CENACOLO DEI COGITANTI |
Documento d’interesse Inserito
il 14-2-2009
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La Repubblica — 13 febbraio
2009
L'
ETICA DI FRONTE ALLA VITA VEGETALE
VITO MANCUSO
SE LE circostanze non fossero tragiche, si potrebbe dire alla Chiesa gerarchica
dei nostri giorni, con una leggera ironia e una pacca sulla spalla: "Dio
esiste ma non sei tu, rilassati". Il problema infatti è anzitutto nervoso.
Riguarda il controllo dei sentimenti e delle passioni. Un controllo che la
direzione spirituale sapeva insegnare agli uomini di Chiesa di un tempo, e che
invece oggi sembra smarrito. Assistiamo allo spettacolo di una Chiesa isterica:
che non è amareggiata ma arrabbiata, che non parla ma grida, anzi talora
insulta, che non suggerisce ma ordina, che non critica ma impone alzando la
voce, o facendo pressioni su chi tiene il bastone del comando. Non discuto la
buona intenzione di combattere per la giusta causa, mi permetto però di
dubitare sullo stile e più ancora sull' efficacia evangelizzatrice di tale battaglia.
L' unico "cardinale" che ha pronunciato parole sagge e coraggiose è
stato Giulio Andreotti, quando ha giudicato il decreto governativo un' indebita
invasione nella sfera privata delle persone. Andreotti è uno dei rari cattolici
che ancora ricorda e pratica la capitale distinzione tra etica e diritto, che
è, a mio avviso, il punto decisivo di tutta la questione. Personalmente ero
contrario all' interruzione dell' idratazione di Eluana. Se mi trovassi io a
vivere una condizione del genere (o peggio ancora uno dei miei figli) vorrei
che mi si lasciasse al mio posto di combattimento nel grande ventre della vita
anche con la sola vita vegetale: nessun accanimento terapeutico, ma vivere fino
in fondo la vita lasciandomi portare dall' immenso respiro dell' essere,
secondo la tradizionale visione della morale della vita fisica non solo del
cattolicesimo ma anche delle altre grandi tradizioni spirituali. Chissà poi che
cosa significa "vita vegetale": da precisi esperimenti è risaputo che
anche le piante provano emozioni, e reagiscono con fastidio a un certo tipo di
musica e con favore a un altro (dicono che la preferita sia la musica sacra
indù della tradizione vedica). La vita vegetale è una cosa seria, ognuno di noi
la sta vivendo in questo momento, basta considerare la circolazione del sangue,
il metabolismo, il sistema linfatico. Il fatto, però, è che non si trattava di
me, ma di Eluana, e che ciò che è un valore per me, non lo era per lei. Una
diversa concezione della vita produce una diversa etica, e da una diversa etica
discende una diversa modalità di percepire e di vivere le situazioni concrete,
così che ciò che per uno può essere edificazione, per un altro si può
trasformare in tortura. Si pensi alla castità, alla clausura, al martirio e ad
altri valori religiosi, che per alcuni non sono per nulla valori ma un incubo
spaventoso solo a pensarli. Il padre di Eluana ha lottato per liberarla da ciò
che per lei era una tortura, ed è probabile che la conoscesse un po' meglio del
ministro Sacconi e del cardinal Barragan. Grazie allo stato di diritto, alla
fine l' ha liberata. Io non sono d' accordo? È un problema mio, non si trattava
di me, ma di lei. Tutto molto semplice, come sempre è semplice la verità. Ora
aspettiamo una legge sul testamento biologico, e io penso che il compito dello
Stato sia precisamente quello di produrre, a partire dalle diverse etiche dei
cittadini, una legge ove tutti vedano riconosciuta la possibilità di vivere e
di morire secondo la propria concezione del mondo. Se lo Stato fa questo,
realizza la giustizia, che, com' è noto, consiste nel dare a ciascuno il suo.
La distinzione tra etica e diritto è decisiva. A questo punto però sento la
voce di Benedetto XVI che rimprovera questa mia prospettiva di
"relativismo" in quanto privilegia la libertà del singolo a scapito
della verità oggettiva. È mio dovere cercare di rispondere e lo faccio ponendo
una domanda: Dio ha voluto oppure no l' incidente stradale del 18 gennaio 1992
che ha coinvolto Eluana? A seconda della risposta discende una particolare
teologia e una particolare etica. Io rispondo che Dio non ha voluto l'
incidente. L' incidente, però, è avvenuto. In che modo allora il mio negare che
Dio abbia voluto l' incidente non contraddice il principio dell' onnipotenza
divina? Solo pensando che Dio voglia sopra ogni cosa la libertà del mondo, e
precisamente questa è la mia profonda convinzione. Il fine della creazione è la
libertà, perché solo dalla libertà può nascere il frutto più alto dell' essere
che è l' amore. Ne viene che la libertà è la logica della creazione e che la
più alta dignità dell' uomo è l' esercizio della libertà consapevole
deliberando anche su di sé e sul proprio corpo. È verissimo che la vita è un
dono di Dio, ma è un dono totale, non un dono a metà, e Dio non è come quelli
che ti regalano una cosa o ti fanno un favore per poi rinfacciartelo in ogni
momento a mo' di sottile ricatto. Vi sono uomini di Chiesa che negano al
singolo il potere di autodeterminazione. Perché lo fanno? Perché ospitano nella
mente una visione del mondo all' insegna non della libertà ma dell' obbedienza
a Dio, e quindi sono necessariamente costretti se vogliono ragionare (cosa che
non sempre avviene, però) a ricondurre alla volontà di Dio anche l' incidente
stradale di Eluana. Delle due infatti l' una: o il principio di
autodeterminazione è legittimo perché conforme alla logica del mondo che è la
libertà (e quindi l' incidente di Eluana non è stato voluto da Dio); oppure il
principio di autodeterminazione non è legittimo perché la logica del mondo è l'
obbedienza a Dio (e quindi l' incidente è stato voluto da Dio). Tertium non
datur. Per questo io ritengo che la deliberazione della libertà sulla propria
vita non solo non sia relativismo, ma sia la condizione per essere conformi al
volere di Dio. Il senso dell' esistenza umana è una continua ripetizione dell'
esercizio della libertà, a partire da quando abbiamo mosso i primi passi, con
nostra madre dietro, incerta se sorreggerci o lasciarci, e nostro padre
davanti, pronto a prenderci tra le sue braccia. In questa prospettiva ricordo
alcune parole del cardinal Martini: «È importante riconoscere che la
prosecuzione della vita umana fisica non è di per sé il principio primo e
assoluto. Sopra di esso sta quello della dignità umana, dignità che nella visione
cristiana e di molte religioni comporta una apertura alla vita eterna che Dio
promette all' uomo. Possiamo dire che sta qui la definitiva dignità della
persona... La vita fisica va dunque rispettata e difesa, ma non è il valore
supremo e assoluto». Il valore assoluto è la dignità della vita umana che si
compie come libertà. Sarebbe un immenso regalo a questa nazione lacerata se
qualche esponente della gerarchia ecclesiastica seguisse l' esempio della
saggia scuola democristiana di un tempo esortando gli smemorati politici
cattolici dei nostri giorni al senso della laicità dello stato. Li aiuterebbe
tra l' altro a essere davvero quanto dicono di essere, il partito "della
libertà". Che lo siano davvero e la garantiscano a tutti, così che ognuno
possa vivere la sua morte nel modo più conforme all' intera sua vita. - VITO
MANCUSO