CENACOLO DEI
COGITANTI |
Documento d’interesse Inserito
il 14-3-2009
DOCUMENTI CORRELATI |
|
La Repubblica 13-3-2009
La solitudine del Papa
Di Vito Mancuso
PERSINO
per l' esperto direttore della sala stampa vaticana la
lettera del Papa a proposito della remissione della scomunica ai quattro
vescovi lefebvriani "è un documento davvero
inconsueto". Anche solo per questo, per essere una delle rare cose
inconsuete (un' altra è stata ieri l' attacco dell'
Osservatore romano) provenienti da un' istituzione che ha la sua forza nella
secolare consuetudine, è degno della massima attenzione. Indirizzata ai vescovi
della chiesa cattolica, questa lettera papale si potrebbe definire una mini
enciclica. Ese si aggiunge citando sempre padre
Lombardi che "non vi è dubbio che la lettera sia sua dalla prima parola all' ultima" il documento assume un valore su cui
davvero vale la pena riflettere. Quale sia stato l' obiettivo
del papa nel redigerlo, lo dice egli stesso: "contribuire alla pace nella
chiesa". Preso atto che nella chiesa la pace è turbata, il papa intende
ristabilirla. Nessun dubbio che il turbamento deve essere molto grande per
spingere il papaa un passo così
"inconsueto", e io aggiungerei clamoroso (non ricordo un documento
analogo in tempi recenti). Ma di chi è la colpa del turbamento della pace della
chiesa? Il papa l' attribuisce a tre soggetti, a tre gruppi di
"cattivi": 1) i lefebvriani; 2) i funzionari
vaticani che non l' hanno informato del negazionismo di monsignor Williamson; 3) quei cattolici che hanno protestato
"con un' ostilità pronta all' attacco". Il
primo gruppo di "cattivi" in verità rimane sullo sfondo: si sapeva
già che lo erano,e anzi il senso dell' iniziativa
papale nel togliere la scomunica era precisamente quello di contribuire al loro
ritorno nella grande chiesa facendo loro accettare finalmente il Vaticano II.
Il secondo gruppo di "cattivi" sono quei dirigenti vaticani che hanno
dimenticato di informare il papa su come stavano le cose riguardo a mons. Williamson: "una disavventura
per me imprevedibile è stata il fatto che il caso Williamson
si è sovrapposto alla remissione della scomunica". Il papa riconosce che
bastava consultare internet per chiarirsi le idee ("seguire con attenzione
le notizie raggiungibili mediante l' internet avrebbe
dato la possibilità di venir tempestivamente a conoscenza del problema") e
aggiunge "ne traggo la lezione che in futuro nella Santa sede dovremo
prestar più attenzionea quella fonte di
notizie". Benedetto XVI ammette inoltre un secondo errore della macchina
vaticana scrivendo che "la portata e i limiti del provvedimento del 21
gennaio 2009 non sono stati illustrati in modo sufficientemente chiaro al
momento della sua pubblicazione". Egli vede quindi due errori, uno di
merito e l' altro di forma, della curia romana. La
conseguenza è che l' organismo che avrebbe dovuto
dargli le informazioni necessarie e che invece non gliele ha date (il cui nome
è Ecclesia Dei) viene declassato e posto in diretta dipendenza dalla
Congregazione per la dottrina della fede. Ma anche per questo secondo gruppo di
"cattivi" all' origine della "evidente
sofferenza" papale non sarebbe stato necessario scrivere una mini-enciclica:
i panni sporchi, soprattutto in Vaticano, si usano lavare in casa. Eccoci
dunque al terzo gruppo di "cattivi" all' origine
del turbamento della pace della Chiesa e che, a mio avviso, sono la causa vera
e propria della lettera di Benedetto XVI: quei cattolici che hanno protestato
"con un' ostilità pronta all' attacco". Il vero bersaglio della
lettera papale sono quindi i "protestanti" cattolici, cioè quei
cattolici che in tutto il mondo hanno protestato per la revoca della scomunica
a monsignor Williamson. Ma il papa sa bene, e lo
scrive con la consueta chiarezza che contraddistingue da sempre la teologia di
Joseph Ratzinger, che la protesta "rivelava ferite risalenti al di là del
momento". La valanga di proteste di proporzioni mondiali che ha portato
Benedetto XVI a una "evidente sofferenza" (per citare ancora padre
Lombardi) è sì partita a seguito del caso Williamson,
ma la neve che la costituiva si era accumulata da molto tempo prima. Qui non c'
è la possibilità di approfondire il discorso ma in conclusione vorrei
sottolineare almeno due cose: 1) Come ricorda lo stesso papa, la polemica intraecclesiale risale già ai tempi del Nuovo Testamento,
anzi io aggiungo che venne esercitata in prima persona da Gesù: il che
significa che la polemica e la franca discussione non sono un male in sé, se si
svolgono in modo aperto, con argomenti precisi e il più
possibile razionali, esponendo se stessi col proprio nome e cognome,
lottando sempre per la verità e soprattutto senza astio personale. Io penso che
occorre tornare alla franchezza di rapporti e di
parola ("parresia") tipica della Chiesa
apostolica, e che solo così la Chiesa tornerà a essere affascinante per gli
uomini d' oggi, i quali possono rinunciare a tutto ma non al pensare con la
loro testa. Certo, come dice il papa vi è il rischio di una "libertà mal
interpretata", ma è un rischio che non si può evitare se si vuole avere a
che fare con il nostro tempo. Ciò che dimostrerà se la libertà sia stata bene o
male interpretata sarà la capacità di generare bene, giustizia e unità. 2) Fa
bene il papa a preoccuparsi di ricucire lo strappo con la comunità lefebvriana, ma allo stesso modo mi permetto di chiedere se
non dovrebbe volgere le sue attenzioni anche allo "scisma sommerso"
che riguarda milionie milioni di laici. Se qualche migliaia di religiosi lefebvriani
hanno tale importanza ai suoi occhi, quanto più ne dovrebbero avere gli
innumerevoli laici cristiani che si sentono lontani da una Chiesa spesso troppo
rigida e fredda (si pensi per fare solo un esempio ai divorziati risposati cui
vengono negati i sacramenti). E poi perché tanta comprensione per i lefebvriani, e insieme tanta durezza e intransigenza per
quei vescovi, quei preti e quei teologi che cercano di conciliare il Vangelo
con le esigenze della postmodernità? Concludo dicendo
che la lettera di Benedetto XVI ha dei punti magnifici, come quando afferma il
primato della spiritualità col dire che per la Chiesa "la priorità al di
sopra di tutte è rendere Dio presente in questo mondo e aprire agli uomini l' accesso a Dio"; oppure quando loda l' ecumenismo, il
dialogo interreligioso, la dimensione sociale della fede. È questo il papa di
cui abbiamo bisogno e lui non deve temere quei cattolici che protestano con
franchezza e onestà intellettuale contro alcune decisioni, perché così
dimostrano di amare ancora la Chiesa. Il giorno in cui non protestassero più,
sarebbe solo indifferenza. –
VITO
MANCUSO