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Il “tesoretto” e Telecom. Il terrorismo mediatico della “razza padrona” italiana.
di Salamandra
Mentre imperversa su giornali,
tv e radio la nube di “terrorismo mediatico”
sprigionata dai maggiori esponenti della “razza padrona” (con
in testa il presidente della Confindustria Luca Cordero di
Montezemolo, controllore della FIAT, della Stampa, del Sole 24 ore e di
RCS-Corriere della sera, nonché delle agenzie stampa collegate e dei network
radiofonici associati) e dei loro ben pagati esperti sull’utilizzo
migliore del cosiddetto “tesoretto” delle maggiori entrate fiscali, ecco
apparire l’incubo della vendita a mani stranieri, messicano-statunitensi, del
colosso Telecom. Il gioiello delle telecomunicazioni italiane, ribattezzato
anche la “madre di tutte le privatizzazioni”, messa in opera proprio da
Prodi durante il suo primo governo, rischia ora di perdere il controllo
nazionale e passare ai due colossi d’oltre-oceano, togliendo così al
nostro paese anche l’ultimo gruppo di telefonia nazionale.
Strano parlare e ancor più strabico operare del nostro capitalismo
rampante: in dieci anni i profitti sella “razza padrona” sono aumentati del
15%, mentre il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti e delle famiglie
si è quasi dimezzato, con i salari “aumentati” ( si fa per dire!) di
un mezzo punto in meno l’anno rispetto all’inflazione reale ( ovvero quella
ufficiale più quella “percepita”).
Ma dove sono finiti i soldi, tanti, degli imprenditori, finanzieri, banchieri
italiani? Non certo in nuovi investimenti industriali o nella
tanto osannata ( sempre da Montezemolo) innovazione tecnologica di
prodotto e di produzione! I soldi sono finiti in investimenti immobiliari,
nei “tesoretti” finanziari, dalla borsa ai fondi italiani e stranieri, nelle
acquisizioni di societа bancarie nazionali ed
europee. E meno male che la ripresa tedesca e francese hanno aiutato le
esportazioni italiane, mentre i bassi salari, l’assenza di rinnovi
contrattuali di tutte le maggiori categorie lavorative e l’elevata pressione
fiscale ( come denuncia anche Bankitalia, arrivata al 42,8%, record in dieci
anni!) hanno fatto il resto, per rendere competitivo il sistema produttivo
italiano e risanare le esangui casse del tesoro.
Insomma, niente di nuovo sotto il sole tiepido della penisola più
disastrata d’Europa: la “razza padrona”, fortunata definizione di Scalari di
tanti decenni fa, è sempre la stessa. Bussa a danari alle porte del
tesoro italiano, guarda con supponenza e un certo malcelato fastidio i tanti
risparmiatori che investono in borsa e non solo nei titoli di stato, impone
con il controllo dei media un’agenda sull’uso dei
risparmi pubblici che dovrebbe aiutare sempre le loro imprese o, al massimo,
ridurre l’enorme debito pubblico, anziché ridurre le tasse e alzare i livelli
salariali Nel frattempo, però, mentre gli altri partner europei si
rafforzano a livello industriale con acquisizioni tra imprese di settori
analoghi o con investimenti pubblico-privati per l’innovazione tecnologica e
scientifica, i nostri “capitani coraggiosi” se la passano la domenica sugli
spalti degli stadi italiani o al largo delle coste sugli yacht inzeppati di
“veline” e quant’altro.
Alla fine, però, i nodi vengono al pettine! Le classi medie
produttive, le famiglie monoreddito con figli, gli artigiani, i piccoli
imprenditori innovativi si allontanano dalla politica, sfiduciati dallo
stesso governo di centrosinistra che hanno votato ( basta leggersi ogni
settimana i sondaggi e le analisi del valido Diamanti
su Repubblica, per capirne di più).
E, intanto, i “gioielli di famiglia” rischiano di scappare di casa!
Telecom potrа anche finire al colosso
americano AT&T e al suo alleato messicano di
American Movil, è nel gioco della
globalizzazione e del libero mercato dei capitali e delle imprese. A vendere sarа l’ex-principe ereditario
del capitalismo italiano, l’erede spirituale degli Agnelli, quel Tronchetti Provera che si impossessò della Telecom per
quattro euro (si fa per dire!), su richiesta del governo Berlusconi, dopo
aver venduto agli americani la più grande societа
mondiale di costruzione di fibre ottiche, guadagnandoci alcune migliaia di
miliardi di lire direttamente sul suo conto. Oggi quel settore dei cavi
ottici, in cui eravamo leader, è al top della produttivitа,
così come l’intreccio telecomunicazioni-internet-televisione
è il business del futuro immediato: e Telecom, grazie alla sua
posizione dominante di ex-monopolista pubblico, è in prima fila in
questo settore ad alta redditivitа ( ha anche
nel suo portafoglio due reti televisive, attraverso Telecom Italia Media).
Tronchetti, però, ha l’incubo da sempre di dover far fronte ai 37
miliardi di euro di debiti, pur controllando attraverso le cosiddette
“scatole cinesi” solo il 18% di Telecom, insieme ai Benetton:
una voragine che non è diminuita di molto da quando
rilevò il colosso dalle mani di un altro “capitano coraggioso”,
Colaninno. E così vende, ottenendo introiti personali per migliaia di
miliardi di euro, giocando al rialzo tra i contendenti americani e le banche
italiane, creditrici e azioniste di Telecom, che vantano il diritto di
prelazione nell’eventuale acquisto.
E’ inutile strapparsi le vesti sui campioni italiani, come fa la sinistra italiana: il processo di globalizzazione dei mercati e
delle imprese, o si gestisce risanando e moralizzando il sistema economico di
casa nostra, anche con legi fiscali e innovative,
oppure si soccombe al più forte. Tutta la telefonia italiana, nata
direttamente o indirettamente con capitali pubblici è ormai in mano straniere: Wind
dall’Enel è passata agli egiziani; Omnitel, grazie agli aiuti di stato per la Olivetti, è degli inglesi Vodafone;
“Tre” è del cinese di Hong Kong Hutchinson Wampoa, dopo che ha acquisito le licenze dagli italiani.
Piangersi addosso non serve. Per anni, Telecom ha vissuto sull’ereditа di ex-monopolista, allargandosi magari in
alcuni mercati esteri ( per poi lasciarli, per fare cassa e ridurre
l’indebitamento), senza mai preoccuparsi di fare “sistema” Italia con il
settore dell’information and communications
technology, come invece gli altri grandi colossi
internazionali stanno facendo.
Come Autostrade ( di proprietа dei Benetton, soci di Tronchetti in Telecom), altro colosso
IRI privatizzato col governo Prodi-D’Alema, finita
l’epoca d’oro dei facili introiti attraverso i canoni di abbonamento, dei
pedaggi e delle tariffe di utilizzo a tempo, è arrivato il periodo
dell’ammodernamento delle reti e delle infrastrutture, dell’innovazione di
prodotto e di fornitura di nuovi servizi più selettivi e di qualitа. E quindi tanti soldi da investire di tasca
propria!
Ma questa “razza padrona”, purtroppo non è capace di investire per
innovare: lo ha sempre fatto lo stato per lei, o direttamente o attraverso
le storiche “partecipazioni statali”, tipo IRI.
Tornare indietro, non si può! Ma si può seguire l’esempio
anglosassone e nord-europeo: lanciare grandi stagioni di innovazione
tecnologico e di ricerca di nuovi settori produttivi o di servizi, impegnare
parte delle risorse statali insieme ai centri universitari di eccellenza e
consorzi industriali di “filiera”.
Così il capitalismo democratico moderno aiuta, senza distorcere le
regole del mercato, le economie nazionali. Ne’ dirigismo
né neo-statalismo, ma nemmeno idealizzazione del libero mercato alla
“far west”, come in queste ore strillano i coriferi
della destra berlusconiana, ovvero di quel governo
che in cinque anni non ha fatto nemmeno una piccola privatizzazione, non ha
messo fine alla vergogna del mercato dei servizi monopolistici locali in mano
alle municipalizzate.
E poi, quale esempio possono dare gli “strilloni” di Sua Emittenza, quelli
che hanno fatto leggi ad personam
per tutelare gli affari di Berlusconi, uno dei dieci uomini più ricchi
al mondo: colui che fa dello sciovinismo imprenditoriale la sua stessa fede
mercantile. Che quando si parla di far entrare capitali stranieri nel suo
impero mediatico, chiede aiuto ai potenti dello
stato perché venga “difeso” il “campione nazionale”
dei media!
Al governo, alle forze illuminate dell’imprenditoria, agli intellettuali,
agli economisti, alle famiglie dei milioni di “tartassati” deve interessare
solo che l’affare Telecom venga condotto alla luce del sole, magari con la
supervisione di un Comitato indipendente di garanzia ( con rappresentanti
della Consob, del Tesoro, dell’Antitrust e delle Universitа):
- che venga ridotta la catena di controllo delle tante societа finanziarie ( le “scatole
cinesi”);
- che non avvenga lo spezzatino tra Telefonia fissa e quella mobile;
- che il settore ricerca-sviluppo e gestione risorse resti in Italia;
- che vengano tutelati i posti di lavoro e il management di alto
livello, che ancora resta dai tempi della Telecom pubblica;
- che venga presentato un piano industriale e tariffario degno di
questo nome, con una forte attenzione all’innovazione dei servizi ICT.
- E che venga scorporato societariamente,
con un controllo indipendente ( come avviene adesso con Guido Rossi che
presiede il gruppo), Telecom Italia Media, che ha in mano i network
televisivi “La 7”
e MTV e l’agenzia di stampa APCom.
E, da ultimo, un consiglio affettuoso per Tronchetti Provera:
una volta messi al sicuro i tanti miliardi di euro che guadagnerа
dal “tesoretto” Telecom, si ritiri per un bel po’ dagli affanni
imprenditoriali; si prenda un lungo periodo “sabbatico” insieme alla
splendida seconda moglie Afef. Faccia riposare
anche lei, lontana dai teleschermi RAI. Ne troveranno giovamento i milioni
di abbonati Telecom e Tim, e
risparmierebbero qualcosa anche i teleabbonati della RAI.
Sarebbe davvero una sontuosa uscita di scena per il “bel principe” dagli
occhi azzurri della “razza padrona”!
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