La Repubblica 15-11-2008
Chiamparino contro
la Motorola "Pronto a incatenarmi ai cancelli". Il sindaco: azienda scorretta, non deve lasciare Torino: "Hanno
ottenuto 11 milioni di fondi pubblici e in due giorni hanno deciso di
chiudere"
"Pronto a esagerare perché una comunità colpita deve reagire"
di PAOLO GRISERI
TORINO - Incatenarsi di fronte all'ingresso della Motorola come i
tanti disoccupati che in giro per il mondo protestano contro le
multinazionali per la perdita del posto di lavoro. A prendere catena e
lucchetto per difendere 370 posti altamente qualificati sarà questa
volta un sindaco, Sergio Chiamparino. Un politico solitamente restio al gesto
clamoroso, noto per quel suo motto "esageruma nen", non esageriamo, che costituisce la sintesi del
carattere torinese, poco incline alla sceneggiata.
Signor sindaco, perché ha deciso di esagerare?
"Perché si deve sapere che una comunità colpita è in grado
di reagire, non accetta passivamente le scelte che ricadono sul
territorio".
Che cosa le ha fatto la Motorola?
"La Motorola ha ingannato la città. Ha ottenuto, in via indiretta, 11 milioni di finanziamenti
pubblici, ha goduto di una serie di vantaggi per insediarsi a Torino e nel
giro di due giorni ha deciso di chiudere baracca e burattini".
Un fulmine a ciel sereno?
"Fino alla scorsa settimana i dirigenti locali discutevano con il
vicesindaco sulla possibilità di ampliare l'insediamento: chiedevano
fino a 2000
metri quadrati in più".
E poi che cosa è successo?
"In una località dell'Illinois, a Schaumburg,
si è riunito il consiglio di amministrazione e ha semplicemente deciso
di chiudere tutte le attività non commerciali in Europa".
È il capitalismo, no?
"Certo. Ma allora perché
sfruttare i vantaggi del sistema pubblico quando si trattava di ottenere
condizioni di favore per l'insediamento?".
Un sindaco contro una multinazionale? Davide contro Golia?
"Non un sindaco solo: un presidente di Regione, un vescovo, una
comunità che non accetta di veder sparire da un giorno all'altro 370
posti di lavoro qualificati".
Chi aveva pagato per favorire l'arrivo di Motorola a Torino?
"Il Politecnico aveva destinato a quell'insediamento
una parte dei fondi europei a sostegno della ricerca. Un investimento
giustificato. I 370 ingegneri che hanno lavorato in questi
anni a Torino hanno prodotto brevetti allo stesso ritmo dei loro colleghi
statunitensi e per unanime ammissione il centro Motorola di Torino era uno
dei migliori del gruppo".
Così si incatenerà per difendere gli ingegneri?
"Non so se mi incatenerò. Ma farò qualsiasi cosa per convincere l'azienda a tornare
sui suoi passi".
Alternative al lucchetto?
"Insieme alla presidente della Regione, Mercedes Bresso,
scriveremo una lettera all'ambasciatore statunitense in Italia, Ronald
Spogli, chiedendo un suo intervento".
Pensa di recarsi in Illinois?
"Potrei provare a coinvolgere il compagno Obama, che è di quelle parti. Scherzo,
naturalmente. Batteremo tutte le strade per raggiungere il
nostro obiettivo".
Questa vicenda ripropone l'antico dilemma: meglio difendere il legame tra
aziende e territorio o lasciare che il mercato globale faccia il suo corso?
"Il legame tra un'azienda e il territorio può
essere una ricchezza per ambedue. Naturalmente se si
trasforma nella difesa protezionistica degli stabilimenti e degli uffici
è sbagliato".
Dunque lei non si incatenerà per protezionismo?
"Assolutamente no. Noi abbiamo scommesso, e
continueremo a farlo, sulla capacità della nostra area di accogliere
aziende innovative. Abbiamo una tradizione, un politecnico all'avanguardia,
delle aziende che sono al vertice mondiale nei loro settori. Ci sono, soprattutto, le condizioni perché si formino qui i
lavoratori in grado di operare nei settori innovativi".
Dopo i fasti olimpici, Torino torna ad essere sinonimo di crisi?
"È una lettura totalmente sbagliata. Se
anche perdessimo la battaglia per mantenere a Torino l'insediamento di
Motorola abbiamo altre aziende del settore delle telecomunicazioni che sono
arrivate in città. La linea della diversificazione produttiva per
evitare di vivere di sola automobile prosegue. Così
come prosegue l'impegno nel settore del turismo e della cultura".
Manterrete gli investimenti nella cultura anche mentre chiudono le
fabbriche?
"Sì. Manterremo quegli investimenti che
garantiscono ritorni duraturi. È chiaro che
risparmieremo sulle iniziative effimere".
Nella sua battaglia a difesa dei 370 ingegneri quali alleati vorrebbe
avere al suo fianco?
"Sarebbe logico che in questa vicenda si facesse
sentire anche il governo nazionale. Per ora ho ottenuto con Motorola
Italia un primo contatto ufficiale per lunedì. Ma è ovvio che
l'intervento dei ministri competenti, come accadrebbe in casi analoghi in
altri paesi europei, sarebbe molto utile".
Si incatenerebbe insieme a Tremonti di fronte alla sede della Motorola?
"Non nego che sarebbe
una scena decisamente inconsueta".
(15 novembre 2008)
|