CENACOLO DEI COGITANTI |
Documento d’interesse Inserito
il 13-6-2009
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Il Sole 24 Ore 13-6-2009
La crisi, almeno in
apparenza, segna una parziale rivincita degli stati sulla globalizzazione,
della politica sulla tecnica, dei giuristi sugli economisti. Ma la rivincita
deve essere gestita in modo intelligente se si vogliono evitare gli abbagli e
porre le basi per una seria riforma della regolamentazione, in grado di
prevenire nuove crisi sistemiche in futuro.
La prima rivincita è quella degli stati, sia
nei confronti dei processi di globalizzazione, sia nei riguardi delle
organizzazioni internazionali. Di fronte all'esplosione della crisi, soltanto
gli stati nazionali si sono dimostrati in grado di adottare tempestivamente i
necessari interventi di salvataggio nei confronti di banche e intermediari
finanziari e di rassicurare così investitori e risparmiatori. Alcuni stati,
poi, hanno preferito adottare comportamenti opportunistici: ad esempio,
cercando di scaricare sui paesi vicini gli effetti della crisi o ricorrendo a
misure protezionistiche. Altri, come quelli dell'eurogruppo, hanno riconosciuto
l'importanza di risposte sì nazionali, ma almeno coordinate a livello
continentale. I più lungimiranti, come la Germania e l'Italia, hanno insistito
sulla necessità di nuove regole internazionali per l'economia e per la finanza.
La definizione di global standard, in questa prospettiva, può servire a colmare
gravi lacune regolamentari e a impedire che la concorrenza tra ordinamenti dia
luogo a una corsa al ribasso, capace di travolgere qualsiasi valore e tutela.
Anche i paesi più coraggiosi nella ricerca di nuove regole a livello globale,
tuttavia, tendono a privilegiare il metodo intergovernativo, basato su accordi
tra stati che rimangono pienamente sovrani. Ma, in questo modo, la riforma
della regolamentazione e la sua concreta attuazione rischiano di rimanere
ostaggio del potere di veto e delle convenienze di ciascun paese. A ciò si
aggiunge il pericoloso indebolimento delle istituzioni sovranazionali, a
cominciare dalla Commissione europea, che in passato hanno ben garantito il
rispetto delle regole comuni, sanzionando severamente le violazioni delle imprese
e degli stati.
La seconda rivincita è della politica sulla
tecnica. La crisi, soprattutto negli Stati Uniti, ha messo a dura prova la
credibilità delle autorità di vigilanza, mentre sono stati gli organi elettivi
a farsi carico degli indispensabili interventi di salvataggio. Sarebbe però
sbagliato pensare che la soluzione di ogni problema sia politica. Naturalmente,
spetta ai rappresentanti dei cittadini indicare fini e valori in cui la
comunità s'identifica e che il diritto, con le sue istituzioni, deve garantire.
Così come compete ai parlamenti e ai governi adottare le scelte di politica
economica e industriale ritenute meglio rispondenti all'interesse nazionale. Ma
assicurare il buon funzionamento dei mercati e tutelare
utenti e consumatori deve rimanere funzione propria delle autorità di
vigilanza, sia a livello nazionale, sia a livello comunitario e globale.
Per questa ragione, una delle principali
preoccupazioni dei policy makers
dovrebbe essere quella di tutelare l'indipendenza delle autorità, sia dalla
cattura dei privati, sia dai condizionamenti distorsivi
della politica; di estendere e rendere più incisivi i loro poteri di
regolazione, controllo e sanzione; di rendere più trasparente e accountable il processo decisionale; di ridurre
frammentazioni o sovrapposizioni di competenze, facilitando lo scambio
d'informazioni e la capacità d'intervento coordinato.
La terza rivincita è dei giuristi sugli
economisti. La crisi, infatti, ha travolto anche la pretesa di alcune scuole
economiche di dettare l'agenda delle istituzioni politiche e dei regolatori,
come se il diritto dovesse limitarsi a liberare le positive forze del mercato.
I giuristi, però, rischiano di tornare vittime di vecchi miti, come quello
della prescrittività del diritto o quello della purezza
del metodo giuridico. Si può certo criticare da un punto di vista etico la
trasformazione del diritto in una merce. Emblematica, in tal senso, sarebbe la
rilettura offerta dagli economisti del cartello «sosta vietata»: non più nel
senso giuridico di "non parcheggiare qui il tuo veicolo", ma in
quello economico di "parcheggia pure qui se sei disposto a pagare la multa
per divieto di sosta".
Porterebbe però davvero "fuori
strada" pensare che basti gridare a gran voce il divieto o inasprire le
sanzioni scritte nei codici per avere di nuovo corsie e passaggi non ostruiti
da automobilisti opportunisti.
Analogamente, soltanto un insolito impasto
di romanticismo e amor di bottega può arrivare a vedere nei "notai
latini" i controllori più sperimentati degli animal
spirits dell'economia. Nessuno naturalmente vuole
negare il positivo contributo che le professioni legali possono dare allo
svolgimento delle transazioni di mercato, ma la prevenzione e la correzione dei
suoi fallimenti richiedono istituzioni terze e indipendenti piuttosto che pur
sapienti consulenti, peraltro remunerati dalle stesse parti in causa. La
lezione di realismo impartita dal metodo interdisciplinare della Law and Economics, allora, appare
ancora oggi indispensabile, se si vogliono introdurre nuove regole che siano
non meramente declamatorie, ma davvero in grado d'orientare i comportamenti
degli attori economici e di tutelare beni e valori collettivi.
gnapolitano@uniroma3.it