CENACOLO DEI COGITANTI |
Documento d’interesse Inserito
il 21-2-2009
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Università di Trento.
La cultura classica nel terzo
millennio
Un confronto di idee tra economisti, fisici e studiosi di letteratura antica e
moderna
di Vittorio Citti
(www.unitn.it )
La tavola rotonda che il 26 gennaio
scorso ha riunito studiosi di letterature antiche e moderne, fisici ed
economisti, intorno al tema "La cultura classica nel terzo
millennio", ha inteso essere un momento dell'impegno che l'Università trentina
sta compiendo per marcare la propria presenza nel mondo accademico italiano e
nello stesso tempo sul proprio territorio, accentuando la propria vocazione di
luogo di incontro e di dibattito di idee. Vi hanno infatti partecipato, oltre
ad alcuni esponenti dell'Università di Trento (la presenza tra questi del
rettore, Massimo Egidi, è significativa del disegno di politica culturale
sotteso all'iniziativa), Carlo Bernardini, professore di Fisica teorica alla
Sapienza di Roma, Gian Biagio Conte, professore di Letteratura latina a Pisa e
Charles Segal, Professor of Classics alla Harvard University.
Interrogarsi sulla cultura classica nel terzo millennio significa chiedersi
quale funzione la cultura greca e romana può rivestire oggi in una società
altamente tecnologizzata, assolutamente diversa da quella in cui quel modello
culturale è stato concepito e ha funzionato. È un fatto che il mondo dei greci
e dei romani appare a molti uomini d'oggi come un puro relitto del tempo che
fu, ormai inintelligibile e pertanto non significante, scarsamente spendibile e
quindi privo di valore commerciale in un universo che valuta le realtà in
relazione alla loro capacità di influenzare le borse e di pesare sulle scelte
dei mercati, e ogni tanto avvertiamo, più o meno esplicita, quella che fu la
parola d'ordine degli innovatori al tempo della Querelle des anciens et des
modernes, "Chi ci libererà dai Greci e dai Romani?".
Tuttavia è già avvenuto più di una volta che questa cultura, espressa in forme
elitarie perfino dal punto di vista linguistico, abbia avuto una funzione
decisiva nella storia di età più recenti, economicamente e tecnologicamente ben
più avanzate rispetto all'antichità. Il Rinascimento prese il nome proprio
dalla rinascita della cultura greca e latina dopo il Medio Evo, ma fu nello
stesso tempo e soprattutto l'età in cui si affermarono le monarchie nazionali e
il principio del libero esame, sia nella religione, sia in generale nelle
categorie del pensiero, l'età eroica in cui la borghesia affermò la propria potenza
economica nel mondo, anche grazie alla globalizzazione delle comunicazioni in
seguito alle scoperte geografiche ed agli sviluppi della tecnologia dei
trasporti.
L'Ottocento vide nello stesso tempo il trionfo della rivoluzione industriale,
che trasformò radicalmente il paesaggio dei paesi sviluppati, ben poco mutato
dal tempo della colonizzazione romana, e i modi di vita dei loro abitanti, come
di quelli che furono sottoposti all'imperialismo europeo e nordamericano, e
l'affermazione orgogliosa dell'Altertumswissenschaft, della scienza
dell'antichità, che per gli uomini di allora era "naturalmente"
l'antichità classica. L'imperialismo europeo fu fondato sul presupposto
ideologico della superiorità culturale di quel continente sul resto del mondo,
e la cultura greco-latina fu segnacolo in vessillo di quella grande operazione
di sviluppo politico ed economico.
Il nuovo millennio si apre in una prospettiva largamente innovata, ancora una
volta, rispetto alle precedenti epoche in cui la cultura classica ebbe un ruolo
preminente. L'Europa e le sue tradizioni non sono più al centro dell'universo,
e nell'ambito stesso della civiltà europea la tradizione greco-latina non è più
pensata come un elemento assolutamente centrale. Il sistema della scienza e
della tecnologia ha radicalmente trasformato il nostro modo di vivere e di
rapportarci agli altri, ma soprattutto implica modelli culturali originali ed
autentici, e può individuare valori che si inseriscono bene in una società
aperta, in cui soggetti uguali convivono in reciproca tolleranza. Noi viviamo
in un sistema multinazionale e multietnico, in cui ogni popolo è portatore di
proprie tradizioni e di modi propri di concepire la famiglia, le relazioni tra
giovani e anziani, i rapporti di lavoro, la religione e la politica: questo
sistema peraltro si sta trasformando rapidamente, e proprio negli anni che
stiamo vivendo tende a non riguardare più solo le relazioni internazionali e
quelle tra intellettuali che si propongono di pensare in termini universali, ma
anche le relazioni interpersonali quotidiane con i nostri dipendenti e i nostri
datori di lavoro, i nostri vicini di casa, spesso i nostri congiunti acquisiti.
La prospettiva multietnica tende a spostarsi dall'assemblea delle Nazioni Unite
al desco familiare. Che faremo oggi della civiltà greco-latina, quando il
compagno o la compagna della nostra vita o di quella dei nostri figli può
essere un/una maghrebina, un/un'indiana o un/una giapponese?