PRIVILEGIA NE IRROGANTO di Mauro Novelli Data inserimento: 23-11-2006
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Da La Stampa 23-11-2006
Licenziati d'oro, Lunardi ripaga l'Anas
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Un risarcimento da
2,7 milioni per le maxiliquidazioni illegittime di RAPHAEL ZANOTTI
ROMA
Non succede spesso che a un ministro venga chiesto di
pagare di tasca propria il denaro pubblico sperperato. Ma quando accade, le
cifre sono importanti. L’ingegner Pietro Lunardi, ex
ministro alle Infrastrutture del governo Berlusconi, dovrà risarcire l’Anas per 2.757.877,34 euro avendo costretto l’azienda,
quando era ministro, a pagare le maxiliquidazioni del Cda pur di farne piazza pulita. La sezione Lazio della
corte dei conti, il 10 novembre scorso, ha infatti
depositato la sentenza di condanna nei confronti dell’ex ministro ritenendo
risarcimenti, buonuscite e finte consulenze non
dovuti.
La vicenda
I fatti risalgono al 2001. L’ingegner Lunardi si
è appena insediato al ministero e una delle sue prime decisioni è
mandare a casa i vertici Anas. Presidente, all’epoca,
è Giuseppe D'Angiolino, ex ufficiale della guardia di finanza. Tra i due
non corre buon sangue. D’Angiolino, infatti, ha revocato alcuni incarichi
all’ingegnere non ancora ministro ma consulenze per Anas
per un paio di gallerie. All’ex ufficiale i conti non tornano. Quando
c’è di mezzo la società di Lunardi, la Rocksoil, i costi lievitano. Così, dopo aver fatto
eseguire delle perizie, chiede al futuro ministro di abbassare il prezzo o
lasciare. Quando Lunardi arriva al ministero, ha il
dente avvelenato. Costringe D'Angiolino a farsi da parte. Per convincerlo
è disposto a pagare, anche più del dovuto. Il 27 settembre 2001
il presidente lascia l’incarico con risoluzione consensuale del contratto. Lo
seguono a ruota i quattro consiglieri: Paolo Urbani, Alessandro Migliavacca, Clemente Carta e Ivan Cicconi
rassegnano le dimissioni tra il 15 e il 19 ottobre 2001. L’uscita di scena dei
cinque viene concordata con il ministro dietro il
pagamento di parecchio denaro.
La buonuscita del presidente
Il professor D’Angiolino torna a casa con un milione e mezzo di euro in tasca.
Chiede e ottiene: 816mila euro come compenso in qualità di
amministratore dell'Anas superiori ai 350 milioni di
lire previsti (l’ex ufficiale sostiene di poter far valere le norme sui
dirigenti d'azienda privati per l'intero periodo del suo incarico, ovvero dal
1994 al 2001); altri 413mila euro come adeguamento del compenso (D’Angiolino
sostiene di aver svolto mansioni di amministratore straordinario dal 1994 al 2001 anche se la corte sottolinea come, dal 1995, egli sia
nominato presidente); altri 154mila euro arrivano come risarcimento per il
patto di fedeltà che impone all’ex presidente di Anas
di non esercitare nei tre anni successivi lavori in concorrenza con il gestore
della rete stradale (ma la clausola è già contenuta nel contratto
di nomina e quindi non bisognava pagarla a parte); infine il ministro accorda
altri 154mila euro di consulenze da effettuare per conto del ministero in tre
anni. Il conto verrà poi «elegantemente» girato all’Anas
(non sia mai che il ministero si trovi in difficoltà), ma quel che
è peggio è che la corte non trova traccia di alcuna consulenza
effettuata da D’Angiolino. Per questo sono stati condannati insieme al ministro
anche due funzionari Anas colpevoli di aver pagato
l’ex presidente senza aver controllato che avesse
effettivamente svolto i lavori.
Generosi anche coi consiglieri
Non è solo il presidente D’Angiolino a venire
lautamente remunerato dal ministro. I quattro membri del Cda
concordano infatti con l’ingegner Lunardi
un «risarcimento» pari allo stipendio che avrebbero percepito fino a fine
mandato se il loro incarico non fosse stato prematuramente interrotto.
Addirittura la corte scopre che ai quattro consiglieri vengono
riconosciuti i gettoni di presenza «futuri» sulla base di una media calcolata
sugli mesi precedenti. E di riunioni, quel Cda, non
ne avrebbe più fatte. Alla fine ogni consigliere ha intascato 335.700
euro che, sommati alla cifra già data all’ex presidente, significa
2.881.000 euro.
La colpa
La corte, alla fine, ha stabilito che il ministro ha avuto gravi colpe nello
sperpero di denaro. Non solo quei soldi non dovevano essere pagati, ma
l’ingegner Lunardi non aveva alcun potere di
stabilire compensi, risarcimenti e quant’altro
essendoci norme, regole e organi preposti proprio a questo. Per questo l’ex
ministro è stato condannato a pagare 2.757.877,34 euro, mentre i due
funzionari dell’Anas dovranno sborsare 61.974 euro a
testa. In attesa di un eventuale ricorso in appello da
parte dei condannati, il piatto piange.