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Il Sole 24 Ore Plus (1-3-2008)

Finanza innovativa: l'Atm e quell'hedge da 400 milioni

di Fabio Pavesi

 

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Più che un'azienda pubblica di trasporti assomiglia a una banca, o meglio a un fondo d'investimento. Quei 392 milioni di euro detenuti nel portafoglio titoli fanno del l'Atm di Milano, partecipata al 100% dal Comune, una sorta di piccolo grande forziere della città.
Peccato che non sia quello il suo ruolo e che così tanta liquidità rischi di dare alla testa. Non solo quei denari sono una quantità esorbitante per un'azienda che di milioni ne fattura direttamente ogni anno non più di 300, ricavandone altri 400 da contributi pubblici e che, tolti i costi di produzione, finisce da almeno due anni in rosso già a livello di gestione ordinaria.

Finanza con denari pubblici
E così quei soldi usati per fare finanza sono la risorsa che in buona parte permette al l'azienda di chiudere i bilanci in attivo. Il bello è che quel tesoretto non è frutto dell'abilità degli amministratori che si sono succeduti alla guida dell'azienda negli ultimi anni, ma una prebenda dello Stato. Sono soldi, come rileva l'Ufficio Studi di Mediobanca in un rapporto sulle società municipalizzate per conto della Fondazione Civicum, che derivano dal ripianamento dei disavanzi pregressi a partire dal lontano '97.
Quindi l'Atm come un fondo chiuso con i soldi della collettività. A che pro? Fare profitti evidentemente. Solo nel 2004 e nel 2005 il «tesoretto» ha reso rispettivamente 17,7 e 14,7 milioni che sono serviti a lenire in parte le perdite a livello di gestione industriale per 40 e 12 milioni. Nel 2006 i 392 milioni investiti hanno reso 11 milioni e mezzo. Tutto sommato hanno fatto il loro dovere. Ma tanta finanza ha prodotto anche qualche spregiudicatezza.

I bond in default
La stessa Atm ha sempre detto che i soldi sono investiti in titoli di Stato e obbligazioni corporate. E in quest'ultima categoria qualche scivolone è avvenuto. Mezzo milione di euro è su obbligazioni Finmek, la società finita in amministrazione straordinaria e in passato la gestione dell'ex direttore generale Bruno Soresina pare avesse investito anche in bond Cirio e in titoli della Ford che certo sul piano finanziario non versa in buona salute. Insomma, il rischio era di casa in Atm e ora il nuovo presidente Elio Catania ha promesso una gestione più accorta della liquidità. Si vedrà. Sta di fatto che nel biennio 2005-2006 l'azienda ha cumulato 5,9 milioni di svalutazioni su quel portafoglio, riducendo di fatto quei rendimenti che parevano così allettanti. E verrebbe da chiedersi a questo punto perché l'azienda abbia acceso nel 2006 nuovi debiti con le banche per 80 milioni (su cui paga ovviamente gli interessi) quando può contare tra riserve e tesoretto investito sulla bellezza di 640 milioni. A meno che quel tesoretto sia difficilmente smobilizzabile pena ulteriori minusvalenze.

Forzieri napoletani
Ma se Milano lavora da anni alacremente con il suo fondo, anche l'Arin di Napoli può contare su buone disponibilità di cassa. La società che gestisce l'erogazione dell'acqua a Napoli è l'eccezione positiva nel contesto del degrado finanziario che affligge quasi tutte le municipalizzate del Comune di Napoli. L'Arin è ben gestita, ha una redditività industriale di tutto rispetto e in crescita anno su anno. A fine del 2006 il margine operativo lordo è stato di 25 milioni su 120 milioni di ricavi. In più a dar man forte ai profitti finali c'è la gestione finanziaria che può contare tra portafoglio titoli e liquidità su un centinaio di milioni di risorse, la metà dell'intero capitale netto del gruppo. Nel 2004 e 2005 (dati riclassificati dall'Ufficio Studi di Mediobanca) i proventi finanziari hanno apportato complessivamente 7 milioni di euro al bilancio. E altri 2,7 milioni sono il frutto del portafoglio titoli e degli interessi attivi sui conti correnti maturati nel 2006.
Tutto bene quindi, anche se forse fare finanza non è proprio il mestiere dell'azienda pubblica dell'acqua della capitale campana. (Il Sole 24 Ore - Plus 24)