CENACOLO
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Documento d’interesse Inserito
il 1-3-2009
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La Repubblica
1-3-2009
Mai
più sposi, meglio convivere. Il sorpasso delle "coppie light"
Nel
Un mondo che non gradisce più i legami "eterni" e convive con
precarietà e mobilità
di VERA SCHIAVAZZI
ROMA - Sposarsi? Non è più di moda, anzi è davvero sconsigliato. E molto
presto, forse già nel 2015 se la crisi spingerà sull'acceleratore, in tutta
Italia le convivenze supereranno i matrimoni, come già avviene nelle grandi città
del Nord. Le giovani coppie preferiscono un legame leggero, a tempo, da
confermare in seguito, senza i vecchi mobili della nonna, il mutuo da pagare,
la festa inutilmente costosa. Segnali in questa direzione arrivano da tutto il
mondo: a Manhattan c'è la percentuale di nozze più bassa, 26% sul totale, negli
Usa i matrimoni sono scesi complessivamente al 49%, in Gran Bretagna il numero
di chi va a vivere insieme ha superato gli sposati.
In Italia, sceglie di vivere insieme al partner senza formalità una donna su
tre tra quelle nate alla fine degli anni Settanta, e quando toccherà a quelle
che oggi hanno diciotto anni, le figlie degli anni Novanta, la percentuale
potrebbe quasi raddoppiare.
Non è soltanto un fatto di costume: gli esperti spiegano che si tratta di una
"strategia adattativa" in un mondo che non ama più i legami
"eterni" - che richiedono lacrime e denaro per essere cancellati - e
convive con precarietà, mobilità, incertezza sempre crescenti. "Le
diciottenni di oggi non si sposeranno senza prima aver provato a convivere, in
media per due anni - conferma Alessandro Rosina, demografo, docente alla
Cattolica di Milano - Ciò non significa che il matrimonio non abbia più valore,
al contrario, per molti resta un traguardo. Ma non al primo colpo".
E oggi le mamme e i papà che devono fare i conti, e molto spesso aiutare, le
coppie che vanno a vivere insieme sono gli ex ragazzi degli anni Sessanta: più
aperti e tolleranti.
"In questo modo - commenta Rosina - si può creare una coppia anche se la casa
di proprietà non c'è ancora e se i redditi non sono così stabili".
"Il matrimonio si è trasformato da rito di passaggio all'età adulta a rito
di conferma - dice Chiara Saraceno, sociologa della famiglia - Perfino la
chiesa cattolica si è adattata: nei corsi prematrimoniali si parla ormai
pochissimo di sesso, e l'abito bianco viene considerato come il simbolo di un
'nuovo iniziò anziché della verginità della sposa".
Per comprendere il fenomeno, e la rapidità con la quale si sta correndo verso
il sorpasso, le cifre assolute sono poco utili: oggi in Italia le coppie
conviventi sono meno del 5 per cento (poco più di 630.000 persone), ma occorre
confrontare tra loro le diverse generazioni. Qual è il vantaggio, in un paese
dove le forme di tutela riguardano solo chi è ufficialmente coniugato? A
scegliere la 'coppia leggerà sono soprattutto le giovani che hanno studiato,
sono arrivate non senza fatica a cominciare la loro vita di lavoro e non hanno
alcuna intenzione di rallentarla per accudire da sole i figli.
Le quarantenni nate alla fine degli anni Sessanta hanno scelto la convivenza in
un caso su quattro, chi è nata nella prima metà degli anni Settanta lo ha fatto
in un caso su tre, e così via, con percentuali tre volte più basse al Sud, dove
convivere resta un escamotage per rinviare le spese della festa di nozze.
"Queste coppie - aggiunge Saraceno - sono assai più paritarie del passato
per età e reddito ma anche per condivisione dei lavori domestici. La
caratteristica è un confronto continuo che deve confermare o smentire la scelta
iniziale. 'vediamo come ti comporti, poi decidiamo', è il messaggio".
A scoraggiare dalle nozze sono anche le banche, sempre più restie a concedere
mutui se il reddito non è stabile, e i molti obblighi previsti: non solo il
mantenimento del coniuge in caso di separazione, ma anche gli eventuali doveri
verso i suoceri.
"La convivenza - conclude Rosina - è una strategia non solo culturale ma
anche economica. Per vivere in una grande città due redditi sono meglio di uno,
soprattutto quando possono oscillare. E andare a stare insieme è spesso l'unica
forma di difesa dalla prospettiva di restare a vita sotto la custodia dei
genitori, proprio come prima lo era sposarsi".
(1 marzo 2009)