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il 2 maggio 2009
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La Repubblica 28-4-2009
Cosa vuol dire “salvezza” al di fuori della Chiesa
Di Vito Mancuso
PROPRIO
quando arriva in libreria una raccolta di saggi di Benedetto XVI dal titolo L'
Elogio della coscienza, è interessante chiedersi quale sia oggi la situazione
della coscienza cattolica. Lo spunto mi è dato dall' accusa mossami da Enzo
Bianchi di essere gnostico, un' accusa teologicamente infondata che scambia per
eresia gnostica l' esercizio della libertà di coscienza a livello teologico.
Dietro l' accusa di gnosi verso la mia teologia basata sul primato della
coscienza, c' è lo statuto attuale della verità dottrinale cattolica basata
sulla tradizione e l' autorità. Ovvero: è così perché è stato stabilito che è
così, e chi l' ha stabilito è più importante di te e tu devi obbedire.
Insegnava Ignazio di Loyola al termine degli Esercizi spirituali: «Dobbiamo
sempre tenere questo criterio: quello che io vedo bianco lo credo nero, se lo
stabilisce la Chiesa gerarchica». Ancora oggi la forma della verità cattolica
continua a essere basata sul passato (la tradizione) e sulla forza (l' autorità)e
per questo motivo si accusa di gnosi chi al primo posto nel suo rapporto con la
verità non pone l' autorità ma la coscienza personale, e in fedeltà alla
coscienza dichiara bianco ciò che vede bianco. Un anno fa fu Bruno Forte sull'
Osservatore Romano a definire il mio pensiero "una gnosi di ritorno".
Ora Enzo Bianchi su Famiglia cris t i a n a s c r i v e : "Quanto a Manc u
s o , t e o l o g o che ama definirsi eterodosso, occorre riconoscere che le
domande che pone nei suoi scritti sono urgenti e necessitano di una risposta da
parte della teologia cattolica e della Chiesa, ma, a mio giudizio, le
risoluzioni che propone Mancuso si collocano nello spazio della gnosi, in cui
la storia è di per sé storia di salvezza e in cui non c' è da parte di Dio, né
rivelazione, né grazia". Bianchi continua dicendo che nel mio ultimo libro
( Disputa su Dio e dintorni, insieme a Corrado Augias) vi sono affermazioni che
"correggono la gnosi presente nel precedente" ( L' anima e il suo
destino) che però "restano deboli". E conclude: "Il regno dei
cieli non è l' equivalente del regno delle idee di Platone o del regno dei fini
di Kant, come afferma il nostro teologo". Quanto al fatto che amerei
definirmi eterodosso, dico semplicemente che ciò che amo è la trasparenza, e
siccome so che certi miei pensieri non sono allineati alla dottrina ufficiale,
lo dichiaro io per primo, per onestà ai lettori. Tutto qui. Vorrei però
precisare che se talora metto in discussione la dottrina ufficiale è per amore
della coerenza e della logica, perché condivido la prospettiva secondo cui nel
cristianesimo il posto d' onore spetta all' affermazione "in principio era
il logos", e laddove non vedo rispettato il primato del logos, esercito la
mia coscienza perché lo sia. Quanto all' accusa di gnosi, ripeto a Bianchi ciò
che replicai a Forte, cioè che non ha fondamento. Lo gnosticismo infatti si
basa su tre principi fondamentali: 1) è la conoscenza che salva; 2) questa
conoscenza è rivelata a pochi da un inviato divino rivelatore e redentore; 3)
il contenuto della conoscenza è la distanza del mondo da Dio all' insegna della
più acuta contrapposizione materia-spirito. Al contrario io sostengo che: 1) è
la giustizia che salva; 2) la giustizia può essere attuata da ogni uomo, dentro
o fuori la Chiesa, essendo legata alla logica della creazione; 3) la creazione
è il cardine teologico decisivo e tra materia e spirito non c' è alcuna
contrapposizione. Mentre la gnosi è una dottrina segreta riservata a pochi
dalla cui conoscenza dipende la salvezza, io all' opposto lego la salvezza alla
pratica della giustizia, come sostiene Gesù in Matteo 25 e in numerosi altri
passi. Mentre la gnosi consiste in una totale svalutazione della natura,
attribuita a un Dio minore e malvagio, io all' opposto faccio della creazione il
trattato teologico decisivo e dell' adesione alla sua logica il principio
salvifico. Bianchi però dice che sono gnostico. Perché un tale abbaglio? Perché
scambia per gnosi l' esercizio della libertà di coscienza a livello teologico.
Ma nel richiamo di Bianchi alla "storia della salvezza" è in gioco
soprattutto lo statuto della salvezza. Per secoli si è creduto che solo il
cattolicesimo offrisse la salvezza agli uomini e che tutti i non cattolici ne
sarebbero stati esclusi all' insegna dell' assioma "extra ecclesiam nulla
salus" (fuori della Chiesa non c' è salvezza). So bene che Bianchi non
condivide questa angusta prospettiva, lui che iniziò il suo impegno sul fronte
dell' ecumenismo quando io ancora giocavo all' oratorio, e del resto quasi
nessuno nella Chiesa di oggi la condivide. Mi permetto però di ricordargli
questo passo di Simone Weil: "La credenza che un uomo possa essere salvato
fuori della Chiesa visibile esige che tutti gli elementi della fede siano
ripensati daccapo, pena l' incoerenza completa. Perché l' intero edificio è
costruito attorno all' affermazione contraria, che oggi quasi nessuno oserebbe
sostenere. Eppure non si vuole ancora riconoscere la necessità di una simile
revisione. Ci si sottrae ad essa con miserabili artifizi. Si mascherano le
sconnessioni con saldature fittizie, con salti logici clamorosi". Bianchi
non me ne voglia, ma non posso fare a meno di inserire tra i salti logici
clamorosi anche l' attribuzione di gnosticismo a un pensiero come il mio che ne
è il più convinto avversario. Il punto è esattamente il nesso salvezza-storia.
Per la visione cristiana tradizionale (derivante da san Paolo e difesa da
Bianchi) la salvezza è legata all' evento storico di duemila anni, è storia
della salvezza, ed è quindi inevitabile che tutti coloro che a quel singolo
evento storico non partecipano (cioè la gran parte dell' umanità visto che la
specie Homo sapiens ha origine 160.000 anni fa) ne vengano esclusi. Da qui
extra ecclesiam nulla salus. Non erano cattivi i padri della Chiesa, gli scolastici,
i papi e i monaci che per secoli sostenevano questo assioma. Erano
semplicemente coerenti con l' impostazione che lega la salvezza a una storia
particolare. Se infatti la salvezza viene da una storia particolare, o si
partecipa a quella storia (partecipazione garantita dalla Chiesa e dai suoi
sacramenti) o non si è salvi. La salvezza pensata in dipendenza da un evento
storico produce necessariamente la teologia dell' extra ecclesiam nulla salus.
Oggi si rifiuta questa teologia angusta e si ritiene che la salvezza non sia
riservata ai soli cattolici. Perfetto. Ma allora come continuare a sostenere la
dipendenza della salvezza da una storia particolare? Lo si può fare solo a
prezzo di "miserabili artifizi", "saldature fittizie", "salti
logici clamorosi". In realtà, se si vuole parlare con fondamento della
salvezza (cioè della partecipazione all' eternità divina), occorre superare la
superstizione della cronologia e comprendere l' insegnamento di Gesù: "Dio
è spirito e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità" (
Giovanni 4,24). Vale a dire: ogni essere umano che nella sua coscienza e nel
suo cuore vive nello spirito della verità (la cui esperienza più alta si chiama
pratica del bene e della giustizia) entra nella dimensione peculiare del divino
e quindi è salvo, si tratti di un uomo dell' età della pietra, di un antico
egizio, di un ebreo o di un indù di oggi. In questa prospettiva, contrariamente
alla gnosi e al cristianesimo paolino che sostengono la necessità per la
salvezza di una rivelazione particolare, io sostengo (come Bianchi rileva
esattamente, ma sbagliando nel dire che si tratta di gnosi perché ne è l'
esatto contrario) che ogni momento della storia è capace di salvezza. E quindi,
a differenza di chi lega la salvezza "Ogni uomo che vive nello spirito
della verità entra nel divino ed è salvo" a una storia particolare, io
posso rifiutare in perfetta coerenza la teologia dell' extra ecclesiam nulla
salus in quanto nemica degli uomini e incapace di comprendere la paternità
universale di Dio. Ringrazio infine Enzo Bianchi (illustre collega all'
Università San Raffaele nonché amico da lunga data) per aver riconosciuto che
sollevo domande "urgenti che necessitano di una risposta da parte della
teologia cattolica e della Chiesa", ma sarebbe interessante capire come fa
lui a tenere insieme una salvezza universale con una storia particolare. Perché
una cosa deve essere chiara: dire che "il regno dei cieli non è l'
equivalente del regno delle idee di Platone o del regno dei fini di Kant"
significa riproporre in versione aggiornata la medesima pretesa ecclesiastica
dell' extra ecclesiam nulla salus. - VITO MANCUSO