HOME PRIVILEGIA NE IRROGANTO di Mauro Novelli
(www.mauronovelli.it)
Documenti d’interesse
inserito il 1°-12-2006
Documenti correlati: |
Da Il
Corriere della Sera (30-11-2006)
L'esperimento
sarà condotto con l'acceleratore di particelle LHC
Buchi neri
da laboratorio. Saranno creati l'anno prossimo al Cern di Ginevra.
Secondo i
calcoli di Stephen Hawking non ci sono rischi per il pianeta
di Giovanni
Siniscalchi
(per Newton)
Stephen Hawking, il più grande esperto al mondo
di buchi neri, lo ha previsto a
pagina 14 di questo numero: c’è una probabilità di
I voracissimi «inghiottitoi» che divorano tutto quanto se ne sta in giro dalle
loro parti erano stati finora confinati dagli scienziati a distanze cosmiche di
sicurezza: il più vicino è al centro della nostra Galassia, a
26.000 anni–luce da noi, e quando finirà (forse) per succhiare tutta la
materia della Via Lattea compresa la sua inquilina di periferia, la Terra, noi
non saremo da un pezzo più qui a preoccuparcene. La previsione di
Hawking, condivisa da molti altri scienziati, li sposta invece molto più
vicino. E precisamente accanto alle montagne del Giura, la catena montuosa tra
Svizzera e Francia che ha dato il nome all'epoca d’oro dei dinosauri, il
giurassico. Lì, a circa
È il Large Hadron Collider, LHC, il più potente acceleratore
di particelle mai realizzato. Entrerà in funzione l'anno prossimo,
facendo scontrare adroni, cioè protoni e antiprotoni, accelerati alla
velocità della luce fino a raggiungere energie di 7 TeV. In altri
termini, ciascuno dei due fasci di adroni che ruotano nell'anello di LHC in
senso opposto avrà un’energia di circa 350 Megajoule (350 milioni di
joule), la stessa di un Eurostar da 400 tonnellate che viaggia a
Viste le energie in gioco, raggiunte dall’universo solo nei suoi primissimi
istanti della sua esistenza, un trilionesimo di secondo dopo il Big Bang,
Hawking e gli altri scienziati ritengono assolutamente possibile che si possano
creare buchi neri all'interno di LHC, al ritmo di uno al secondo.
E nessuno potrà sottrarsi all’idea di immaginare titoli di giornale
quali: «Buco nero artificiale fugge dal laboratorio e divora Ginevra».
Gli addetti ai lavori però sdrammatizzano. Quasi tutti.
Ma non si era detto che per fare un buco nero occorrevano masse gigantesche,
tanto che neppure il nostro Sole si sarebbe mai potuto trasformare in uno di
questi aspirapolvere cosmici?
«Dal punto di vista dell'astrofisica è vero», confermano i fisici
francesi Aurélien Barrau e Jules Grain dell’Università Joseph Fourier di
Grenoble in un lavoro pubblicato dalla rivista scientifica dello stesso Cern.
«Nel cosmo si possono formare solo buchi neri di masse svariate volte quella
del nostro Sole. Ma ora si ritiene possibile creare buchi neri microscopici
anche negli acceleratori di particelle».
In effetti, questa eventualità non contraddirebbe la Teoria della
Relatività generale di Einstein. Qualsiasi corpo può diventare
un buco nero, se si ha la possibilità di comprimere la sua massa a
livelli inverosimili: la Terra dovrebbe occupare lo spazio di una biglia e
anche un essere umano (o ciò che ne resterebbe) potrebbe avere questa
sorte, se la sua massa venisse ridotta nella dimensione di un elettrone.
La prospettiva di creare buchi neri in laboratorio, tuttavia, non era mai stata
presa in considerazione fino a pochi anni fa. Si riteneva che per creare mini
buchi neri in un acceleratore occorresse una massa non inferiore a 10
microgrammi, quella di un granello di polvere. Ma per crearla attraverso lo
scontro di particelle sarebbe stata necessaria un’energia di 10 milioni di
miliardi di Teraelettronvolt, ottenibile solo in acceleratori grandi come tutta
la Via Lattea. Quindi, nessuno, giustamente, si preoccupava di una simile
eventualità. Ma le nuove teorie sull’esistenza di altre dimensioni
nell'universo, rivelabili solo a piccolissima scala, fanno ora ritenere
possibile produrre mini buchi neri in acceleratori con energia di alcuni
Teraelettronvolt. «I 14 Teraelettronvolt che si sviluppano nel centro di
massa–energia di due particelle che si scontrano in LHC possono trasformare
l’acceleratore in una fabbrica che produce un buco nero al secondo», confermano
i fisici francesi.
E ci si pone allora la domanda: c’è il rischio che questi 86.400 mini
buchi neri prodotti ogni giorno possano cominciare a mangiare
l’acceleratore un protone dopo l'altro e poi piano piano inghiottire Ginevra, la
Svizzera e in ultimo tutto il Pianeta? La domanda non è una semplice
provocazione giornalistica. Gli scienziati se l’erano già posta nel
2000, quando negli Stati Uniti iniziò a funzionare l’acceleratore RHIC,
con energie però molto inferiori a LHC. Tanto che Robert Jaffe, fisico
teorico del Mit di Boston, affermò che i timori legati alla formazione
dei buchi neri «devono essere presi in seria considerazione ogni volta che uno
strumento apre una nuova frontiera di energia». Lo stesso Cern, al momento di varare
il progetto LHC, ha istituito una commissione di esperti proprio per valutare
tutti i possibili rischi legati agli esperimenti che arriveranno a livelli di
energia mai raggiunti prima in un laboratorio. E i risultati sono
tranquillizzanti. «Abbiamo considerato», dice il rapporto finale della
commissione, «tutti gli oggetti potenzialmente pericolosi che potrebbero essere
teoricamente prodotti da LHC, fra cui i buchi neri. Non abbiamo trovato alcuna
ragione plausibile di rischio».
Resta da chiedersi, allora, perché i buchi neri artificiali sarebbero
così mansueti. Stephen Hawking ha la risposta pronta: i mini buchi
neri vivrebbero al massimo per un centomilionesimo di miliardesimo di
miliardesimo di secondo e poi evaporerebbero senza alcun danno. Sa bene di cosa
sta parlando perché la teoria in base alla quale i buchi neri possono evaporare
emettendo energia è sua. E risale addirittura agli anni ’70. È
una teoria che ha reso gli scienziati molto più ottimisti sul futuro
dell'universo. Prima di allora si riteneva che un buco nero avrebbe continuato
a divorare la materia intorno a sé, aumentando sempre più le proprie
dimensioni, fino a che nell’universo non sarebbe rimasto più nulla da
mangiare. Il cosmo si sarebbe trasformato in un solo, enorme buco nero. La
possibilità di evaporare, invece, non solo rende i buchi neri più
«umani», soggetti anch’essi alla vita e alla morte, ma allontana
l’eventualità che quelli creati in laboratorio possano fare danni. E
comunque, spiega a Newton Massimo Giovannini, fisico teorico del Cern, «le
energie raggiunte da LHC non sono sufficienti alla formazione di buchi neri
stabili».
C’è quindi, secondo lo scienziato, una «barriera di protezione»
fisica che LHC non è in grado di sfondare. «Noi fisici», prosegue
Giovannini, «siamo tutti convinti della teoria di Hawking. Il fenomeno che
conduce all'evaporazione dei buchi neri si fonda sulla nostra conoscenza della
Relatività Generale e della Meccanica quantistica e in questo senso
possiamo dire che l’evaporazione dei buchi neri è una certezza».
Le teorie scientifiche, così, sdrammatizzano. Ma paradossalmente, la
creazione dei mini buchi neri in LHC sarà proprio il mezzo per capire se
queste teorie funzionano. E anche molto di più. Per questo gli
scienziati sono così eccitati. Per la prima volta si potrebbe dimostrare
sperimentalmente la teoria della gravità quantistica, dato che i mini
buchi neri sarebbero le più piccole strutture possibili nello
spazio–tempo, tali da permettere il verificarsi degli effetti della gravità
quantistica, teoria che molti considerano come l'unica che potrà
condurre all’unificazione delle quattro forze fondamentali della natura. Per la
fisica sarebbe un traguardo eccezionale. Per Stephen Hawking vedere un buco
nero evaporare, come da lui predetto, sarebbe il coronamento di tutta la sua
vita da scienziato. Speriamo che abbia ragione.
(ha collaborato Paola Catapano)
30
novembre 2006