Il Sole
24 Ore (20-9-2009)
Borse, la
liquidità lancia il rally
di Morya
Longo
commenti - |
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Anno zero
del risparmio: cosa fare e cosa no di Marco Liera
Borsa, balzo di Mosca dopo i due
giorni di stop
Il petrolio torna oltre i 100
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Le
fluttuazioni di oro nero e oro giallo (di Roberto Capezzuoli)
di Roberto Capezzuoli
Crisi Usa, i bookmakers
danno a 2,50 il fallimento di Goldman e Morgan
ANALISI
L'eclissi delle banche d'affari
preludio alla ripresa Usa di Valeria Novellini
IL PUNTO
È stata una corsa alle
ricoperture di Maria Adelaide Marchesoni
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Prima
ancora di capire come sarà costruita, l'arca di Noè con cui il
Governo degli Stati Uniti intende salvare Wall
Street un effetto l'ha già avuto: ha mandato letteralmente in estasi
le Borse. Il listino americano ha aggiunto un altro 4,03% al 4,3% di
giovedì: nelle due sedute ha così realizzato maggior rialzo dal
1970. Meglio ancora è andata in Europa: Londra ha guadagnato in un
colpo solo l'8,84%, Parigi il 9,27%, Francoforte il 5,56% e Milano l'8,62%.
Tutte insieme le Borse del Vecchio continente hanno portato a casa l'8,42%.
È vero che venivano da una settimana nera, ma questo è il
maggior rialzo giornaliero da quando è stato inventato l'indice Stoxx nel 1987.
Eppure anche in questa grande festa collettiva, c'è un risvolto della
medaglia: in America i titoli di Stato hanno subìto una pesantissima
ondata di vendite (la peggiore degli ultimi 23 anni), molto maggiore rispetto
a quella che ha colpito i bond europei. E questo ha un significato solo: gli
investitori sanno che le misure annunciate negli Usa peseranno sui conti del
Governo federale. E graveranno sul suo debito. È possibile che possano
arrivare a scalfire il rating (attualmente "Tripla A") degli Stati
Uniti? Per ora tutti lo escludono. Ma, in fondo, non sarebbe il primo
tabù infranto da questa crisi finanziaria.
Le cause
Il super-rimbalzo dei listini è nato dagli annunci di ieri.
Innanzitutto il Governo americano (si veda nel dettaglio a pagina 3) sta
studiando il modo per salvare i bilanci bancari dalla zavorra che li ha
appesantiti fino ad oggi trasferendola sui bilanci pubblici: questo elimina il
problema numero uno degli istituti di credito. Dall'altro la Sec e la Fsa (le Autorità di vigilanza di Usa e Gran
Bretagna) hanno bloccato temporaneamente le vendite allo scoperto sulle
azioni delle società finanziarie. Si tratta di quel
"giochetto" con cui gli investitori vendono azioni che non
possiedono (prendendole in prestito), in modo da guadagnare con il loro
ribasso.
La Sec le ha proibite su 799 azioni di società finanziarie per almeno
10 giorni e la Fsa inglese le ha vietate
addirittura fino a gennaio (con la possibilità di tornare sui suoi
passi tra 30 giorni). Di fatto le Autorità hanno eliminato
"d'ufficio" una gran fetta delle strategie d'investimento: tutti
coloro che speculavano sui ribassi azionari di banche e assicurazioni,
insomma, ora non possono più farlo. È come se l'arbitro di una
partita di calcio togliesse dal campo il portiere e l'intera difesa di una
delle due squadre: è ovvio che l'altra avrebbe
grandi possibilità di fare una goleada.
Gli effetti
E infatti goleada è stata. In Borsa.
Soprattutto per i titoli bancari e assicurativi: senza la spada di Damocle
delle vendite allo scoperto e con l'annuncio del più grande
salvataggio pubblico che si potesse immaginare, le
azioni finanziarie hanno spiccato il volo. In Europa l'indice Stoxx del settore ha recuperato il 17,46% e in America il
10,3%. E i migliori titoli, su entrambe le sponde dell'Atlantico, sono stati
quelli finanziari: nel Vecchio Continente Royal Bank of Scotland ha guadagnato
il 31,9%, Ubs il 31,6% e Barclays il 29,24%, mentre
oltreoceano Aig ha portato a casa il 43,1%,
Wachovia il 29,3% e Merrill Lynch il 33,7%. Ma
l'euforia ha poi contagiato tutti i settori.
Le conseguenze
Ma in tanti si chiedono già quale sarà il prezzo per far salire
Wall Street su quest'arca di Noè. Il primo
effetto negativo potrebbe esserci sul debito pubblico americano e dunque sui
titoli di Stato a stelle e strisce: i cosiddetti T-Bond. «C'è stato un
trasferimento dell'onere della crisi dal settore privato a quello pubblico»,
osserva Vincenzo Guzzo, senior strategist
di Morgan Stanley. Per questo ha guadagnato Wall
Street (cioè il privato) e i T-bond
(cioè il pubblico) sono crollati. E non è un caso che il
differenziale di rendimento tra i T-Bond Usa e i titoli di Stato tedeschi si
sia ristretto in un solo giorno da 57 a 41 punti base: questo significa che le
vendite hanno colpito in modo molto più forte i bond americani
rispetto a quelli europei. È vero che avevano corso di più, ma
la reazione di ieri indica una maggiore sfiducia verso gli Stati Uniti.
La conferma sta nei cosiddetti "credit default
swap". Si tratta di polizze che servono per assicurarsi dall'insolvenza
di qualunque emittente obbligazionario. Ebbene: ieri assicurarsi contro il
crack degli Stati Uniti costava 24 punti base (lo 0,24% dell'importo da
assicurare), mentre per coprirsi dal rischio default della Germania bisognava
pagare solo 13 punti base. La metà. Il mercato, in parole povere,
considera più rischiosi gli Stati Uniti della Germania. Si tratta di
un rischio relativo, certo. I numeri sono bassi, certo. Ma una cosa è
certa: qualcuno il conto di questi salvataggi dovrà pur pagarlo.
m.longo@ilsole24ore.com
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