Da Il Sole 24 Ore 16
gennaio 2007
Biocarburanti: come creare
energia dai prodotti agricoli di Carla Gallo*
I biocarburanti. Esistono molte possibilità
di produrre energia a partire dalle colture agrarie, come il bioetanolo da mais e barbabietola, il biodiesel
dalle colture oleaginose (colza, girasole, soia), il biogas da mais
trinciato, reflui zootecnici e biomasse.
Gli alti prezzi attuali del petrolio hanno ridestato grande interesse in
tutto il mondo per gli impieghi a fini energetici delle colture agrarie,
creando nuove promettenti prospettive per l’agricoltura.
Inoltre, il positivo impatto ambientale che ha la sostituzione dei prodotti
petroliferi con i biocarburanti e la
possibilità di ridurre le emissioni di anidride carbonica per
rispettare il protocollo di Kyoto, hanno spinto
molti Paesi nel mondo a emanare leggi che prevedono un crescente utilizzo di bioenergie.
L’Unione europea, in particolare, attraverso la direttiva 2003/30/Ue e la Comunicazione della Commissione europea (Sec n.142 del 08/02/2006), ha cercato di:
- porre degli obiettivi di consumo dei biocarburanti per autotrazione,
che avrebbero dovuto rappresentare il 2% del totale entro il 2005 e il 5,75%
entro il 2010;
- promuovere maggiormente la loro produzione e il loro utilizzo nell’Ue
- avviare i preparativi per un loro impiego su vasta scala, migliorandone la
competitività in termini di costi, con coltivazioni di materie prime
dedicate.
Inoltre, con la riforma del 2003 della Politica agricola comunitaria è
stato introdotto un premio speciale a sostegno delle colture energetiche,
pari a 45 euro all'ettaro per una superficie massima garantita di 1,5 milioni
di ettari (la Commissione ha proposto di aumentare la superficie massima
garantita che può benficiare degli aiuti
dagli attuali 1,5 milioni a 2 milioni di ettari, ndr).
La risposta dei vari Paesi per incrementare la diffusione dei biocarburanti in base al piano europeo è stata
assai diversificata. Alcuni Stati molto “virtuosi” hanno puntato decisamente
su questa opportunità ed hanno creato delle vere e proprie filiere energetiche,
come il caso della Francia, mentre altri stanno
ancora pensando come raggiungere gli obiettivi prefissati dalla UE, e stiamo
parlando dell’Italia.
Francia e Italia. Due realtà a confronto
In Francia, il governo ha deciso di superare gli obiettivi previsti dalle
direttive europee, ponendosi dei traguardi molto ambiziosi, con una quota dei
biocarburanti che dovrà salire al 5,75% dei
carburanti totali per autotrazione entro il 2008,
al 7% nel 2010 e al 10% nel 2015.
Per raggiungere questi obiettivi, oltre all’ampliamento degli impianti
già esistenti, saranno costruiti in 14 regioni 21 nuovi impianti, di
cui 6 che producono etanolo e 15 biodiesel.
L’investimento è stato stimato in 1,2 miliardi di euro, con la
creazione di 30.000 nuovi posti di lavoro.
Attraverso questa politica strutturale, sarà possibile per la Francia entro il 2010 quadruplicare la produzione, che
già nel 2005 raggiungeva i 3,78 milioni di tonnellate. Dal punto di
vista dell’agricoltura, si tradurrà in 2 milioni di ettari coltivati a
colture energetiche e in una riduzione delle emissione gassose di 8 milioni
di tonnellate equivalenti di CO2.
L’Italia sta attuando la direttiva europea con notevole ritardo e solo con la
Legge Finanziaria 2007 si avrà, probabilmente, una indicazione
chiara e positiva per far decollare questo settore.
Infatti, dal 1
luglio 2006, in
teoria, i distributori italiani di carburanti sarebbero obbligati (legge 81/2006) a miscelare a benzina e gasolio almeno l’1%
di biocarburanti derivati da coltivazioni agricole.
Tale quota avrebbe anche dovuto crescere gradualmente fino ad arrivare al 5%
di biocarburanti nel 2010 (comunque inferiore al
5,75% previsto a livello europeo). Ad oggi tale legge rimane inattuata a causa della sua incompletezza, poiché manca
il regolamento di attuazione che deve disciplinare in dettaglio come si
articola l’immissione al consumo e, soprattutto, cosa accade se l’obbligo non
viene rispettato.
Sul bioetanolo poi, non si paga l'accisa carburanti (decreto ministero delle Finanze n. 96
del 20/02/2004), ma la mancata emanazione del
decreto interministeriale attuativo per la produzione e commercializzazione
di bioetanolo in esenzione di accisa
non ha di fatto permesso l’immissione sul mercato di questo prodotto.
Come conseguenza, in Italia, ad oggi, non vi è un solo impianto di bioetanolo in funzione, anche se l’interesse da parte di
molti soggetti (compresi alcuni agricoltori riuniti in cooperativa) è
molto forte. Se ne parlerà nel prossimo biennio, con il prossimo avvio
di 3 impianti che dovrebbero assorbire
complessivamente 1,5 milioni di tonnellate di mais.
Il bioetanolo
I due principali biocarburanti per autotrazione sono il biodiesel
(ottenuto dalle colture oleaginose come soia, girasole e colza e già
molto presente in Europa) e il bioetanolo (ottenuto
attraverso la fermentazione degli zuccheri della canna, del mais, della
bietola).
L’etanolo è un
alcol che può entrare in miscele più o meno spinte con le
benzine, senza richiedere nessuna modifica dei motori fino a quote del 10%
(è il caso dell’E10, la miscela di 90% di benzina senza piombo e 10%
di bioetanolo, molto diffusa negli Usa); può
essere utilizzato in percentuali anche maggiori, anche fino al 100%, ma in
tal caso i motori debbono essere opportunamente concepiti, come nel caso
delle auto con tecnologia FlexiFuel.
Il bioetanolo è ricavato dal mais
principalmente attraverso un processo noto come dry-grind
o macinazione a secco, nel quale tutta la granella
di mais viene macinata a livello di farina
grossolana, poi impastata con acqua per formare una poltiglia che viene cotta
, trattata con enzimi, fermentata e distillata.
Oltre ovviamente all’etanolo, da questo processo si ottengono sottoprodotti
di alto valore: l’anidride carbonica (che può essere venduta per la
produzione di bibite gassate, ad esempio) e i cosiddetti distillers
grains, ossia la frazione esausta della granella che viene
commercializzata come mangime di alto valore per l’alimentazione dei bovini
da latte e da carne.
Come si vede, in questo processo non vi è praticamente nulla che viene perso o scartato, ed anzi i co-prodotti
ottenuti sono essenziali per garantire all’impianto un ritorno economico.
Nuove tecnologie e selezione.
Nel processo di produzione dell’etanolo con il dry-grind,
il costo del mais rappresenta oltre il 60% dei costi totali di produzione. É
quindi essenziale ottenere il massimo da ogni singolo chicco di mais.
I mais che entrano nella categoria IndustrySelectSM
Pioneer per l’etanolo sono dotati del carattere Htf (High total fermentables),
ossia debbono avere un alto contenuto di fermentescibili
che permetta di migliorare la resa in etanolo di
oltre il 4%, rispetto ad una granella di mais
generica.
I ricercatori Pioneer hanno dimostrato che questo
particolare carattere HTF è un indicatore assai accurato della resa in
etanolo che ci si può attendere da un mais, molto di più
rispetto ad altri parametri come il contenuto totale in amido o la quota di amido estraibile.
Pioneer ha anche sviluppato la tecnologia Nir per valutare in modo spedito ma accurato questo tipo
di carattere, testandola sia i grandi impianti di produzione degli Usa. Una
volta dimostrata l’altissima affidabilità di questa applicazione nel
prevedere le rese in etanolo, abbiamo deciso di donare alla Ncga, l’Associazione Nazionale dei Maiscoltori
Americana, la tecnologia che permette di individuare gli ibridi Htf. In questo modo abbiamo contribuito a creare un sistema
equo ed imparziale che permette di ricompensare i maiscoltori
per il maggior valore della loro granella.
Un’economia basata su fonti rinnovabili
A conferma del forte impegno per sviluppare il settore delle energie
rinnovabili e delle materie plastiche a base di prodotti agricoli, Pioneer e DuPont hanno dato il
via ad alcune importanti collaborazioni con società leader nella
ricerca, nella produzione e nella commercializzazione di questi prodotti.
Il primo grande accordo è stato quello realizzato con l’industria
petrolifera BP (British Petroleum)
che ha sancito il lancio della prossima generazione di biocarburanti.
Le due società hanno già studiato e messo a punto il processo
di produzione e di raffinazione del biobutanolo,
un alcol simile all’etanolo ma con notevoli miglioramenti, che verrà commercializzato in Gran Bretagna nelle
benzine BP già dal 2007.
Innanzitutto, la sua bassa pressione di vapore ne permette una miscelazione
con le benzine più semplice, a maggiori concentrazioni e con minore
rischio di separazione dei due componenti in presenza di acqua. Già
oggi può essere aggiunto alle benzine fino al 10% in volume con possibilità
di salire fino al 16%, senza necessità di modificare i motori delle
autovetture, né la struttura della rete di distribuzione ella benzina sul
territorio. Inoltre, avendo un contenuto energetico praticamente identico a
quello della benzina (l’etanolo ne ha solo i 2/3), la miscela che si ottiene
non penalizza il rendimento e le performance dei motori.
Le proprietà del butanolo sono note da circa
100 anni, ma non è stato finora utilizzato in maniera diffusa in
ragione degli alti costi di produzione. Le nuove tecnologie sviluppate da DuPont e BP renderanno disponibile il biobutanolo
sul mercato in maniera economica, anche grazie ad un particolare processo biotecnologico che incrementerà la resa della
fermentazione delle materie prime quali mais, frumento, canna da zucchero,
bietola.
Etanolo dalla cellulosa
Proprio all’inizio di ottobre, Pioneer/DuPont ha anche reso nota la collaborazione con Broin, il più grande produttore di etanolo da
macinazione a secco degli Stati Uniti e leader nell’industria della bioraffinazione.
Il primo risultato già annunciato è un nuovo processo
produttivo che rende possibile ed economicamente redditizio ricavare etanolo
anche dalla cellulosa, come quella degli stocchi di mais.
Negli ultimi tre anni la ricerca DuPont ha sviluppato
un pacchetto tecnologico che permette di attaccare la complessa matrice dei
carboidrati dello stocco di mais e trasformare con
altissima efficienza la cellulosa presente in etanolo.
Il processo, che è ora negli ultimi stadi prima di arrivare sul mercato,
permette un’altissima conversione in etanolo sia degli zuccheri C-6 come il
glucosio sia di quelli C5, come lo xilosio di
difficile fermentazione. Questo processo è una bio-raffinazione
che utilizza per la conversione un microrganismo chiamato Zymomonas
mobilis, presente in natura nelle soluzioni ad alta
concentrazione zuccherina.
Poter utilizzare anche la cellulosa contenuta negli stocchi del mais per la
produzione efficiente di etanolo permetterà
praticamente di raddoppiare la potenziale produzione di biocarburanti
per ettaro. In questo modo si potrebbe più facilmente raggiungere
l’obiettivo di un importante sostituzione della
benzina con etanolo e migliorare la redditività del processo di
raffinazione dell’alcol.
Infine, la terza applicazione ha davvero qualcosa di strabiliante e permetterà letteralmente di indossare il mais.
Infatti, DuPont e Tate&Lyle
(un grande gruppo che trasforma mais e frumento in ingredienti per
l’industria farmaceutica, alimentare, cosmetica, edile) hanno dato vita ad
una società paritetica per la creazione di prodotti derivati da fonti
rinnovabili come il mais.
I ricercatori delle due società hanno messo a punto un nuovo processo
di purificazione e fermentazione del mais per ottenere 1,3 propandiolo (Pdo), ingrediente
chiave del polimero Sorona®. Questo polimero,
impiegato per produrre abbigliamento e tessuti resistenti alle macchie,
soffici al tatto, molto elastici e colorabili, oggi è ottenuto
utilizzando Pdo di origine petrolifera. Da
quest’anno, invece, verrà utilizzato il nuovo
bio-Pdoo, che oltre a derivare da una fonte
rinnovabile come il mais, richiede anche il 30-40% di energia in meno in
produzione, facendo risparmiare l’equivalente di 45 milioni di litri di
benzina all’anno.
Il bioetanolo negli Usa
La
politica degli incentivi dell’amministrazione Bush
e la grande disponibilità di mais per trasformazioni non mangimistiche
ha dato un forte impulso all’industria dell’etanolo negli Usa.
Se nel 2005 si contavano 95 raffinerie di etanolo in 19 stati, con una
produzione di quasi 15 miliardi di litri, nel 2006 sono già attivi
oltre 100 impianti, ed altri 49 sono in costruzione.
L’utilizzo della granella di mais per etanolo
ha superato quest’anno il 15% della produzione statunitense (una cifra record
di 37,5 milioni di tonnellate di granella),
fornendo più di 17 milioni di litri di bioetanolo.
Alcuni studi indicano la possibilità che nei prossimi 5 anni vi siano importanti cambiamenti nella ripartizione d’uso
della granella di mais. Infatti
è previsto che la superficie a mais salga di oltre il 10%, con aumenti
di produzione del 18,3%. Le maggiori rese verranno
indirizzate per le enormi richieste dell’industria del bioetanolo
(che potrebbe aumentare del 77,8%), registrando al contempo un calo del 1,9%
nell’impiego diretto della granella nel settore
mangimistico e del 18% nelle esportazioni.
Questa impressionante corsa al rialzo (la produzione di etanolo è
praticamente raddoppiata in soli 4 anni e si prevede raddoppierà
ancora nei prossimi 5 anni) sembra senza fine e sta spingendo verso l’alto i
prezzi internazionali della granella di mais.
Per dare un’idea dei livelli raggiunti, basta osservare i futures di fine anno per la granella
alla borsa di Chicago, ossia i contratti per consegna dicembre 2006, che
nelle ultime sedute hanno superato i 3$/bushel, rispetto a valori dell’anno
scorso intorno a 2,4-2,5$/bushel.
Il possibile
mercato
E
per il futuro quali le prospettive nel mercato globale dei biocarburanti?
Con la riforma delle norme Rfs (Renewable Fules Standard) in
atto, gli Stati Uniti restano i principali protagonisti dei grandi
cambiamenti in questo settore, ma la crescita del comparto dei biocarburanti (e dell’etanolo in particolare) è
prevista anche per altri Paesi.
Il dipartimento americano di energia stima che entro il 2020 a livello mondiale
saranno prodotti circa 330 miliardi di litri di biocarburanti
(oggi si viaggia intorno a 40 miliardi), con l’Unione europea e la regione
Eurasiatica che contribuiranno per il 23%, il Sud-Est Asiatico-Oceania
e il Nord America ognuno per il 34,5% e il Sud America per il restante 8 per
cento.
Proprio l’aumento nella produzione di bio-etanolo
sarà uno degli elementi chiave del settore cerealicolo e una
determinante fondamentale dei futuri assetti di mercato.
Il costo di produzione
Va
tenuto bene a mente che nel processo di produzione dei biocarburanti
il costo principale è quello della materia prima
(oltre 1/2 del totale per l’etanolo, i tre quarti per il biodiesel); le differenze, quindi nei costi di produzione
tra i diversi Paesi sono decisamente legate alla materia prima utilizzata e
al valore dei sottoprodotti ottenuti, portando a una competitività nei
confronti del petrolio molto variabile da zona a zona.
Ai prezzi e costi del 2004, l’unico Paese in grado di produrre biocarburante a prezzi inferiori a quelli della benzina
(al netto delle tasse) era il Brasile, con un costo dell’etanolo a
0,332$/litro di benzina equivalente, rispetto al valore della benzina di circa 0,394$/litro.
Per tutti gli altri Paesi è invece, necessaria una qualche forma
di sovvenzione, principalmente sotto forma di detassazione per supportare la competitività del biocarburante, anche se negli Usa il costo di produzione
del mais era solo 5c$ superiore a quello della benzina.
Per gli USA la soglia di competitività dell’etanolo da mais
è quindi al di sopra dei 44$ al barile, mentre negli altri paesi
etanolo e biodiesel richiedono prezzi intorno ai
68$/barile.
Con i prezzi attuali intorno ai 60$, molto superiori
a quelli del 2004, la produzione di etanolo dal mais diventa competitiva in
tutto il Nord America e si avvicina alla soglia di indifferenza anche per i
Paesi Europei.
Conclusioni
La
condizione preliminare per un più diffuso impiego dei biocombustibili e per una concreta opportunità per
gli agricoltori, è che anche l’Italia si adegui velocemente alle
politiche energetiche dell'Unione europea, sulla scorta di quanto, ad
esempio, Francia e Germania stanno già facendo.
È inoltre, indispensabile programmare con attenzione gli obiettivi
di sviluppo delle energie da fonti rinnovabili, sostenendo anche fiscalmente
le produzioni agricole (attualmente sono defiscalizzate solamente 200.000
tonnellate di biodiesel) e promuovendo con accordi
adeguati l’uso di colture agrarie realmente coltivate in Europa per fini
energetici.
I ritardi negli investimenti sui biocarburanti
in Italia, e soprattutto nel bioetanolo, sono
notevoli e nell’immediato saranno forse altre le produzioni energetiche di punta,
come quella del biogas già in fase avanzata.
Queste opportunità di mercato per la granella
di mais potranno essere di integrazione a quella assai più
qualificante delle produzioni alimentari; in questo settore Pioneer lavora da anni per far apprezzare e valorizzare
la qualità straordinaria del mais italiano, che è cresciuta per
l’impegno da parte di tutti i soggetti della filiera del
mais, dall’agricoltore all’essiccatore fino al trasformatore finale.
* Responsabile Progetti Qualità di Pioneer
Hi-Bred Italia (pubblicato da Terra e Vita)
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