L’Unità
18-9-2007
Chi
ha paura del Tribuno
Gianfranco Pasquino
La sequenza della più recente ventata di antipolitica,
nonostante sia stata lunga, nervosa e accentuata, è stata
colpevolmente trascurata dai politici, in special modo da quelli di governo.
Infatti, né Berlusconi né Bossi hanno molto da temere da chi, come Beppe
Grillo, porta il suo messaggio, che ha fortissime componenti di critica
partitica e di antipolitica, nel cuore della sinistra: la città di
Bologna e la Festa dell’Unità. L’antipolitica di Berlusconi e Bossi
affonda le sue radici in un altro pubblico e mira a bersagli già
condivisi e interiorizzati dal suo pubblico.
Ossia: tutta la politica, in generale, contrapposta ai loro interessi personali,
tutti i partiti della sinistra e, naturalmente, i politici di professione. E,
nonostante, le tre o quattro legislature accumulate dalla maggioranza dei
parlamentari di Forza Italia e della Lega, costoro riescono ancora a
sfruttare il loro appello contro lo Stato, contro i suoi balzelli, che ci
sono, e contro le sue leggi, farraginose e numerosissime, contro la
burocrazia, composta anche da nullafacenti, contro la lottizzazione, pure da
loro ampiamente praticata.
Quanto alla sequenza, tutto comincia con l’eccessivo trionfalismo di qualcuno
nell’Unione per una vittoria elettorale tutto meno che trionfale. Continua
con un indulto trasversale basato su motivazioni parecchio discutibili e su
cifre alquanto ballerine. Passa attraverso una finanziaria molto cangiante,
ma poco convincente. Culmina con la fulminea crisi di governo del febbraio
2007, risolta soltanto dalla competenza istituzionale del Presidente
Napolitano.
Torna a manifestarsi con un balletto senza senso e senza contenuti sulla
riforma della legge elettorale. Esplode con la pubblicazione del libro di
Stella e Rizzo, La casta (sui privilegi dei politici), pur preceduto
da Teodori, Soldi & partiti (1999) e da
Salvi e Villone, Il costo della democrazia (2006),
ma non seguito da nessun provvedimento concreto. Sarà anche vero che,
come ha dichiarato, un po’ troppo frettolosamente il presidente della Camera
Fausto Bertinotti, l’antipolitica di Grillo colma
«un vuoto della politica».
Da parte mia, ho sempre pensato che i vuoti della politica vanno individuati
per tempo e colmati dalla politica stessa, per essere
precisi dalla buona politica che è quella che sa depurarsi
delle tossine che, anche una tutt’altro che buona società, continua ad
iniettarle.
Troppo facile, adesso, sostenere, da un lato, che sarà la costruzione
del Partito democratico a risolvere il problema con una bacchetta magica che
nessuno ha ancora visto; dall’altro, che i partiti non possono essere
attaccati tutti indiscriminatamente. Ma se nessuno dei partiti reagisce discriminando
il praticabile dal demagogico, allora la critica se la meritano tutti.
Tuttavia, Grillo e la stragrande maggioranza dei suoi compagni di blog, in piazza e davanti ai loro computer, attaccano,
qualche volta aggrediscono, di preferenza, la sinistra, i partiti di sinistra, i politici di sinistra. Lo considero un omaggio,
e tale deve effettivamente essere poiché la destra
non colma nessun vuoto di politica. Anzi, approfondisce la voragine
dell’antipolitica, praticamente senza rischi. Sono i politici di professione
e, se vogliamo, per vocazione, che debbono avere il coraggio e l’intelligenza
di dare subito risposte concrete. Altrimenti, si dovrà prendere atto
che la politica è anche impotente.
Dunque, se ne può fare a meno, sostituendola con i «poteri forti» (ma ho dubbi sulla loro esistenza e sulla loro
reale forza) oppure con demagoghi, che, alla fine della ballata, non fanno
mai ridere se non a un prezzo sociale molto elevato. Tagliare subito i costi
della politica, e anche i posti della politica: per esempio, una volta fatto
il Pd, D’Alema e Rutelli dovrebbero rinunciare subito alla loro carica di
Vice-Premier poiché i loro due partiti non esisteranno più e non
avranno più bisogno di rappresentanza.
Riformare la legge elettorale, magari, se non si riesce a fare di meglio,
cancellando con un tratto di penna la vigente legge porcata di Calderoli, per
ritornare al pur imperfetto Mattarellum che aveva
almeno il piccolo pregio di eleggere tre quarti dei parlamentari in collegi
uninominali (con una clausola aggiuntiva: il requisito di residenza).
Infine, forse, consentendo una vera apertura delle liste per l’Assemblea
Costituente collegate all’elezione diretta (per favore, non scrivete mai
più primarie) del segretario del Pd e,
dunque, accogliendo personale non politico che si guadagna il suo personale
bollino blu non da investiture dall’alto, ma dalla capacità di
ottenere consenso nella sua circoscrizione. In politica, e anche in
antipolitica, i tempi contano.
Oramai sembra che per la debolezza della politica siano i Grillo-boys
a dettare l’agenda. Tuttavia, quell’agenda la si
può riscrivere, secondo le linee che ho esposto sopra. Ma l’attuazione
di alcuni provvedimenti, d’altronde già preceduta da un’estenuante
fase di gestazione, deve essere immediata.
Non credo che moriremo di antipolitica, essendoci sempre chi
praticherà l’accanimento terapeutico su partiti languenti.
Spero che alcuni partiti riacquistino la dignità perduta, non soltanto
perché sono fatti da persone perbene (dopo avere escluso condannati e
inquisiti), ma, in special modo perché saranno riusciti
a ristrutturarsi attraendo persone competenti di ogni età e di
entrambi i generi con percorsi professionali di tutto rilievo.
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