HOME    PRIVILEGIA NE IRROGANTO    di Mauro Novelli    

Documento d’interesse   Inserito il 14-2-2007


 

Documenti correlati

 

 

CONVEGNO ATIC FOREX

LA DIRETTIVA MIFID: COSA CAMBIA PER GLI OPERATORI FINANZIARI, DAI SISTEMI DI NEGOZIAZIONE ALLE REGOLE DI COMPORTAMENTO

intervento del dott. Claudio Salini
Responsabile della Divisione Mercati
e Consulenza Economica

Torino, 2 febbraio 2007

* * *

Alcune considerazioni in merito alle opportunità e ai costi per gli intermediari e per il mercato derivanti dalla nuova disciplina sui mercati disegnati dalla MiFID

 

Introduzione

Le caratteristiche dei mercati, degli operatori e dei prodotti finanziari negoziati sono notevolmente cambiate rispetto al mondo delineato e preso quale punto di riferimento nella direttiva del 1993 (93/22/CE).

Obiettivo della direttiva del 1993 era quello di creare le condizioni per consentire alle imprese di investimento di prestare determinati servizi in altri Stati membri sulla base dell’autorizzazione e della vigilanza del paese d’origine.

La MiFID risulta profondamente diversa ed innova notevolmente rispetto alla 93/22/CE. La MiFID si caratterizza anche per il maggior dettaglio non solo nelle materie già a suo tempo affrontate dalla ISD1 ma anche nelle aree soggette per la prima volta a regolamentazione comunitaria. Peraltro, il principio dell’armonizzazione massima che ispira la MiFID ha reso per così dire necessario ed opportuno tale maggiore grado di dettaglio nella disciplina.

Quali le motivazioni alla base della redazione di una nuova Direttiva?

La passata Direttiva 93/22/CE (ISD1), da un lato, non appariva più in grado di fornire un quadro efficace per l’esercizio dell’attività di investimento a livello transfrontaliero nella EU e, dall’altro, non prevedeva regole di base chiare in materia di concorrenza fra le infrastrutture di negoziazione. In particolare:

- non prevedeva un sufficiente grado di armonizzazione che consentisse l’effettivo mutuo riconoscimento delle autorizzazioni concesse alle imprese di investimento

- conteneva norme di tutela degli investitori ormai obsolete

- non prevedeva una gamma di servizi di investimento e di strumenti finanziari in linea con l’evoluzione e l’innovazione registrata nei mercati

- non forniva una risposta a questioni regolamentari e di concorrenza sollevate dalla competizione fra le borse e fra queste ultime e le altre sedi di negoziazione emerse nel corso del tempo

- non ha evitato l’emergere di approcci diversi nella regolamentazione della struttura dei mercati cui è seguita una notevole diversificazione dei metodi di esecuzione degli ordini, delle norme sulla gestione dei mercati, della portata della concorrenza fra le piattaforme di negoziazione e dei comportamenti dei partecipanti al mercato

In termini molto generali, la MiFID ha preso spunto da tali mancanze - alla base di costi anche per gli intermediari - per realizzare un ambiente regolamentare in grado di assecondare l’innovazioni e l’evoluzione dei mercati senza pregiudicare il perseguimento degli obiettivi di tutela dell’investitore e salvaguardia dell’integrità del mercato nonché di promozione di mercati trasparenti ed efficienti.

La ISD1 ha consentito alle autorità nazionali di prescrivere che gli ordini degli investitori venissero eseguiti esclusivamente sui mercati regolamentati (regola di concentrazione) e fuori da tali mercati solo al rispetto di determinate condizioni. Tale opzione non è stata esercitata da tutti i Paesi membri determinando, come detto, una diversificazione dei metodi di esecuzione degli ordini dei clienti.

Proprio la volontà di creare le basi per un’infrastruttura di negoziazione integrata e competitiva ha determinato il mancato rinnovo della facoltà di applicare la regola di concentrazione degli scambi, creando le condizioni per il libero esplicarsi della concorrenza fra infrastrutture di mercato e, quindi, per la libera scelta degli intermediari e degli investitori in merito al "luogo" di esecuzione degli ordini.

Tali interventi appaiono avere tenuto in adeguato conto i rimedi tecnologici e di mercato a disposizione in modo tale da porre il minor numero di ostacoli possibile alla concorrenza e all’innovazione(1).

La concorrenza fra diverse piattaforme di negoziazione è visto quale elemento capace di apportare sostanziali benefici al funzionamento dei mercati finanziari. Tale obiettivo perseguito dalla MiFID viene tuttavia perseguito ponendo in essere un regime nel quale:

- trova espresso riconoscimento il fatto che un mercato frammentato ha bisogno di regole diverse da quelle predisposte in presenza di mercati concentrati affinché venga assicurata l’adeguata tutela dell’investitore e l’efficienza del mercato;

- vengano riconosciuti gli elementi di diversità fra le trading venues attraverso la predisposizione di regimi regolamentari diversi senza portare ad una sottovalutazione dei rischi di arbitraggi regolamentari e di disomogeneità di trattamento.

1. Costi ed opportunità per gli intermediari

In tale contesto, gli intermediari hanno a disposizione nuove opportunità che traggono origine dal pieno riconoscimento dell’assottigliamento della dicotomia istituzionale fra intermediari e mercati: ciò consente a sistemi diversi dalle borse di replicare le attività delle borse e a queste ultime di reinventarsi come operatori di mercato competitivi.

La possibilità per le imprese di investimento oggi di gestire sistemi multilaterali di negoziazione ovvero qualificarsi quali internalizzatori sistematici rappresenta il riconoscimento dell’importanza dell’attività svolta da tali soggetti nella fornitura di servizi di negoziazione equiparabili - seppure con i necessari distinguo - a quelli sinora svolti dai mercati regolamentati. La gestione di sistemi bilaterali ovvero multilaterali non rappresentano una novità operativa (ATS e SSO in Italia). Essi risultano tuttavia oggi destinatari di apposita disciplina che, seppure foriera di obblighi ed impegni regolamentari di rilievo, contribuiscono ad assegnare loro un ruolo di primo piano nella fornitura di servizi di negoziazione dal quale possono derivare, per gli intermediari che li gestiscono, opportunità di business importanti.

La dispersione delle negoziazioni fra varie sedi di negoziazioni determina un rischio di frammentazione degli interessi di acquisto e vendita in rivoli di liquidità superficiali ed isolati. Ciò ha richiesto interventi di natura regolamentare volti a far sì che i benefici sopra menzionati non andassero a detrimento degli obiettivi di efficienza dei mercati e di tutela degli investitori.

A fronte di tali nuove opportunità e scenari, la MiFID ha richiesto l’implementazione di una serie di misure regolamentari e di vigilanza volte a minimizzare i potenziali effetti negativi derivanti dalla maggiore concorrenza e frammentazione delle negoziazioni.

In tale quadro si è voluto assicurare:

a) la presenza di un set adeguato di informazioni sulle negoziazioni e, quindi, l’efficienza del mercato: ciò che è stato perseguito attraverso l’introduzione di nuove e più dettagliate norme relative alla trasparenza pre e post-negoziazione sulle azioni;

b) un’adeguata tutela degli investitori: ciò che ha richiesto la predisposizione di norme aggiornate al nuovo contesto di riferimento e relative agli obblighi di best execution e gestione degli ordini dei clienti;

c) la disponibilità per le autorità di vigilanza di un set informativo adeguato sulle operazioni concluse su strumenti finanziari al fine di poter continuare a condurre la propria attività di vigilanza: in tale contesto si colloca il nuovo regime di transaction reporting.

Un nuovo regime di trasparenza per le azioni

La MiFID ridisegna le regole di trasparenza sugli scambi azionari con riferimento ad un concetto integrato di mercato, dato dall’insieme di borse, MTF e internalizzatori, seguendo un approccio funzionale. In un quadro di mercati concentrati e scarso sviluppo degli MTF su azioni, il dibattito regolamentare scaturito dalla ISD1 si era focalizzato prevalentemente sulla trasparenza post-negoziazione.

Il cambio di prospettiva rispetto alla ISD1 è di tutto rilievo. In primo luogo, vi è l’ambito comunitario di applicazione allorché il nuovo regime di trasparenza fa riferimento alle azioni ammesse a negoziazione sui mercati regolamentati dell’Unione Europea. Inoltre, da un lato, il dibattito si sposta in maniera decisa sulla trasparenza pre-negoziazione e, dall’altro, si tiene esplicitamente conto dei costi per gli intermediari derivanti da un regime di trasparenza "eccessivo".

La MIFID ridisegna le regole di trasparenza sugli scambi azionari con riferimento ad un concetto "integrato" di mercato, dato dall’insieme di borse, MTF e internalizzatori, seguendo un approccio funzionale. L’assunto di base della MiFID è che i requisiti di trasparenza pre e post-negoziazione dovrebbero applicarsi all’esecuzione delle negoziazioni da parte delle imprese di investimento a meno che altre considerazioni - compromessi con l’esigenza di fornire liquidità e cosi legati al rispetto dei requisiti - non prevalgano sui benefici.

Nell’affrontare il problema - assai più complesso - di definire un quadro armonizzato sulla trasparenza pre-trade, la MIFID ha dovuto inevitabilmente affrontare la questione relativa alla ricerca di un "giusto" equilibrio fra trasparenza e liquidità del mercato e fra trasparenza e incentivi economici degli intermediari. La complessità del problema deriva dalla presenza di aspetti controversi sul piano teorico (quali l’effettiva esistenza o rilevanza di un trade off fra trasparenza e liquidità) e dalla mancanza, soprattutto nell’esperienza operativa dei mercati dell’Europa continentale, di evidenze empiriche conclusive circa gli effetti di una minore trasparenza sulla liquidità e sullo sviluppo dei mercati.

Nel concreto, tale problema viene affrontato soprattutto attraverso l’individuazione delle operazioni che possono beneficiare di una deroga al regime di trasparenza, in funzione essenzialmente della loro dimensione e tipologia. La ratio è sostanzialmente quella di limitare il rischio di mercato per gli intermediari che fanno market making per importi rilevanti (o con "operatori informati") e che dovrebbero contribuire alla liquidità del mercato, tenuto conto tuttavia che tale operatività sfrutta in qualche modo le informazioni generate dal processo di price discovery che ha luogo in altre trading venues.

In linea di principio, l’esigenza di limitare i rischi affrontati dagli operatori che danno liquidità al mercato operando in conto proprio è pacifica ed è stata gestita negli ordinamenti dei principali paesi attraverso regole di trasparenza speciali per i cosiddetti "blocchi".

Nell’impostazione della MIFID, la determinazione della soglia dei "blocchi" riveste nuova e strategica importanza poiché, oltre a definire l’area di esenzione per l’informativa post-trade, come già accadeva in passato, impatterà anche sugli obblighi di trasparenza pre-trade applicabili alle imprese di investimento e ai sistemi multilaterali di negoziazione. La definizione della soglia per i blocchi influirà infatti sulla determinazione della cosiddetta standard market size (SMS), assunta quale punto di riferimento ai fini del disegno degli obblighi di trasparenza degli internalizzatori.

Best execution e order handling rules

Al pari, la MiFID prevede alcune misure volte ad assicurare che gli ordini dei clienti vengano eseguiti al di fuori dei mercati regolamentati qualora si dimostri che in tal modo si servono al meglio gli interessi dei clienti.

L’accento viene posto sul rispetto in una forma più attiva e dinamica dell’obbligo di esecuzione alle condizioni migliori per assicurare che le imprese di investimento prendano in considerazione, nello svolgimento di tale attività, un’ampia gamma di possibilità di negoziazione. In tale area, viene modificato l’assetto degli obblighi di best execution. Questi ultimi saranno valutati, nella nuova disciplina, come generale e "procedurale" capacità degli intermediari di scegliere le sedi di esecuzione (mercato regolamentato; MTF; internalizzazione) che consentono di ottenere "in modo duraturo" (e non necessariamente per ogni singolo ordine) il miglior risultato possibile per l’esecuzione degli ordini.

La frammentazione dei mercati rende certamente più complessa, e quindi più costosa, l’attività di gestione degli ordini dei clienti.

Un nuovo regime di transaction reporting

L’art. 25 della MiFiD introduce un regime per alcuni aspetti innovativo:

- le imprese di investimento devono comunicare all’autorità competente del proprio paese d’origine (quindi per le imprese di investimento e le banche italiane, la Consob), il più rapidamente possibile, i dettagli delle operazioni che hanno effettuato su strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato europeo (italiano o di un altro Paese europeo);

- detto obbligo di segnalazione si applica a prescindere dall’aver concluso le operazioni su un mercato regolamentato o meno;

- le informazioni in merito alle operazioni effettuate possono pervenire all’autorità competente, a scelta dell’intermediario, attraverso: (i) una comunicazione diretta dell’impresa d’investimento all’autorità di vigilanza; (ii) una comunicazione di soggetto terzo che agisce per conto dell’impresa d’investimento; (iii) un sistema di confronto degli ordini e di notifica approvato dall’autorità competente; (iv) il mercato regolamentato o MTF (Multilateral Trading Facility) presso il quale è stata conclusa l’operazione.

Gli obblighi di segnalazione delle operazioni concluse non rappresentano una novità assoluta nel panorama normativo comunitario. La MiFID, tuttavia, estende la portata degli obblighi che trovano applicazione, salvo ulteriori estensioni da parte dei singoli Stati membri, agli strumenti finanziari ammessi a negoziazione nei mercati regolamentati dell’Unione Europea.

Ciò che rileva, tuttavia, anche sottolineare è l’eliminazione di trattamenti "disomogenei" fra intermediari nazionali ed intermediari esteri. Il nuovo regime prevede, infatti, che la Consob riceva informazioni: (i) da parte delle imprese di investimento italiane in merito all’operatività delle stesse quando essa ha ad oggetto transazioni, ovunque effettuate, su strumenti finanziari ammessi alla negoziazione su un mercato regolamentato europeo; (ii) da parte delle competenti autorità estere in merito all’operatività delle imprese d’investimento estere quando essa ha ad oggetto transazioni su strumenti finanziari (ammessi alla negoziazione su un mercato regolamentato europeo) per i quali un mercato regolamentato italiano rappresenta "il mercato più pertinente in termini di liquidità".

* * *

Le effettive possibilità per gli intermediari di cogliere i vantaggi che la MiFID offre sono strettamente legate alla dimensione minima necessaria affinché i nuovi business consentano di raggiungere il break-even point. Certamente, il necessario adempimento degli obblighi previsti dalla direttiva impongono significativi costi di compliance.

2. Quali effetti per il mercato e gli investitori?

La MiFID mira a favorire la creazione di mercati integrati ed efficienti, imponendo al contempo pesi e contrappesi proporzionati per prevenire gli "eccessi" del mercato e tutelare gli investitori. La maggiore concorrenza fra trading venues e la frammentazione delle informazioni possono, alla luce delle nuove disposizioni comunitarie, produrre una serie di effetti che, sebbene prematuro quantificare, richiedono qualche riflessione.

 

Competizione fra mercati ed intermediari. La MiFID apre alla competizione regolamentare fra paesi e, all’interno di ogni paese, fra diversi modelli di organizzazione dell’attività di negoziazione (MR, IS e MTF). Mercati ed intermediari entrano in competizione fra loro e sperimentano la riduzione degli elementi distintivi che prima ne identificavano l’operatività.

 

Ruolo dei mercati regolamentati. I mercati regolamentati rivestono ancora importanza cruciale nel sistema e nei confronti degli emittenti, in ragione dei particolari requisiti posti a loro carico, soprattutto in materia di ammissione degli strumenti finanziari alle negoziazioni. Essi, tuttavia, sono chiamati a reinventarsi nei nuovi scenari affinché possano competere efficacemente con le altre e diverse trading venues. Fra le opportunità di business offerte dalla MiFID vi è, ad esempio, la promozione del mercato regolamentato quale canale (fra quelli possibili previsti dalla Direttiva) per la diffusione delle informazioni post-negoziazione.

 

Arbitraggio regolamentare. La competizione fra sistemi presenta anche alcuni rischi. Fra questi vi è teoricamente quello di una race to bottom: il paese che dovesse optare per un regime meno prescrittivo - o che riducesse eccessivamente la distanza regolamentare fra MR e MTF - potrebbe attrarre gli investimenti degli intermediari e delle borse di altri Stati membri (al pari di quanto accade per le obbligazioni quotate in Lussemburgo).

 

Sostituibilità fra trading venues ed integrità del mercato. Inoltre, la MIFID fornisce una disciplina adeguata dell'accesso remoto e allarga l'accesso ai mercati a soggetti anche diversi dagli intermediari. Due trend assumono particolare rilevanza: da un lato, il processo di concentrazione degli intermediari e, dall’altro, le accresciute possibilità di accedere direttamente al mercato con il conseguente aumento degli operatori attivi. Tali tendenze, unitamente al venir meno del ruolo di centralità dei mercati (peraltro prospettico e lungi dall’essere un dato di fatto per le azioni), rendono certamente più gravoso il compito di assicurare l’integrità di mercato e la tutela dell’investitore.

Con il venir meno della centralità dei mercati, particolare attenzione va prestata al rischio che, in ragione della maggiore sostituibilità fra trading venues, si riduca l’interesse degli intermediari a preservare l’integrità del mercato. Ad accentuare tale rischio vi è poi il fatto che la sopravvivenza degli operatori indipendenti è messa in pericolo a seguito della progressiva riduzione dei margini di redditività dell’attività di negoziazione in conto terzi.

 

Maggiori opportunità di vedere soddisfatti la molteplicità di interessi di negoziazione. La diversità dei meccanismi di negoziazione esistenti rappresenta il tacito riconoscimento del fatto che un assetto regolamentare che favorisce una determinata sede di negoziazione rispetto ad altre non è in grado di soddisfare la molteplicità degli interessi e delle strategie di negoziazione che costituiscono la base i un mercato competitivo.

 

Conflitti di interesse. I mutamenti strutturali nei processi di negoziazione e di esecuzione degli ordini possono suscitare particolari preoccupazioni sotto il profilo della tutela degli investitori. Rientrano fra queste la presenza di inevitabili conflitti di interesse in cui possono incorrere i negoziatori per conto proprio e per conto terzi che eseguono gli ordini dei clienti internamente, scambiandoli con le posizioni proprie. Tali conflitti di interesse non rappresentano una novità. Essi tuttavia possono intensificarsi se un’impresa di investimento persegue una strategia attiva di internalizzazione dei flussi degli ordini dei clienti e di riduzione degli ordini da eseguire in borsa. Alla maggiore quantità di regole dettagliate proposte dalla MiFID dovrà necessariamente accompagnarsi un’intensificazione dell’attività di vigilanza delle autorità.

 

Quantità e qualità dell’informazione. Il nuovo assetto concorrenziale e la frammentazione richiedono uno sforzo comune verso l’offerta di una maggiore quantità di informazioni sulle intenzioni negoziali e sulle negoziazioni concluse. Un efficace regime di trasparenza può consentire di raccogliere i benefici della concorrenza fra sedi di negoziazione, limitando al contempo l’impatto negativo sull’efficienza del mercato. Certamente, la frammentazione del mercato potrebbe minare la rappresentatività dei prezzi di borsa, che hanno tradizionalmente rappresentato un punto di riferimento per l’esecuzione alle condizioni migliori, mettendo gli investitori nelle condizioni di non essere al corrente o non avere accesso alle informazioni in merito alle migliori opportunità di negoziazione disponibili. La qualità dell’informazione diviene allora un elemento imprescindibile e strettamente legato agli sviluppi in materia di consolidamento delle informazioni.

 

Il consolidamento delle informazioni. In un mercato centralizzato, vi è un unico set di meccanismi e regole di trasparenza cosicché il patrimonio informativo tende ad essere strutturalmente integrato e omogeneo. Allorché nuove piattaforme di negoziazione emergono, la situazione cambia. Il consolidamento delle informazioni appare necessario e la MIFID esplicitamente riconosce, ai fini di una concorrenza leale e di mercati efficienti e trasparenti, l’esigenza di partecipanti al mercato ed investitori di raffrontare i prezzi che le diverse sedi di negoziazione sono tenute a rendere pubblici. La MIFID peraltro, pur riconoscendo l’importanza di un’efficace sistema di consolidamento delle informazioni, lascia la sua implementazione alle autonome forze del mercato. Perché ciò si realizzi, ovvero si affermino soggetti in grado di fornire adeguati livelli qualitativi e quantitativi del servizio di consolidamento delle informazioni, occorre garantire alcune condizioni di base. Il CESR si sta muovendo in tale direzione. Elementi fondamentali in tale contesto risiedono: (i) nella definizione dei presupposti necessari a che l’informazione sia consolidabile: la MIFID, a tal fine, raccomanda agli Stati membri di eliminare gli ostacoli che possono impedire il consolidamento delle informazioni e rinviato per la sua concreta risoluzione alle misure di secondo livello; (ii) nella difficoltà di garantire un equilibrio competitivo nella fornitura di un servizio di interesse pubblico strutturalmente esposto al rischio di situazioni monopolistiche, o di livelli sub ottimali nell’offerta al servizio, incompatibili con la predisposizione di un flusso informativo efficiente ed equo.

La questione è di tutto rilievo considerato che dalla trasparenza e dal consolidamento delle informazioni dipendono le effettive possibilità per l’intermediario di ricercare le migliori condizioni per cliente e per l’investitore di verificare il "buon trattamento" ricevuto dall’intermediario. I nuovi scenari rendono tali verifiche maggiormente difficoltose anche in ragione della difficile comparabilità di costi di esecuzione delle transazioni

 

La riduzione dei costi di esecuzione degli ordini. La concorrenza tra diverse piattaforme e sistemi di negoziazione è considerata un elemento che può contribuire ad aumentare l’efficienza del mercato soprattutto attraverso una possibile riduzione dei costi di negoziazione. Un ruolo fondamentale è svolto dall’informazione e dal suo consolidamento che minimizza gli effetti della frammentazione. Per quanto tali meccanismi possano funzionare, permangono alcune problematiche in considerazione del fatto che: (i) l’accesso alle trading venues, anche se non discriminatorio, è comunque selettivo; (ii) i prezzi possono essere di difficile comparazione tenuto conto dei costi di esecuzione indiretti.

In tale panorama, è di difficile valutazione l’impatto in merito all’ampiezza e allo spessore del book. La frammentazione rappresenta un fenomeno nuovo per i mercati europei e le esperienze di altri paesi quali gli USA si basano su presupposti e condizioni di fondo troppo diverse dalle nostre per fornire indicazioni facilmente traducibili nella realtà europea. In tale contesto, per poter valutare l’impatto sull’efficienza del mercato, le analisi basate sulla presenza di un book centralizzato, seppure utili ai fini della comprensione dei fenomeni che interessano in questa sede, non costituiscono un attendibile punto di riferimento, essendo esse costruite sulla base di "regole date" che se soggette a cambiamenti, come sta avvenendo, mancano di produrre i risultati e le risposte desiderate. Tali effetti potrebbero comunque essere contenuti per il fatto che i mercati domestici dovrebbero ancora rimanere i mercati di riferimento. Ciò almeno sembra venire dall’esperienza passata in merito alla competizione fra mercati regolamentati.

La frammentazione degli scambi tra più trading venues ha un sostanziale impatto sul processo di formazione dei prezzi, sul loro valore segnaletico e quindi sulla liquidità. La concorrenza fra meccanismi di negoziazione può contribuire a: (i) ridurre i costi di transazione espliciti delle operazioni; (ii) accelerare i tempi per l’esecuzione degli ordini e ridurre i costi di regolamento nel caso dell’internalizzazione degli ordini dei clienti; (iii) l’innalzamento di alcuni costi di transazione impliciti, quali quelli derivanti dal market impact e dalla presenza di spread bid/ask più ampi. Tali considerazioni richiedono tuttavia un parziale adattamento a seconda si rivolga l’attenzione al mondo degli investitori al dettaglio ovvero agli investitori istituzionali. La possibile riduzione dei costi di transazione espliciti può potenzialmente interessare sia i piccoli che i grandi investitori. Avuto riguardo ai costi di transazione impliciti (e, segnatamente, agli opportunity cost), può ragionevolmente supporsi che una loro riduzione interesserà maggiormente gli investitori istituzionali.

Infine, rimane di difficile valutazione l’eventuale impatto sui costi del post-trading che permangono una componente fondamentale del costo complessivo di esecuzione di una transazione.

* * *

 

Un’analisi "maliziosa", ancorché obiettiva, delle scelte effettuate attraverso la MiFID inducono a ritenere di aver importato il modello UK che nella sostanza ha lasciato alle imprese di investimento la responsabilità unica nella scelta delle sedi di negoziazione e negli strumenti per eseguire alle condizioni migliori gli ordini dei loro clienti, determinando una notevole eterogeneità dei metodi di esecuzione degli ordini. Tale scelta verso un modello per così dire "UK-based" ha trovato tuttavia un significativo temperamento nella definizione di regole, in alcune aree particolarmente dettagliate, in grado potenzialmente di preservare gli elementi positivi rivenienti dalla concorrenza fra prestatori di servizi di investimento ed assicurare al contempo l’efficienza del mercato, le medesime opportunità operative agli intermediari di piccole e grandi dimensioni e la tutela dell’investitore.

3. Una questione aperta: la trasparenza dei mercati obbligazionari

Il problema di definire un’efficace regime di trasparenza per i mercati obbligazionari, che consenta di contemplare l’esigenza di ridurre la strutturale opacità del suo funzionamento con quella di salvaguardarne l’efficienza, resta ancora sostanzialmente aperto.

Lo sviluppo che ha avuto il mercato obbligazionario in questi ultimi anni e le criticità che sono emerse sollecitano peraltro alcune riflessioni in merito alle specifiche caratteristiche che tale mercato sta assumendo

Dopo un intenso dibattito, la MIFID ha escluso il mercato obbligazionario dal suo campo di applicazione. La MIFID impone requisiti di trasparenza pre e post trade solo in materia di mercato azionario e si riferisce a titoli trattati in almeno un mercato regolamentato. Nulla viene imposto per titoli i azionari trattati esclusivamente fuori dai mercati regolamentati; nulla viene imposto per i titoli diversi dalle azioni.

La MIFID prevede peraltro la possibilità per gli Stati membri di prevedere un regime di trasparenza anche agli strumenti finanziari non ammessi alla negoziazione su un mercato regolamentato e agli strumenti finanziari diversi dalle azioni

Nonostante le caratteristiche del mercato obbligazionario siano strutturalmente diverse da quello azionario, certamente si è persa un’occasione importante per ridurre i rischi di arbitraggi regolamentari e rendere anche tale mercato trasparente.

Elementi ricavati dalla concreta osservazione ed analisi dei mercati obbligazionari avrebbero dovuto costituire ragioni almeno sufficienti alla previsione di un regime di trasparenza che, anche se non uguale a quello previsto per le azioni, consentisse di puntare all’acquisizione di maggiori informazioni e, per questa via, ad una maggiore conoscenza del mondo delle obbligazioni.

E’ tuttavia anche evidente che la mancanza di inquadramento a livello UE rende più difficile lo sviluppo di una adeguata regolamentazione nazionale. La dimensione quantitativa del fenomeno, le problematiche evidenziate nel processo di formazione dei prezzi rendono evidente la necessità di seguire con particolare attenzione il fenomeno. L’esclusione della possibilità di introdurre regimi di trasparenza per altri strumenti finanziari diversi dalle azioni significa per l’Italia, fra le altre cose, una sostanziale riduzione del livello di trasparenza. E’ in tale quadro, che l’eventuale predisposizione di un regime di trasparenza su strumenti finanziari diversi dalle azioni va valutata tenendo conto della complessità del problema e dell’impatto che una scelta di questo tipo può avere sul mercato, procedendo ad un’analisi più approfondita della questione.

La questione riveste carattere cruciale in quanto:

- vi è il rischio che una discussione in materia assuma carattere di eccessiva genericità laddove invece le problematiche dovrebbero essere affrontate facendo esplicito riferimento alla tipologia specifica di trasparenza che si vuole attuare (pre-trade ovvero post-trade);

- i mercati obbligazionari sono diversi dai mercati azionari e la predisposizione di un qualsiasi regime di trasparenza per i primi richiede un’adeguata conoscenza da parte delle autorità e dei partecipanti al mercato del funzionamento dei mercati;

- il generico riferimento alla presenza di fallimenti di mercati - quale presupposto per una decisione di intervento nel senso della trasparenza - non può apparire corretto. La questione dovrebbe piuttosto porsi nel senso di domandarsi se vi siano interventi necessari ed opportuni affinché la qualità e l’ammontare delle informazioni disponibili su tali mercati possa essere migliorata portando ad un generale migliore funzionamento di tali mercati;

- la liquidità non può considerarsi l’unico e determinante fattore per valutare un intervento in quest’area.

_________________________________
Nota:

1. In tale quadro si collocano:

- il mancato rinnovo dell’obbligo di esecuzione delle negoziazioni nelle tradizionali "borse"

- la mancata prescrizione che per svolgere attività di esecuzione degli ordini su base organizzata un soggetto debba ottenere l’autorizzazione alla gestione di un mercato regolamentato

- il riconoscimento di nuove modalità di organizzazione di piattaforme di negoziazione che possono operare, anche in qualità di imprese di investimento a condizione che vengano rispettati specifici requisiti

- il riconoscimento di importanti differenze fra la gestione, da un lato, di sistemi multilaterali di negoziazione e mercati regolamentati e, dall’altro, di un’attività di esecuzione delle negoziazioni dei clienti che presenta i caratteri di sistematicità previsti dalla direttiva

- la ricerca del giusto equilibrio fra le preoccupazioni relative all’arbitraggio regolamentare e la necessità di concedere a quanti immettono liquidità sui mercati un margine sufficiente per operare.