PRIVILEGIA
NE IRROGANTO di Mauro
Novelli Data inserimento: 18-11-2006
Correlazioni al presente
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Da La Repubblica del 17-11-2006
Bullismo:
Ma il bullismo in classe non è colpa della scuola
L´istruzione appare ai ragazzi una cosa inutile, il
contrario della bella vita La violenza nasce in questo contesto
Marco Lodoli
E ora cadiamo dalle nuvole, sgraniamo gli occhi e
sorpresissimi ci domandiamo: ma come è mai possibile che nelle scuole si
moltiplichino le violenze e i soprusi, come diavolo è accaduto che i
nostri adolescenti, che solo dieci minuti fa erano ancora bambinetti ingenui,
siano diventati così aggressivi e insensibili?
Non facciamo i finti tonti, vi prego, e non gettiamo sulle spalle curve della
scuola anche questa colpa. Sono vent´anni almeno che l´immaginario della nostra
società si struttura attorno alla violenza, al denaro, al cinismo, alla
brutalità, sono vent´anni almeno che gli insegnanti si trovano ad
affrontare ragazzi ipernutriti da un cibo avariato che avvelena la mente,
eccita a dismisura i desideri, accelera i tempi fino alla frenesia, cancella
ogni pazienza ed esalta sempre e comunque una trasgressione senza scopi.
È questa la direzione in cui procede la nostra
cultura, almeno quella più popolare, quella tenuta sotto controllo
dall´industria del consumo. Bisogna sfondarsi, stravolgersi, scalciare a vuoto,
e poi accasciarsi con i vestiti giusti su qualche divano o su una panchina di
un centro commerciale, senza pensare a niente. E non dimentichiamo le centinaia
di film horror bevuti dagli occhi teneri di ragazzini alti un metro e venti, i
contenuti e le forme di una televisione dove nulla deve mai affaticare la mente
ma solo elettrizzarla, nulla deve mai invitare a un pensiero più
complesso, dove tutto rotola a cento all´ora tra bellocce in mutande e
ragazzotti gelatinati e semianalfabeti, dove ogni minuto c´è qualcuno
che ti invita a comprare qualcosa. Insomma, a quindici anni nella testa di un
adolescente, come nella gola di un´oca, è già stata rovesciata
una quantità spaventosa di schifezze. E dall´altra parte del fosso
c´è la scuola, lavagne nere e gessetti, vecchi banchi allineati, professori
vestiti così così, che arrivano in autobus o su macchine mezze
scassate, e che assegnano compiti su cui sudare, che ripetono fino alla nausea
che la vita è dura, che bisogna studiare, concentrarsi, perché nulla ci
viene regalato, perché anche le passioni prevedono sacrifici, costanza, tempi
lunghi.
Sono due mondi che inevitabilmente entrano in collisione, e
non è difficile intuire qual è il vaso di coccio e quale il vaso
di ferro. E spesso i ragazzi hanno alle spalle solo le rovine di famiglie sfasciate,
padri e madri che non hanno tempo né voglia di occuparsi di loro, che li
lasciano soli davanti alla musica malandrina di sirene che puntano solo a
spolparli. E così è inevitabile che accada il peggio. La scuola
non può non apparire agli occhi dello studente stravolto che come una
perdita di tempo, un posto lento, dove si imparano cose inutili, che non
aiutano affatto a tenere sempre viva e zampillante l´adrenalina. La scuola
sembra il contrario della bella vita. Il bullismo, ma sarebbe meglio chiamarlo
carognismo, nasce in questo contesto. L´adolescente non tollera la sua
età, non può accettare di restare immerso nelle lunghe stagioni
dell´apprendistato, nella vaghezza di un tempo dove tutto accade piano piano:
vuole dimostrare agli altri ma soprattutto a se stesso che la sua
volontà di potenza, accuratamente fomentata dal mondo, non si ferma
davanti a nulla, figuriamoci davanti alla compassione. Così umilia,
perseguita, picchia il compagno più debole, ancora incastrato nella sua
naturale fragilità, così calpesta il compagno handicappato,
perché quella debolezza non trova alcuno spazio nel suo ordine di valori.
Così se ne frega dei rimproveri dell´insegnante, un poveraccio che non
andrà mai in televisione, che obbedisce a una morale antica, ridicola. Si
chiede alla scuola di aggiornare i programmi, di togliersi le ragnatele di
dosso e correre al ritmo del nostro tempo competitivo e sempre nuovo. Ma la
scuola non può tenere il passo della cultura dominante, è una
gara persa in partenza, una gara falsata.
Leggete questo passo di Czeslaw Milosz, premio Nobel per la
letteratura nel 1980, sono le parole preoccupate di un uomo saggio, uno che
oggi la pubblicità deride, ma che forse sarebbe meglio ascoltare con
attenzione: «Innumerevoli quantità di malattie mentali, squilibrati che
vagano per le strade e parlano da soli, un generale abuso di sesso e droghe,
una diffusa criminalità. Di qui l´esigenza di radunarsi in piccole
comunità cementate dal rispetto per la ragione, il buon senso, la
purezza dei costumi. E forse in esse, in mezzo al generale abbrutimento,
sopravviverà persino la poesia, divenuta prerogativa dei sani tra gli
insani, come un tempo lo era degli insani tra i sani». Che possa essere la
scuola una di queste comunità?