Il Sole 24 Ore
24-12-2008
Comune Napoli: senza aiuti, crack vicino
di Fabio Pavesi
Solo il mantenimento della "macchina comunale" grida vendetta. Come
una gigantesca idrovora, e solo per garantire l'auto-sopravvivenza, Napoli
spende senza eguali: il grande carrozzone amministrativo assorbe ogni anno la
bellezza di 450 milioni di euro. Fanno 460 euro per abitante contro i 325
euro di Milano, i 278 di Roma e i 271 della virtuosa Torino. E così la
macchina si mangia il 36% del totale delle spese del Comune. Le altre grandi
città si fermano al 25% con Torino al 21 per cento.
Se sotto il Vesuvio si spendesse per stipendi e altro (tra cui le auto blu)
come a Torino la città campana, come evidenzia uno studio del
Politecnico di Milano per la Fondazione Civicum,
disporrebbe ogni anno di 180 milioni di euro in più. Una cifra che
è poco meno la metà del maxi-appalto per le strade per il quale
Alfredo Romeo e 4 assessori sono indagati. E con 180 milioni si raddoppiano
le spese, oggi al lumicino, per l'assistenza sociale.
Ma, forse, quel tesoretto ha funzione di welfare locale: paga gli stipendi a
13mila dipendenti pubblici. Come pensare di limitarlo? Fosse tutto qua si
potrebbe anche accettare. E invece no, dato che l'impiego delle risorse
collettive è quanto mai sproporzionato ai risultati. Iervolino
dovrebbe spiegare perché Napoli spende ogni anno per l'ambiente ben 250
milioni di euro. Milano ne spende 300, ma i mucchi indecorosi di spazzatura
per le strade per mesi e mesi non giustificano neanche per un minuto quelle
spese. Ma non è finita qui. L'Asìa,
l'azienda rifiuti, è un colabrodo. Non solo non faceva il suo lavoro
(come ha dimostrato il dramma della monnezza), ma
è costata ai contribuenti 45 milioni di perdite da ripianare nel
triennio 2004-2006. Dulcis in fondo, nel 2008 l'Asìa
ha ricevuto altri 50 milioni e dal 1° gennaio avrà un contratto
"dorato" con il Comune che spenderà per l'azienda
170 milioni all'anno per tre anni.
Denaro al vento
Credete che le cose vadano meglio negli altri settori? Niente affatto. I
trasporti sono la terza voce di spesa del Comune. Ebbene chiedete a qualsiasi
napoletano qual è la situazione di bus e tram in città e
farà un sorriso amaro.
Qualche cifra del dissesto. Il Comune compartecipa al 50% nel CTp. Il consorzio trasporti pubblici ha bruciato in 10
anni 500 milioni di euro, equivalente all'intero ammontare dei trasferimenti
che Napoli incassa dallo Stato nell'arco di un anno. Più che trasporto
pubblico è un clamoroso caso di fallimento pubblico: non si capisce
perché a Napoli il costo per abitante di un servizio alquanto scadente sia
superiore di 3-4 volte rispetto a Milano o a Torino.
Ma è tutta la gestione delle aziende comunali che fa acqua. In tutte
le grandi città con i dividendi incassati dalle proprie aziende i
Comuni programmano spese e investimenti per la collettività. A Napoli
avviene il contrario: la gestione Iervolino conta perdite. Tra il 2005 e il
2006 sono ammontate a 97 milioni. Soldi in meno per i servizi. Ma anche
quando si danno i servizi, chissà come mai costano più che
altrove. Sintomatico quello degli asili nido. A Napoli (mistero) un posto
all'asilo nido costa 11mila euro l'anno, il 50% in più di Milano o
Torino. Con in più la beffa: a Napoli solo un
terzo degli addetti è un educatore, contro i due terzi delle altre
città.
I milioni dallo Stato
Qualche sforzo per limitare questa distribuzione a pioggia di denaro pubblico
è stato fatto. L'ex assessore al bilancio (oggi indagato), Enzo Cardillo, è riuscito a programmare nel 2008 tagli
di spese per 8,7 milioni. Dato irrisorio, perché il bilancio di milioni ne
vale oltre 1.300 milioni. Ma cosa allora tiene in vita un Comune tanto
disastrato? Una sola cosa. I trasferimenti record dallo
Stato: valgono quasi 600 milioni all'anno, quasi la metà del totale
delle entrate e ben sette volte quanto incassa Milano: quattro volte
più di Roma e il doppio di Torino. Se si riportassero quei
contributi a livello delle altre città, il Comune di Napoli sarebbe in
bancarotta da anni. E a Napoli ballano sul Titanic: i residui di crediti e
debiti che si trascinano da anni sono a livello record di 3,2 miliardi. Se solo
qualche debitore smettesse di pagare, il crack avverrebbe. Da domani.
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