di gestione del Fondo medesimo. Con una dotazione finanziaria di 34 milioni di euro mira a  garantire fino al 50% prestiti al consumo e fino ad un massimo di 3000 euro rimborsabili in 12-48 rate, a favore di nuclei familiari con un reddito annuo non superiore a 15.000 euro. Il rischio rimanente resta a carico delle banche.

E, come Sella saluta il crescente ricorso al credito come una crescita delle famiglie italiane che si allineano a quelle dei paesi più avanzati, “Il Fondo di garanzia – sostiene il prof. Umberto Filotto, segretario generale di Assofin – ha il grande obiettivo di sostenere chi sta scommettendo in maniera sana e razionale sul proprio progetto di vita e di famiglia che, in questo caso, viene perseguito congiuntamente dallo Stato e dagli operatori del mercato del credito”.

 

Forme di credito in voga: carte revolving e cessione del quinto dello stipendio

1) I finanziamenti connessi all'uso di carte di credito revolving rappresentano circa il  10 % del totale delle consistenze dei prestiti (oltre 6 miliardi di euro), con tassi di crescita intorno al 24 %.

Le carte revolving sono carte di credito che incorporano la possibilità di sconfinamento. Lo scoperto può essere rimborsato a rate mensili (in genere non superiori al 5 per cento dell’importo da pagare). Il tasso applicato varia tra il 15 ed il 20 per cento.

Costituiscono un costoso succedaneo del prestito bancario, oltretutto di difficile controllo visto il meccanismo di rimborso e di ricostituzione del credito.

2) I finanziamenti contro cessione del quinto dello stipendio fanno segnare un vero e proprio boom di crescita (+46,5%). In termini di quota di mercato rappresentano poco meno del 6 % (oltre 3,5 miliardi di euro), raddoppiato in quattro anni.

La legge 180/1950 consentiva ai soli dipendenti pubblici di richiedere prestiti da estinguere attraverso la cosiddetta cessione del quinto dello stipendio. La legge finanziaria del 2004 l’ha esteso anche ai dipendenti di aziende private. Infine, il decreto-legge 14 marzo 2005, n.35 (detto della “competitività”) ha concesso la possibilità del quinto dello stipendio anche per altre categorie di soggetti, economicamente più deboli: lavoratori a tempo determinato, pensionati pubblici e privati (che cedono il 1/5 della propria pensione), lavoratori a progetto e parasubordinati.

Entrambi questi strumenti sono comunque fonte di sospetto ed incertezza, poiché danno l’impressione che il sistema creditizio ed il governo stiano raschiando il fondo del barile della capacità di credito delle famiglie italiane. Non si agisce su azioni finanziarie concrete miranti a ridare fiducia ai cittadini, ma si pone mano a strumenti per facilitare l’accesso al credito. Il sovraindebitamento che ne deriva non può che rendere ancora più fosco l’orizzonte degli Italiani.

A tal proposito, è sufficiente scorrere i livelli dei tassi relativi alle soglie d’usura per tipologia di prestito in vigore nel trimestre in corso, per valutare la gravità degli impegni finanziari cui si sottopongono coloro che ricorrono a prestiti: ad esempio, credito finalizzato all’acquisto rateale e revolving fino a 1.500 euro, tasso medio 16,59 tasso soglia del 24,885 per cento; prestiti contro cessione del quinto dello stipendio, fino a 5.000 euro, tasso medio 20,09 per cento, soglia d’usura 30,135 per cento.

Non cadono in terreno fertile, quindi, le esortazioni a “consumare” e gli strumenti arraffazzonati dal governo per convincerci di essere ricchi e di poter spendere. Anzi, tale azione ha proprio l’effetto contrario: che cosa nascondono le spinte a consumare indebitandoci?

E l’orizzonte che, invece di rischiararsi, da fosco diventa plumbeo.



 

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(*) Fondo di garanzia per il credito al consumo

 

L’IPI (Istituto per la Promozione Industriale), in attuazione del decreto del Ministro delle attività produttive del 22 dicembre 2003 e s.m.i, ha istituito il Fondo di garanzia per il credito al consumo, strumento con il quale il Governo intende agevolare l’accesso al piccolo credito di consumo per i nuclei familiari a reddito medio-basso.
Il Ministro delle attività produttive ha approvato, su proposta dell’IPI, il regolamento di gestione del Fondo, le cui modalità operative sono, sinteticamente, le seguenti:
Oggetto e finalità: favorire l’accesso delle famiglie al credito al consumo di beni e servizi mediante la prestazione di garanzie.
Soggetti beneficiari: cittadini appartenenti a nuclei familiari con un reddito complessivo ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) non superiore a 15.000 euro.
Apertura dei termini: il Fondo è operativo dal 19 settembre 2005; la durata è illimitata, nei limiti delle risorse del Fondo.
Natura della garanzia del fondo: garanzia “a prima richiesta” - commisurata all’esposizione del finanziatore al momento dell’insolvenza del beneficiario - diretta, esplicita, incondizionata e irrevocabile.
Misura della garanzia del fondo: 50% del finanziamento fino ad un importo massimo garantito per nucleo familiare di 3.000 euro. Nel limite di tali importi la perdita è liquidata in misura pari al 50% dell’esposizione del finanziatore al momento dell’insolvenza del debitore per capitale e interessi contrattuali e di mora.
Dotazione finanziaria: 34 milioni di euro.
Soggetti richiedenti: banche iscritte all’albo di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 385/93;

società finanziarie controllate da banche e iscritte nell’elenco di cui all’articolo 107 del medesimo decreto legislativo.

Caratteristiche dei finanziamenti ammissibili: sono ammissibili i finanziamenti: di durata da uno a quattro anni, con piano di ammortamento a rate mensili da regolare ad un tasso di interesse non superiore al TAEG rilevato mensilmente dalla Banca d’Italia.
Modalità di concessione: la garanzia è concessa per via telematica in tempo reale.

 

DISPONIBILITA' DEL FONDO ALLE ORE 17:01 DEL GIORNO 17/11/2005: euro 30.999.028,01