PRIVILEGIA NE IRROGANTO         di Mauro Novelli    Documento d’interesse

Documento inserito il 18-1-2007


 

 

 

Da Il Sole 24 Ore 16 gennaio 2007

Biocarburanti: come creare energia dai prodotti agricoli di Carla Gallo*

I biocarburanti. Esistono molte possibilità di produrre energia a partire dalle colture agrarie, come il bioetanolo da mais e barbabietola, il biodiesel dalle colture oleaginose (colza, girasole, soia), il biogas da mais trinciato, reflui zootecnici e biomasse.
Gli alti prezzi attuali del petrolio hanno ridestato grande interesse in tutto il mondo per gli impieghi a fini energetici delle colture agrarie, creando nuove promettenti prospettive per l’agricoltura.
Inoltre, il positivo impatto ambientale che ha la sostituzione dei prodotti petroliferi con i biocarburanti e la possibilità di ridurre le emissioni di anidride carbonica per rispettare il protocollo di Kyoto, hanno spinto molti Paesi nel mondo a emanare leggi che prevedono un crescente utilizzo di bioenergie.
L’Unione europea, in particolare, attraverso la direttiva 2003/30/Ue e la Comunicazione della Commissione europea (Sec n.142 del 08/02/2006), ha cercato di:
- porre degli obiettivi di consumo dei biocarburanti per autotrazione, che avrebbero dovuto rappresentare il 2% del totale entro il 2005 e il 5,75% entro il 2010;
- promuovere maggiormente la loro produzione e il loro utilizzo nell’Ue
- avviare i preparativi per un loro impiego su vasta scala, migliorandone la competitività in termini di costi, con coltivazioni di materie prime dedicate.
Inoltre, con la riforma del 2003 della Politica agricola comunitaria è stato introdotto un premio speciale a sostegno delle colture energetiche, pari a 45 euro all'ettaro per una superficie massima garantita di 1,5 milioni di ettari (la Commissione ha proposto di aumentare la superficie massima garantita che può benficiare degli aiuti dagli attuali 1,5 milioni a 2 milioni di ettari, ndr).
La risposta dei vari Paesi per incrementare la diffusione dei biocarburanti in base al piano europeo è stata assai diversificata. Alcuni Stati molto “virtuosi” hanno puntato decisamente su questa opportunità ed hanno creato delle vere e proprie filiere energetiche, come il caso della Francia, mentre altri stanno ancora pensando come raggiungere gli obiettivi prefissati dalla UE, e stiamo parlando dell’Italia.


Francia e Italia. Due realtà a confronto
In Francia, il governo ha deciso di superare gli obiettivi previsti dalle direttive europee, ponendosi dei traguardi molto ambiziosi, con una quota dei biocarburanti che dovrà salire al 5,75% dei carburanti totali per autotrazione entro il 2008, al 7% nel 2010 e al 10% nel 2015.
Per raggiungere questi obiettivi, oltre all’ampliamento degli impianti già esistenti, saranno costruiti in 14 regioni 21 nuovi impianti, di cui 6 che producono etanolo e 15 biodiesel. L’investimento è stato stimato in 1,2 miliardi di euro, con la creazione di 30.000 nuovi posti di lavoro.
Attraverso questa politica strutturale, sarà possibile per la Francia entro il 2010 quadruplicare la produzione, che già nel 2005 raggiungeva i 3,78 milioni di tonnellate. Dal punto di vista dell’agricoltura, si tradurrà in 2 milioni di ettari coltivati a colture energetiche e in una riduzione delle emissione gassose di 8 milioni di tonnellate equivalenti di CO2.
L’Italia sta attuando la direttiva europea con notevole ritardo e solo con la Legge Finanziaria 2007 si avrà, probabilmente, una indicazione chiara e positiva per far decollare questo settore.

Infatti, dal 1 luglio 2006, in teoria, i distributori italiani di carburanti sarebbero obbligati (legge 81/2006) a miscelare a benzina e gasolio almeno l’1% di biocarburanti derivati da coltivazioni agricole. Tale quota avrebbe anche dovuto crescere gradualmente fino ad arrivare al 5% di biocarburanti nel 2010 (comunque inferiore al 5,75% previsto a livello europeo). Ad oggi tale legge rimane inattuata a causa della sua incompletezza, poiché manca il regolamento di attuazione che deve disciplinare in dettaglio come si articola l’immissione al consumo e, soprattutto, cosa accade se l’obbligo non viene rispettato.
Sul bioetanolo poi, non si paga l'accisa carburanti (decreto ministero delle Finanze n. 96 del 20/02/2004), ma la mancata emanazione del decreto interministeriale attuativo per la produzione e commercializzazione di bioetanolo in esenzione di accisa non ha di fatto permesso l’immissione sul mercato di questo prodotto.
Come conseguenza, in Italia, ad oggi, non vi è un solo impianto di bioetanolo in funzione, anche se l’interesse da parte di molti soggetti (compresi alcuni agricoltori riuniti in cooperativa) è molto forte. Se ne parlerà nel prossimo biennio, con il prossimo avvio di 3 impianti che dovrebbero assorbire complessivamente 1,5 milioni di tonnellate di mais.


Il bioetanolo
I due principali biocarburanti per autotrazione sono il biodiesel (ottenuto dalle colture oleaginose come soia, girasole e colza e già molto presente in Europa) e il bioetanolo (ottenuto attraverso la fermentazione degli zuccheri della canna, del mais, della bietola).
L’etanolo è un alcol che può entrare in miscele più o meno spinte con le benzine, senza richiedere nessuna modifica dei motori fino a quote del 10% (è il caso dell’E10, la miscela di 90% di benzina senza piombo e 10% di bioetanolo, molto diffusa negli Usa); può essere utilizzato in percentuali anche maggiori, anche fino al 100%, ma in tal caso i motori debbono essere opportunamente concepiti, come nel caso delle auto con tecnologia FlexiFuel.
Il bioetanolo è ricavato dal mais principalmente attraverso un processo noto come dry-grind o macinazione a secco, nel quale tutta la granella di mais viene macinata a livello di farina grossolana, poi impastata con acqua per formare una poltiglia che viene cotta , trattata con enzimi, fermentata e distillata.
Oltre ovviamente all’etanolo, da questo processo si ottengono sottoprodotti di alto valore: l’anidride carbonica (che può essere venduta per la produzione di bibite gassate, ad esempio) e i cosiddetti distillers grains, ossia la frazione esausta della granella che viene commercializzata come mangime di alto valore per l’alimentazione dei bovini da latte e da carne.
Come si vede, in questo processo non vi è praticamente nulla che viene perso o scartato, ed anzi i co-prodotti ottenuti sono essenziali per garantire all’impianto un ritorno economico.


Nuove tecnologie e selezione.
Nel processo di produzione dell’etanolo con il dry-grind, il costo del mais rappresenta oltre il 60% dei costi totali di produzione. É quindi essenziale ottenere il massimo da ogni singolo chicco di mais.
I mais che entrano nella categoria IndustrySelectSM Pioneer per l’etanolo sono dotati del carattere Htf (High total fermentables), ossia debbono avere un alto contenuto di fermentescibili che permetta di migliorare la resa in etanolo di oltre il 4%, rispetto ad una granella di mais generica.
I ricercatori Pioneer hanno dimostrato che questo particolare carattere HTF è un indicatore assai accurato della resa in etanolo che ci si può attendere da un mais, molto di più rispetto ad altri parametri come il contenuto totale in amido o la quota di amido estraibile.
Pioneer ha anche sviluppato la tecnologia Nir per valutare in modo spedito ma accurato questo tipo di carattere, testandola sia i grandi impianti di produzione degli Usa. Una volta dimostrata l’altissima affidabilità di questa applicazione nel prevedere le rese in etanolo, abbiamo deciso di donare alla Ncga, l’Associazione Nazionale dei Maiscoltori Americana, la tecnologia che permette di individuare gli ibridi Htf. In questo modo abbiamo contribuito a creare un sistema equo ed imparziale che permette di ricompensare i maiscoltori per il maggior valore della loro granella.
Un’economia basata su fonti rinnovabili
A conferma del forte impegno per sviluppare il settore delle energie rinnovabili e delle materie plastiche a base di prodotti agricoli, Pioneer e DuPont hanno dato il via ad alcune importanti collaborazioni con società leader nella ricerca, nella produzione e nella commercializzazione di questi prodotti.
Il primo grande accordo è stato quello realizzato con l’industria petrolifera BP (British Petroleum) che ha sancito il lancio della prossima generazione di biocarburanti. Le due società hanno già studiato e messo a punto il processo di produzione e di raffinazione del biobutanolo, un alcol simile all’etanolo ma con notevoli miglioramenti, che verrà commercializzato in Gran Bretagna nelle benzine BP già dal 2007.
Innanzitutto, la sua bassa pressione di vapore ne permette una miscelazione con le benzine più semplice, a maggiori concentrazioni e con minore rischio di separazione dei due componenti in presenza di acqua. Già oggi può essere aggiunto alle benzine fino al 10% in volume con possibilità di salire fino al 16%, senza necessità di modificare i motori delle autovetture, né la struttura della rete di distribuzione ella benzina sul territorio. Inoltre, avendo un contenuto energetico praticamente identico a quello della benzina (l’etanolo ne ha solo i 2/3), la miscela che si ottiene non penalizza il rendimento e le performance dei motori.
Le proprietà del butanolo sono note da circa 100 anni, ma non è stato finora utilizzato in maniera diffusa in ragione degli alti costi di produzione. Le nuove tecnologie sviluppate da DuPont e BP renderanno disponibile il biobutanolo sul mercato in maniera economica, anche grazie ad un particolare processo biotecnologico che incrementerà la resa della fermentazione delle materie prime quali mais, frumento, canna da zucchero, bietola.


Etanolo dalla cellulosa
Proprio all’inizio di ottobre, Pioneer/DuPont ha anche reso nota la collaborazione con Broin, il più grande produttore di etanolo da macinazione a secco degli Stati Uniti e leader nell’industria della bioraffinazione.
Il primo risultato già annunciato è un nuovo processo produttivo che rende possibile ed economicamente redditizio ricavare etanolo anche dalla cellulosa, come quella degli stocchi di mais.
Negli ultimi tre anni la ricerca DuPont ha sviluppato un pacchetto tecnologico che permette di attaccare la complessa matrice dei carboidrati dello stocco di mais e trasformare con altissima efficienza la cellulosa presente in etanolo.
Il processo, che è ora negli ultimi stadi prima di arrivare sul mercato, permette un’altissima conversione in etanolo sia degli zuccheri C-6 come il glucosio sia di quelli C5, come lo xilosio di difficile fermentazione. Questo processo è una bio-raffinazione che utilizza per la conversione un microrganismo chiamato Zymomonas mobilis, presente in natura nelle soluzioni ad alta concentrazione zuccherina.
Poter utilizzare anche la cellulosa contenuta negli stocchi del mais per la produzione efficiente di etanolo permetterà praticamente di raddoppiare la potenziale produzione di biocarburanti per ettaro. In questo modo si potrebbe più facilmente raggiungere l’obiettivo di un importante sostituzione della benzina con etanolo e migliorare la redditività del processo di raffinazione dell’alcol.
Infine, la terza applicazione ha davvero qualcosa di strabiliante e permetterà letteralmente di indossare il mais. Infatti, DuPont e Tate&Lyle (un grande gruppo che trasforma mais e frumento in ingredienti per l’industria farmaceutica, alimentare, cosmetica, edile) hanno dato vita ad una società paritetica per la creazione di prodotti derivati da fonti rinnovabili come il mais.
I ricercatori delle due società hanno messo a punto un nuovo processo di purificazione e fermentazione del mais per ottenere 1,3 propandiolo (Pdo), ingrediente chiave del polimero Sorona®. Questo polimero, impiegato per produrre abbigliamento e tessuti resistenti alle macchie, soffici al tatto, molto elastici e colorabili, oggi è ottenuto utilizzando Pdo di origine petrolifera. Da quest’anno, invece, verrà utilizzato il nuovo bio-Pdoo, che oltre a derivare da una fonte rinnovabile come il mais, richiede anche il 30-40% di energia in meno in produzione, facendo risparmiare l’equivalente di 45 milioni di litri di benzina all’anno.

Il bioetanolo negli Usa
La politica degli incentivi dell’amministrazione Bush e la grande disponibilità di mais per trasformazioni non mangimistiche ha dato un forte impulso all’industria dell’etanolo negli Usa.
Se nel 2005 si contavano 95 raffinerie di etanolo in 19 stati, con una produzione di quasi 15 miliardi di litri, nel 2006 sono già attivi oltre 100 impianti, ed altri 49 sono in costruzione.
L’utilizzo della granella di mais per etanolo ha superato quest’anno il 15% della produzione statunitense (una cifra record di 37,5 milioni di tonnellate di granella), fornendo più di 17 milioni di litri di bioetanolo.
Alcuni studi indicano la possibilità che nei prossimi 5 anni vi siano importanti cambiamenti nella ripartizione d’uso della granella di mais. Infatti è previsto che la superficie a mais salga di oltre il 10%, con aumenti di produzione del 18,3%. Le maggiori rese verranno indirizzate per le enormi richieste dell’industria del bioetanolo (che potrebbe aumentare del 77,8%), registrando al contempo un calo del 1,9% nell’impiego diretto della granella nel settore mangimistico e del 18% nelle esportazioni.
Questa impressionante corsa al rialzo (la produzione di etanolo è praticamente raddoppiata in soli 4 anni e si prevede raddoppierà ancora nei prossimi 5 anni) sembra senza fine e sta spingendo verso l’alto i prezzi internazionali della granella di mais.
Per dare un’idea dei livelli raggiunti, basta osservare i futures di fine anno per la granella alla borsa di Chicago, ossia i contratti per consegna dicembre 2006, che nelle ultime sedute hanno superato i 3$/bushel, rispetto a valori dell’anno scorso intorno a 2,4-2,5$/bushel.

Il possibile mercato
E per il futuro quali le prospettive nel mercato globale dei biocarburanti?
Con la riforma delle norme Rfs (Renewable Fules Standard) in atto, gli Stati Uniti restano i principali protagonisti dei grandi cambiamenti in questo settore, ma la crescita del comparto dei biocarburanti (e dell’etanolo in particolare) è prevista anche per altri Paesi.
Il dipartimento americano di energia stima che entro il 2020 a livello mondiale saranno prodotti circa 330 miliardi di litri di biocarburanti (oggi si viaggia intorno a 40 miliardi), con l’Unione europea e la regione Eurasiatica che contribuiranno per il 23%, il Sud-Est Asiatico-Oceania e il Nord America ognuno per il 34,5% e il Sud America per il restante 8 per cento.
Proprio l’aumento nella produzione di bio-etanolo sarà uno degli elementi chiave del settore cerealicolo e una determinante fondamentale dei futuri assetti di mercato.


Il costo di produzione
Va tenuto bene a mente che nel processo di produzione dei biocarburanti il costo principale è quello della materia prima (oltre 1/2 del totale per l’etanolo, i tre quarti per il biodiesel); le differenze, quindi nei costi di produzione tra i diversi Paesi sono decisamente legate alla materia prima utilizzata e al valore dei sottoprodotti ottenuti, portando a una competitività nei confronti del petrolio molto variabile da zona a zona.
Ai prezzi e costi del 2004, l’unico Paese in grado di produrre biocarburante a prezzi inferiori a quelli della benzina (al netto delle tasse) era il Brasile, con un costo dell’etanolo a 0,332$/litro di benzina equivalente, rispetto al valore della benzina di circa 0,394$/litro.
Per tutti gli altri Paesi è invece, necessaria una qualche forma di sovvenzione, principalmente sotto forma di detassazione per supportare la competitività del biocarburante, anche se negli Usa il costo di produzione del mais era solo 5c$ superiore a quello della benzina.
Per gli USA la soglia di competitività dell’etanolo da mais è quindi al di sopra dei 44$ al barile, mentre negli altri paesi etanolo e biodiesel richiedono prezzi intorno ai 68$/barile.
Con i prezzi attuali intorno ai 60$, molto superiori a quelli del 2004, la produzione di etanolo dal mais diventa competitiva in tutto il Nord America e si avvicina alla soglia di indifferenza anche per i Paesi Europei.


Conclusioni
La condizione preliminare per un più diffuso impiego dei biocombustibili e per una concreta opportunità per gli agricoltori, è che anche l’Italia si adegui velocemente alle politiche energetiche dell'Unione europea, sulla scorta di quanto, ad esempio, Francia e Germania stanno già facendo.
È inoltre, indispensabile programmare con attenzione gli obiettivi di sviluppo delle energie da fonti rinnovabili, sostenendo anche fiscalmente le produzioni agricole (attualmente sono defiscalizzate solamente 200.000 tonnellate di biodiesel) e promuovendo con accordi adeguati l’uso di colture agrarie realmente coltivate in Europa per fini energetici.
I ritardi negli investimenti sui biocarburanti in Italia, e soprattutto nel bioetanolo, sono notevoli e nell’immediato saranno forse altre le produzioni energetiche di punta, come quella del biogas già in fase avanzata.
Queste opportunità di mercato per la granella di mais potranno essere di integrazione a quella assai più qualificante delle produzioni alimentari; in questo settore Pioneer lavora da anni per far apprezzare e valorizzare la qualità straordinaria del mais italiano, che è cresciuta per l’impegno da parte di tutti i soggetti della filiera del mais, dall’agricoltore all’essiccatore fino al trasformatore finale.
* Responsabile Progetti Qualità di Pioneer Hi-Bred Italia (pubblicato da Terra e Vita)