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L. Giuliani  -  Summa Cogitationum

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                                          Manovra

 

Di Luciano Giuliani 5-12-2011

 

Il quotidiano La Repubblica, non ritenendo ancora (e forse, al momento, ciò può essere anche comprensibile) criticare apertamente la manovra del neonato governo Monti, affida pudicamente, nel numero di domenica 4 dicembre, una velata critica alla penna del noto e quotato commentatore economico del New York Times, Paul Krugman, ospitandone un articolo; Krugman in estrema sintesi, in controtendenza con le politiche economiche, tutte nel senso dell’austerità, delle istituzioni europee e statunitensi, bolla dette politiche come recessive, ed afferma che costituiscono un rimedio peggiore del male avendo in sé tutte le potenzialità per condurre definitivamente alla rovina le economie occidentali, al di qua e al di là dell’Atlantico.

L’articolista non è il solo, tra gli economisti mondiali, a propugnare detta tesi.

Peraltro, molto più modestamente, da tempo noi sosteniamo che non è “togliendo i soldi di tasca alla gente”, e cioè riducendone la capacità di spesa, tagliandone drasticamente i consumi, e conseguentemente riducendo gli scambi, abbattendo la produzione proporzionalmente alla caduta della domanda, riducendo di conseguenza la produzione e, quindi, l’occupazione: innescando cioè un procedimento perverso, un loop recessivo e depressivo, che si risollevano le sorti economiche dell’Italia e dell’Europa (non abbiamo la presunzione di parlare del mondo, ma abbiamo visto che altri molto più autorevoli di noi ne parlano negli stessi termini).

E’ grazie alle politiche di austerità che la crisi Lehman si è velenosamente estesa a tutto il pianeta; che la crisi greca (secondo Krugman l’economia della Grecia sta a quella europea come quella di Miami sta a quella degli Stati Uniti) è stata amplificata fino a rischiare di travolgere l’Europa e la sua moneta; forse, si può evitare il tracollo definitivo correggendo in corsa la manovra italiana e, più in generale, le politiche europee votate all’austerità più spinta (e, in quanto tale, suicida), limitandone la severità ed introducendo vere misure espansive, che al contempo scoraggino da un lato l’esportazione di capitali all’estero (la Svizzera sta ringraziando a profusione) e il ritiro del denaro dalle banche (aggravandone la pesante mancanza di liquidità), dall’altro favoriscano la ripresa della domanda, della produzione e dell’occupazione, con il conseguente aumento della base imponibile.

Per concludere (notazione tutta nostra, dato che il fenomeno dell’evasione fiscale è squisitamente italiano): possibile che si pensi veramente che abbassando la soglia delle transazioni in contanti si faccia emergere il c.d. “nero”? O non si ritiene invece che con una seria politica di indagine (che non si limiti a chiedere lo scontrino alla casalinga che esce dalla panetteria ma si rivolga a quei soggetti spesso noti ma altrettanto indisturbati) e, soprattutto, attivando finalmente quel conflitto virtuoso di cui da anni si parla a vuoto che consenta di detrarre buone parte delle spese sostenute dai cittadini, si ottengano migliori risultati?