HOME PRIVILEGIA NE IRROGANTO
di Mauro Novelli
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Galileo Galilei
DUE LEZIONI ALL'ACCADEMIA
FIORENTINA
CIRCA LA
FIGURA, SITO E GRANDEZZA
DELL'INFERNO DI
DANTE
[1588]
I.
Se è
stata cosa difficile e mirabile .... l'aver potuto gli uomini per lunghe
osservazioni, con vigilie continue, per perigliose navigazioni, misurare e
determinare gl'intervalli de i cieli, i moti veloci ed i tardi e le loro
proporzioni, le grandezze delle stelle, non meno delle vicine che delle lontane
ancora, i siti della terra e de i mari, cose che, o in tutto o nella maggior
parte, sotto il senso ci caggiono; quanto più maravigliosa deviamo noi
stimare l'investigazione e descrizione del sito e figura dell'Inferno, il
quale, sepolto nelle viscere della terra, nascoso a tutti i sensi, è da
nessuno per niuna esperienza conosciuto; dove, se bene è facile il
discendere, è però tanto difficile l'uscirne, come bene c'insegna
il nostro Poeta in quel detto:
Uscite di
speranza, voi ch'entrate,
e la sua guida
in quell'altro:
È facile
il descendere all'Inferno;
Ma 'l
piè ritrarne, e fuor dell'aura morta
Il poter ritornare all'aura pura,
Questo,
quest'è impres'alta, impresa dura!
ché dal
mancamento dell'altrui relazione viene sommamente accresciuta la
difficultà della sua descrizione. Per lo che era necessario, allo
spiegamento di questo infernal teatro, corografo ed architetto di più
sublime giudizio, quale finalmente è stato il nostro Dante: onde se
quelli che sì accortamente svelò la mirabil fabbrica del cielo e
sì esquisitamente disegnò il sito della terra, fu reputato degno
del nome di divino, non doverà già il medesimo nome essere, per
le già dette ragioni, al nostro Poeta conteso.
Descrive dunque
l'Inferno Dante, ma sì lo lascia nelle sue tenebre offuscato, che ad
altri dopo di lui ha dato cagione di affaticarsi gran tempo per esplicar questa
sua architettura; tra i quali due sono che più diffusamente ne hanno
scritto: l'uno è Antonio Manetti, l'altro Alessandro Vellutello, ma
però questo da quello assai diversamente, e l'uno e l'altro molto
oscuramente, non già per loro mancamento, ma per la difficoltà
del suggetto, che non patisce esser con la penna facilmente esplicato. Onde
noi, per ubbidire al comandamento fattoci da chi comandar ci può, oggi
qui venuti siamo a tentare se la viva voce, accompagnando il disegno, potesse,
a quelli che comprese non l'hanno, dichiarare l'intenzione dell'una opinione e
dell'altra; ed in oltre, se ci sarà tempo, addurre quelle ragioni per
l'una e per l'altra parte che potessero persuadere, le diverse descrizioni
esser conformi all'intendimento del Poeta; ingegnandoci nel fine, con alcune
altre nostre dimostrare qual più di esse alla verità, ciò
è alla mente di Dante, si avvicini: dove forse faremo manifesto, quanto
a torto il virtuoso Manetti ed insieme tutta la dottissima e nobilissima Academia
Fiorentina sia dal Vellutello stata calunniata.
Ma prima che
più avanti passiamo, non sia grave alle vostre purgate orecchie,
assuefatte a sentir sempre risonar questo luogo di quelle scelte ed ornate
parole che la pura lingua toscana ne porge, perdonarci se tal ora si sentiranno
offese da qualche voce o termine proprio dell'arte di cui ci serviremo, tratto
o dalla greca o da la latina lingua, poi che a così fare la materia di
cui parleremo ci costringe.
L'ordine che
terremo nel nostro ragionamento, in dichiarare la prima opinione, sarà
questo:
Prima
considereremo la figura ed universal grandezza dell'Inferno, tanto
assolutamente quanto in comparazione di tutta la terra.
Nel secondo
luogo, vedremo dove ei sia posto, ciò è sotto che superficie
della terra.
Terzo, vedremo
in quanti gradi, differenti tra loro per maggiore o minor lontananza dal centro
del mondo, ei sia distribuito, e quali di essi gradi siano semplici, e quali
composti di più cerchi o gironi, e di quanti.
Nel quarto
luogo, misureremo gl'intervalli che tra l'un grado e l'altro si trovono.
Quinto,
troveremo le larghezze per traverso di ciascheduno grado, cerchio e girone.
Nel sesto
luogo, avendo già considerate le predette principali cose, con
brevità racconteremo tutto il viaggio fatto da Dante per l'Inferno, ed
in questo accenneremo alcune cose particolari, utili alla perfetta cognizione
di questo sito.
Venendo dunque
all'esplicazione dell'opinione del Manetti, e prima quanto alla figura, dico
che è a guisa di una concava superficie che chiamano conica, il cui
vertice è nel centro del mondo, e la base verso la superficie della
terra. Ma che? abbreviamo e facilitiamo il ragionamento; e congiungendo la
figura, il sito e la grandezza, immaginiamoci una linea retta che venga dal
centro della grandezza della terra (il quale è ancora centro della
gravità e dell'universo) sino a Ierusalem, ed un arco che da Ierusalem
si distenda sopra la superficie dell'aggregato dell'acqua e della terra per la
duodecima parte della sua maggior circonferenza: terminerà dunque tal arco
con una delle sue estremità in Ierusalem; dall'altra sino al centro del
mondo sia tirata un'altra linea retta, ed aremo un settore di cerchio,
contenuto da le due linee che vengono dal centro e da l'arco detto:
immaginiamoci poi che, stando immobile la linea che congiugne Ierusalem ed il
centro, sia mosso in giro l'arco e l'altra linea, e che in tal suo moto vadia
tagliando la terra, e muovasi fin tanto che ritorni onde si partì;
sarà tagliata della terra una parte simile ad un cono: il quale se ci
immagineremo esser cavato della terra, resterà, nel luogo ov'era, una
buca in forma di conica superficie; e questa è l'Inferno. E da questo
discorso ne aviamo, prima, la figura; secondo, il sito, essendo talmente posto,
che il suo bassissimo punto è il centro del mondo, e la base o
sboccatura viene verso tal parte della terra, che nel suo mezzo racchiude
Ierusalem, come apertamente si cava da Dante, quando, immediate che fu passato
oltre il centro all'altro emisfero, ode da Virgilio queste parole:
E se' or sotto l'emisfero giunto,
Ch'è
opposito a quel che la gran secca
Coverchia, e
sotto 'l cui colmo consunto
Fu l'Uom che nacque e visse senza pecca;
e
nel secondo canto del Purgatorio, essendo pure nell'altro emisfero, conferma il
medesimo, dicendo:
Già era
'l Sole all'orizzonte giunto,
Lo cui meridian
cerchio coverchia
Ierusalem col
suo più alto punto.
E quanto alla
grandezza, è profondo l'Inferno quanto è il semidiametro della
terra; e nella sua sboccatura, che è il cerchio attorno a Ierusalem,
è altrettanto per diametro, per ciò che all'arco della sesta
parte del cerchio gli è sottesa una corda uguale al semidiametro.
Ma volendo
sapere la sua grandezza rispetto a tutto l'aggregato dell'acqua e della terra,
non doviamo già seguitare la opinione di alcuno che dell'Inferno abbia
scritto, stimandolo occupare la sesta parte dello aggregato; però che,
facendone il conto secondo le cose dimostrate da Archimede ne i libri Della
sfera e del cilindro, troveremo che il vano dell'Inferno occupa qualcosa meno di
una delle 14 parti di tutto l'aggregato: dico quando bene tal vano si
estendessi sino alla superficie della terra, il che non fa; anzi rimane la
sboccatura coperta da una grandissima volta della terra, nel cui colmo è
Ierusalem, ed è grossa quanto è l'ottava parte del semidiametro,
che sono miglia 405 15/22.
Avendo compresa
così generalmente la sua figura, è bene che venghiamo a
distinguerlo ne i suoi gradi; però che la sua interna superficie non
è così pulita e semplice come da la descrizione che ne aviamo
data ne conseguirebbe, anzi è distinta in alcuni gradi, ne i quali
diversi peccati con diverse pene sono puniti: e di questi gradi doviamo ora
assegnare il numero e l'ordine, e poi più distintamente le larghezze e
distanze da l'uno all'altro, e le distribuzioni di alcuni in varii gironi,
così distinti e nominati dal Poeta.
È dunque
questa grandissima caverna distribuita in 8 gradi, differenti tra loro per
maggiore o minor lontananza dal centro: tal che viene l'Inferno ad essere
simile ad un grandissimo anfiteatro, che, di grado in grado descendendo, si va
ristringendo; salvo che l'anfiteatro ha nel fondo la piazza, ma l'Inferno
termina quasi col suo profondo nel centro, che è un punto solo.
Vanno questi
gradi rigirando intorno intorno la concavità dell'Inferno: ed il primo,
e più vicino alla superficie della terra, è il Limbo; il secondo
è quello dove sono puniti i lussuriosi; nel terzo sono castigati i
golosi; il quarto comprende i prodighi e gli avari; il quinto grado è
diviso in dui cerchi, il primo de i quali comprende la palude Stige e le fosse
attorno alla città, luogo deputato alle pene de gl'iracondi e degli
accidiosi; il secondo contiene essa città di Dite, dove sono castigati
gli eretici. E qui è da avvertire che noi non intendiamo per gradi quelli
che da Dante sono chiamati cerchi, perché noi ponghiamo, i gradi esser
distinti tra loro per maggiore o minor lontananza dal centro, il che non sempre
accade ne i cerchi, atteso che nel quinto grado ponga il Poeta al medesimo
piano dui cerchi. Ma perché gli altri gradi sono dal Poeta chiamati
cerchi ancora, possiamo dire, tutti essere 9 cerchi in 8 gradi.
Seguita poi il
sesto grado e settimo cerchio, tormento dei violenti, il quale è
distinto in 3 gironi, così nominati dall'Autore. E qui possiamo notare la
differenza che pone Dante tra cerchio e girone, essendo i gironi parti de i
cerchi, come di questo settimo, diviso in 3 gironi, de i quali l'uno racchiude
l'altro; ed il primo, e maggiore di circuito, che è un lago di sangue,
racchiude il secondo, che è un bosco di sterpi, il quale rigira intorno
al terzo girone, che è un campo di rena: onde nel 13° si legge:
E 'l buon
Maestro: Prima che più entre,
Sappi che sei nel secondo girone,
Mi cominciò a dire, e sarai
mentre
Che tu verrai nell'orribil sabbione.
Il settimo
grado ed ottavo cerchio contiene tutte Malebolge, dove sono puniti i
fraudolenti. L'ottavo ed ultimo grado, che è il nono cerchio, abbraccia
le quattro spere di ghiaccio de i traditori.
Ma passando
alle distanze da l'un grado all'altro, le quali sono 8, dico che le prime sei
sono uguali tra di loro, e ciascheduna è l'ottava parte del semidiametro
della terra, che sono miglia 405 15/22: e tanto è
distante il Limbo da la superficie della terra, altrettanto il secondo grado da
esso Limbo, il terzo dal secondo, il quarto dal terzo, il quinto dal quarto, ed
il sesto dal quinto.
Restano le due
ultime distanze, ciò è la distanza dal cerchio de i violenti a
Malebolge, che è la profondità del burrato di Gerione, e quella
da Malebolge alle ghiacce, che è il pozzo de i giganti; le quali due
distanze sarebbono state ancor esse poste dal Manetti uguali tra di loro ed
all'altre, ciò è ciascheduna l'ottava parte del semidiametro, se
non avesse osservato in Dante luoghi da i quali necessariamente si cava, esse
dovere essere disuguali. Ma perché Dante dice, la nona e penultima
bolgia girare miglia 22, sentendo nel canto ventesimo nono da Virgilio queste
parole:
Tu non hai
fatto sì all'altre bolge:
Pensa, se tu
annoverar le credi,
Che miglia
ventidue la valle volge,
e, per
consequenza, viene ad aver di diametro miglia 7; e girando la decima miglia 11,
come si vede nel canto sequente, dove dice:
S'io fussi pur di tanto ancor leggiero,
Ch'io potess'in cent'anni andar un'oncia,
Io sare' messo già per lo sentiero,
Cercando lui
tra questa gente sconcia,
Con tutto che
la volga undici miglia,
E men d'un
terzo di traversa non ci ha,
ed avendo, per
conseguenza, di diametro miglia 3 ½; resta che la larghezza della nona
bolgia sia miglia 1 ¾; e dando tanto di larghezza a ciascuna delle
altre, la prima e maggior bolgia viene ad aver di diametro miglia 35; e tanto
è il diametro del fine della penultima distanza, che è, come si
è detto, l'intervallo dal grado de i violenti a Malebolge. E se tanto è
lì di diametro l'Inferno, facendo il conto troveremo, dovere esser
distante tal luogo dal centro miglia 81 3/22, come
appresso, quando parleremo delle larghezze delle bolge, si dimostrerà; e
se miglia 81 3/22 è l'ultima distanza, il restante
sino a i 2/8 del semidiametro della terra sarà la
penultima, ciò è miglia 730 5/22. Tanta
dunque è la profondità del burrato, essendo la profondità
del pozzo miglia 81 3/22.
Ora, devendo venire al modo tenuto dal Manetti per investigare le
larghezze per traverso de i gradi tutti dell'Inferno, giudichiamo esser
necessario preporre una proposizione geometrica, la cui cognizione grandemente
ci aiuterà all'intelligenza di quanto si ha da dire, ed è questa:
Se tra due
linee concorrenti siano descritte alcune parti di circonferenze di cerchi, che
abbino per centro il punto del concorso delle linee, averanno dette
circonferenze tra di loro la medesima proporzione che i semidiametri de i lor
cerchi. E questo è manifesto, perché si faranno settori di cerchi
simili, de i quali i lati sono proporzionali agli archi, come in geometria si
dimostra.
Posto questo, torniamo alle larghezze. Riprese dunque il Manetti
le linee rette che di sopra tirammo dal centro del mondo, l'una a Ierusalem,
l'altra all'estremità, o vogliamo dire all'orlo, della sboccatura
dell'Inferno (quando arrivasse sino alla superficie della terra); e nell'arco
che da l'una all'altra di esse si tirò, che in lunghezza è miglia
1700, segnati 10 spazii, ciascheduno di miglia 100, cominciando dalla sboccatura,
da questi cavò le larghezze di alcuni gradi e gironi, come più
particolarmente adesso vedremo.
Perciò che, preso il termine del primo centinaio e da esso
tirata una linea al centro del mondo, terminò con essa la larghezza del
Limbo, ciò è del primo cerchio; e perché questa linea con
quella purdianzi tirata dall'orlo della sboccatura al centro si va
proporzionatamente ristringendo sino al centro, nel quale ad essa si unisce, e
la distanza del Limbo dalla superficie della terra si pose esser l'ottava parte
del semidiametro, seguirà, per la proposizione preposta, che detta
larghezza del Limbo sia ristretta per l'ottava parte di quello che era nella
superficie della terra; e perché quivi era miglia 100, cavandone
l'ottava parte, ciò è miglia 12 ½, resterà la
larghezza del Limbo miglia 87 ½.
Ripreso poi il
secondo centinaio, e dal suo termine verso Ierusalem tirata un'altra linea sino
al centro, con essa terminò la larghezza del secondo cerchio; il quale
per esser lontano dalla superficie della terra per 2/8
del semidiametro, scemata con la medesima proporzione la larghezza, che su la
superficie è miglia 100, restò la larghezza del secondo cerchio
miglia 75. Ed osservando simil ordine nel terzo e quarto grado, di scemare le
larghezze con la proporzione delle distanze loro dalla superficie della terra,
al terzo assegnò di larghezza miglia 62 ½, ed al quarto miglia
50.
Ma per
determinare la larghezza del quinto grado, prese nell'arco detto, sopra la
superficie della terra, 3 centinaia, e questo perché il quinto grado si
divide in 2 cerchi, il primo de i quali ancora si divide in 2 gironi,
ciò è nella palude Stige e nelle fosse, ma il secondo cerchio,
ciò è la città, resta indiviso: e perché questo
grado è lontano dalla superficie della terra 5/8
del semidiametro, scemando con simil proporzione la larghezza, che nella
superficie della terra è miglia 300, cavò la larghezza del quinto
grado, ciò è miglia 112 ½; delle quali la terza parte,
ciò è 37 ½, ne diede alla palude, altre 37 ½ alle
fosse, l'altra terza parte al cimitero degli eresiarchi, dentro la
città. E così sino a questo grado si sono consumate 7 delle 10
centinaia che nell'arco sopra la terra si notarono, ciò è 4 per i
4 primi cerchi, e 3 per il quinto.
Restano dunque
3 centinaia, le quali ci danno la larghezza del sesto grado, che, per esser
distinto in 3 gironi, ciò è nel lago sanguigno, nel bosco e nel
campo arenoso, acconciamente se gli convengono: e per esser questo grado
lontano dalla superficie della terra per 6/8 del
semidiametro, scemando a tal proporzione le
Aviamo sin qui delle
Dovendo dunque venire a tal distribuzione, è bene che
dimostriamo prima quello che poco fa promettemmo; ciò è che se
Malebolge è, nella sua maggior larghezza, di semidiametro miglia 17
½, come da Dante stesso si trae, devano necessariamente da Malebolge al
centro esser miglia 81 3/22.
È manifesto che alle
Ora,
ripigliando quello che a dir si avea della distribuzione delle
Questo discorso
e la dimostrazione della distanza da Malebolge al centro aviamo noi aggiunto a
quello che per esplicazione del ritrovamento del Manetti da' suoi amici fu scritto,
parendoci, come veramente è, che avessino tralasciata di dichiarare la
più sottile invenzione dal gentile ingegno del Manetti investigata.
Ora ci resta,
per compita esplicazione del nostro proponimento, addurre le grandezze di
ciascuna delle 4 giacce cavate da l'istesso Poeta: ed il modo che si ha da
tenere per conseguir questo, sarà tale.
Noi aviamo nel
canto trentesimoquarto queste parole:
L'imperador del
doloroso regno
Da mezzo 'l petto uscia fuor della giaccia;
E più con un gigante io mi convegno,
Ch'i giganti
non fan con le sue braccia:
Pensa oramai quant'esser dee quel tutto,
Ch'a così fatta parte si confaccia.
Sendo dunque
nostro scopo investigar la grandezza delle giacce, e sapendo che Lucifero uscia
fuori della minore (ché di quella si parla nel luogo citato) da mezzo 'l
petto in su, e sapendo in oltre che il medesimo Lucifero ha l'ombelico nel
centro del mondo, come dall'istesso Poeta nel medesimo canto si trae, dove
dice:
Quando noi
fummo là dove la coscia
Si volge a punto
sul grosso dell'anche,
Lo Duca con fatica e con angoscia
Volse la testa
ov'egli avea le zanche,
Ed aggrappossi al pel com'uom che sale,
Sì ch'in
Inferno io credea tornar anche;
se dunque
saperemo quanta sia la grandezza di Lucifero, aremo la distanza ancora che
è dall'ombelico al mezzo del petto, e per consequenza il semidiametro
della minore sferetta. Ma quanto alla grandezza di Lucifero, aviamo ne i citati
versi esser tale, che maggior convenienza ha Dante con un gigante, che un gigante
non ha con un braccio di Lucifero: se dunque noi saperemo la grandezza di Dante
e quella d'un gigante, potremo da queste investigar la grandezza di Lucifero.
Ma di Dante aviamo, da quelli che scrivono la vita di esso, essere stato di
commune statura, la quale è 3 braccia: restaci dunque solamente da
investigare la grandezza di un gigante; e così aviamo risoluto la nostra
proposta, che era di trovare la grandezza delle giacce, a dover solamente
investigare la grandezza d'un gigante, onde poi, con ordine compositivo,
potremo conseguire il nostro intento: però che, essendoci data la
grandezza d'un gigante, sarà nota la proporzione che ha ad esso un uomo,
e però la proporzione che ha un gigante ad un braccio di Lucifero; ma
è nota la proporzione che ha un braccio a tutto 'l corpo, onde la
grandezza di Lucifero ci sarà manifesta; ed auta questa, aremo la
distanza dal mezzo del petto all'ombelico, e per consequenza il semidiametro
della minore sfera, e finalmente essa sfera, con la quale alle sfere rimanenti
assegneremo le grandezze. Passiamo dunque ad investigar la grandezza d'un
gigante.
Scrive il
Poeta, parlando di Nembrot, primo de i giganti che lui trovasse nel pozzo:
La faccia sua
mi parea lunga e grossa
Come la pina di San Piero a Roma;
Ed a sua proporzione eron l'altr'ossa.
Se dunque la
faccia d'un gigante è quanto la Pina, sarà 5 braccia e ½,
ché tanto è essa: e perché gli uomini ordinariamente sono
alti otto teste, ancor che i pittori e gli scultori, e tra gli altri Alberto
Durero, nel suo libro della misura umana, tenga che i corpi ben proporzionati
devano esser 9 teste, ma perché di sì ben proporzionati rarissimi
si trovano, porremo il gigante dovere esser alto 8 volte più che la sua
testa; onde sarà un gigante in lunghezza braccia 44, ché tanto fa
moltiplicato 8 per 5 ½. Dante dunque, ciò è un uomo
commune, ad un gigante ha la proporzione di
Questo è
quanto all'universale esplicazione della figura, sito e grandezza dell'Inferno
di Dante secondo l'opinione del Manetti, mi parea necessario doversi dire.
Resta ora, per intera satisfazione di quanto al principio promettemmo, con una
breve narrazione del viaggio fatto dal Poeta per tale Inferno, che comprendiamo
alcune cose particolari e degne d'esser sapute; e nel medesimo tempo
accenneremo di nuovo l'ordine, numero, distanze e larghezze de i cerchi infernali,
acciò che meglio nelle menti vostre restino impressi.
Nel mezzo del
cammin di nostra vita
Mi ritrovai in una selva oscura,
Che la diritta via era smarrita;
e questo fu
l'anno della nostra salute 1300, anno di giubbileo, di notte, essendo la luna
piena. La selva dove si trovò è, secondo il Manetti, tra Cuma e
Napoli, e qui era l'entrata dell'Inferno; e ragionevolmente la finge esser
quivi: prima, perché 'l cerchio della sboccatura dell'Inferno passa a
punto intorno a Napoli; secondo, perché in tal luogo, o non molto
lontani, sono il lago Averno, monte Drago, Acheronte, Lipari, Mongibello e
simili altri luoghi, che da gli effetti orribili che fanno paiono da stimarsi
luoghi infernali; e finalmente giudica, aver il Poeta figurata ivi l'entrata
dell'Inferno per imitar la sua scorta, che in tal luogo la pose. Quindi
arrivati alla porta dell'entrata, sopra la quale erano scritte di colore oscuro
le parole:
Per me si va
nella città dolente,
Per me si va nell'eterno dolore,
Per me si va tra la perduta gente;
cominciarono a
scendere per una china repente, finché arrivarono alla grotta de gli
sciagurati, spiacenti a Dio ed al suo inimico.
È questa
grotta una amplissima caverna, posta tra la superficie della terra e l'orlo
dell'Inferno, quasi che quelli che vi abitano abbiano bando del cielo e
dell'abisso: in questa trovarono gli sciagurati correr dietro ad una insegna.
Seguitando poi
pur di scendere, arrivarono al fiume Acheronte. Questo fiume passa intorno al
primo cerchio d'Inferno, ciò è al Limbo; e qui trovarono Caron
demonio, che nella gran barca tragetta le anime all'altra riva. In questo
luogo, per il tremore della terra e per il lampo d'una vermiglia luce,
tramortì 'l Poeta, e di poi, da un gran tuono risvegliato, si trovò
su l'altra ripa; per la quale camminando, pervenne alla calle del primo
cerchio, e per essa entrato, insieme con Virgilio, nel Limbo, si volse
camminando a man destra, e vedde i parvoli innocenti, morti senza battesmo, e
quelli che vissono moralmente, ma senza la fede cristiana, né ivi hanno
altro tormento che la sola privazione della vision di Dio: in questo cerchio
trovarono la fiamma ardente ed il nobile castello, circondato da 7 circuiti di
mura. È questo cerchio distante da la superficie de la terra l'ottava
parte del semidiametro, ciò è miglia 405 15/22,
ed è largo per traverso miglia 87 ½. Di questo cercatane la
decima parte, calarono nel secondo, minore e più basso, dove sotto
Minos, giudice de i dannati, sono puniti da continua agitazione, tra le nugole,
i lussuriosi: e la distanza di tal cerchio dal primo è quanto la
distanza del primo dalla superficie della terra, ciò è miglia 405
15/22, ed è largo miglia 75. Di questo cercatane
pure la decima parte, calarono al terzo, distante dal secondo similmente miglia
405 15/22, e largo miglia 62 ½, dove i golosi
sotto Cerbero da continua pioggia e grandine sono travagliati. Scesero di poi
nel quarto e del terzo minore, avendo di traversa miglia 50, e dal terzo
è lontano similmente miglia 405 15/22; nel quale
sotto Plutone si tormentano i prodigi e gli avari, col volgersi l'un contro
l'altro gravissimi pesi. Di questo cercando, pure su la man destra, la decima
parte, trovarono vicino al fine un fonte, dal quale deriva una fossa, che,
cadendo nel quinto cerchio, fa di sé la palude Stige. Per questo fossato
scendendo 'l Poeta al quinto grado, che del quarto è più basso
miglia parimente 405 15/22, distinto in 2 cerchi, il
maggior de i quali contiene due gironi, ciò è la palude Stige,
larga miglia 37 ½, dove sotto Flegias sono punite due specie di
peccatori, ciò è gl'iracondi sopra e gli accidiosi sotto la
belletta; e le fosse intorno alla città, larghe pur miglia 37 ½,
tormento de gl'invidiosi e de i superbi; l'altro cerchio è la
città di Dite, dentro la quale, sotto l'imperio delle Furie, nelle
sepolture infocate sono castigati gli eretici. A questa città, che per
traverso è larga miglia 37 ½, passarono dalla riva della palude
sopra la barca di Flegias, cercando, sì di essa palude, come delle fosse
ancora e di essa città, la decima parte, camminando sempre su la man
destra.
Di questo
grado, per una grandissima rovina di pietre, scesero nel sesto, del quinto
più basso parimente miglia 405 15/22, ed è
diviso in 3 gironi, ciascheduno de i quali è per larghezza miglia 25: e
nel primo, che è un lago di sangue, detto Flegetonte, sono puniti sotto
'l Minotauro i violenti al prossimo, il cui tormento è l'esser saettati
da i Centauri qual volta ardissono alzarsi fuor del sangue: nel secondo son
tormentate due sorti di violenti, ciò è i violenti contro a lor
medesimi, e questi sono trasformati in nodosi sterpi, delle cui foglie si
cibano ingorde Arpie; ed i violenti contro i proprii beni, e di questi la pena
è l'esser dilaniati da nere ed affamate cagne: nel terzo girone, sopra
cocente arena, da continue fiamme che ivi piovono, sono afflitti i violenti a
Dio, alla natura ed all'arte. Di questi 3 gironi cercatane, pure su la man
destra, la decima parte, essendo nel campo arenoso trovarono uno stretto rivo
di sangue, il quale, dalla statua posta dal Poeta sopra 'l monte Ida in Creta
dirocciando per l'abisso, fa Acheronte, Stige, Flegetonte, e Cocito, fiumi
principali d'Inferno. E camminando Dante lungo detto rivo verso il mezzo,
pervenne alla sponda del burrato di Gerione, dove, salito insieme con Virgilio
sopra le spalle della fiera, fu per quell'aer cieco calato su 'l settimo grado,
che è quello che in 10 bolge è distinto, nelle quali sotto
Gerione dieci specie di fraudolenti son castigati, de i quali troppo lungo
sarebbe raccontare tutte le pene. È questo grado lontano dal superiore
miglia 730 5/22, e tanta viene ad esser la
profondità del burrato. Ha ciascuna delle bolge, di traversa, un miglio
e ¾, eccetto l'ultima, che è larga ½ miglio, dalla quale
sino al pozzo de i giganti, posto nel mezzo, è uno spazio di ¼ di
miglio; talché in tutta la traversa di Malebolge è miglia 16
½: e sono da uno stretto argine o ponticello attraversate tutte, eccetto
però che la sesta, sopra la quale per certo accidente è rovinato
il ponte.
Attraversate
che ebbe Dante le bolge, essendo pervenuto al pozzo, fu da Anteo gigante,
insieme con Virgilio, calato su la diaccia, detta Caina, che è la prima
e maggiore spera e che le altre circonda, nelle quali sotto Lucifero sono
castigati i traditori: e nella prima, i traditori al prossimo; nella seconda,
detta Antenora, i traditori contro la patria; nella terza, detta Tolomea, i
traditori a i lor pari benefattori; nella quarta, detta Giudecca, i traditori
contro al lor signore. È la distanza delle diacce da Malebolge,
ciò è la profondità del pozzo de i giganti, miglia 81
½.
Nel mezzo di
esse diacce è posto Lucifero; al quale arrivati Virgilio e Dante,
descendendogli per i suoi velli sino all'ombelico, dove è il centro del
mondo, e quindi cominciando a salirgli su per l'irsute cosce, finalmente
trapassarono a i suoi piedi verso l'altro emisfero, dove per una attorta via
salirono, e quindi uscirno a riveder le stelle.
Resterebbeci
ora da vedere l'opinione del Vellutello, e poi le ragioni che per l'una e per
l'altra opinione addur si potrebbono: ma perché il discorso sin qui auto
mi è riuscito più lungo assai che non credeva, per non tener
più a tedio tanti nobilissimi uditori, trasferiremo il nostro
ragionamento a tempo più oportuno.
II.
Aviamo nella
passata lezione, per quanto dalle nostre forze ci è stato conceduto,
dichiarata la opinione del Manetti circa 'l sito e figura dell'Inferno di
Dante: oggi è la nostra intenzione esplicar prima la mente di Alessandro
Vellutello circa la medesima materia, poi addurre quelle ragioni che ci
persuadano, quella a questa esser da preporsi. E per più brevemente e
facilmente conseguire l'intendimento nostro quanto a la prima parte,
giudichiamo commodo ordine essere il veder prima in quali cose l'una opinione con
l'altra convenga, di poi in quali da la medesima sia differente.
Concorda il
Vellutello co 'l Manetti, prima, quanto al sito di esso Inferno,
ponendolo ciascheduno sotto tal parte dell'aggregato, che per colmo ha
Ierusalem; talmente che se dal centro universale a Ierusalem si tiri una linea
retta, sarebbe l'Inferno ugualmente da tutte le parti circa detta linea
distribuito.
Non è
differente ancora l'uno dall'altro nel numero ed ordine de i gradi, come
né nella divisione di essi in varii cerchi e gironi, nel modo che
l'altr'ieri dichiarammo.
E finalmente
sono concordi nelle grandezze di Malebolge: ed in tutto questo convengono,
perché così essere dal Poeta stesso apertamente si cava.
Sono poi
differenti, prima, quanto all'universal grandezza di tutto l'Inferno;
Secondo (che
dal primo necessariamente ne conséguita), nelle grandezze e distanze de
i gradi particolari, eccetto però, come si è detto, nelle
larghezze di Malebolge;
Terzo, sono
discordi nelle grandezze de i giganti e di Lucifero;
Quarto, nella
figura delle giacce;
Quinto, nella
grandezza e sito del nobile castello che dal Poeta è figurato nel Limbo;
Sesto, sono
differenti nell'assegnare il cammino che tennero Dante e Virgilio nel
descendere al centro, stimando il Manetti che, girando per i gradi, procedessero
talmente che la sinistra fosse verso il mezzo, il cui contrario ha creduto il
Vellutello;
Settimo,
disconvengono nell'assegnare il numero de i ponti di Malebolge.
Differentissimi
dunque sono, prima, circa la universal grandezza di tutto l'Inferno, atteso che
il Vellutello lo ponga meno che la millesima parte di quello che lo pone il
Manetti: però che, volendo il Vellutello che la profondità del
suo Inferno non sia più che la decima parte del semidiametro della
terra, se tale Inferno fosse una intera sfera, sarebbe una delle mille parti di
tutto l'aggregato, come da gli Elementi d'Euclide facilmente si cava; ma di
tale sfera l'Inferno del Vellutello è meno che una delle 14 parti, come
l'Inferno del Manetti di tutto l'aggregato; adunque seguita che, come si
è detto, il Vellutello figuri l'Inferno suo non maggiore che una delle
mille parti di quello che dal Manetti è figurato.
Ma come
raccolga il Vellutello, la profondità del suo Inferno esser la decima
parte del semidiametro dell'aggregato, possiam comprendere recandoci innanzi il
componimento di tal sua fabbrica.
E prima,
doviamo intendere un pozzo, quale sì nella sommità come nella
profondità abbia di diametro un miglio, e tanta ancora sia la sua
altezza, nel cui fondo sia, a guisa di una grandissima macine (e siami lecito
pigliar tale essempio), il giaccio grosso braccia 750; e sia questa giaccia
distinta in 4 cerchi, che l'uno circondi l'altro, e nel mezzo del minore sia un
pozzetto, come ancora nelle macine si vede, profondo quanto è la grossezza
del giaccio, ciò è braccia 750, nel mezzo della cui
profondità viene ad essere il centro del mondo, ed in questo pozzetto
stia Lucifero; e l'altro e maggior pozzo, poco fa figurato, sia quello intorno
alla cui sboccatura da mezza la persona escan fuori i giganti, e del quale
intende il Poeta quando dice:
Però che
come in su la cerchia tonda
Montereggion di
torri si corona,
Così la proda, che 'l pozzo circonda,
Torreggiavan di mezza la persona
Gli orribili giganti, cui minaccia
Giove dal ciclo
ancora, quando tona.
Sarà
dunque la sboccatura del pozzo de i giganti lontana dal centro universale un
miglio ¼, ciò è un miglio, come si è detto, per la
sua profondità, e braccia 750, che sono ¼ di miglio, per la
grossezza del giaccio e profondità del pozzetto in cui è posto
Lucifero.
Intorno alla
sboccatura del pozzo de i giganti pone il Vellutello la valle di Malebolge, con
le medesime misure assegnateli ancora dal Manetti; talmente che la maggiore ha
di semidiametro miglia 17 ½. Ma perché questa valle di Malebolge
pende verso il mezzo, come da quei versi di Dante è manifesto:
Ma perché Malebolge inver la porta
Del bassissimo pozzo tutta pende,
Lo sito di
ciascuna valle porta
Che l'una costa surge e l'altra scende;
gli dà
il Vellutello miglia 14 di pendio, onde la prima bolgia viene ad essere
più lontana dal centro che l'altra miglia 14.
Intorno alla
più alta bolgia surge con egual semidiametro, ciò è con
miglia 17 ½, un altro grandissimo pozzo, chiamato dal Poeta burrato, la
cui altezza è posta dal Vellutello dieci volte maggiore che 'l pendio di
Malebolge, ciò è miglia 140; né la sommità è
da esso figurata più larga che 'l fondo.
Intorno alla
sommità e sboccatura di questo burrato pone volgersi 3 gironi de i
violenti, a ciascheduno de i quali dà miglia 5 5/6
di larghezza, tal che tutto il cerchio ha di traversa miglia 17 ½: e
perché tanto è ancora il semidiametro del burrato, sarà
tutto il semidiametro del cerchio de i violenti miglia 35, e l'intero diametro
miglia 70.
Seguitano poi
sopra 'l grado de i violenti 6 altri gradi, il primo de i quali contiene la
città di Dite, i fossi attorno ad essa, e la palude Stige, ed è
lontano da esso grado de i violenti miglia 70, quanto a punto è figurato
il diametro del maggior girone; e la salita da essi violenti al superior
cerchio è tale, che tanto ha di diametro nel fondo, quanto nella
sommità, salvo che in alcuni luoghi finge il Poeta, per certo accidente,
esser tal ripa rovinata, per una delle quali rovine si descende. A questo grado,
che immediatamente è sopra i violenti, dà il Vellutello miglia 18
di traversa, delle quali ½ ne assegna per il traverso della
città, ½ per la larghezza de i fossi attorno ad essa, e le
rimanenti miglia 17 vuole che siano la larghezza della palude Stige, che i
detti fossi circonda; tal che il maggior diametro sarà miglia 106.
Surge poi
intorno a la palude una ripa, ma non va salendo come le altre salite de i pozzi
che sin qui aviamo aute, ma sale (per usar la sua propria voce) a scarpa,
sì che dove nel suo più basso luogo, ciò è al piano
della palude, avea di diametro miglia 106, nella sua superiore sboccatura ne ha
140; ed è la salita di questa spiaggia a scarpa tanto repente, che
salendo di linea perpendicolare miglia 14, si allarga miglia 17: e simil modo
di salire si osserva in tutti gli altri gradi superiori.
Sopra
l'estremità di questa salita si aggira un piano, che di traversa ha
½ miglio; e questo è il cerchio de i prodigi e de gli avari, il
cui diametro viene ad esser miglia 141, ciò è 140, come si
è detto, per la sboccatura della ripa per la quale ad esso si sale, ed 1
per le due larghezze di ½ miglio l'una, che ad esso si sono assegnate.
Da questo
cerchio si passa a quello de i golosi per una così fatta salita a
scarpa, la quale, ascendendo miglia 14 di perpendicolo, si allarga miglia 17,
sì che dove tal ripa nel suo basso era di diametro 141, sarà
nella sua estrema sboccatura miglia 175; intorno a la quale esso cerchio de i
golosi si distende con una larghezza di mezzo miglio, tal che il suo maggior
diametro viene ad esser miglia 176.
Da questo
cerchio con simil salita si perviene a quello de i lussuriosi, che pure ha di
traversa ½ miglio; e da questo con altra simil salita si ascende al
primo cerchio, che è il Limbo, la cui traversa pone il Vellutello, come
delli altri cerchi, ½ miglio, del quale ¼ ne assegna alla
larghezza per traverso del nobile castello, che s'immagina esser posto intorno
a la sboccatura, e l'altro ¼ lo dà per larghezza d'un
verdeggiante prato che 'l castello circondi. Intorno all'estremità del
prato fa surgere una ripa, che nella maniera delle altre ascendendo a scarpa,
si alza a perpendicolo
Questa è
brevemente l'esplicazione dell'opinione del Vellutello, la quale ancora dal
profilo del suo disegno forse meglio si comprenderà; e questa è
l'invenzione che tanto è piaciuta ad esso Vellutello, che l'ha fatto
ridersi del Manetti ed insieme di tutta l'Accademia Fiorentina, affermando,
l'Inferno di esso Manetti esser più tosto una fantasia ed un trovato suo
e degli altri Accademici, che cosa che punto sia conforme all'intendimento di
Dante: il che quanto sia vero, è ormai tempo che cominciamo a
considerare.
E prima, se
considereremo l'uno e l'altro disegno senza aver riguardo a luogo alcuno di Dante
o ad alcuna ragione che ci persuada più questo che quello aver del
verisimile ed esser credibile che così sia stato figurato dal Poeta, ma
solamente contempleremo la disposizione del tutto e de le parti, ed in somma,
per così dirla, l'architettura dell'uno e dell'altro, vedremo, al parer
mio, quanto al tutto, aver più disegno assai quel del Manetti, ed esser
composto di parti tra di loro più simili. Parimente ancora par cosa
incredibile, l'Inferno dovere esser così piccolo, che non sia quanto una
delle trentamila parti della terra, come noi, facendone diligente calcolo,
troviamo dovere essere, se si ha da credere l'opinione del Vellutello: e con
tutto che lo figuri così piccolo, di esso nulla dimeno piccolissima
parte ne assegna per luogo dove siano castigati i peccatori, dando a i 4 primi
cerchi solamente ½ miglio di larghezza per ciascuno.
Ma lasciamo
stare l'architettura, e veggiamo se tal fabbrica può reggersi, che, al
parer mio, troveremo non potere; perché, ponendo esso che il burrato si
alzi su con le sponde equidistanti tra di loro, si troveranno le parti
superiori prive di sostegno che le regga, il che essendo, indubitatamente
rovineranno: perciò che essendo che le cose gravi, cadendo, vanno per
una linea che dirittamente al centro le conduce, se in essa linea non trovano
chi le impedisca e sostenga, rovinano e caggiono; ma se, per essempio, noi
tiriamo dalla città di Dite linee sino al centro, queste non troveranno
impedimento alcuno, onde essa città, avendo la scesa libera e non
impedita, trovandosi sotto priva di chi la regga, indubitatamente
rovinerà; ed il simile farà ancora il grado de i violenti, sendo
fondato sopra mura i cui perpendicoli da quelli che vanno dirittamente al
centro si discostano; e rovinando questi, rovineranno ancora tutti gli altri
gradi superiori, che sopra questi si appoggiano.
Ma ci è
ancora un altro inconveniente: che non solamente è impossibile, se
vogliamo sfuggir la rovina di tutto l'Inferno, che le parti superiori manchino
di sostegno, ma è ancora ciò contro l'istesso Poeta, il quale,
conoscendo quanto fosse necessario, per reggimento di sì gran fabrica,
che le superior parti fossero dalle inferiori sostentate, scrisse, essendo nel
fondo del burrato al pozzo de i giganti:
S'io avessi le rime ed aspre e chiocce,
Come si converrebbe al triste buco
Sopra 'l qual puntan tutte l'altre rocce.
Se dunque sopra
questa buca puntano e si sostengono le altre rocce, è necessario che le
mura che le deono sostenere non siano fuori del perpendicolo che tende al
centro. Questo inconveniente non è nell'architettura del Manetti, atteso
che ponga tutte le ripe e le mura diritte verso 'l centro, come nel disegno si
vede.
Quanto poi a i
cerchi superiori, dico de i gradi sopra la città, potrebbe alcuno
nell'architettura del Vellutello trovarvi qualche commodità, e cosa che
di prima vista ci paresse esser verisimile; e questo è il porre le scese
da l'uno all'altro non a perpendicolo, come fa il Manetti, ma a scarpa e come
le chine de i monti, secondo che le figura il Vellutello, e per le quali
scender si possa dell'uno nell'altro grado, massime che il Manetti del modo che
tenessero per descendere non ne fa menzione.
Ma voglio che
questa istessa ragione sia per confutazione di esso Vellutello. Perciò
che, se le scese dall'un grado all'altro sono, come esso dice, a guisa de le
chine de i monti, per consequenza da qual si voglia parte si potrà da
l'uno nell'altro grado descendere; ma noi troviamo, ciò esser contrario
a quel che vuol Dante, ponendo che le scese fossero solamente in alcuni luoghi particolari
ed in un luogo solo per cerchio, come nel fine del 6° si vede, dove dice:
Noi aggirammo a
torno quella strada,
Parlando
più assai ch'io non ridico;
Venimmo al
punto dove si digrada:
Quivi trovammo
Pluto, il gran nimico;
e nel principio
del 7°, dove Virgilio di Satan dice a Dante:
……………………….
Non ti noccia
La tua paura,
ché, poter che gli abbia,
Non ti
torrà lo scender questa roccia.
Adunque, se le
scese sono in alcuni luoghi particolari, a guardia delle quali pone ancora
Dante a ciascuna un demonio, da gli altri luoghi di necessità non si
potrà scendere; e questo allora sarà quando le scese saranno a
perpendicolo, come vuole il Manetti, e non come le chine de i monti, secondo il
parere del Vellutello. E questo credo io ancora esser così, acciò
che i dannati dei gradi più bassi, dove sono maggiori tormenti, come ci
insegnò 'l Poeta nel principio del 5° canto:
Così discesi del cerchio primaio
Giù nel secondo, che men luogo cinghia,
E tanto più dolor, che punge a guaio;
acciò che,
dico, essi dannati inferiori non possino scappare e fuggirsi a i gradi
più alti, in minor tormenti: e questo par che abbia voluto intender
Dante ponendo a ciascun luogo, dove dall'un grado all'altro si sale, a guardia
un demonio.
Non può
dunque essere, considerato quanto al tutto, l'Inferno di Dante di tale
architettura, né di sì piccola grandezza, come dal Vellutello
è stato finto; il che, oltre alle ragioni addotte, proviamo ancora per
l'istesso Dante, dico quanto alla grandezza. Che se l'Inferno non è
più profondo che la decima parte del semidiametro della terra, come esso
vuole, avendo Virgilio condotto Dante al primo cerchio, a che proposito gli
dice, sollecitandolo ad affrettare il passo:
Andiam, che la
via lunga ne sospinge.
Così si
mise e così mi fé entrare
Nel primo
cerchio che l'abisso cinge?
Se dunque
Virgilio chiama la via, che aveano a fare, lunga, non può intendere che
la sia lunga se non rispetto a quella che pur allora aveano camminata; il che
se è così, non sarà il viaggio fatto 9 volte maggiore di
quello che a fare aveano, e per consequenza l'Inferno, per il quale aveano a
calare al centro, non sarà così piccolo come vuole il Vellutello.
Qui ci potrebbe
essere opposto che né l'Inferno si deve credere esser così grande
come il Manetti lo pone; essendo che, sì come alcuni hanno sospettato,
non par possibile che la volta che l'Inferno ricuopre, rimanendo sì
sottile quant'è di necessità se l'Inferno tanto si alza, si possa
reggere, e non precipiti e profondi in esso Inferno; e massime, oltre al
rimanere non più grossa dell'ottava parte del semidiametro, che sono
miglia 405 incirca, essendovi ancora da levarne per lo spazio della grotta
degli sciagurati, ed essendoci molte gran profondità di mari.
Al che
facilmente si risponde, che tal grossezza è suffizientissima:
perciò che, presa una volta piccola, fabricata con quella ragione, se
arà di arco 30 braccia, gli rimarranno per la grossezza braccia
Parmi che
queste ragioni possino persuaderci, quanto all'universale descrizione aver
assai più del verisimile l'Inferno del Manetti che quello del
Vellutello, ed il medesimo troveremo ancora esaminando distintamente le sue
parti, e prima il castello posto nel Limbo: del quale difficil cosa mi pare
potersi immaginare come, girando, secondo che vuole esso Vellutello, miglia
770, ed essendo circondato da 7 ordini di alte mura, occupi in tutto per
larghezza ¼ di miglio; ché, non che altro, il fabricare sopra un
giro, che non sia più largo che ¼ di miglio, 7 circuiti di mura,
le quali pur devriano esser grossissime, dovendo, come si è detto, esser
di circuito
Di 4 altre
differenze che tra 'l Manetti e 'l Vellutello nascono, non trovo in Dante
luoghi che costringhin, più a questa che a quella opinione esser da
credersi; ma sono bene ragioni assai probabili in favor del Manetti.
E prima, de i
dieci ordini di ponti con i quali il Vellutello attraversa Malebolge, non
è in Dante luogo onde tal numero cavar si possa; ché se bene
né anche afferma il Poeta che un solo fosse, nulla dimeno, bastando un
ordine solo, non so a che proposito multiplicarli senza necessità. In
oltre, se 10 ordini fossero, troppo gran maraviglia sarebbe come tutt'a 10 si
fossero accordati a rovinar sopra la sesta bolgia, massime essendo, come
afferma il Poeta, seguita tal rovina a caso, per certo accidente.
Che Lucifero
poi fosse alto 3000 braccia, e non 2000, come vuole il Manetti, non traendo
questa nuova opinione del Vellutello origine da altro che dal voler misurare la
Pina prima che fosse rotta e dal voler por i giganti alti 9 teste, non ci par
da credere così di leggiero; anzi è cosa credibile che Dante, se
pur la misurò, misurasse la Pina come a suo tempo era, e che ei credesse
i giganti essere di commune e non di rara sveltezza, quale sarebbe a fargli
alti 9 teste.
Parimente, che
le diacce fossero come macine, e non come sfere, non è né ragione
né autorità che a creder ci persuada; anzi, essendo dal Poeta
stesso chiamate sfere, come nell'ultimo canto:
Tu hai i piedi
in su picciola sfera,
Che l'altra
faccia fa della Giudecca,
non è
privo di temerità il voler dire che avesser forma di macine, quasi che a
un ingegno qual era quel di Dante fossero mancate parole da esprimere il suo
concetto.
Restaci da
vedere finalmente del cammino auto per i cerchi, ciò è se fu su
la destra, come afferma il Vellutello, o pur su la sinistra mano, come vuole il
Manetti: nel che doviamo pur credere ad esso Manetti, avendo in suo favore
molte autorità del Poeta, che ci dichiarano che camminando teneva la
sinistra verso il mezzo e vano de i cerchi, ed essendosi il Vellutello mosso a
creder il contrario solamente per alcuni versi del Poeta, i quali ancora, e
meglio, si possono esporre in favor del Manetti; e son questi nel 14°:
Ed egli a me:
Tu sai che 'l luogo è tondo,
E tutto che tu sia venuto molto
Pur a sinistra giù calando al fondo...
De i quali versi se congiugneremo quelle parole Pur a sinistra con
le superiori, dicendo E tutto che tu sia venuto molto pur a sinistra,
facendo la posa a mezzo l'ultimo verso, faranno per l'opinione del Vellutello;
ma se faremo la posa nel fine del secondo verso, congiungendo le parole Pur
a sinistra con le sequenti, in questo modo Pur a sinistra
giù calando al fondo, favoriranno l'opinione del Manetti. Ora, in
una esposizione incerta, chi non stimerà esser meglio fare la posa nel
fine, che nel mezzo del verso? Ma lasciando i luoghi dubbiosi, veggiamo i
chiari e manifesti, che alla mente del Manetti si accostano.
Scrive Dante
nel fine del 9° canto, di poi che furono entrati dentro la città:
E poi ch'a la
man destra si fu volto,
Passammo tra i
martiri e tra gli spaldi;
e nel fine del 10°:
Appresso volse
a man sinistra il piede:
Lasciammo il muro e gimmo in ver lo mezzo.
I quali luoghi essendo tanto chiari come veramente sono,
costrinsero il Vellutello a dire che, se ben dentro a la città andarono
su la destra, non di meno ne gli altri cerchi camminarono su la sinistra; il
che par cosa molto leggiera.
Ma
perché o procedessero su la destra o su la sinistra, non molto importa
al principale intendimento nostro, che è stato di dichiarare il sito e
figura dell'Inferno di Dante, ed insieme difendere l'ingegnoso Manetti dalle
false calunnie ingiustamente sopra tal materia ricevute, e massime
perché non lui solo ma tutta la dottissima Academia Fiorentina
pungevano, alla quale per molte cagioni obligatissimo mi sento; avendo, per
quanto la bassezza del mio ingegno mi concedeva, dimostrato quanto più
sottile sia l'invenzione del Manetti, porrò fine al mio ragionamento.
- Fine -