CENACOLO DEI COGITANTI |
Documento d’interesse Inserito
il 2-4-2009
DOCUMENTI CORRELATI |
|
La Repubblica 2-4-2009
Fitoussi: "Non
è una protesta organizzata, chiamiamola rivolta popolare"
Di A. Ginori
"La
chiamano in vari modi, ma le dico io cos'è. E' una rivolta. Questa è una
rivolta popolare non coordinata, spontanea. E molto pericolosa". Senza
giri di parole, si tratta semplicemente di questo. L'economista Jean-Paul
Fitoussi battezza così gli ultimi incidenti in Francia e il malcontento che sta
esplodendo in altre parti d'Europa. "La gente ha avuto la sensazione di
essere stata presa in giro". Nel giorno del G20, il docente all'Istituto
di studi politici di Parigi e presidente dell'Osservatorio per le congiunture
economiche, pronuncia un giudizio severo, e aggiunge anche un allarme: "Le
fondamenta della democrazia sono in pericolo".
Da dove nasce questa nuova collera popolare?
"L'attuale crisi va esaminata nella sua triplice dimensione: economica,
finanziaria e intellettuale. Contrariamente a quello che si pensa, il vero
ostacolo per una ripresa è l'ultimo aspetto: quello intellettuale. La crisi
proviene infatti da una grande menzogna. Non soltanto dei finanzieri, ma anche
di politici, forse in buona fede, diventati prigionieri di una dottrina
assolutista e che ha prodotto effetti catastrofici".
Era
tutto una gigantesca illusione?
"Assolutamente sì. Le faccio un esempio. Ci dicevano che nuovi posti di lavoro
si potevano creare soltanto in relazione alla loro produttività marginale. I
lavoratori dovevano insomma essere pagati in proporzione al loro apporto
produttivo. Eppure scopriamo oggi che, in realtà, la classe dirigente di molte
imprese non veniva pagata con questa regola. Anzi, è stato esattamente il
contrario: la maggior parte dei dirigenti del sistema finanziario ha avuto una
produttività negativa, continuando però a incassare remunerazioni
astronomiche".
Le proteste aumenteranno?
"Ripeto: la gente ha capito di essere stata raggirata. E' questa la
dimensione forte, pregnante della protesta. Gli incidenti di oggi in alcune
imprese sono manifestazioni di rivolta spontanea. Per tre decenni è stato
raccontato un sistema come verità assoluta. Improvvisamente, ci si accorge che
era un bugia altrettanto assoluta E' comprensibile lo choc e la rivolta nella
popolazione".
Come si esce da questa crisi?
"La situazione è molto grave. Ora che si chiedono sforzi supplementari ai
lavoratori, ci si accorge che negli ultimi trent'anni il salario medio si è
globalmente abbassato. In sostanza, abbiamo permesso che fossero rafforzate le
discriminazioni economiche. La dottrina andava fino ad accettare che le
disuguaglianze fossero considerate un fattore positivo di crescita e dinamismo
economico. Questo ha provocato un'ovvia crisi della democrazia che, per sua
stessa definizione, non può sopportare l'aumento delle disuguaglianze".
Quali sono le responsabilità delle istituzioni?
"Il credo della dottrina in vigore fino al settembre 2008 era che la sfera
politica dovesse essere ben distinta da quella economica. Qualcuno si era
convinto che la democrazia fosse l'applicazione della legge della maggioranza.
E' profondamente sbagliato. La legge della maggioranza deve sempre coniugarsi
con la protezione delle minoranze".
Cosa si aspetta da questo G20?
"Al di là di quel che diranno i comunicati ufficiali, bisognerà capire se
effettivamente la democrazia sta ritornando. Non dobbiamo guardare solo ai
rimedi economici e finanziari immediati. Quello che si deve valutare con
estrema attenzione è se vi siano elementi nuovi che vadano verso un
ripensamento permanente della gestione degli affari politici, economici e
sociali. Soltanto così si potrà uscire dalla crisi".