|
|
|
HOME PRIVILEGIA NE IRROGANTO di Mauro
Novelli
… ictus …
|
Documentazione Documento inserito il 10-9-2011
|
|
|
COMMENTO
Sempre attuale. Repetita iuvant (per la
traduzione consultare il Trota)
|
Documenti correlati
|
|
L’Espresso
(04 ottobre 2010)
Quanti
tentacoli ha la Lega
di Tommaso Cerno e Luca Piana
Dalle
Asl alle banche. Dalla Rai alle autostrade. Dagli aeroporti alle province.
Altro che 'Roma ladrona': il Carroccio ha piazzato i suoi uomini in tutti i
gangli del sottopotere italiano. Proprio come la vecchia Dc.
Su una cosa Umberto Bossi ha ragione: l'acronimo
Spqr è superato. Sono Padani Questi Romani, ormai, e sempre più
numerose le poltrone che portano il vessillo del Sole delle Alpi. Mentre il Senatùr suona il solito disco contro la capitale
ladrona, alzando il dito medio o etichettando come porci i suoi abitanti, il
peso politico del Carroccio aumenta in Parlamento. E silenziosa avanza la
discesa leghista oltre il Rubicone. Fino al Tevere: consigli di
amministrazione, posti chiave in Rai e nei grandi enti pubblici, presidenze e
nomine continue allargano la ragnatela verde passando per banche, fondazioni,
aeroporti, autostrade, multiutilities, Asl e
partecipate milionarie di Comuni e Province.
E' la versione padana del "divide et impera", l'allievo che sta
superando perfino i maestri della vecchia Democrazia cristiana. Quella Lega
che divide il Paese invocando il federalismo e poi impera grazie a un
esercito di parenti, amici, trombati e ripescati. Sono loro, i nuovi boiardi
del Carroccio lanciato nella battaglia fra Gianfranco Fini e Silvio
Berlusconi, i veri vincitori. Perché fra i due litiganti, premier e
presidente della Camera, entrambi sfiancati dalla bufera mediatica e dalla guerra
politica, è l'Umberto che gode.
Il caso Unicredit, la banca decapitata grazie alla rivolta delle Fondazioni
azioniste, è solo la punta di un iceberg. Forse il segnale del salto
di qualità della "reconquista"
leghista, che oggi può contare su una rete da far invidia a De Mita,
Craxi e Fanfani. E' tutto annotato a matita nelle agende dei big. Gli uomini
nuovi, che tanto nuovi nei metodi non sono. Dal governatore veneto Luca Zaia a quello piemontese Roberto Cota, fino a Roberto
Calderoli e Giancarlo Giorgetti, passando per
Roberto Maroni.
VOGLIAMO CREDITO. Tra banche e dintorni, il debutto della Lega era
stato disastroso, con il dissesto della Credieuronord,
che contava fra i soci anche Bossi e la moglie: andò a rotoli fra
prestiti allegri e indagini per riciclaggio. A dispetto di questi inizi,
sulle banche ora la Lega Nord ha addirittura alzato il tiro. Ha potuto farlo
grazie a due fattori: i successi elettorali e la posizione di forza
dell'alleato di sempre, il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Quando la
posta è importante, quando sono in ballo i colossi pubblici come Eni o
Enel, è Tremonti a condurre il gioco. Quando si tratta di poltrone
lombarde, il ministro lavora di concerto con Giorgetti,
braccio destro di Bossi per le questioni finanziarie. L'hanno fatto per la
nomina di Massimo Ponzellini alla presidenza della
Popolare di Milano. E si sono ripetuti nella spartizione dei posti nella
Fondazione Cariplo, uno dei principali azionisti di Banca Intesa (ha il 4,68
per cento).
Appena si superano i confini della Lombardia,
c'è spazio invece per altri padrini politici. Lo ha mostrato Gianna Gancia, presidente della Provincia di Cuneo, compagna di
Calderoli. Appena si è liberato un posto nel consiglio generale della
Fondazione CariCuneo (socia di un altro big del
credito, Ubi Banca), vi ha piazzato una sua
collaboratrice, Giovanna Tealdi, bruciando Guido Crosetto, uno dei boss del Pdl nel basso Piemonte. Il
caso più eclatante è, però, quello della Fondazione Cariverona protagonista del licenziamento del numero uno
di Unicredit, Alessandro Profumo.
OBIETTIVO FIERA. Più che all'interno, i nemici della Lega nella
guerra delle poltrone si trovano fra gli alleati. Lo mostra l'assedio al
presidente lombardo, Roberto Formigoni, costretto a cedere importanti
porzioni di potere in vari settori, un tempo feudo esclusivo del movimento di
Comunione e liberazione. I primi siluri al "presidente a vita",
come lo chiamano, sono arrivati sulla Fiera di Milano, dove oggi avanza
Attilio Fontana, vicepresidente in quota Lega. Dopo le ultime elezioni
regionali, poi, i successi leghisti si sono intensificati. A Lombardia
Informatica, un colosso da 230 milioni di euro di ricavi, è arrivato
come presidente Lorenzo Demartini, ex consigliere
regionale con laurea in Scienze delle professioni sanitarie tecniche
diagnostiche. Un altro leghista della prima ora, Paolo Besozzi,
ha ottenuto la vice presidenza della Milano Serravalle, la società che
gestisce l'autostrada per Genova, fulcro di appalti miliardari.
Preliminari, questi, che lasciano intuire come si
giocherà la partita delle partite, la sanità, entro l'anno,
quando verranno assegnati 45 posti da dirigente tra Asl e Aziende
ospedaliere. Tre anni fa, al Carroccio ne andarono circa un quarto, mentre il
Pdl - e la componente ciellina in particolare - intascò la maggioranza
delle poltrone. Ora c'è la resa dei conti e la Lega che punta al
raddoppio. Stesso clima in Piemonte. Cota ha lasciato all'assessore alla
Salute, Caterina Ferrero (Pdl), solo l'ordinaria amministrazione, fatta oggi
soprattutto dei tagli imposti da Tremonti. Per sé invece, si è
tenuto la regia della Città della Salute, come viene chiamato il
previsto raddoppio dell'Ospedale Molinette. E si è dotato persino di
un consulente ad hoc: Claudio Zanon, un dirigente del reparto di chirurgia
della stessa struttura.
LA CARICA DEGLI ZAIA BOYS. Cosette di paese, fanno eco dal Veneto,
dove ai vertici delle principali autostrade ci sono due presidenti di quelle
province che Bossi sbraita da anni di voler abolire. E che invece sono ormai
collaudati nominifici.
Attilio Schnek guida la
ricca provincia di Vicenza, quella che sui giornali finì più
volte perché faceva, da sola, il prodotto interno lordo della Grecia.
Caso vuole che sieda anche sulla poltrona più alta della Serenissima,
la Brescia-Verona-Vicenza. Stessa sorte al trevigiano Leonardo Muraro, che da impiegato dell'Enel si buttò in
politica e che oggi colleziona incarichi (è vicepresidente di Veneto
Strade).Va così nel feudo di Zaia, l'ex
ministro delle Politiche agricole lanciato da Bossi per strappare il trono di
Doge a Giancarlo Galan. E lui non s'è
limitato a stravincere. Ha fatto in poche settimane piazza pulita dell'intera
corte dogale, piazzando i suoi uomini nei posti di vertice della Regione.
Da quelle parti c'è poi un assessore che fa sul serio. Nicola Cecconato, commercialista e tesoriere della Lega, ha
festeggiato da poco la quattordicesima poltrona in contemporanea: è
sindaco di Rai Trade e di Veneto Acque, supplente
di Coniservizi, presidente del collegio sindacale
di Ater Treviso e di AscoTlc,
nonché revisore unico di Veneto Infrastrutture Servizi srl e dei comuni di San Biagio e Paese, presidente del
collegio di revisori a Mogliano e chi più ne ha più ne metta.
Gli è riuscito il gran colpo di strappare il record a un altro
leghista, Leonardo Ambrogio Carioni, presidente
della provincia di Como, dell'Unione delle province lombarde e di Sviluppo
Sistema Fiere. E che se mai gli avanzasse tempo, non si preoccupa: ha pure un
posto nel cda della Pedemontana veneta tanto cara a
Bossi.
Che la rete padana funzioni, lo dimostrano perfino i concorsi. A Brescia, la
Provincia guidata da Daniele Molgora, padano di nascita e di tessera, cercava
otto funzionari a tempo indeterminato. E sei dei vincitori sono, caso vuole,
di simpatie leghiste. Si passa da Sara Grumi, figlia di quel Guido assessore
al Comune di Gavardo, a Katia Peli, nipote dell'assessore provinciale
Aristide, bossiano di ferro. Silvia Ranieri, invece, non ha avuto bisogno di
raccomandazioni da parenti. E' direttamente lei la leghista: capogruppo al
consiglio di Concesio.
VOGLIA D'AUTONOMIA. Il villaggio di Asterix, poi, si chiama Friuli
Venezia Giulia. Là, nella terra autonomista dove il Carroccio
piazzò il primo governatore della storia d'Italia, Piero Fontanini nel
1993, è ancora costui il luogotenente del Senatùr.
E ha le idee chiare. Alla vicepresidenza della ricca concessionaria
autostradale Autovie Venete ha sistemato Enzo
Bortolotti, il sindaco sospeso dal municipio della piccola Azzano Decimo
perché non pagava le multe al suo Comune. Oggi intasca lo stipendio
della Spa che sta costruendo la terza corsia sull'A4, un lavoretto da 2
miliardi di euro, se basteranno. Alla Promotur, che
promuove i pacchetti turistici è fresco di nomina Stefano Mazzolini,
rampante leghista che in curriculum elenca una trombatura alle regionali e
una dichiarazione falsa dei titoli di studio quando occupò, per pochi
giorni, il vertice dell'Aiat di Tarvisio, a ridosso
dei mondiali di sci. Rispunta pure Loreto Mestroni, l'ex assessore all'Ambiente
che a un convegno spiegò che forse era meglio costruire due
termovalorizzatori, perché così ci sarebbe stato un posto anche
per Forza Italia. Oggi è, appunto, al vertice dell'Agenzia per
l'energia.
MI MANDA COTA. A Torino un
berlusconiano della stazza di Galan non esiste, ma
lo scontro Lega-Pdl non è certo meno aspro. L'uomo forte da quelle
parti è il governatore Cota, che a spese dei contribuenti piemontesi
s'è dotato di ben due portavoce, dal costo complessivo di oltre 200
mila euro l'anno: uno a Torino, uno nella capitale, per avere
visibilità in quella "Roma ladrona" che i leghisti
contestano, ma solo a parole. Cota si è così dimostrato un vero
tattico delle poltrone. Cercando alleanze, come ha scritto il quotidiano on
line "Lo Spiffero", persino con l'opposizione, pur di non lasciare
spazio agli altri. Ha lasciato al Pdl la presidenza della Finpiemonte,
la finanziaria deputata a fare da intermediario per i mutui agevolati. A un
suo simpatizzante, Paolo Marchioni, ha invece riservato la guida della Finpiemonte Partecipazioni, la vera macchina da soldi,
una holding che possiede ben 33 partecipazioni diverse e che tiene i delicati
rapporti con i privati, che spesso figurano come azionisti delle controllate.
BOIARDI DI PADANIA. Pure mamma Rai, da un bel pezzo,
si sposa con rito celtico. Senza scomodare il potente vicedirettore generale
Antonio Marano, di cui le cronache padane sono zeppe, nell'odiata televisione
di Stato spicca un conduttore (e vicedirettore di RaiDue) come Gianluigi
Paragone. In squadra anche Milo Infante e il capo del centro produzioni
milanese, Massimo Ferrario. Posticini, come ai bei tempi, che segnano il
sorgere del sole delle Alpi sempre più presto al mattino.
Non di solo etere vive Bossi, però.
Né la lottizzazione si ferma certo a spa locali e aziende sanitarie.
E' nei colossi di Stato che il Carroccio entra sempre più a gamba
tesa.
Gianfrancesco Tosi, ingegnere meccanico, è
il presidente del Centro della Cultura Lombarda istituito dalla Regione, ma
è anche seduto nel cda dell'Enel dal 2002. All'Inail c'è invece un altro leghista doc, Mario
Fabio Sartori, mentre Zaia, già nella
precedente vita da ministro, ha portato Dario Fruscio al vertice dell'Agea,
l'agenzia che vigila sull'erogazione dei fondi comunitari per l'agricoltura. Risponde
colpo su colpo Giorgetti, il quale ha sistemato
quel Dario Galli che, non bastando la presidenza della provincia di Varese,
siede anche in Finmeccanica. O ancora lo psicoterapeuta Roberto Cadonati, dottore esperto di dinamiche di coppia, finito
nel cda di Cinecittà. Peccato che stavolta
la trama sia: poltrone arraffate e cda lottizzati.
Un film già visto.
ha collaborato Mariaveronica
Orrigoni
|