La Repubblica 26-4-2008
La notizia data dopo tre giorni, un testimone loquace che diventa testimonial.
E una romena che lancia sospetti. Ritardi, accuse, "angeli salvatori" pm
decidono di secretare l'inchiesta. I
magistrati hanno interrogato a lungo Musci, uno dei due testi. Oggi sarà sentito l'altro
di CARLO BONINI
ROMA - Cosa è
accaduto esattamente la sera del 16 aprile nella macchia che circonda la
stazione di La Storta? Ma, soprattutto, cosa è accaduto nelle ore e
nei giorni immediatamente precedenti e successivi? La procura
della Repubblica di Roma - è notizia di ieri - raddoppia i
pubblici ministeri incaricati dell'istruttoria (a Erminio Amelio è
stata affiancata Maria Monteleone) sulla violenza e
il tentato omicidio della ragazza sudafricana e ne secreta gli atti. Atto
formalmente neutro, utile a proteggere l'accertamento dei fatti, ma, al tempo
stesso, rivelatore di come, in soli sette giorni, lo "spin" della campagna elettorale dell'uno e
dell'altro schieramento abbia lavorato a tal punto in profondità sugli
eventi di quella notte da metterne in discussione, se non la sostanza
(incontrovertibile), l'architettura, l'uso e la rappresentazione che ne sono
stati offerti.
Per afferrare dunque il bandolo di quanto è sin qui accaduto, per
discernere i fatti dalle suggestioni, è necessario rimettere insieme i
pezzi certi di questa storia e le mosse documentabili dei suoi protagonisti.
Quelli sin qui noti e quelli sin qui taciuti.
Mercoledì 16 aprile. Una studentessa sudafricana scende intorno alle
21 da un autobus che ferma alla stazione di La Storta (periferia nord di
Roma). Viene avvicinata da un uomo, Joan Rus, romeno di 37 anni, che, minacciandola con un coltello, la
costringe ad appartarsi in un terreno, dove le usa ripetutamente violenza,
prima di sferrarle una violenta coltellata all'addome. Il romeno è
disturbato alle 22.30 dall'arrivo di una pattuglia dei carabinieri, che
è stata allertata da due uomini. Viene arrestato. La ragazza viene
ricoverata con prognosi riservata all'ospedale San Filippo Neri.
La notizia viene taciuta fino alle 14 di sabato 19 aprile,
quando, dopo la convalida dell'arresto del romeno, è il comando del
nucleo provinciale a darne conto, evitando di indicare sia le
generalità della vittima che quelle dei testimoni del fatto, ma
offrendo una suggestione: "L'episodio ricalca fedelmente la drammatica
vicenda di Giovanna Reggiani".
Il fatto non presenta né allora, né oggi, alcun dubbio. La ragazza è
stata violentata. La ragazza ha rischiato di morire per il colpo che ha
ricevuto. Joan Rus è il suo carnefice. Non
ha avuto complici nell'aggressione.
Poi i due uomini che hanno allertato i carabinieri decidono di mettersi al
centro della scena. Uno si chiama Massimiliano Crepas.
L'altro, che appare il più loquace, è tale Bruno Musci. Ha 53 anni, fa il meccanico, ha cinque figli. Ha
precedenti per spaccio di stupefacenti e rissa, e anche due dei suoi ragazzi,
Marco e Roberto, navigano in acque agitate (uno di loro è detenuto).
Domenica 20 aprile, Musci è al San Filippo
Neri dove, dice, è andato a far visita al fidanzato della figlia. Dove
- sostiene - casualmente scopre essere ricoverata la ragazza sudafricana. E
dove - sostiene ancora - altrettanto casualmente, incontra Barbara Bardelli, candidata nella lista della Rosa Bianca di
Mario Baccini. Il giorno successivo, lunedì 21 aprile, Bruno Musci è sullo sfondo della stretta di mano che
sigilla l'apparentamento elettorale e la firma del patto per la
legalità tra Baccini e Alemanno (la foto viene pubblicata dal
"Messaggero").
Sempre lunedì 21, mentre Gianni Alemanno si presenta non annunciato al
nucleo provinciale dei carabinieri, per una visita di cortesia che mette in
imbarazzo il comando e costa una denuncia alla procura militare, Musci è ospite di ogni rete televisiva che offra
un microfono. Fa visita alla ragazza sudafricana in
ospedale, e, ripulito dalla parte meno presentabile della sua biografia di
cittadino, viene battezzato l'"angelo salvatore" di una vicenda che
così racconta: "Passavamo di lì per caso quando io e il
mio amico abbiamo visto una donna in mutandine e reggiseno. Non ho
realizzato subito. Poi mi sono accorto che c'era un uomo che con un braccio
copriva la bocca della ragazza. All'inizio abbiamo avuto paura e siamo saliti
in macchina, quando ci siamo resi conto della gravità di quanto stava
accadendo abbiamo avvisato i carabinieri che con una pattuglia transitavano
nelle vicinanze. Siamo ritornati sul posto con i militari e abbiamo trovato
la ragazza, con un taglio profondo all'addome. L'uomo
scappava ma è stato raggiunto dai carabinieri".
Mercoledì 23 aprile, lo spin della campagna
di Alemanno viene investito da un controspin. Una e-mail a firma Mario Di Carlo, consigliere regionale
del Pd, allaga le caselle postali delle redazioni dei giornali e delle tv.
Finisce sul sito "Dagospia". Segnala che
il romeno è difeso da avvocati di fiducia che non può
permettersi e per giunta di destra. Invita a rintracciare la foto di Musci alla stretta di mano Alemanno-Baccini.
L'interessato, Di Carlo, si dice indignato. Racconta di aver spedito quella
mail a due amici che ne avrebbero poi fatto un uso sconsiderato.
Le domande si moltiplicano: perché i carabinieri hanno taciuto la notizia per
tre giorni? Perché gli avvocati di Rus hanno
chiesto una perizia psichiatrica che, di fatto, rende impossibile di qui alle
prossime settimane il suo interrogatorio? Esistono risposte. I carabinieri
spiegano di aver taciuto la notizia finché è stato possibile, sia per
individuare possibili complici, sia per l'impegno al rispetto della privacy
assunto con i genitori della ragazza, una coppia di diplomatici. Gli avvocati
di Rus (Antonio Sansoni e Francesco Saverio Pettinari, già nello studio di Wilfredo
Vitalone) riferiscono di essersi trovati per caso nel processo (Sansoni, un
civilista, avrebbe conosciuto Rus in occasione di
un trasloco) e di aver chiesto la perizia perché il romeno disturbato lo
sarebbe davvero.
Ma non basta. Soprattutto perché, in quelle ore, una
commerciante romena che conosceva Rus si presenta
in Procura, riferendo di aver raccolto voci nella comunità secondo
cui, quel tipo "avrebbe fatto di tutto per soldi. Anche qualcosa che potesse screditare la comunità
stessa".
La febbre dunque sale. Anche perché Musci,
interrogato in Procura, ammette di essere andato un po' a mano libera nelle
interviste che ha rilasciato. Riferisce del suo incontro con la Bardelli, della decisione di farsi testimonial della
campagna del centro-destra. Spiega, soprattutto, che la sera della violenza,
fu soltanto l'insistenza dell'amico a convincerlo a tornare sul luogo
dell'aggressione. E che, comunque, una volta tornati sul posto, la decisione
fu comunque di non intervenire. Di chiamare il 112 e andarsene, prima di
incontrare casualmente una pattuglia dei carabinieri. Oggi, in Procura,
verrà interrogato Massimiliano Crepas
(assente a una prima convocazione perché malato).
(26 aprile 2008)
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