La Stampa 29/6/2009
Scoperto
il gene "spazzino" contro Alzheimer e Parkinson
ROMA.
- Dagli scienziati del Tigem di Napoli
un’eccezionale scoperta che apre la strada alla cura di malattie
neurodegenerative come Alzheimer, Parkinson e Corea di Huntington.
I ricercatori guidati da Andrea Ballabio hanno
individuato il sistema che regola lo smaltimento dei rifiuti delle cellule.
Una sorta di “spazzino” che, opportunamente stimolato, può eliminare
molecole tossiche responsabili di gravi patologie neurodegenerative. Un
meccanismo ricostruito proprio nella città campana protagonista di
recente di un’emergenza spazzatura.
Nel loro studio i ricercatori dell’Istituto Telethon di genetica e medicina
dimostrano per la prima volta al mondo che dietro il sistema di smaltimento
dei rifiuti cellulari esiste una “cabina di regia”. Questo pone le basi per
nuovi approcci terapeutici, assicurano gli studiosi.
«Grazie alla bioinformatica abbiamo identificato un
nuovo meccanismo biologico, finora insospettato, che apre la strada a una
terapia polivalente contro le malattie neurodegenerative. Il nostro lavoro va
avanti - assicura da Napoli Ballabio, orgoglioso
della ricerca e del team di giovani cervelli con cui ha lavorato - con
risultati molto promettenti. E se tutto andrà bene i primi trial
sull’uomo potranno iniziare fra 3-5 anni».
Lo smaltimento dei rifiuti cellulare avviene grazie ai lisosomi, organelli presenti in ogni cellula che lavorano «come
termovalorizzatori - spiega con un sorriso il genetista - trasformando in
sostanze innocue tutti i prodotti tossici del metabolismo». Per farlo sono
dotati di una squadra di enzimi, ma basta che uno
sia difettoso per scatenare una cinquantina di malattie da accumulo lisosomiale (come glicogenesi e mucopolisaccaridosi).
Il team napoletano, in collaborazione con Elena Cattaneo
dell’Università degli Studi di Milano e Roman Polishchuck
del Consorzio Mario Negri Sud, ha scoperto che l’attività dei lisosomi
è controllata da una fitta rete di geni, che risponde a un
gene-interruttore (TFEB), una sorta di direttore d’orchestra o
“super-spazzino”. «È capace da solo di potenziare l’attività di
smaltimento come, appunto, un interruttore», dice Marco Sardiello,
giovane ricercatore di Taranto e primo autore del lavoro.
«Aumentando i livelli del TFEB abbiamo visto che aumenta non solo la
produzione di lisosomi nella cellula, ma anche la degradazione delle sostanze
tossiche». Questa prova è stata fatta con cellule contenenti la
proteina tossica responsabile della Corea di Huntington,
una gravissima malattia di origine genetica per la quale ora non esiste cura.
Ebbene, grazie al super-spazzino il gruppo di ricercatori ha visto che la
proteina tossica veniva eliminata.
Questa scoperta - ottenuta grazie a un finanziamento Telethon da 100 mila
euro - apre dunque le porte a un nuovo approccio che potrebbe essere
applicato a tutte le malattie legate a un accumulo di “veleni” nella cellula,
fra cui anche il morbo di Parkinson, l’Alzheimer e altre demenze.
«Siamo già al lavoro su due fronti paralleli
- precisa Ballabio - Da una parte la verifica di
questi risultati anche nei modelli animali, in particolare topolini
geneticamente modificati, dall’altra la ricerca su larga scala di farmaci in
grado di stimolare l’attività di TFEB. La nostra speranza è
che, promuovendo l’attività degradativa
della cellula, si riesca ad evitare l’accumulo di sostanze tossiche e
prevenire le malattie neurodegenerative con un approccio di tipo
farmacologico, quindi non invasivo».
Farmaci che potrebbero essere già esistenti (e avere involontariamente
proprio l’effetto necessario), o ancora da sintetizzare. Medicinali pensati
per agire ai primi segni di una patologia «e
bloccarne l’evoluzione. O anche - ipotizza il medico - destinati a prevenire
la malattia nelle persone con una predisposizione genetica o una
familiarità». Dopo gli studi in vitro, il team del Tigem
punta a ricerche in vivo per esaminare l’effetto dell’interruttore genetico
sui sintomi delle malattie neurodegenerative nel mirino, e verificare
l’assenza di effetti collaterali.
«La strada è ancora lunga, ma i dati che
abbiamo in mano sono promettenti. Per passare dalla ricerca di base a quella traslazionale servono però strutture ad hoc. E a
questo sarà dedicato il nuovo centro “Biology
for Medicine”, che sorgerà a Napoli e per il
quale attendiamo il finanziamento promesso di 60 milioni di euro dalla
Regione Campania. Sembra che la disponibilità di fondi ci sia, e noi -
conclude il genetista - siamo fiduciosi».
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