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La
Repubblica 5-2-2009 Shoah, lo stop di papa Ratzinger "Williamson
deve chiedere scusa" di Marco Politi Nel Palazzo apostolico è l'ora della retromarcia. Pubblica. In
prima pagina dell'Osservatore Romano. Benedetto XVI fa sapere che i quattro vescovi lefebvriani,
anche senza scomunica, non esercitano al momento nessuna funzione nella Chiesa cattolica. Richard Williamson, in particolare, dovrà rimangiarsi pubblicamente le sue dichiarazioni sulla Shoah. E, calice
amaro da trangugiare, la Segreteria di Stato vaticana comunica al mondo che papa Ratzinger «non
conosceva» le prese di posizione del vescovo negazionista. E' durata ventiquattr'ore la speranza del
Vaticano di poter archiviare lo scandalo, rispondendo seccamente alla cancelliera Merkel
attraverso un comunicato del portavoce vaticano. Né potevano servire le critiche a lei rivolte in Germania dal fratello del Papa, Georg
Ratzinger. Non era mai successo che un capo di governo straniero chiamasse in causa ufficialmente il
pontefice, chiedendogli una rettifica. Né c'era da aspettarsi che le acque si calmassero dal
momento che interi episcopati (Germania, Francia, Svizzera, Austria) erano in rivolta e persino la
Cei, pur esprimendo fedeltà al Papa, sentiva il bisogno di ricordare la necessità che i lefebvriani accettassero «tutto il Concilio». Ma in Vaticano sono stati costretti a toccare con mano il disastro, mentre
la Merkel ribadiva che si trattava di una «questione di principio» e il ministero degli Esteri d'Israele
definiva la riammissione di Williamson un'offesa a tutti gli ebrei del
mondo e un'umiliazione per la memoria delle vittime dell'Olocausto. Israele ha chiesto che il Vaticano «rinunci» al negazionista Williamson. Così, finalmente, si è arrivati Oltretevere
alla decisione di correggere la rotta con una «Nota della Segreteria di Stato». Chiarificazione al massimo
livello. Il testo campeggia con massima visibilità sulla prima pagina dell'Osservatore Romano in edicola
oggi. Chiarisce ciò che poteva essere detto sin dal primo giorno. Primo: giuridicamente nella Chiesa cattolica i vescovi lefebvriani sono dei signori Nessuno. «I quattro vescovi non hanno una funzione canonica nella Chiesa e non esercitano
lecitamente un ministero in essa». E anche la Fraternità San Pio X al momento attuale non
è riconosciuta. Secondo: «Per un futuro riconoscimento della Fraternità è
condizione indispensabile il pieno riconoscimento del concilio Vaticano II e del Magistero dei papi Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e dello stesso Benedetto XVI». Terzo: «Il vescovo Williamson, per una ammissione a funzioni episcopali nella Chiesa,
dovrà prendere in modo assolutamente inequivocabile e pubblico le distanze dalle sue
posizioni riguardanti la Shoah». Posizioni «assolutamente inaccettabili e fermamente rifiutate
dal Santo Padre». Cosa evidente dagli interventi papali,
ma fino ad oggi Benedetto XVI aveva evitato di nominare esplicitamente il prelato negazionista. Infine l'ammissione più amara di tutte per una istituzione
che fa politica mondiale dai tempi di Carlo Magno: «Le posizioni di Williamson
riguardanti la Shoah non erano conosciute dal Santo Padre nel momento della remissione della scomunica». Fra le prime reazioni positive alla rettifica, quella dei vescovi
tedeschi. Nel frattempo, contro il vescovo negazionista sono in corso dal 23 gennaio indagini della procura
di Ratisbona, che sta vagliando l'accusa di «incitamento all'odio razziale». Dice l'avvocato del prelato
che la Tv svedese, a cui Williamson aveva concesso l'intervista, si
era impegnata a trasmetterla solo in Svezia: pertanto le sue affermazioni in Germania «non sono punibili». |