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Documentazione    Documento inserito il 10-2-2010

 

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DOSSIER “CONTRIBUTI ALL’EDITORIA”

Quanto ci costano: giornali, emittenti radio e tv.

 

Sommario

Da L’Unità del 10-2-10

Editoria, Bonaiuti conferma i tagli ai giornali. L'Fnsi pronta  allo sciopero. Protesta bipartisan. 1

Editoria, governo conferma i tagli. 100 testate a rischio.. 3

Pubblicità.. 5

Fondi e giornali, la stranezza italiana / Scheda.. 6

DA AFFARI ITALIANI 10-2-10. 7

I CONTRIBUTI (RELATIVI ALL’ANNO 2007) EROGATI NEL 2008 (Dal sito www.governo.it). 7

BOLLETTINO Antitrust  N. 2 DEL 1 FEBBRAIO 2010:ATTIVITA' DI SEGNALAZIONE E CONSULTIVA AS654 - EDITORIA QUOTIDIANA, PERIODICA E MULTIMEDIALE 8

 

 

Da L’Unità del 10-2-10

 

Editoria, Bonaiuti conferma i tagli ai giornali. L'Fnsi pronta allo sciopero. Protesta bipartisan.

«Abbiamo dovuto prendere atto della situazione reale dell'economia e l'editoria soffre dell'attuale situazione: perciò, purtroppo, dovremmo avere delle riduzioni ai fondi per l'editoria». Lo ha detto Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all'Informazione, comunicazione ed editoria. "Purtroppo, dovremo arrivare a delle riduzioni dei fondi destinati al settore», aggiunge Bonaiuti. A proposito dei piccoli giornali, Bonaiuti assicura "che non c'è nessun rischio. C'è una crisi e bisogna andare avanti con il sistema della 'tortà: quando in una famiglia i soldi diminuiscono, si tagliano per tutti fette più piccole, in maniera il più possibile proporzionale. Come si fa in tutti i settori, in tutti i paesi, ma ciò non significa che non si ami più l'editoria. Anzi, in questo modo la si difende».

«Bonaiuti deve smettere di prendere in giro il mondo dell'editoria. Due mesi fa ci ha detto che i fondi sarebbero stati confermati, oggi si accorge - bontà sua - che in Italia c'è la crisi. E per affrontarla il governo cosa fa? Taglia orizzontalmente a tutti, invece di fare davvero una riforma che recuperi risorse moralizzando il settore», attacca il responsabile cultura e editoria del Pd Matteo Orfini . «È una scelta sbagliata - osserva - a cui si aggiunge la beffa: il sottosegretario sostiene che questa scelta non colpirà i piccoli giornali. Se vuole, possiamo organizzargli un giro tra le tante testate che stanno attivando la cassa integrazione. Forse riprendere contatto con la realtà aiuterebbe questo governo a combattere la crisi e non ad aggravarla».


«Tra noi c'è il massimo allarme e una grande rabbia. Se non ci sono in tempi brevissimi parole ed atti credibili insieme alle testate colpite dai tagli all'editoria, la Federazione nazionale della stampa si fermerà per una giornata di sciopero per dire che anche questo mette a rischio il pluralismo dell'informazione in italia» dice Roberto Natale, presidente dell'Fnsi, nel corso di una conferenza stampa al senato, alla quale partecipano, tra gli altri, parlamentari Pd (Vincenzo Vita, Luigi Lusi), Pdl (Alessio Butti, Enzo Raisi) e Lega (Roberto Mura), contro la concreta ipotesi che nel dl milleproroghe non entri l'emendamento che rinvia di almeno un anno i tagli ai contributi all'editoria.

Nell'annunciare la giornata di sciopero, Natale puntualizza che per ora dovrebbe coinvolgere le circa cento testate che saranno colpite dai tagli, ma che nei prossimi giorni ci sarà una riunione e non esclude che la protesta possa avere «un carattere più ampio». Poi il presidente della Fnsi avverte il governo: «Se la vicenda dei tagli dei contributi non si conclude positivamente, si chiude ogni possibile interlocuzione sulla riforma dell'editoria e del regolamento» perchè stiamo già «celebrando il funerale di decine e decine di testate» e di conseguenza «4000 colleghi » perderanno il posto di lavoro. «Lo sappia chi in queste ore deve assumere decisioni».

Palazzo Chigi cerca di calmare le acque e annuncia in una nota: «Il governo si impegna a convocare gli stati generali dell'editoria per una riforma globale del sistema entro giugno prossimo, in maniera tale da completare la riforma stessa prima della fine del 2010, dopo avere ascoltato tutte le categorie e i rappresentanti del parlamento, secondo quello spirito al di sopra delle parti che abbiamo sempre seguito alla camera e al senato e che è necessario nel settore della diffusione della cultura e delle idee».Per quanto riguarda, in particolare, «i contributi diretti all'editoria dell'anno 2010, un anno difficile per tutti i settori dell'economia e per l'occupazione in genere- prosegue la nota- come ha già annunciato il sottosegretario Bonaiuti, questi saranno corrisposti con riduzioni non superiori al 20%. Andrà intanto avanti il regolamento che si propone di semplificare tutte le procedure e soprattutto di adeguare i contributi alle copie effettivamente distribuite, secondo un principio che contrasti gli sprechi». Infine, «per le tariffe postali agevolate, è in corso una profonda riflessione con il ministero dell'Economia, in seguito all'obbligo di recepire anche in Italia la direttiva europea sulla liberalizzazione del mercato entro l'1-01-2011. Con questo obiettivo si lavorerà,  per giungere ad una soluzione-ponte per l'anno in corso, 2010. Tutte le soluzioni dovranno essere rispettose delle compatibilità di bilancio».

«E' un fatto gravissimo, una situazione drammatica». Il nostro «è un urlo perchè qui ne va della vita e della morte di 100 testate». Così il senatore Vincenzo Vita (Pd), nel corso della conferenza stampa con l'Fnsi.  Vita sottolinea che «nel milleproroghe c'è di tutto anche i fiori per Sanremo, ma non si tutela invece la vita delle testate no profit, delle cooperative, dei giornali locali, di partito e delle comunità linguistiche». Tanto più, sottolinea Butti che «non è un problema economico perchè le risorse ci sono». Quindi, se ci sarà la fiducia, «il governo deve inserire l'emendamento» di proroga dei contributi nell'eventuale maxiemendamento. Meno dubbi arrivano da Lusi: «tutti sanno che governo sta preparando la fiducia e c'è uno scontro in atto». Per Lusi, infatti, «la partita si è spostata da tempo sul tavolo di Tremonti». E sottolinea come l'impegno preso dal ministro dell'economia con Fini e i direttori dei giornali sia ormai «carta straccia». Vita esprime tutta la sua amarezza perchè, dice, «vedo con dolore una cecità incomprensibile senza possibilità di perdono», anche perchè si tratta «di pochi euro». E sia chiaro che «su questa battaglia democratica non c'è alcuna bandierina politica, c'è la bandiera dell'art. 21 della Costituzione che riguarda la libertà e su cui non si scherza mai». «Siamo tutti qui per lo stesso scopo», aggiunge il leghista Mura, l'ok a questo emendamento. «Non so cosa accadrà oggi pomeriggio, ma sono ottimista di natura». E spiega che se dovesse andar male «spero che la norma sia introdotta nel dl sviluppo» che Scajola sta preparando.

Ma il dl sviluppo è un traguardo lontano. Tanto che per le 100 testate in pericolo, per Lusi «la dead line è già stata superata ed è l'ossigeno che manca». Anche Raisi è d'accordo: «La partita si gioca sul milleproroghe» e chiede subito «un tavolo vero su editoria e contributi». Insomma, chiosa Lusi, se c'è un'intesa bipartisan tra i parlamentari e il governo non cambia posizione vuol dire che «c'è una volontà politica» che porterà alla chiusura di molte testate.

10 febbraio 2010

 

Editoria, governo conferma i tagli. 100 testate a rischio

Il sottosegretario: l'economia è in crisi...Fnsi pronta allo sciopero. Appello di parlamentari Pd, Pdl e Lega al governo per un emendamento al milleproroghe. Roberto Natale (Fnsi): "Possibile chiusura per oltre cento testate. Proroga contributi o sciopero". Palazzo Chigi: nel 2010 tagli non superiori al 20%.

Ma al gruppo Mondadori arrivano 30 milioni

I finanziamenti pubblici arrivano indistintamente a tutti i giornali attraverso i rimborsi delle spese postali, elettriche e telefoniche, e per l’acquisto della carta.

Questi finanziamenti “indiretti” sono di importo maggiore rispetto al finanziamento “parlamentare”.

Le cifre del 2006, ad esempio, per quanto riguarda i finanziamenti “indiretti”, erano:

- Repubblica-Espresso 12 milioni di euro
- RCS e Corriere della Sera 25 milioni di euro
- Sole 24 Ore, quotidiano della Confindustria 18 milioni di euro
- Mondadori, gruppo editoriale di proprietà della famiglia Berlusconi, 30 milioni di euro.

10 febbraio 2010

I quotidiani "nemici" senza pubblicità

di Marco Bucciantinitutti gli articoli dell'autore

 

In questo paese si è più realisti del Re. Berlusconi chiede agli imprenditori di evitare gli spot sui quotidiani per lui scomodi, ma è cosa già fatta. L’Italia è il paese occidentale con la percentuale più bassa di investimenti pubblicitari sulla carta stampata. Crisi generale, d’accordo. E servilismo al padrone, come Berlusconi sa, perché in questo restringimento di introiti la sua Mediaset, tramite la concessionaria Publitalia, non sente crisi. Il suo gruppo è riuscito perfino ad aumentare la raccolta, che nel 2008 è stata sui 3 miliardi di euro. Mediaset ingrassa, mentre gli altri media boccheggiano. Una posizione di forza e di privilegio coltivata negli anni, blindata dalla legge Gasparri che ha alimentato il duopolio e adesso monetizzata. Per due ragioni: la sudditanza psicologica, l’intervento diretto. Ai potenti i favori si fanno, non devono nemmeno chiedere.

È la sudditanza psicologica: così, negli ultimi dodici mesi - dati Nielsen Media - i maggiori 15 inserzionisti del nostro mercato hanno aumentato i loro investimenti su Mediaset per 30 milioni. La Rai è rimasta pressoché ferma. In questo scorcio di 2009i quotidiani stanno assorbendo un calo drammatico del 15% sull’anno precedente, che è stato il peggiore di sempre. Va ricordato che il mercato pubblicitario in Italia è perverso: se in Germania le tv assorbono un quarto delle risorse, in Francia il 30%, in Spagna poco più, qui il rapporto è contrario. Le televisioni si mangianoil65%della torta. Il resto è per la stampa, che già fronteggia il calo dei lettori (91 copie ogni mille abitanti - quando in Giappone sono 624, nel Regno Unito 300, nei paesi scandinavi fra i 450 e i 600).

L’annus orribilis, lo hanno definito gli editori, sul quale soffia il presidente del consiglio, sordo all’articolo 21 della Costituzione, che promuove e tutela il pluralismo nell’informazione. I dati Nielsen illustrano una situazione curiosa: davanti alla contrazione degli investimenti in pubblicità commerciale (da 8 miliardi e 172 milioni a 7 miliardi e 978 milioni), il gruppo di Berlusconi divora il 38% del gruzzolo. Mediaset ha il vento in poppa, gli altri annaspano controvento. La carta stampata - tutta insieme - è al 33,4%. Quello che Berlusconi auspica lo ha già praticato, strangolando i quotidiani. Giovando anche della mano che aiuta: le grandi aziende legate al Tesoro, quindi alla politica - Enel, Eni, Poste Spa - hanno foraggiato Mediaset. Eni ha versato 17,8 milioni a Publitalia, 5 milioni in più rispetto al 2007, in un quadro di risparmi aziendali. L’Enel è passata da 10 milioni a 13. Le Poste Spa negli ultimi due anni hanno moltiplicato per sei la quota per il Biscione. Clamorosa la paghetta degli investitori istituzionali: quando i ministeri e la presidenza del consiglio informano i cittadini con le campagne sui temi sociali (ma anche sull’anniversario della nascita di Garibaldi) la Rai non riscuote (per legge), Mediaset sì: è passata da 4,5 milioni a quasi 9. Con il risvolto grottesco dei 35 spot per i 60 anni della Costituzione con cui s’infarcì la programmazione di Rete4, canale sentenziato come incostituzionale.

Ma la crisi è dura, checche ne dica Berlusconi (che intanto - si è visto - mette al riparo le sue aziende). Così l’ordine è di spremere ancora, e il ministro Bondi non si sottrae, quando c’è da dimostrare zelo. La sua proposta di rinsecchire la Rai, togliendo gli spot a una rete pubblica, sarebbe costata alla concessionaria Sipra circa 400 milioni di euro. Dove sarebbe finito il bottino è inutile ricordarlo. L’idea inorridì l’ex direttore generale della Rai, Claudio Cappon. Ma adesso su quella poltrona c’è Mauro Masi, grand commis dello Stato, ganglo per anni di Palazzo Chigi, gradito a Berlusconi. Che vede complotti, e davanti agli attacchi del Times paventò l’acredine di Murdoch, senza però mai - mai - nominarlo pubblicamente, restando allusivo (cosa che invece non si risparmia con Repubblica e l’Unità). Forse perché Sky non è così nemica: negli ultimi due anni ha offerto i suoi bouquet su Mediaset per 34,5 milioni. Réclame che sulla Rai sono “passate” assai meno frequentemente, per un conto di 4 milioni scarsi. Pecunia non olet, si diceva un tempo.

 

 

Pubblicità

 

 

Fondi e giornali, la stranezza italiana / Scheda

 

http://www.unita.it/img/upload/image/tabella_33.jpg

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

10 febbraio 2010


 


 

DA AFFARI ITALIANI 10-2-10

 

Editoria/ Palazzo Chigi: per il 2010 contributi con riduzioni non superiori al 20%, entro giugno gli Stati generali dell'Editoria

Mercoledí 10.02.2010 18:18

Il Governo si impegna a convocare gli Stati generali dell'Editoria per una riforma globale del sistema entro giugno prossimo, così da completare la riforma stessa prima della fine del 2010, dopo avere ascoltato tutte le categorie e i rappresentanti del Parlamento, "secondo quello spirito al di sopra delle parti che abbiamo sempre seguito alla Camera e al Senato e che è necessario nel settore della diffusione della cultura e delle idee". Lo si legge in una nota di palazzo Chigi.

Per quanto riguarda, in particolare, i contributi diretti all'editoria per il 2010, un anno difficile per tutti i settori dell'economia e per l'occupazione in genere, come ha già annunciato il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega relativa, Paolo Bonaiuti, questi saranno corrisposti con riduzioni non superiori al 20%. Andrà intanto avanti il Regolamento che si propone di semplificare tutte le procedure e soprattutto di adeguare i contributi alle copie effettivamente distribuite, secondo un principio che contrasti gli sprechi.

Per le tariffe postali agevolate, informa la nota, è "in corso una profonda riflessione" con il ministero dell'Economia, in seguito all'obbligo di recepire anche in Italia la direttiva europea sulla liberalizzazione del mercato entro il 1° gennaio 2011. Con questo obiettivo si lavorerà, sempre di intesa con il ministero dello Sviluppo Economico, con il ministero dell'Economia, con il dipartimento per l'Informazione e l'Editoria e con Poste Italiane per giungere a una soluzione-ponte per l'anno in corso.

In precedenza Bonaiuti aveva detto che "il governo ha dovuto prendere atto della situazione reale dell'economia in questo momento e anche l'editoria soffre dei guai che hanno colpito il contesto globale. Perciò, purtroppo, dovremo arrivare a delle riduzioni dei fondi destinati al settore".

 

 

 

I CONTRIBUTI (RELATIVI ALL’ANNO 2007) EROGATI NEL 2008  

DAL SITO DEL GOVERNO (www.governo.it)

 

 

 

BOLLETTINO Antitrust  N. 2 DEL 1 FEBBRAIO 2010

ATTIVITA' DI SEGNALAZIONE E CONSULTIVA

AS654 - EDITORIA QUOTIDIANA, PERIODICA E MULTIMEDIALE

 

Roma, 15 gennaio 2010

Presidente del Senato della Repubblica

Presidente della Camera dei Deputati

Presidente del Consiglio dei Ministri

Nell’esercizio dei poteri di cui all’articolo 21 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, l’Autorità

garante della concorrenza e del mercato intende segnalare alcune previsioni normative riguardanti

il settore dell’editoria quotidiana, periodica e multimediale che risultano determinare distorsioni

della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato.

Nell’ambito di un’indagine conoscitiva conclusa nel mese di settembre 20091, l’Autorità ha

rilevato che la stratificazione delle norme che regolano il settore, tese alla tutela del pluralismo

dell’informazione, ha nel tempo lasciato spazio all’insorgere di restrizioni di carattere

concorrenziale, che limitano le opportunità di reazione degli operatori senza tuttavia favorire

un’informazione realmente plurale. Ciò in un contesto in cui la stampa quotidiana e periodica

affronta grandi difficoltà, provocate soprattutto da profondi mutamenti, legati all’evoluzione

tecnologica, nelle modalità di produzione, distribuzione e fruizione dell’informazione.

L’editoria on line è in grado di effettuare aggiornamenti in tempo reale dell’informazione offerta,

ponendo in questione la capacità dei mezzi classici di costituire il veicolo privilegiato per la

diffusione delle notizie. La tempestività si coniuga con la portabilità, valorizzando le potenzialità

di nuovi supporti, quali telefoni cellulari e apparecchi digitali, di fungere da veicolo di notizie.

Peraltro, Internet non è un mero mezzo di diffusione, ma una piattaforma in grado di ospitare e

combinare contenuti e formati di natura diversa.

La veicolazione on line dell’informazione ha permesso la comparsa nel settore di nuovi soggetti.

Accanto ai siti Internet delle testate tradizionali, propongono notizie on line i portali e i motori di

ricerca, i siti delle agenzie di stampa, i giornali diffusi esclusivamente on line, gli operatori

dell’informazione radiotelevisiva, i blog, i gruppi di discussione, gli ambienti di social networking.

L’attuale contesto competitivo dell’editoria quotidiana e periodica risulta dunque ben più ampio di

 

1 IC35 Indagine Conoscitiva riguardante il settore dell’editoria quotidiana, periodica e multimediale, avviata nel febbraio

2007 e pubblicata nel luglio 2007 (prima parte) e nel settembre 2009 (seconda parte).

 

 

 

quello tradizionale, e comprende soggetti caratterizzati da differenti strutture dei costi e flessibilità

organizzative.

La Legge n. 62/2001, di revisione delle modalità di erogazione delle provvidenze e di riordino

della normativa sull’editoria, ha già aggiornato la nozione di prodotto editoriale rispetto alle

recenti innovazioni tecnologiche, includendo ogni prodotto realizzato su supporto cartaceo o su

supporto informatico destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni

presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico. Tuttavia, un contesto così radicalmente

mutato implica una profonda revisione dei criteri che presiedono all’erogazione dei contributi

pubblici all’editoria, in modo da ridefinire i soggetti potenzialmente beneficiari e la ripartizione tra

questi delle risorse dedicate.

Risulta pertanto imprescindibile un sollecito intervento del Legislatore volto a rinnovare il quadro

giuridico del settore, eliminando le disposizioni che limitano o impediscono il libero esplicarsi di

dinamiche concorrenziali.

Le tre principali aree individuate dall’Autorità come meritevoli di tempestive iniziative da parte

del Legislatore riguardano il sostegno economico alle iniziative imprenditoriali, le regole di

funzionamento del sistema distributivo e la qualificazione dei prodotti come “editoriali”.

Il sostegno pubblico alla stampa

Come noto, le forme di sostegno pubblico attualmente previste in favore dell’editoria sono

riconducibili a due tipologie fondamentali: gli aiuti economici diretti, in favore di determinate

imprese editoriali; gli aiuti economici indiretti, di tipo generalizzato, a loro volta distinguibili in

riduzioni tariffarie, agevolazioni fiscali e credito agevolato.

I contributi diretti

Il sostegno diretto all’editoria consiste in un contributo percentuale, in base ai costi risultanti a

bilancio, erogato nei confronti di determinate imprese editrici di quotidiani e periodici. In

particolare, la contribuzione si articola in una quota fissa annua di importo pari a una percentuale

dei costi risultanti a bilancio e in un contributo variabile a seconda della tiratura media giornaliera

(art. 3 della Legge n. 250/90). La contribuzione diretta è quasi interamente destinata a imprese

editrici di quotidiani e periodici costituite come cooperative giornalistiche, in possesso di

determinati requisiti, nonché a imprese editrici di quotidiani o periodici riconducibili a forze

politiche e a organi di movimenti politici, costituitisi in società cooperative.

Questa forma di contribuzione è volta ad agevolare la nascita e l’affermazione nel mercato di

nuovi soggetti, portatori di idee e informazioni capaci di arricchire il panorama esistente. Le nuove

iniziative editoriali sono infatti uno strumento particolarmente importante per la salvaguardia della

concorrenza nel settore dell’editoria, caratterizzato da elevate barriere all’accesso, dati i notevoli

costi di avviamento, nonché dalla necessità di raggiungere una certa notorietà e una dimensione

minima efficiente, al di sotto della quale risulta arduo ottenere risultati economici positivi.

A tal fine, occorre dedicare la massima cura affinché le risorse pubbliche vengano utilizzate in

maniera efficace, evitandone la dispersione verso iniziative prive di un reale contributo editoriale o

che non necessitano di un sostegno esterno. In questo senso, deve in primo luogo essere compiuta

un’attenta verifica degli attuali requisiti di accesso ai fondi, per avversare con decisione ogni

possibilità di utilizzo strumentale delle norme da parte di soggetti privi di genuini intenti editoriali.

Inoltre, si ritiene che in un disegno fisiologico i contributi dovrebbero sostenere le nuove

pubblicazioni nel momento di avvio della loro attività, favorirne il consolidamento e tornare poi

disponibili per promuovere ulteriori progetti editoriali. L’attuale gestione delle sovvenzioni dirette

ha invece condotto a una sistematica assegnazione di fondi agli stessi soggetti, ormai stabilmente

presenti sul mercato, che considerano tali risorse come normale componente di bilancio. Si osservi

che, analizzando i contributi erogati per gli anni compresi tra il 2003 e il 2007, emerge che soltanto

una minima parte dei destinatari è rappresentata da nuovi operatori, mentre la quasi totalità delle

testate è presente sul mercato da lungo tempo.

Risulta pertanto necessaria una revisione della disposizione di cui alla citata Legge n. 250/90,

come modificata dall’art. 1, comma 457, della Legge n. 23 dicembre 2005, n. 266, che fa decorrere

le sovvenzioni per le nuove iniziative editoriali al superamento del quinto anno di attività. Tale

previsione, infatti, nega il sostegno economico nella fase di avvio dell’attività, vale a dire nel

momento di massima precarietà ed esposizione finanziaria, e lo fornisce invece quando la testata

dovrebbe già aver dato prova di autosufficienza.

Alcune considerazioni devono poi essere riferite al parametro di quantificazione dei contributi

diretti. Si ritiene in proposito che il riferimento ai costi sostenuti e alla tiratura sia inadeguato, in

quanto determina uno scarso incentivo per il beneficiario a limitare le spese. Il Consiglio dei

Ministri del 28 ottobre 2009 ha approvato uno schema di regolamento di semplificazione e

riordino della disciplina e delle procedure di erogazione dei contributi che alla tiratura sostituisce,

quale criterio di calcolo del contributo, le copie effettivamente distribuite per la vendita. Pur

condividendo le finalità di tale intervento, si ritiene che tale modifica non sia pienamente

risolutiva. Ad avviso dell’Autorità, infatti, il parametro dovrebbe essere riferito ai dati effettivi di

vendita, i quali forniscono un’indicazione del numero di persone interessate a fruire

dell’informazione fornita.

I contributi idiretti

La principale forma di contributo all’editoria di tipo indiretto è rappresentata dalle tariffe postali

agevolate per le spedizioni in abbonamento di prodotti editoriali. Secondo quanto disciplinato dal

Decreto Legge 24 dicembre 2003, n. 353 (convertito in Legge n. 27 febbraio 2004, n. 46), Poste

Italiane applica agli editori condizioni agevolate per la consegna in abbonamento delle testate e la

differenza rispetto alla normale tariffa viene compensata dal Dipartimento per l'informazione e

l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dal punto di vista dell’utilizzo di risorse

economiche pubbliche, si tratta di gran lunga della forma di sostegno più rilevante a favore

dell’editoria.

L’obiettivo delle agevolazioni postali è quello di incentivare le vendite in abbonamento, le quali

presentano il duplice vantaggio di consentire all’editore una più accurata programmazione

dell’attività e di favorire una migliore qualità dell’informazione offerta, in virtù di un dialogo

continuato con i lettori.

Allo stato, l’agevolazione è riconosciuta agli editori soltanto a fronte del ricorso ai servizi prestati

da Poste Italiane, escludendo altri operatori o sistemi alternativi di recapito delle copie. Inoltre,

l’entità delle compensazioni postali erogate agli editori dipende dal numero di copie spedite in

abbonamento, di modo che gran parte delle risorse è appannaggio dei principali gruppi editoriali.

Dette agevolazioni non hanno costituito una misura efficace per lo sviluppo delle vendite in

abbonamento, se si considera che l’Italia si colloca agli ultimi posti tra i Paesi occidentali per le

vendite in abbonamento, che per i quotidiani sono appena il 9% del totale. Il motivo di tale scarto è

stato attribuito dagli editori a una inadeguata qualità del servizio postale.

Conformemente a quanto già espresso nella segnalazione AS 419 Agevolazioni tariffarie postali

per le spedizioni di prodotti editoriali, inviata al Parlamento e al Governo in data 18 ottobre 2007,

l’Autorità intende richiamare la necessità di eliminare la disposizione che individua Poste Italiane

quale unico soggetto che abilita all’ottenimento dei benefici economici, che costituisce un ostacolo

allo sviluppo di una piena concorrenza tra imprese postali e riduce l’incentivo per Poste Italiane a

migliorare la qualità del servizio, laddove affidabilità e tempestività costituiscono fattori

determinanti per lo sviluppo degli acquisti in abbonamento.

Nel contempo, si propone l’introduzione di un tetto alle compensazioni postali riconosciute al

singolo gruppo editoriale, in modo da liberare risorse per altre iniziative a sostegno della domanda

di abbonamenti, riferite a destinatari privilegiati (quali scuole o centri culturali), ovvero ad altre

modalità di distribuzione, come “l’abbonamento in edicola” o l’abbonamento alla testata on line.

Le regole di funzionamento del sistema distributivo

L’intervento pubblico in materia di stampa quotidiana e periodica a tutela del pluralismo

dell’informazione non è volto solo a promuovere le opportunità per gli editori di esprimere e

diffondere le proprie idee, ma anche a favorire la piena fruibilità dell’offerta editoriale da parte dei

lettori.

È infatti necessario che il sistema distributivo sia in grado di assicurare capillarità alla diffusione

dell’informazione e di evitare che gli operatori della distribuzione agiscano da filtro, per motivi

economici o ideologici, restringendo il novero delle pubblicazioni effettivamente disponibili al

consumatore. In quest’ottica, il legislatore ha affiancato alle previsioni a sostegno dell’accesso al

mercato da parte degli editori, in particolare le provvidenze all’editoria e i limiti alle

concentrazioni, alcune norme dirette in modo specifico a garantire la più ampia distribuzione delle

testate.

L’indagine conclusa dall’Autorità ha focalizzato l’analisi sulle attuali regole di funzionamento

della distribuzione tradizionale di quotidiani e periodici, con l’obiettivo di individuare possibili

correttivi idonei ad ampliare gli ambiti soggetti al libero gioco della concorrenza, senza

pregiudicare il pluralismo dell’informazione. Infatti, l’instaurarsi di dinamiche competitive in

alcuni spazi oggi sottratti alle forze di mercato può produrre significativi benefici non solo in

termini di miglioramento qualitativo dei prodotti, sviluppo della domanda potenziale e tutela del

pluralismo dell’informazione, ma anche in relazione alla capacità del sistema distributivo

tradizionale di rispondere nel modo migliore ai profondi rivolgimenti che hanno interessato il

settore.

L’esercizio dell’attività di vendita di quotidiani e periodici è oggi soggetto a un regime

autorizzatorio, che riflette la scelta normativa di affidare al Comune un ruolo di governo

dell’assetto distributivo a livello locale, in modo da garantire una localizzazione equilibrata dei

punti vendita, evitando il sovraffollamento delle aree a maggiore potenzialità e promuovendo, al

contempo, una sufficiente copertura delle aree meno appetibili.

L’organizzazione della distribuzione editoriale in Italia poggia inoltre sul principio della parità di

trattamento, che impone alle imprese di distribuzione l’obbligo di garantire il servizio di fornitura

e vendita, a parità di condizioni, a tutte le testate giornalistiche che ne facciano richiesta. La

ragione di tale disposizione risiede nella volontà del legislatore di garantire l’accesso alla rete

distributiva, e di conseguenza il raggiungimento del lettore, da parte di ogni impresa che voglia

diffondere il proprio prodotto editoriale.

Al principio della parità di trattamento sono poi riconducibili anche le norme che disciplinano le

modalità di vendita dei giornali, rappresentate dall’obbligo di cessione al pubblico al prezzo di

copertina fissato dall’editore e dall’identità delle condizioni economiche riconosciute dagli editori

ai rivenditori, esclusivi e non esclusivi. Infine, a garanzia della visibilità di tutte le testate, è

richiesto che i punti vendita prevedano un adeguato spazio espositivo.

L’Autorità ribadisce l’auspicio, già formulato in passato, a una piena liberalizzazione dell’accesso

al mercato della vendita al dettaglio che favorisca un naturale adeguamento dell’assetto

distributivo all’evoluzione della domanda. La regolazione posta dall’art. 2 del Decreto Legislativo

n. 170/01 in merito alla localizzazione delle rivendite attraverso i piani comunali e le procedure di

autorizzazione, oltre a mortificare le dinamiche competitive, espone non di rado i titolari di

autorizzazione a rifiuti di fornitura da parte dei distributori locali.

L’esperienza di altri importanti Paesi europei, in cui il disegno del sistema distributivo della

stampa è rimesso alla libera iniziativa degli operatori, fuga i timori che l’eliminazione

dell’intervento regolatorio possa minacciare il funzionamento del settore e il pluralismo

dell’informazione.

Un intervento per la liberalizzazione risulta tanto più opportuno alla luce della necessità di

adeguare l’ordinamento italiano agli indirizzi del diritto comunitario in tema di libertà di

stabilimento dei prestatori e di circolazione dei servizi negli Stati membri, e in particolare alla

Direttiva 2006/123/CE del 12 dicembre 2006, ai sensi della quale una regolazione dell’accesso al

mercato potrebbe essere giustificata solo ove la stessa sia preordinata al soddisfacimento di un

motivo di interesse generale e laddove un tale obiettivo non possa essere colto tramite una misura

meno restrittiva.

Una seconda area che richiede un ripensamento riguarda i rapporti economici tra gli anelli della

filiera distributiva, con particolare riguardo alla remunerazione dei rivenditori. Attualmente, l’art. 5

del Decreto Legislativo n. 170/2001 dispone che le condizioni economiche e le modalità

commerciali di cessione delle pubblicazioni devono essere identiche per le diverse tipologie di

esercizi, esclusivi e non esclusivi, che effettuano la vendita.

Si ritiene che gli obiettivi sottesi a tale disposizione – in primis, evitare che gli editori possano

imporre condizioni svantaggiose ai rivenditori dotati di minore forza contrattuale, sfruttando

l’impossibilità per i punti vendita di rifiutare la fornitura delle pubblicazioni – dovrebbero essere

coniugati con incentivi all’efficienza, attraverso una modifica normativa che consenta una

remunerazione differenziata dei rivenditori in base a parametri oggettivi, che tengano conto della

qualità delle prestazioni rese e dei risultati conseguiti dall’esercizio. Esempi in questo senso sono

individuabili in Francia, dove il corrispettivo riconosciuto al rivenditore varia in funzione del

livello di specializzazione di quest’ultimo e della qualità del servizio offerto, e in Gran Bretagna,

dove i distributori locali hanno facoltà di applicare un carriage service charge, la cui entità varia a

seconda dei volumi di giornali acquistati dal punto vendita.

 

La qualificazione di “prodotto editoriale”

Si sottolinea, da ultimo, la necessità di un ripensamento dell’attuale definizione di “prodotto

editoriale”, che rileva sia quale requisito per l’accesso ai contributi all’editoria sia ai fini

dell’operatività delle norme a tutela della parità di trattamento e del pluralismo informativo.

Come noto, la Legge n. 47/1948 si basava su una nozione di prodotto editoriale pensata in

funzione di un supporto di tipo cartaceo, considerando stampe o stampati tutte le riproduzioni

tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici in qualsiasi modo destinati

alla pubblicazione. L’inadeguatezza di tale nozione rispetto alle recenti innovazioni tecnologiche è

stata superata, come detto, dalla Legge n. 62/2001. Tale definizione è tuttavia dettata “ai fini della

presente legge”, vale a dire ai fini dell’erogazione dei sussidi, non essendo automatica

l’applicabilità di tale nozione all’intera disciplina di settore.

In realtà, in virtù della nozione di prodotto editoriale quale risultante dalla Legge n. 62/2001, ai

fini dell’accesso ai sussidi pubblici e alle tutele riconosciute agli editori dalle norme sulla parità di

trattamento è sufficiente la semplice registrazione di una pubblicazione cartacea presso la

cancelleria del tribunale (art. 1, comma 3) ovvero l’iscrizione al ROC (art. 16). I requisiti per la

registrazione sono di natura soggettiva, essendo riferiti sostanzialmente al proprietario e al

direttore responsabile, mentre prescindono dall’analisi degli effettivi contenuti della testata.

La definizione di un preciso perimetro alla nozione di prodotti editoriali consentirebbe di orientare

in modo più oculato le misure già previste e gli interventi futuri a favore del pluralismo

dell’informazione. Non si fa riferimento soltanto ai contributi pubblici, ma anche al trattamento

fiscale agevolato di cui godono oggi le pubblicazioni cartacee e agli obblighi in capo alla filiera

distributiva.

Quanto al trattamento fiscale, va evidenziato che i prodotti editoriali usufruiscono di un’aliquota

IVA ridotta pari al 4%, introdotta nel 1972 dalla stessa legge istitutiva dell’imposta. Agli editori

viene peraltro riconosciuto un ulteriore vantaggio, in quanto il calcolo dell’imposta è basato sul

numero di copie consegnate o spedite, diminuito a titolo di forfetizzazione della resa dell’80%2, ad

eccezione di quelle cedute unitamente a supporti integrativi o ad altri beni. Per cogliere la portata

di tale agevolazione, va considerato che la percentuale media di resa nel 2007 è stata del 31% per i

quotidiani e del 41% per i periodici3. La forfetizzazione della resa permette quindi agli editori di

calcolare l’imposta dovuta su una base imponibile teorica prossima alla metà di quella effettiva.

L’adozione di criteri più stringenti per la qualificazione di un prodotto come editoriale

permetterebbe anche di limitare comportamenti opportunistici di presunti editori che sfruttano

l’obbligo di parità di trattamento in capo alla rete distributiva per imporre la commercializzazione

nelle edicole di prodotti il cui contenuto editoriale è del tutto marginale, se non assente. L’esito

dell’attuale accezione di prodotto editoriale è invece l’affollamento dei punti vendita, a tutto

detrimento della visibilità delle testate e quindi delle finalità di pluralismo informativo e accesso

all’informazione per i lettori.

Per promuovere la piena efficacia del principio della parità di trattamento, si ritiene necessario

quanto meno circoscrivere il suo ambito di applicazione alle testate giornalistiche in senso stretto,

escludendo da tale protezione gli allegati, gli inserti o i gadget, siano essi uniti fisicamente o meno

 

2 Si segnala che tale percentuale è stata aumentata dalla Legge n. 448/2002, Legge Finanziaria per l’anno 2002: in

precedenza, la percentuale di resa forfetaria era pari al 60%.

 

al giornale, nonché i prodotti ricopertinati e ridistribuiti, riconoscendo inoltre ai distributori e ai

rivenditori la facoltà di non accettare la fornitura al superamento di determinate soglie.

L’Autorità auspica che le osservazioni svolte possano contribuire a un sollecito processo di riforma

del settore della stampa, che promuova l’instaurarsi di dinamiche competitive in alcuni spazi oggi

sottratti alle forze di mercato, per favorire il miglioramento qualitativo dei prodotti, lo sviluppo

della domanda potenziale e una più compiuta tutela del pluralismo dell’informazione. A questo

riguardo, risulta determinante che la revisione delle modalità di funzionamento del sistema sia

compiuta in modo organico, con l’intento di rimuovere, per quanto possibile, tutte le restrizioni o

anomalie che vincolano ingiustificatamente il corretto funzionamento del mercato.

IL PRESIDENTE

Antonio Catricalà