Vicenda Bertolaso/Protezione civile/Scalfari. L’Aquila
e i “mancati controlli”
Sommario
1) L’Aquila,
i controlli spariti. Di A. Caporale. (La Repubblica 15-2-2010)
2) L’EDITORIALE. 2 Così hanno espropriato Costituzione e parlamento. 2 di Eugenio Scalfari (La Repubblica
14-2-2010) 2
3) LA LETTERA. Bertolaso risponde
alle dieci domande di Scalfari: "Dico basta a questo fango"
"Non è un mio problema considerare che per "Stato" si
deve intendere l'Italia senza Berlusconi". (La Repubblica 15-2-2010). 4
4) Scalfari risponde alla lettera
di Bertolaso. 5: È difficile correre con le scarpe nel fango 5 Eugenio Scalfari. (La
Repubblica 15-2-2010) 5
L'Aquila, i controllori spariti
Di Antonello
Caporale (La Repubblica 15-2-2010)
Per aiutare Guido Bertolaso, agevolandone
l'attività con il controllo dei contratti che il dipartimento della
Protezione civile avrebbe sottoscritto in tutta fretta per far fronte alla
più grave delle emergenze, Silvio Berlusconi rese pubblica l'ordinanza
del 9 aprile 2009 in cui, all'articolo 8 comma 3, si istituiva un super
comitato per la verifica dei conti. I conti del terremoto dell'Aquila. Una
commissione di garanzia snella (solo tre membri) presieduta da un magistrato
della Corte dei Conti.
Perfetto. Fu subito chiamato all'opera il giudice Salvatore Nottola,
presidente della sezione Lazio della Corte. Magistrato di lungo corso,
esperto e solerte. Nottola ora ricorda: "Fui gratificato da quella
nomina e pronto a mettermi al lavoro. Trascorse alcune settimane, feci
chiamare il dipartimento della Protezione civile dalla mia segretaria per
sapere quando e come organizzarci. Le risposero che l'emergenza era tale da
impedire una riflessione in merito". Nottola comprese e attese ancora.
"Nessuno mi richiamò e allora, alla fine di luglio, ritelefonai
io. Mi spiegarono ancora che la commissione di garanzia non era un'urgenza.
Ne ho preso atto, e ho continuato ad attendere".
Il giudice Salvatore Nottola attende ancora di presiedere la prima riunione.
La commissione non si è mai nemmeno costituita. Eppure il suo compito
sarebbe stato (e tuttora lo sarebbe) decisivo anche perché oggi Bertolaso
mette a verbale il proprio grande rammarico: "Sono mancati i controlli.
Qualcosa può essermi sfuggito durante lo tsunami della mia vita che
è stato l'anno scorso con una somma insostenibile di
responsabilità ed emergenze". Tra le cose sfuggitegli al
pensiero, per l'appunto, anche la nomina dei revisori dei conti
indispensabili per fronteggiare l'enorme flusso di cassa. Controlli necessari
per intensificare il sommario e parzialissimo lavoro di monitoraggio che la
legislazione ordinaria prevede. I conti del terremoto sono gonfi come una
pancia piena di cibo. Si è speso, e tanto. Bene o male? Ecco, ci
sarebbe stato bisogno di una super verifica.
Si
sa solo invece che dieci mesi di appalti e provvidenze sono costati un
miliardo e mezzo di euro. Che questo bel torrente di danaro è servito
a rintuzzare la prima emergenza senza poterla ritenere conclusa. Ad oggi
seimila aquilani continuano a vivere in albergo con un costo medio pro-capite
di 40 euro al giorno; 1.100 sono le persone alloggiate in caserme, 2.400 in
appartamenti lungo la costa, 31mila in case in affitto. Solo questa
ospitalità, secondo i calcoli che ha fatto l'Espresso, è valsa
un mucchietto di quattrini: 220 milioni di euro. Colle che con il prosieguo
dell'emergenza sarà agevolmente valicato.
Il Progetto C. a. s. e., gli edifici ecosostenibili e antisismici, è
stato ridimensionato e poi nuovamente ampliato in corso d'opera. Pianificato
per dare alloggio a 7.181 persone, alla fine aveva destinato le superfici
utili solo per 5.565 terremotati, lasciandone fuori 1.616 (abitanti in case
distrutte o inutilizzabili). Le C. a. s. e., queste stazioncine di transito,
sono costate al metro quadrato 2.700 euro. Una cifra enorme se si considera
che chi le abiterà è anche naturalmente assegnatario di un
diverso e futuro contributo per la ricostruzione della sua definitiva
abitazione. Poi e a parte il costo dei m. a. p., moduli abitativi
provvisori (le casette in legno), e poi il resto. Anche nel resto, nel resto dei
giganteschi appalti (tutto il ciclo del movimento terra, del cemento, del
puntellamento, dell'incatenamento degli edifici pericolanti, delle forniture
e dei servizi essenziali) avrebbe dovuto allungare lo sguardo il super
comitato di controllo. Che però non è stato convocato. E non ha
visto. E perciò - guarda tu! - non ha controllato.
(15 febbraio 2010)
La prima parola che viene in mente è bordello, nel senso
letterale e metaforico del termine già usato da Dante nella celebre
apostrofe "Non donna di province ma bordello", cui si potrebbe
aggiungere l'altro verso della stessa terzina: "Nave senza nocchiero in
gran tempesta". Il padre della nostra letteratura, cioè della
nostra storia, aveva scolpito ottocento anni fa uno dei connotati permanenti
della nostra società, per fortuna non il solo, ma purtroppo quello
più ricorrente.
Non c'è ritratto più adatto per descrivere l'impressione
suscitata dall'ennesimo scandalo del nostro scandaloso presente, quello che
si intitola alla Protezione civile, al suo capo, Guido Bertolaso e al suo
massimo ispiratore e primo fruitore, il presidente del Consiglio Silvio
Berlusconi.
La popolarità di Berlusconi e il consenso che ancora compattamente lo
sostiene poggia infatti su tre pilastri: la lotta indiscriminata e
sapientemente alimentata contro gli immigrati, la celere raccolta dei rifiuti
a Napoli, la tendopoli e le casette rapidamente allestite a L'Aquila dopo il
terremoto. Gli ultimi due debbono il loro successo a Guido Bertolaso e questo
spiega la difesa che Berlusconi ha assunto personalmente del suo
capocantiere, detto anche "il protettore" in quanto capo della
Protezione.
L'uomo del fare ha trovato due anni fa un altro uomo del fare e
l'innamoramento è stato immediato e reciproco. Saper fare e voler fare
sono requisiti positivi se il fare viene esercitato all'interno di limiti
precisi, di regole chiare, di controlli rigorosi.
Più aumenta il potere degli uomini del fare e più dovrebbero
aumentare i controlli, le regole, i limiti. Ma se i controlli vengono
smantellati, allora il potere del fare diventa un requisito negativo e questa
è appunto la situazione che due anni di dittatura del cosiddetto fare
ha creato.
Lo scandalo della Protezione civile è dunque intimamente connesso al
berlusconismo e alla sua visione della cosa pubblica. Alla sua concezione
costituzionale. Da anni il premier si batte per instaurare un assetto
autoritario, dove l'accrescimento dei poteri presidenziali sia accompagnato
dall'indebolimento dei controlli e dei poteri di garanzia. Dove il potere
legislativo sia confiscato da quello esecutivo, dove il disegno di legge sia
sostituito dal decreto legge e il decreto dall'ordinanza. E dove infine
l'ordinanza sia "esternalizzata" e affidata non più ad un
dipartimento collocato all'interno della Pubblica amministrazione, ma ad una
società per azioni di carattere pubblico in veste privatistica, che ha
come unico referente il capo del governo, con tutto ciò che
inevitabilmente ne consegue e che lo scandalo Bertolaso-Protezione civile ha
portato ora sotto gli occhi di tutti i cittadini. Per fortuna lo scandalo
è scoppiato prima dell'entrata in vigore della legge sulle
intercettazioni che se sarà approvata così come il governo la
vuole, metterà il bavaglio alla stampa (a quel che resta della libera
stampa). Con quella legge vigente l'opinione pubblica non avrebbe saputo
nulla di ciò che è accaduto, nulla dell'istruttoria in corso,
nulla delle risate degli appaltatori allo scoppio del terremoto, nulla del
raddoppio dei prezzi in corso d'opera, nulla degli intrecci familiari e
amicali, nulla dei "benefit" percepiti dagli appaltanti, nulla dei conti
segreti.
L'opinione pubblica sarebbe stata tagliata fuori dalla delicatissima fase
dell'istruttoria e così lo sarà nel prossimo futuro se quella
legge sarà approvata. E questo sarà il quarto pilastro per
completare il disegno dello Stato autoritario. Il quinto pilastro è e
sempre più sarà lo scudo immunitario per gli uomini del fare e
per quelli dell'obbedire.
Tagliar fuori l'opinione pubblica e tagliar fuori la giurisdizione: questo
è l'obiettivo. Lo scandalo della Protezione civile è salutare
perché mette allo scoperto la giuntura principale di questo disegno mentre
ancora la pubblica opinione e la giurisdizione sono in grado di conoscere e
di giudicare. Dopo sarà troppo tardi.
* * *
Io non credo che Guido Bertolaso sia coinvolto in festini e se anche lo fosse
non penso che sia questo il punto scandaloso della questione anche se intriga
la prurigine pubblica, quella più appassionata ai "reality
show" e al "Grande Fratello" in edizione televisiva.
Qualche giorno fa il sottosegretario Bertolaso mi ha indirizzato una lunga
lettera in cui raccontava le difficoltà del suo lavoro, il valore dei
suoi collaboratori, la bontà dei risultati ottenuti. Non ne voleva la
pubblicazione; voleva che mi convincessi alla sua tesi del "tutto va
bene e tutto andrà bene". Ricevetti la lettera poco prima che lo
scandalo scoppiasse, tardai qualche giorno a rispondere, nel frattempo lo
scandalo scoppiò.
La mia risposta è stata breve. Ho fatto i più sinceri auguri al
capo della Protezione per l'esito dell'inchiesta a suo carico, e li ho fatti
"nell'interesse suo, dei volontari che lavorano con zelo e disinteresse
ai suoi ordini, e del Paese". Ma ho aggiunto che il mio giudizio sul
sistema e sui poteri della Protezione è totalmente negativo e gli ho
allegato il discorso pronunciato in Senato dal senatore Luigi Zanda sulla
conversione in legge del decreto che istituisce la "Protezione civile
Spa", dove i vizi e i pericoli della nuova istituzione sono
puntigliosamente e lucidamente elencati.
Rivelo questo epistolario per dire che non ci muove in questa circostanza
alcun intento moralistico e alcuna antipatia personale. Bertolaso sa fare il
suo mestiere ma con un assai grave difetto: una brama di fare che si traduce
inevitabilmente in brama di potere. Ho scritto su di lui che è una
protesi di Berlusconi e questa è la pura verità.
C'è una frase che il capo della Protezione ha detto in una
recentissima intervista: "Se sto correndo in macchina per salvare una
vita e il semaforo segna il rosso, io passo nonostante il rosso".
Ha perfettamente ragione e noi abbiamo fervidamente applaudito quando
ciò è avvenuto. Purtroppo l'area della Protezione civile si
è enormemente accresciuta ed estesa ad eventi che non hanno niente a
che fare con la vita delle persone e delle cose; eventi che non hanno nulla
di catastrofico, appuntamenti che si svolgeranno tra mesi ed anni. Ma lui ha
ottenuto di passare con il rosso sempre e dovunque. L'ha ottenuto e l'ha
voluto. Ora dice che non poteva sorvegliare tutto, che nulla sapeva di
appalti e di appaltatori, che forse è caduto in una trappola.
Io non credo che questa sua difesa corrisponda a verità; le
intercettazioni della Procura di Firenze e le indagini della Guardia di
finanza disposte dalla Procura di Roma prospettano una verità
completamente diversa. Ma quand'anche Bertolaso fosse caduto in una trappola,
è lui stesso ad essersela preparata. Non si possono guidare i lavori
pubblici della Maddalena, quelli dell'Aquila, gli aiuti ad Haiti, la
preparazione del Convegno eucaristico, le Olimpiadi del nuoto a Roma, i
rifiuti a Napoli (ancora in corso), quelli a Palermo, le colate di fango a
Messina, i Mondiali del ciclismo a Varese. Infine l'ondata di maltempo in
tutta Italia che si avvicenda a siccità ed incendi secondo le
settimane e le stagioni.
Questa è la trappola, alla quale ora si aggiunge la sua difesa
nell'inchiesta che lo vede coinvolto. Spero per lui che abbia almeno il buon
senso di dimettersi, ma purtroppo il sistema da lui pensato e da Berlusconi
voluto resta in piedi. È quello che va smantellato anche perché
è un sistema interamente incostituzionale. Ancora una volta è
di incostituzionalità che si tratta.
* * *
Non starò a far l'elenco degli appaltatori (attuatori) e degli
appaltanti tra i quali si segnalano Balducci, presidente del Consiglio dei
Lavori pubblici, De Santis che lo coadiuva. Non starò a ripercorrere
le filiere familiari e amicali del gruppo Anemone, i Piermarini, i
Piscicelli, i Gagliardi, i Della Giovampaola; una lunga filiera di figli,
cognati, fratelli, amici da una vita, con nello scorcio perfino un vecchio
padre salesiano, emerito finanziatore di missionari e anche di qualche
lestofante. Tutte persone, affari, intrecci, che hanno occupato le pagine di
Repubblica e di tutti i giornali dei giorni scorsi.
A me interessa invece tornare su "Protezione civile Spa" e
più in generale sul sistema delle ordinanze.
La legge base sulla Protezione e sulle Ordinanze risale al 1992 ed è
perfetta sotto ogni punto di vista, in raccordo con la giurisprudenza e con
successive sentenze della Corte costituzionale. Quella legge autorizzava la
Protezione civile "a passare col semaforo rosso" in caso di
catastrofi naturali di importanza nazionale, fermo restando il controllo
della Corte dei Conti sui rendiconti delle spese sostenute.
Vediamo anzitutto il numero delle ordinanze emesse dai successivi governi. A
partire dal 1994 fino al 2001 sono state emanate un'ordinanza all'anno, al
massimo due un paio di volte. Nel 2002 le ordinanze relative alla Protezione
civile sono state 40, nel 2003 sono state 72, e poi 59 nel 2004, 99 nel 2005,
71 nel 2006, 87 nel 2008 e 79 nel 2009 fino al mese di settembre.
L'aumento va di pari passo con l'estensione dell'attività
"protettiva" ai cosiddetti Grandi eventi al di fuori delle
catastrofi naturali. Quest'estensione avvenne con le leggi del 2002 e del
2005. L'emissione di ordinanze non è più subordinata a criteri
specifici ma a discrezione del Consiglio dei ministri, con una vera e propria
confisca dei poteri legislativi e di controllo del Parlamento ed anche del
Capo dello Stato perché le ordinanze sono esclusivo appannaggio del
presidente del Consiglio in quanto atti puramente amministrativi. Ma
puramente amministrativi non sono perché i veri atti amministrativi sono
soggetti a regolari controlli della Corte dei Conti, dei Tar e del Consiglio
di Stato. Si tratta cioè di amministrazione straordinaria, dove la
straordinarietà è decisa dal Consiglio dei ministri con criteri
eminentemente politici.
La Corte costituzionale aveva stabilito con una sentenza del 1956, più
volte reiterata in casi successivi, che "le ordinanze debbono rispondere
ai canoni dell'efficacia limitati nel tempo in relazione ai dettami della
necessità, dell'urgenza e della adeguata motivazione".
Si è invece arrivati addirittura ad utilizzare l'ordinanza per
affidare alla Protezione civile l'attuazione dei decreti legge anche prima
della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Nemmeno il Re Sole aveva i
poteri che ha Berlusconi attraverso la Protezione civile. La quale si
è occupata perfino della costruzione di un albergo sul lago Maggiore
in concomitanza con i campionati di ciclismo e si occupa ora dell'Expo di
Milano che avrà luogo nel 2011. Qui non si tratta più di
sorpassare un semaforo rosso ma addirittura di puntare l'automobile dritto
sul passante per metterlo sotto le ruote, là dove il passante è
semplicemente la democrazia parlamentare e lo Stato di diritto.
Ultima ciliegia su questa torta maleodorante: il sottosegretario alla
Protezione civile è anche direttore del Dipartimento della P. C.;
sarebbe come se Gianni Letta, sottosegretario con delega ai servizi di
sicurezza, fosse anche il direttore di quei servizi. È curiosa la
difesa preventiva di Letta per il collega in difficoltà. Vuole forse
anche lui mettersi al posto dei direttori dei servizi segreti conservando la
carica politica? Perché non lascia ai magistrati di fare il loro mestiere? Va
bene che è gentiluomo vaticano, ma anche Angelo Balducci lo è.
(Sia detto tra parentesi: il cardinal Bertone dovrebbe forse esser più
rigoroso nelle scelte dei suoi gentiluomini. Uno è finito in galera
per corruzione e non è una buona pubblicità per la Chiesa).
* * *
A Guido Bertolaso vorrei porre qualche conclusiva domanda che ovviamente non
riguarda la materia sotto esame dei tribunali.
1. Non si è accorto che l'estensione della Protezione civile ai Grandi
eventi del tutto disconnessi dalle catastrofi causate dalla natura o dagli
uomini, era al di sopra delle possibilità di un regolare servizio?
2. Se se ne è accorto, ha comunicato questa sua preoccupazione al
Presidente del Consiglio? Ottenendo quale risposta?
3. Non si è reso conto che la creazione della Protezione civile Spa
rendeva permanente quest'anomalia e confiscava ulteriormente i poteri
legislativi del Parlamento?
4. Ha comunicato al presidente del Consiglio questa sua eventuale
preoccupazione?
5. Si è reso conto che buona parte dei mutamenti apportati alla legge
del 1992 potevano creare conflitti con l'ordinamento costituzionale?
6. Ha riflettuto sul fatto che le ordinanze relative a quegli eventi (tra le
quali c'è anche l'attribuzione alla P. C. del finanziamento delle
celebrazioni per l'Unità d'Italia) sono un modo per evitare la firma
del capo dello Stato eludendo così il suo controllo di costituzionalità?
7. Ha informato di queste sue eventuali osservazioni il presidente del
Consiglio? Quale risposta ne ha ottenuta?
8. Si è reso conto che, restando sottosegretario di Stato, esisteva
un'incompatibilità assoluta con la carica di direttore del
Dipartimento della P. C.? Questa incompatibilità è durata
più di un anno. Per quale ragione?
9. Bertolaso è stato indagato per reati connessi alla gestione dei
rifiuti di Napoli, insieme al suo vice dell'epoca (che è una donna a
lui ben nota e a lui fedelissima). Il processo per il suo vice è in
corso. Per quanto riguarda lui è stato invece stralciato e trasferito
a Roma. Può dirci a che punto si trova questo processo?
10. Porgo queste domande a Bertolaso perché egli si è sempre
proclamato un uomo al servizio dello Stato e non dei governi. Se fosse al
servizio di questo governo e lo dichiarasse francamente, non porrei questi
interrogativi. Ma se è al servizio dello Stato avrebbe dovuto porseli
e quindi: perché queste domande non se le è poste da solo e non ne ha
tratto le conclusioni?
© Riproduzione riservata (14
febbraio 2010)
LA LETTERA. Bertolaso risponde
alle dieci domande di Scalfari: "Dico basta a questo fango"
"Non è un mio problema considerare che per "Stato" si
deve intendere l'Italia senza Berlusconi".
(La Repubblica
15-2-2010)
Caro Scalfari, rispondo subito alle 10 domande che lei mi
ha posto.
1. Non si è accorto che l'estensione della Protezione civile
ai Grandi eventi del tutto disconnessi dalle catastrofi causate dalla natura
o dagli uomini, era al di sopra delle possibilità di un regolare
servizio?
"Mi sono accorto del contrario e resto convinto delle ragioni che
hanno portato il Governo Berlusconi prima, il Governo Prodi poi, ed infine
l'attuale Governo Berlusconi a confermare al Dipartimento la gestione dei
Grandi Eventi. La ragione: quella della Protezione civile è l'unica normativa
che considera, in linea con le normative comunitarie relativamente alla
accelerazione delle procedure, la variabile "tempo" come reale e
cogente".
"Quando ci sono scadenze, quando bisogna concludere qualcosa entro una
data non procrastinabile, anche in relazione ad esigenze di sicurezza e di
tutela degli interessi primari della collettività, l'unico strumento
che funziona è la normativa citata. Ripeto: normativa, non anarchia o
autorizzazione ad esercitare la pirateria a nome dello Stato, normativa per
di più comprensiva di controlli e autorità di vigilanza, mai
abrogate".
2. Se se n 'è accorto, ha comunicato questa sua preoccupazione
al presidente del Consiglio? Ottenendo quale risposta?
"Ho comunicato alla Presidenza più volte - e non solo durante
questo Governo - la mia preoccupazione relativa all'aumento delle richieste
di dichiarazione di grande evento da affrontare con la figura del Commissario
Straordinario. A mio avviso c'era e c'è da domandarsi come mai
continuano ad aumentare le richieste di dichiarare situazioni di ogni tipo
particolari e diverse dalle altre, che siano grandi eventi, emergenze, o
altre fattispecie. A me pare che ciò costituisca un segnale,
inquietante, dell'aumento della difficoltà delle Amministrazioni a
gestire in ordinario il territorio affrontando situazioni complesse. Nessuno,
né in Parlamento né fuori, ha finora dato cenno di condividere la
necessità di una revisione e di un ammodernamento della normativa, per
poter consentire alle Amministrazioni di affrontare efficacemente in via
ordinaria le problematiche del governo del loro territorio".
3. Non si è reso conto che la creazione della Protezione
civile Spa rendeva permanente quest'anomalia e confiscava ulteriormente i
poteri legislativi del Parlamento?
"Come già Le ho scritto la settimana scorsa, il decreto legge
non prevede affatto la trasformazione della Protezione Civile in
società per azioni, la quale viceversa, con personale capace e
preparato, continuerà nella sua missione. La Spa è uno
strumento tecnico in più, che, con l'esperienza acquisita nelle
emergenze, non ultima quella aquilana, rimette nella mani del
"Pubblico" competenze da "general contractor" che la
pubblica amministrazione ha perso negli ultimi decenni, rendendola nuovamente
in grado di seguire giorno per giorno i lavori di cui lo Stato è
committente e sottraendosi al ricatto del "mercato", all'ormai
abituale ricorso ai vari modi di implementare i prezzi che azzerano nei fatti
la sostanza stessa delle gare che si svolgono, oltre a provocare
inevitabilmente il rinvio a tempi ignoti della consegna della commessa.
Aggiungo, viste le circostanze, che tutto si gioca, come sempre, sulla scelta
delle persone giuste nei posti giusti. Ho potuto farlo all'Aquila, mentre in
precedenza ho lavorato con le massime autorità competenti per le opere
pubbliche che ho trovato. Se queste persone già investite di ruoli
importanti e delicati non erano all'altezza del loro compito, il chè
deve ancora essere provato, posso solo dire, senza violare alcun segreto
investigativo, che la prospettiva che si possa lavorare assumendo in pieno
anche la responsabilità della scelta accurata dei collaboratori mi
pare un passo avanti e una garanzia in più".
4. Ha comunicato al presidente del consiglio questa sua eventuale
preoccupazione?
"Rendere lo Stato efficiente non è una anomalia, non ho mai
sottratto poteri legislativi al Parlamento - affermazione in sé ridicola - ,
credo che lo Stato non sia solo gioco partitico, in parlamento e fuori, ma
anche responsabilità di operare delle amministrazioni. Per questa
ragione non avevo proprio nulla da comunicare al Presidente del Consiglio su
questo punto. Avrei dovuto chiedergli che mi concedesse di rinunciare alle
uniche norme che consentono di operare con efficacia, come ho dimostrato in
questi anni. Per quale ragione? Per restare fermo a tempo indeterminato, in
attesa che il Parlamento affrontasse il problema della capacità di
decidere e fare delle Amministrazioni, sul quale ad oggi non ci sono neppure
proposte?"
5. Si è reso conto che buona parte dei mutamenti apportati
alla legge del 1992 potevano creare conflitti con l'ordinamento
costituzionale?
"Non mi rendo mai conto di ciò che non c'è. Nessuna
novità venuta dopo la legge del 1992 ha creato conflitti
costituzionali. Nessuna norma è passata col parere contrario del
Presidente della Repubblica, non ci sono state osservazioni neppure
informali, non ci sono stati pronunciamenti della Corte Costituzionale né
sono state sollevate fondate eccezioni di incostituzionalità. Da
nessuno, tranne che da Lei oggi, neppure durante la discussione e
l'approvazione della riforma del Titolo V della Costituzione, che ha
dichiarato la Protezione Civile materia concorrente con le Regioni, con le
quali per noi è normale coordinarsi, anche per i Grandi Eventi, come
è avvenuto per il G8 con la Regione Sardegna e successivamente con la
Regione Abruzzo".
6. Ha riflettuto sul fatto che le ordinanze relative a quegli eventi
(tra le quali c'è anche l'attribuzione alla Protezione civile del
finanziamento delle celebrazioni per l'Unità d'Italia) sono un modo
per evitare la firma del capo dello Stato eludendo così il suo
controllo di costituzionalità?
"Se i Presidenti della Repubblica non hanno mai opposto il rifiuto o
obiezioni alle leggi che consentono l'adozione delle ordinanze relative ai
Grandi Eventi, se gli stessi non hanno mai espresso preoccupazioni di sorta
al riguardo, confesso che non ho avuto stimoli per fare questa riflessione.
Ricordo invece che i Presidenti della Repubblica hanno conferito due medaglie
d'oro al valore civile al Dipartimento, mi hanno riservato rapporti personali
diretti assolutamente cordiali, non hanno mai lesinato, in moltissime
occasioni, i loro complimenti e il loro compiacimento per il mio operato. In
occasione del G8 all'Aquila il Presidente Napoletano ha voluto pubblicamente
manifestare il suo grande apprezzamento, a me e a quanti hanno lavorato con
me, per l'organizzazione e la gestione dell'evento".
7. Ha informato di queste sue eventuali osservazioni il presidente
del Consiglio? Quale risposta ne ha ottenuta?
"Per la stessa ragione, e cioè la mia incapacità di
vedere pericoli dove li vede solo Lei, non ho informato il Presidente del
Consiglio, che invece ha potuto prendere atto in molte occasioni, senza
bisogno di suggerimenti, delle tante cose concrete positive realizzate dal
Dipartimento".
8. Si è reso conto che, restando sottosegretario di Stato,
esisteva un'incompatibilità assoluta con la carica di direttore del
Dipartimento della Protezione civile? Questa incompatibilità è
durata più di un anno. Per quale ragione?
"Sarei incompatibile se fossi sottosegretario alla Protezione
Civile. Mi sono battuto sempre perché la competenza della Protezione Civile
fosse propria del Presidente del Consiglio dei Ministri, risolvendo in questo
modo il problema di evitare, nei tempi dell'emergenza, di affidarsi a forme
di "coordinamento senza potere", esercitate da un Ministro pari
grado di altri Ministri che dovevano accettare di farsi coordinare. Ho detto
anche di recente che un conto è invitare i colleghi, un altro
convocare le Amministrazioni e i loro titolari a riunioni a Palazzo Chigi.
Questo vale in generale, a prescindere da chi sia l'inquilino di Palazzo
Chigi. Sono stato sottosegretario per l'emergenza rifiuti in Campania dove ho
anche operato come responsabile della Protezione Civile con i risultati che
sono sotto gli occhi di tutti. Risultati che dipendono dall'uso di quei
poteri e normative di Protezione Civile, le uniche adeguate ad affrontare
situazioni complesse e problemi dove il "tempo che passa" è
determinante, che ora sembra Le creino insormontabili problemi di tenuta
della democrazia. Anche adesso, comunque, non sono affatto sottosegretario
alla Protezione Civile".
9. Bertolaso è stato indagato per reati connessi alla gestione
dei rifiuti di Napoli, insieme al suo vice dell'epoca (che è una donna
a lui ben nota e a lui fedelissima). Il processo per il suo vice è in
corso. Per quanto riguarda lui è stato invece stralciato e trasferito
a Roma. Può dirci a che punto si trova questo processo?
"Per quanto riguarda il processo relativo a mie condotte inerenti la
gestione dei rifiuti in Campania, al momento mi risulta che ci sia stata
richiesta di archiviazione per i quattro reati più gravi di cui ero
indagato, mentre è in corso l'accertamento da parte del Gip per un
ultimo reato di natura contravvenzionale, per il quale la legge prevede
soltanto un'ammenda".
10. Porgo queste domande a Bertolaso perché egli si è sempre
proclamato un uomo al servizio dello Stato e non dei governi. Se fosse al servizio
di questo governo e lo dichiarasse francamente, non porrei questi
interrogativi. Ma se è al servizio dello Stato avrebbe dovuto porseli
e quindi: perché queste domande non se le è poste da solo e non ne ha
tratto le conclusioni?
"Ripeto di essere un servitore dello Stato. Ho detto, anche nella
ultima lettera che le ho inviato, che non sono servitore di questo o quel
governo. Il che non vuol dire che non sia al servizio del Governo. Sarebbe
assai originale e contraddittorio. Se la Sua vera domanda è: "si
è reso conto che il suo operare ha creato situazioni che possono aver
contribuito al consenso nel Paese dell'attuale Presidente del
Consiglio?" rispondo di essermene accorto. Ho già detto che
alcuni degli interventi che ho realizzato, a partire dalla fine della
quindicennale emergenza rifiuti in Campania, sarei stato lieto di concluderli
con il Presidente Prodi, che condivideva il mio Piano, mentre il Governo da
lui presieduto non ne ha permessa la realizzazione. Non io, ma Napoli e
l'Italia hanno perso più di un anno. Spiacente, ma non è un mio
problema considerare che per "Stato" si deve intendere
"l'Italia senza Berlusconi". Spiacente, è un problema del
centro sinistra italiano, non dello Stato, non riuscire a fare a meno di
questo Presidente perché unico collante buono a tenere insieme forze
politiche che, quando non trovano accordo su questo comune bersaglio, danno
regolarmente vita alla fiera del fuoco amico. Da servitore dello Stato,
aspetto che questa congiuntura non brillante finisca, perché non aiuta
nessuno a migliorare la qualità del servizio ai cittadini. Ma ciascuno
si prenda le sue, di responsabilità. Un'ultima risposta la devo non ad
una domanda, ma ad una sua affermazione. Personalmente ho grande
considerazione per il lavoro della magistratura, credo indispensabile che
esista una "macchina della giustizia" efficiente e responsabile,
credo nel diritto dovere dei magistrati di fare il loro lavoro, prezioso per
una società che vuole essere civile. Mi piacerebbe molto, invece, che
i processi mediatici come quello che adesso si sta celebrando contro di me,
che sono soltanto l'imputato pubblico di turno, scomparissero. Rispetto
l'opinione pubblica, al punto da essermi fatto un punto d'onore nel meritare
la fiducia dei cittadini, ma non credo le si renda servizio spargendo
illazioni, informazioni non verificate, sospetti, teoremi di colpevolezza
data per certa quando nessun giudice si è pronunciato. Questo
sì, in violazione dei principi costituzionali. La libera stampa, se
sviscera gli elementi di prova addotti dai giudici per una loro decisione,
può rendere un servizio ai cittadini e al Paese. Quando spande fango,
meno".
© Riproduzione riservata (15
febbraio 2010)
Scalfari risponde alla lettera
di Bertolaso
Egregio sottosegretario, la ringrazio per la pronta
risposta alle mie domande. Osservo, tanto per cominciare questo mio commento
alla sua lettera, che la sua rapidità le fa onore. Il presidente del
Consiglio aspettò sei mesi prima di riscontrare le domande che il
nostro giornale gli aveva posto e, dopo sei mesi, usò un libro di
Bruno Vespa come strumento intermediario. Lei si presenta invece per quello
che è, o almeno per quello che crede di essere o addirittura per
quello che noi dovremmo credere che lei sia. Proverò dunque a
districare l'essenza che sta dentro alle sue parole e cercherò di
farlo con equanimità.
Quello che a lei soprattutto importa è il tempo. Lo dice varie volte
nel corso della sua lettera. Scrive: "Quella della Protezione
civile è l'unica normativa che considera la variabile
"tempo" come reale e cogente". E più oltre: "Avrei
dovuto forse chiedere al presidente del Consiglio che rinunciasse alle uniche
norme che consentono di operare con efficacia? Per quale ragione? Per restare
fermo a tempo indeterminato, in attesa che il Parlamento affrontasse il
problema della capacità di decidere e di fare delle Pubbliche
Amministrazioni?".
Lei mescola insieme due cose, egregio sottosegretario, che vanno invece
tenute rigorosamente distinte, come infatti erano state distinte nella legge
sulla Protezione civile del 1992 poi innovata dal governo Berlusconi. Una
cosa è l'intervento della P. C. nel caso di catastrofe naturale
(terremoti, inondazioni, frane, incendi, calamità meteorologiche
eccetera) dove il fattore tempo è assolutamente cogente. Nel mio
articolo di domenica scorsa le ho dato atto dei suoi pronti ed efficaci
interventi ed ho scritto che in quei casi lei era autorizzato a "passare
col semaforo rosso". Ma è cosa completamente diversa quella dei
Grandi eventi diversi da quelli suddetti. Qui non c'è alcuna cogenza
del fattore tempo. Si tratta di iniziative programmate a mesi o anni di
distanza. A lei non piace star fermo. Leggendo la sua lettera e
confrontandola con il suo modo di operare mi viene da pensare ad una sua
natura ciclomotoria. Ma vorrà darmi atto che non può pretendere
che le istituzioni debbano sovvertire i loro ordinamenti per soddisfare il
suo desiderio di mobilità anche quando non ce n'è alcun bisogno.
Quanto all'ammodernamento della Pubblica amministrazione, il problema esiste
ma non è un suo problema, oppure lo è come per qualunque
cittadino. Istituzionalmente è un problema del Parlamento e del
governo, non sta a lei motivare con esso la politica della Protezione civile.
Apprendo dalla sua lettera che lei non è sottosegretario alla
Protezione civile. Singolare notizia, anzi sorprendente. A che cosa è
dunque delegato, signor sottosegretario? Qual è la sua funzione nel
governo? Sarebbe molto interessante saperlo. Poiché di sottosegretari ce ne
sono fin troppi e costano, lei potrebbe dimettersi visto che a Palazzo Chigi
è uno sfaccendato. Perché non lo fa?
La Protezione Spa non è soltanto uno strumento tecnico posto al di
fuori della Pubblica Amministrazione. Tra l'altro il decreto in discussione
contiene una norma che vi sottrae da qualunque intervento della magistratura,
con valenza addirittura retroattiva. Nessun controllo preventivo della Corte
dei Conti e della giustizia amministrativa. Quanto è venuto a galla
sulla gestione dei suoi appalti in Sardegna e in altri luoghi dovrebbe
allarmare lei prima di ogni altro. Un verminaio, dove i vermi sono coloro che
hanno beneficiato degli appalti destinati ad una ristretta e ben nota cricca.
Lei scarica Balducci e De Santis (non in questa lettera ma in altre
interviste rilasciate nelle ultime quarantott'ore a vari giornali). Ma il
responsabile politico di tutta l'operazione è lei e insieme a lei il
presidente del Consiglio che è - come lei dice
- il suo unico referente. Non si possono rivendicare i successi e
lavarsi le mani dal verminaio. Lei se ne rende conto, spero.
Lei è lusingato (lo scrive) per il fatto che molti anzi moltissimi
chiedono di entrare a far parte dei Grandi eventi e si dice stupito di questa
corsa verso la Protezione civile di chiunque debba portare avanti un suo
progetto. Mi stupisco del suo stupore. La normativa che regola la P. C. dice
infatti che la copertura delle vostre spese viene effettuata prendendo i
denari dove ci sono, da qualunque capitolo di spesa, da qualunque fondo di
riserva. Sempre in ottemperanza al criterio della velocità. Ma poiché
ormai il ventaglio dei vostri interventi è diventato amplissimo e le
spese sono altrettanto cresciute, questo stravolgimento delle poste di
bilancio spiega il perché di tante attese riposte in lei. Ed è anche
la spiegazione del vincolo a doppio filo che lega lei al premier e questi a
lei: governate senza il Parlamento, senza i ministri competenti per materia,
a cominciare da quello dell'Economia. Del resto è lei a scriverlo
nella sua lettera: "Mi sono battuto perché la competenza della
Protezione civile fosse propria del presidente del Consiglio risolvendo in
questo modo il problema di evitare di affidarsi a forme di coordinamento
senza potere esercitate da un ministro di pari grado ad altri ministri".
Dico la verità: lei, egregio sottosegretario senza deleghe, è
formidabile. Le sfuggono dalla penna delle verità e degli obiettivi
che dimostrano dove può portare l'ideologia del fare quando è
affidata a forme preoccupanti di egolatria e megalomania. Lei è
riuscito a dare al premier quel potere di fatto che l'ordinamento ancora non
gli ha conferito. Avete insieme bypassato l'ordinamento vigente, potete
modificare tra voi due le poste di bilancio, l'avete fatto e lo farete sempre
di più, non solo per le catastrofi ma per tutto ciò che vi
passerà per la mente o passerà per la mente dei vostri amici.
Lei pensa che questo sia il modo di servire lo Stato? Lascio ai lettori e
alla pubblica opinione di giudicare.
Non entro nelle questioni che riguardano le inchieste giudiziarie ma voglio
assicurarla: a noi non piace affatto rimestare nel fango. Ma se il fango
c'è è nostro dovere professionale raccontare chi c'è in
mezzo a quel fango e che cosa ha fatto per esserne lordato. Spero vivamente
che lei non sia di quelli ma si tratta purtroppo di suoi intimi amici.
© Riproduzione riservata (15
febbraio 2010)
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