Il Sole 24 Ore 31-3-2008
Impianti domestici: 2mila euro di costi in
più
di Saverio
Fossati e Giovanni Tucci
Il
conto in due esempi
Il progetto è
sempre d'obbligo
ANALISI / Giusto il fine
sbagliati i mezzi
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Sanzione da
10mila ¦ per chi non certifica gli impianti di casa
Quanto costa una dichiarazione di conformità o di
rispondenza? Poco o nulla, si potrebbe rispondere. O, per contro, migliaia di
euro. Il primo è il caso di un impianto in un appartamento di normali
dimensioni, integralmente installato da un tecnico o professionista
abilitato.
Quest'ultimo, al termine dei lavori, non farà altro che compilare la
sintetica paginetta del modello allegato al decreto
ministeriale 22/1/2008, n. 37.
Discorso diverso per il "certificato di rispondenza", vale a dire
il documento che attesta la conformità dei vecchi impianti alle norme
in vigore quando furono realizzati. Qui i costi salgono: per ciascun
impianto, in un appartamento medio, occorre fare una verifica severa e la
spesa, alla fine, può essere pesante: da 250 a 300 euro per il
condizionamento, da 350 a
800 per l'impianto elettrico, da 250 a 300 per il riscaldamento, da 300 a 400 per la canna
fumaria (ma quando è ramificata si arriva anche a 3mila), da 50 a 200 per l'antenna Tv,
da 200 a
400 per l'impianto del gas, da 100
a 200 per gli antifurto.
Se si scava più a fondo, però, le cose si complicano ancora.
Vanno sempre previsti allegati alla dichiarazione, il progetto e lo schema
dell'impianto, che fino a ieri non erano necessari per gli interventi di
scarso peso. Poi, l'installatore deve certificare solo i lavori da lui
eseguiti oppure anche l'impianto nel suo complesso, ivi comprese quelle parti
in cui non è intervenuto? Per esempio, se si cambia il solo bruciatore
di una caldaia centralizzata, occorre anche verificare che le canne fumarie
siano in regola, che funzioni bene la messa a terra elettrica della caldaia,
che sia tarata correttamente l'erogazione nei singoli appartamenti?
Se la risposta è, come dovrebbe essere, che va controllato l'intero
impianto, è chiaro che prima di rilasciare la dichiarazione di
conformità l'installatore (o un perito esterno) dovrebbe stendere una
vera e propria perizia, decidendo tra l'altro fino a che punto spingere la
sua indagine. Basta, per esempio, un controllo sul fatto che canne fumarie e
camini " tirino", oppure è necessario spingersi più a
fondo, cercando di reperire i progetti del costruttore dell'edificio e
verificarne la rispondenza alle norme dell'epoca?
La stessa differenza traccia una linea di demarcazione molto netta, con costi
assai diversi, tra una dichiarazione di conformità redatta
dall'installatore e la neo-nata "dichiarazione di conformità
sostitutiva" resa anni e anni dopo da un iscritto all'albo che non ha
partecipato né alla progettazione né alla realizzazione dell'impianto. Ma
anche questa è in realtà una "perizia", che prevede
approfondite e costose indagini sul campo. E tale relazione sostitutiva vede
incrementare i suoi costi tanto più l'impianto è complesso e
tanto meno è reperibile documentazione che lo riguarda.
I problemi, però, non sono solo quelli dei costi. Mancano nel decreto
entrato in vigore il 27 marzo, norme transitorie che permettano
un'applicazione graduale. Questo, per l'Assistal, l'associazione di categoria
dei costruttori di impianti, sarà fonte di confusione e problemi.
Innanzitutto perché è riformulata la lista delle otto categorie a cui
si può essere, o non essere, abilitati (si veda l'articolo nella
pagina). Ne consegue che, in teoria, molte aziende per eseguire
legittimamente le opere che sono solite fare, dovrebbero riscrivere tra le
loro attività quelle nuove: altrimenti rischiano pesanti sanzioni.
Inoltre, anche le procedure sono un mistero: il decreto prevede l'iscrizione
delle specializzazioni al momento della denuncia di inizio attività,
cioè del lancio dell'azienda stessa, e non un iter per le modifiche di
quelle esistenti.
A sottolineare un altro problema di intreccio normativo, il cui scioglimento
sembra veramente difficile (a meno di ricorrere sistematicamente al sistema
delle deroghe indicato dallo stesso ministero) è Achille Colombo
Clerici, presidente di Assoedilizia: «Il parere dato il 26 marzo dallo
Sviluppo economico incorre in due affermazioni che, sul piano giuridico,
presentano una forte contraddizione fra loro». Riferendosi agli impianti
già esistenti negli edifici il Dm dichiara che la sicurezza dei predetti
impianti deve essere valutata in base alla loro conformità alle norme
vigenti al momento della loro realizzazione o modifica. Né sussiste alcun
obbligo di procedere all'adeguamento degli impianti preesistenti conformi
alle precedenti norme di sicurezza ad essi applicabili. Poi, però,
richiama la disposizione secondo cui l'atto di trasferimento riporta la
garanzia del venditore in ordine alla conformità degli impianti alla
vigente normativa in materia di sicurezza.
«In sostanza si chiede Colombo Clerici perché mai il venditore deve
dichiarare dei vizi relativi a una conformità ( quella alle norme
vigenti) che si afferma non essere necessaria?».
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