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Documento d’interesse Inserito
il 20-3-2009
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Il valore legale dei titoli di studio: residuato
anti-storico o garanzia di uguaglianza?
Ferdinando
di Orio (Rettore dell’Università dell’Aquila)
10
gennaio 2009
L'ordine del giorno presentato dalla Lega Nord e approvato ieri in Parlamento,
che vincola il Governo all'abolizione del valore legale del titolo di studio,
non puo' non preoccupare fortemente tutti coloro che abbiano a cuore le sorti
del sistema universitario pubblico. A maggior ragione, se rappresenta l'avvio
della fase due di riforma dell'Universita' piu' volte annunciata dal Ministro
Gelmini.
Una preoccupazione che deriva sia dal merito della questione sia dalle
motivazioni con le quali e' stata affrontata che - ahime' - sono state in parte
condivise anche dall'opposizione che ha ritenuto questo punto "un buon
inizio per una riforma del sistema universitario basato sul merito, sulla
qualita' dell'insegnamento e della ricerca".
Il valore legale del titolo di studio viene individuato come la causa di
formalismi e rigidita' che pesano sul nostro sistema universitario e che,
secondo le dichiarazioni di Paolo Grimoldi della Lega, primo firmatario
dell'ordine del giorno, determinano la "falsa concorrenza agli atenei del
Nord da parte delle universita' meridionali che si sono trasformate in
laureifici".
La sua abolizione indurrebbe, invece, una concorrenza virtuosa tra Atenei che
darebbero sempre maggiore importanza alla qualita' della didattica, attraendo
le matricole ad iscriversi in quelli sedi universitarie che godono di maggior
prestigio in tal senso. La mancanza, inoltre, della necessita' del "pezzo
di carta" per accedere al mercato del lavoro, implicherebbe la frequenza
delle scuole e delle
Universita' solo da parte dei ragazzi veramente motivati, con un conseguente
miglioramento dell'offerta formativa.
Queste motivazioni sembrano tuttavia dimenticare che l'Universita' italiana
gia' compie una spietata selezione degli studenti in funzione di varabili che
poco hanno a che vedere con il merito in senso stretto (si laurea l'81,4% di
studenti con genitori laureati, il 59,6% con genitore diplomati, il 41,8% con
genitori con la licenza media, il 30,2% con genitori con la licenza elementare)
e che il nostro Paese non puo' assolutamente permettersi di continuare ad
essere la cenerentola del Paesi OCSE nel numero di laureati (solo il 17% della
popolazione tra i 24 e i 34 anni ha conseguito una laurea a fronte di una media
OCSE del 34%). Invece di escogitare incentivi per motivare i giovani a
frequentare l'Universita' e per aumentarne il successo negli studi
universitari, si rincorrono espedienti per demotivarli ulteriormente e condannare
il nostro Paese ad un inarrestabile declino culturale. Espedienti che,
peraltro, hanno il vizio sostanziale di ritenere che l'abolizione del valore
legale del titolo di studio possa magicamente sanare tutti i problemi e le
distorsioni presenti nell'Universita' italiana.
In realta' cio' determinerebbe esclusivamente una liberalizzazione del sistema
formativo che, accompagnata dalla sua privatizzazione, comporterebbe
un'esplosione di corsi privati dall'incerta qualificazione in un "mercato
formativo" fatalmente influenzabile da logiche economiche. Con la
conseguente necessita' di istituzione di un sistema in grado di verificare la
qualita' dell'insegnamento di ogni sede, certificando percorsi formativi e
contenuti didattici. Così un provvedimento nato per garantire il superamento di
"formalismi e rigidita'", comporterebbe di fatto una ulteriore
burocratizzazione dei percorsi formativi e di tutta l'attivita' universitaria.
La sostituzione del valore legale del titolo di studio con un sistema di accreditamento
degli Atenei, trasformerebbe una garanzia "in uscita" verso il mondo
del lavoro in un prerequisito "in ingresso" nel mondo
dell'Universita', con un corto-circuito logico che, classificando gli Atenei in
diverse categorie di eccellenza, finirebbe per discriminare gli studenti fin
dall'accesso nelle Universita', con una chiara violazione sia del dettato
costituzionale sia delle direttive comunitarie - recepite peraltro dal decreto
legislativo 206/07 - secondo le quali i paesi membri dell'UE sono tenuti a
riconoscere il valore legale di titoli e qualifiche di ciascun altro paese.
In realta' il valore legale del titolo di studio rappresenta, in un sistema di
generale precarizzazione del mondo lavoro, la migliore garanzia in grado di
assicurare reali condizioni di uguaglianza per tutti i cittadini nell'accesso
al mondo delle professioni. Il sospetto e' che il vero obiettivo non sia tanto
il miglioramento della qualita' della didattica e della ricerca universitarie
quanto piuttosto l'ulteriore liberalizzazione proprio del mercato del
lavoro."