IL Sole
24 Ore 8-9-2007
FUGA DALLE POLIZZE VITA / Le
associazioni dei consumatori:
responsabili le compagnie
In un anno "persi" 8,5 miliardi
di Nicola Borzi
I
riscatti delle polizze Vita? Colpa delle compagnie. È l'opinione quasi
univoca delle associazioni dei consumatori. Ecco le loro opinioni sul
consistente deflusso di premi e sulla crescita dei riscatti dalle polizze
Vita nell'ultimo anno.
Mauro Novelli, segretario dell'Adusbef,
ritiene che «la motivazione principale vada ricondotta al momento di
difficoltà attraversato da molte famiglie. In seconda battuta potrebbe
emergere la consapevolezza delle pessime performance dei prodotti
assicurativi (quasi esclusivamente polizze linked)
sottoscritti negli ultimi anni con la conseguente decisione di cessare i
lavori su quel versante. Dal 2000 infatti, la composizione dell'offerta dei
prodotti assicurativi "vita" è cambiata. Abbandonate le
vecchie polizze "pensionistiche", l'offerta ha praticamente imposto
i nuovi prodotti linked che, dal punto di vista del
rendimento, sono state un fallimento. Oltretutto le compagnie sono state
avvantaggiate dal fatto che, trattandosi (secondo me fittiziamente
e con accordo tra masnadieri) di prodotti assicurativi, all'atto della
proposta d'acquisto, l'offerente non deve rispettare "una serie di
obblighi informativi e di regole di condotta, stabiliti in via generale per
l'attività di raccolta del risparmio presso il pubblico e di prestazione
dei servizi di investimento" (il virgolettato è della Consob) né
i dettami del Testo unico della Finanza».
Secondo Giuseppe D'Orta, consulente Aduc per gli
investimenti finanziari, «Il fenomeno non è
una novità assoluta, basti ricordare le enormi trasformazioni di
polizze di vecchia generazione in polizze unit fatte fare nel 2000. Mediolanum
fu maestra, ad esempio, nello spostare enormi masse di clienti dalla
"Completa" e dalla "Anni d'Oro" ad "Europension". Nel settore, purtroppo, comandano i venditori
e non i clienti, di conseguenza questi riscatti sono frutto di
"consulenze" degli assicuratori ai clienti.
E quando un venditore spinge qualcosa, vuol dire che lo fa per il proprio
tornaconto e non per quello del cliente. Il tornaconto è dato dalle
provvigioni della nuova polizza ma anche dagli appositi incentivi con cui le
compagnie spingono la rete a queste trasformazioni. "Consulenze"
non casuali, quindi, ma che derivano da precise campagne commerciali delle
compagnie assicurative. Abbiamo non poche testimonianze in merito. Ina-Assitalia, ad esempio, è molto aggressiva da
qualche tempo a questa parte. Ma non è certo la sola.
Quando riscatta una polizza di vecchia generazione, il
cliente ci rimette più di una volta: la compagnia evita di pagare
rendimenti minimi/tassi tecnici divenuti nel tempo onerosi; la compagnia
evita di erogare la rendita su tabelle demografiche non aggiornate e quindi
troppo favorevoli ai clienti; la compagnia incassa i caricamenti della nuova
polizza venduta. Va notato come l'atteggiamento delle assicurazioni
cambi a seconda della loro convenienza. Ad esempio,
se un cliente decide di riscattare in anticipo ma anche solo portare in
riduzione la polizza, vale a dire smettere di pagare ed attendere la
scadenza, viene immediatamente contattato
dall'agente che gli prospetta come "solo portando a termine i versamenti
può beneficiare appieno delle favolose caratteristiche della
polizza".
Quando, invece, dai piani alti della compagnia si decide che bisogna ficcare
i soldi dei clienti in un nuovo prodotto, ecco che le vecchie polizze non
sono più adatte "perchè adesso ci sono prodotti
enormemente migliori" e si possono riscattare senza pensarci due volte.
La cosa che stupisce è come, nonostante le batoste oramai pluri-decennali sulle polizze a contenuto finanziario, il
pubblico continui a comprarle e continui a fidarsi
di queste "consulenze" che arricchiscono solo le compagnie ed i
venditori ai loro danni. E qui i clienti hanno le loro colpe, anche perché
oggi gli strumenti per informarsi ci sono, a differenza del passato».
Il Movimento Difesa del Cittadino (Mdc) con la consulenza di Roma Nord Consulting, società di mediazione creditizia e
consulenza finanziaria, sostiene che «il riscatto anticipato delle polizze
è la conseguenza delle delusioni dei risparmiatori italiani vessati
per anni dai principali istituti di credito e dalle compagnie assicurative.
Le logiche di budget che da sempre costituiscono la struttura del core
business bancario e assicurativo non hanno consentito una reale comprensione
delle esigenze di risparmio dei clienti retail, considerati il bersaglio preferito e più
vulnerabile per il conseguimento di certi obiettivi.
Le attese disilluse dai rendimenti scarni e a dir poco convincenti dei
prodotti assicurativi ha innescato una tendenza di sfiducia verso tali
prodotti, che nella maggior parte dei casi vengono
offerti in modo incomprensibile. Sfiducia, rendimenti bassi o comunque non in
linea con strumenti finanziari più semplici, vincoli pluriennali,
clausole vessatorie in caso di rimborso anticipato, consistenti spese di
sottoscrizione e soprattutto poca trasparenza degli Istituti, sono tra le
cause che annoveriamo per la debacle registrata da questi prodotti nel corso
degli ultimi anni. Unit linked,
index linked, polizze a
premi ricorrenti sono gli strumenti finanziari offerti dalle banche e dalle
assicurazioni senza una adeguata e corretta
informativa sulle caratteristiche di tali prodotti per i quali il riscatto
anticipato determina certamente una perdita sul capitale originariamente
sottoscritto. In sostanza il capitale non solo non è stato remunerato,
ma ha subito un'erosione per effetto del valore degli strumenti finanziari
sottostanti (obbligazioni e/o fondi), delle commissioni di sottoscrizione e delle
inevitabili penali per il rimborso anticipato».
Per Carlo Pileri, presidente dell'Adoc,
«l'aumento dei riscatti delle polizze vita, nell'ordine del 50% rispetto il
1° semestre del 2006, non è legato ad una improvvisa
sfiducia del risparmiatore nella capacità di gestione da parte del
mondo assicurativo che, al momento, s'è dimostrato gestore più
che abile ed eticamente più corretto
rispetto a quello bancario, né gli andamenti della Borsa sono stati tali da
consigliare tali operazioni, anzi s'è assistito ad una flessione degli
indici azionari negli ultimi due mesi del semestre. In contrapposizione alla
percentuale di riscatto è doveroso sottolinear, una volta di
più, la propensione al risparmio degli italiani in quanto il Gestito
da parte delle imprese assicurative è aumentato nell'ordine del 10%.
Parte del riscatto deve quindi attribuirsi fisiologicamente,
proporzionalmente, a tale incremento. La rimanente percentuale, 35-40%,
può essere attribuita, nella sua generalità, a componenti
sufficientemente determinabili.
Chiarito che il target medio dei contraenti può individuarsi tra
professionisti, artigiani, piccoli industriali, impiegati e quadri aziendali,
che i riscatti, nella gran parte dei casi, sono "parziali",
cioè intaccano il versato ma non estinguono
il rapporto in essere, il fenomeno può ricondursi su tre direttrici:
incertezza rispetto il momento socio-politico, soddisfazione di
necessità primarie, utilizzo flessibile del risparmio. Ogni fase
economica caratterizzata da fenomeni di incertezza politica e sociale ha
influenze negative sugli investimenti e sul risparmio; non sta a noi fornire
analisi e giudizi politici, ma nel sottolineare il momento evidenziamo
l'ovvio: non possiamo che augurarci che il Paese risponda in qualche modo
alle richieste globali dei cittadini di sicurezza, indirizzi sociali ed
economici precisi, sviluppo delle attività produttive.
A tali incertezze corrispondono le campagne promozionali verso i beni
più durevoli e di maggior prestigio, che le unità commerciali
dei vari settori dell'industria e del commercio – consapevoli dle momento – indirizzano il consumo (es. le
immatricolazioni di veicoli nuovi sono in controtendenza rispetto al resto
d'Europa). Le maggiori entrate fiscali, cui siamo ovviamente favorevoli, (queste però potrebbero altrettanto incidere
sull'incremento del gestito), il fatto che 9,5 milioni di italiani non
abbiano rinnovato i contratti di lavoro, Ccnl,
quindi stipendi stagnanti e sempre più erosi, in presenza di una
molteplicità di offerte commerciali appetibili, possono costituire la
motivazione al riscatto parziale delle polizze. Soprattutto i lavoratori
dipendenti potrebbero trovarsi in difficoltà rispetto ai c.d.
fabbisogni minori (vacanze, ristoranti, vestiario, generale aumento del costo
della vita) tanto da obbligarli – a parità di costumi e stili di vita
– al riscatto parziale, a volte totale, di quanto investito.
Da tenere sempre più in considerazione che a queste polizze vengono date, sempre più, connotazioni di
"conto corrente", si preleva e si versa a secondo delle
necessità. Un fenomeno quindi che non va interpretato a sfiducia degli
assicuratori (avessero in altri settori, specie Rca,
altrettanta etica gestionale!) ma a un più flessibile utilizzo delle
polizze vita in presenza di un aumento generalizzato
dell'offerta e del costo della vita che invitano/obbligano ad un recupero
della propria liquidità. Su tutto il "cambio pelle" della
politica italiana, il clima di incertezza complessiva che favorisce piuttosto
la propensione all'acquisto di beni piuttosto che agli investimenti».
L'avvocato Luciano Fanti dell'Ufficio legale nazionale del Codacons, afferma: « Abbiamo riscontrato che
sono sempre più numerosi i consumatori che si rivolgono al Codacons
per questioni legate alle polizze vita. In particolare sono molti che
attraverso la ns. Associazione cercano di capire in cosa consistono queste
polizze, non solo prima dell'acquisto, ma anche in seguito. Ciò
dimostra che i consumatori sono destinatari ovvero vittime di una
pubblicità assordante e fine a se stessa, che non mette loro in grado effetture scelte consapevoli.
Altrettanto diffuse sono le richieste di riscatto e il fenomeno non appare
legato solamente alla particolare congiuntura economica, in quanto tale
facoltà è esercitata anche da persone che non hanno problemi
finanziari. Pertanto il motivo di tanti riscatti è lo scarso
rendimento offerto dalle polizze che, non di rado, comportano una perdita
secca sul capitale investito. Ma molto spesso il consumatore al momento
dell'acquisto non è messo in grado di comprendere la natura di questi
contratti (sempre scritti in un linguaggio ipertecnico
e incomprensibile) che sono proposti come tranquilli piani di accumulo ovvero
pensionistici, mentre a volte si tratta di vere e proprie operazioni
finanziarie, con tutti i rischi connessi (vedi ad esempio le polizze tipo unit linked o index linked). Ed è
paradossale che mentre fuggono dai fondi, i consumatori finiscono per
acquistare delle polizze unit linked
che sono collegate proprio con fondi di investimento. Tra l'altro, accanto
agli scarsi rendimenti (quando ci sono) si devono segnalare le elevate
commissioni (doppie quando sono collegate a fondi di
investimento) elevati caricamenti iniziali e penalità di riscatto (che
costituisce una specie di fedelizzazione forzosa).
Per questi motivi il Codacons promuove diverse azioni legali contro le
compagnie che non hanno ottemperato agli obblighi di informazione, che oggi
più di ieri sono inderogabili. A iniziare dall'obbligo di indicare i
costi (con l'Isc, indicatore sintetico di costo)
del contratto nella nota informativa. Ulteriori obblighi sono imposti dal
Codice delle assicurazioni (e già prima dalla circolare Isvap 551/05). Sicchè
oggi sono a carico delle compagnie obblighi informativi del tutto simili a
quelli previsti dal Regolamento Consob 11522/98 in materia di investimenti
finanziari. Anche la giurisprudenza di recente ha mostrato maggiore
attenzione per tali contratti e per l'informativa alla clientela, tanto da
dichiarare la nullità di una polizza Unit Linked quando il cliente non ha ricevuto le informazioni
necessarie a effettuare un acquisto consapevole (come il Tribunale di Milano
ha stabilito con la sentenza numero 340 del 2007).
Inoltre con la legge di conversione del secondo decreto Bersani (Legge 40 del 2 aprile 2007, articolo 5, comma 4) il
legislatore ha stabilito che nei contratti assicurativi poliennali
l'assicurato ha facoltà di recedere dal contratto senza oneri (se il
contratto ha più di tre anni). Pertanto si dovrà tener conto
della nuova norma in sede di riscatto delle
polizze».
Infine, secondo Paolo Piccari dell'Unione Nazionale Consumatori, «la notevole
crescita del numero dei riscatti nel settore delle polizze Vita deriva
fondamentalmente dal crescente stato di sofferenza economica in cui si
trovano numerose famiglie italiane. L'aumento dei tassi dei mutui e delle
tariffe di energia elettrica e gas stanno causando seri problemi al bilancio
delle singole famiglie, che sono costrette a raschiare il fondo del barile
per pagare le rate del mutuo e le bollette e, magari, a rompere il
salvadanaio costituito dalle polizze Vita. Quindi molti preferiscono
riscattare anticipatamente il capitale maturato, perché hanno bisogno di
contante perché impossibilitati a pagare i premi previsti, perdendo parte del
denaro risparmiato.
Purtroppo, in Italia manca una cultura assicurativa apprezzabile, perché
altrimenti molti consumatori non avrebbero sottoscritto polizze di lunga
durata, che impegnano per 10, 15 o 20 anni a pagare un premio. Infatti,
secondo l'Unione Nazionale Consumatori è meglio stipulare polizze a
premio unico di durata annuale o polizze a premio ricorrente che impegnano
l'assicurato per pochi anni, meglio se non più di 5. Se poi alla
scadenza ci sono ancora le condizioni, si può reinvestire il capitale
maturato in una nuova polizza. L'Unione Nazionale Consumatori, in ogni caso,
ricorda che è possibile sospendere temporaneamente il pagamento dei
premi e riattivare successivamente la polizza, evitando così la brusca
interruzione del proprio programma di risparmio».
|