HOME PRIVILEGIA
NE IRROGANTO di
Mauro
Novelli Documenti
d’interesse
Inserito
14-1-2007
Il
Sole 24 Ore 10/11 -1-2007
Incredibile
ascesa del commissario Scaramella di Claudio Gatti (cgatti@ilsole24ore.us
)
Il 31 dicembre, nel suo blog
personale, l'ex presidente della Commissione Mitrokhin,
il senatore di Forza Italia Paolo Guzzanti, ha augurato
a tutti «un 2007 dirompente nella vittoria della verità sulle
fabbricazioni».«Il Sole 24 Ore» ha trascorso un mese alla ricerca dei fatti e
(possibilmente) della verità su Mario Scaramella.
Conclusione:Paolo Guzzanti
è solo l'ultima di una lunga serie di persone che per 18 anni gli hanno permessodi girare il mondo spacciandosi per quello che non
è mai stato, cioè commissario, magistrato antimafia, professore
universitario, responsabile di un'organizzazione intergovernativa ed esperto di
intelligence sovietica. A difesa di Guzzanti si
può solo dire che l'elenco è lungo. Ma era altrettanto lunga laserie di campanelli d'allarme che avrebbe dovuto far
capire a Guzzanti e agli altri che si trattava di un
individuo da cui stare alla larga. Arrestato il 24 dicembre,oggi
il Tribunale del riesame deciderà se concedere a Scaramella
la scarcerazione mentre il Csm apre un fasciolo (l'ex consulente è giudice onorario a
Ischia) e la Procura di Bologna indaga per reati di calunnia.
Ambientalista agguerrito
L'ascesa di Mario Scaramella, combattente ambientale,
iniziò molto presto. Nel marzo del 1989,a soli
19 anni,fondò i Nuclei agenti di sicurezza civile, o Nasc,
un microgruppo di9 componenti legato a un'organizzazione ambientalista di
destra, il Gruppo di ricerca ecologica. Pochi mesi dopo,il
12 settembre '89,firmò un protocollo d'intesa con l'assessorato
all'Ambiente della Provincia di Napoli. Ma il colpo grosso lo fece quando ottenne una lettera dell'Alto commissariato
antimafia in cui si raccomandava alla prefettura il rilascio del porto d'armi
per gli operatori dei Nasc al servizio del
"commissario Scaramella". A firmare quella
lettera fu Luciana Villa, un'amica di famiglia dirigente del ministero
dell'Interno.
Dopodiché,agitando a distanza il tesserino di guardia itticovenatoria provinciale, il "commissario Scaramella" si presentò a due sostituti della
procura di Santa Maria Capua Vetere per ottenere
l'assistenza della polizia giudiziaria nelle sue attività di sequestro.Con l'appoggio dei funzionari a lui affidati, Scaramella fu protagonista di un'attività frenetica
di sequestri. «Può sembrare incredibile, ma con il suo nucleo fece il
bello e il cattivo tempo nelle province di Napoli e di Caserta dall'
A porre fine alle bravate dei Nasc fu un brigadiere
dei carabinieri insospettito dal fatto che,al momento
della firma dei verbali,Scaramella trovava il modo di
defilarsi. Nel luglio del '91,fu messo sotto processo
per usurpazione di titolo e di pubbliche funzioni. La sentenza di condanna fu
depositata il 31 dicembre 1994, dopo un procedimento in cui vennero
chiamati a testimoniare sia i due sostituti ingannati che l'Alto commissario
antimafia Domenico Sica.
In quell'occasione si manifestò un fenomeno che avrebbe accompagnato la
carriera di Scaramella: la presa di distanza di chi
gli aveva dato legittimità. Ecco che cosa scrive l'allora pretore
Roberto de Falco nella sua sentenza: «Larghe zone d'ombra sono rimaste, anche
in conseguenza della retromarcia... da parte di molti organi istituzionali che
avevano appoggiato lo Scaramella e i Nasc... retromarcia evidenziata dal contenuto chiaramente minimizzatore, se non reticente, di molte delle deposizioni
dei pubblici funzionari escussi in dibattimento».
La condanna venne poi annullata in appello con una motivazione definita
oggi da de Falco «in punto di diritto»:fu stabilito che quello di
"commissario" era un termine atecnico e che
Scaramella lo aveva usato in quanto presidente di una
commissione dei Nasc.
Scaramella scopre l'America
Gli eventi giudiziari costrinsero Scaramella a
chiudere i Nasc. Ma non lo scoraggiarono. Avendo
terreno bruciato vicino casa, guardò oltre i confini nazionali, puntando
su sigle in inglese e contatti al di là dell'Atlantico.
Nacque così lo Special research monitoring center ( Srmc),
entità virtuale che dichiarava collegamenti con centri spaziali e
universitari americani ma non aveva neppure una vera e propria sede.Con esso irruppe sulla scena
Filippo Marino, un ex ufficiale dell'esercito italiano esperto in materia di
sicurezza che aveva fatto corsi di addestramento all'uso delle armi al gruppo
di Scaramella. Marino si era trasferito a San
Francisco nei primi anni 90.Lì aveva
conosciuto Periklis Papadopoulos,
un ricercatore di origine greca che lavorava per la Eloret,una società di ricerca spaziale
subappaltatrice della Nasa. Per Scaramella
era la chiave di volta per riacquistare legittimità.
Grazie ai suoi collegamenti internazionali, decise di cimentarsi nel campo
delle consulenze peritali. Trovò subito incarichi presso la procura di
Verona e di Reggio Calabria. Ad affidargli la consulenza a Reggio fu il
sostituto Francesco Neri, ex braccio destro di Agostino Cordova
a Palmi, che all'epoca conduceva un'indagine su navi sospettate di essere state
affondate per smaltire scorie radioattive. Emerse una perizia allarmistica in
cui vennero indicati decine di affondamenti sospetti
nel Mediterraneo. La ricerca di questi relitti poteva essere un business di
miliardi. Scaramella ricostruì la vicenda in
un'intervista all'Espresso: «Era il 1996, quando i magistrati calabresi mi
contattarono per una delicata missione.Volevano
individuare una delle navi affondate nel Mediterraneo sospettate di trasportare
rifiuti radioattivi, dunque attivai i miei contatti». Scaramella
si riferiva alla Eloret. «Era una struttura perfetta
per le nostre esigenze,ma troppo esposta per accettare
l'incarico »,spiegò.La sua proposta fu di
utilizzare l'Srmc,
presentato come rappresentante della Eloret in
Italia.
Il piano dell'Srmc prevedeva un esborso di 1 miliardo
e 400 milioni di lire.Il procedimento venne poi trasferito alsostituto
procuratore antimafia Alberto Cisterna che, insospettito, bloccò
tutto.«Se non erro la perizia di Scaramella
ipotizzava l'esistenza di correnti sottomarine dell'ordine di centinaia di
chilometri orari che avrebbero potuto impedire il ritrovamento dei relitti »,ricorda oggi Cisterna. «Poiché nel Mediterraneo le correnti
sottomarine possono arrivare al massimo ai 10 nodi, quell'asserzione
contribuì a suscitare in me gravi perplessità su tutta
l'attività peritale svolta, perplessità segnalate anche in sede
di audizione parlamentare».
L'Environmental Crime
Gli allarmi di Cisterna non bastarono a frenare l'attività di Scaramella. Anzi lo spinsero a irrobustire il proprio
curriculum internazionale. Ecco allora il salto definitivo: l'organismo
intergovernativo. Nel marzo del 1997,assieme al fido
Marino, Scaramella fondò l'Environmental
Crime Prevention Program, il Programma per la
prevenzione del crimine ambientale. Veniva spacciato
per un organismo di diritto internazionale ma era una scatola vuota che non
risulta essere stata registrata in alcun Paese del mondo.
L'Ecpp nasce già... nato, con la «II
Conferenza Plenaria» che si tiene a Napoli. La prima conferenza non risulta
essere mai stata fatta. Probabilmente perché la migliore strada per convincere
qualcuno a farsi coinvolgere era di presentare un programma intergovernativo
già esistente. Dovendo creare una parvenza d'internazionalità, Scaramella decise di nominare tre special assistants, che in un comunicato presentò come «John Graham Taylor
(Uk), Christian Trentolà (France) and Phillip Marino (Germany)». Il
primo era un inesperto collaboratore di nazionalità inglese. Il secondo
un giovane napoletano di madre francese il cui cognome era in
realtà scritto senza accento finale. Il terzo, il suo socio
Filippo Marino.
Con alle spalle null'altro che una sigla,Scaramella iniziò a tessere la sua tela. Nel
dicembre
Un ulteriore tassello nell'opera di legittimazione dell'Ecpp
venne dalla Nato. Con stupefacente sfrontatezza, Scaramella chiese fondi e sponsorizzazione dello Science Program della Nato per una
conferenza sulla sicurezza ambientale da svolgersi in Lituania
in collaborazione col Governo locale. Ottenne il tutto e fu così coorganizzatore del workshop della Nato.
Quando abbiamo chiesto all'attuale direttore del programma Nato, Chris De Wispelaere, come possa
essere successo, la sua risposta è stata: «La sua proposta evidentemente
fu ritenuta valida ».
Un'operazione simile venne condotta nei confronti del
Segretariato della Convenzione di Basilea per la difesa dell'ambiente,
organismo sotto l'egida dell'Onu di base a Ginevra. In questo caso,Scaramella riuscì
addirittura a firmare un accordo di collaborazione. Anche qui, nessuno si prese
mai la briga di verificare nulla. Era bastata l'autocertificazione dell'Ecpp che citava la «IV Conferenza Plenaria»,che risultava essersi tenuta a New York negli uffici
dell'agenzia dell'ambiente americana,l'Epa.
A fargli avere la disponibilità di quegli uffici nel novembre del 2000
era stato Michael Penders,
un funzionario dell'ufficio legale dell'Epa che di lì a pochi mesi
avrebbe lasciato l'amministrazione statale per fondare una propria
società di consulenza e quindi era interessato a crearsi una rete di
contatti internazionali. Adesso Penders minimizza:
«Gli demmo un ufficio per un'ora». Ma un'ora era quanto bastava a Scaramella.E comunque lo stesso Penders
aderì all'organizzazione. «Ho solo accettato di dare supporto al gruppo
di lavoro legale», si giustifica.
Il ruolo di professore
Ma come poteva un funzionariodi un importante ente statale
Usa associarsi a uno Scaramella? «Lo avevo incontrato
al convegno della Nato in Lituania.
Mi era sembrato un giovane e dinamico professore di legge che aveva messo
insieme una rete di scienziati»,risponde Penders. Aveva poi giovato il fatto che Scaramella
aveva detto di essere anche un " magistrato antimafia". Professore
universitario? Magistrato antimafia?In entrambi i casi la carica era inventata.
Sulla base però di un infinitesimale granello di verità. Il 6
giugno 2001, con la benedizione del presidente del Tribunalee
del Consiglio giudiziario di Napoli,e una delibera
dell'Assemblea plenaria del Consiglio superiore della magistratura, Scaramella riuscì in effetti a diventare giudice
onorario di tribunale. Si trattava di una carica onoraria, che non aveva nulla
a che vedere con la lotta alla mafia. Ma gli era bastata per costruire il
solito castello di carta.
Anche sul fronte universitario,riuscì a
procurarsi delle pezze d'appoggio.Aveva iniziato nel
1998 con il Dipartimento di scienze internazionalistiche dell'Università
Federico II di Napoli. «Fui avvicinato dallo Scaramella,
che mi disse di essere alla guida di un'Unità criminologica
ambientale e mi chiese di stabilire un rapporto di collaborazione. Mi disse di
avere contatti importanti, aggiungendo di essere cugino di due miei ex
studenti, Stefano e Sergio Rastrelli, figli dell'ex presidente della Regione
Campania,Antonio Rastrelli», ricorda il professor
Luigi Sico, all'epoca responsabile del Dipartimento.
«Redigemmo una convenzionequadro che dava aldipartimento il compito di fornire personale per corsi di
formazione. Una parte della retta dei corsi era destinata a finanziareil
Dipartimentoe l'Università.Ma
la convenzione non trovò alcuna applicazione perché da Scaramella non ci pervenne mai alcuna richiesta».
Non ancora soddisfatto, Scaramella si fece avanti
anche con il Dipartimento di scienza e ingegneria dello spazio (Disis) della Federico II.
«Vantò contatti importantissimi nel mondo politicoscientifico
internazionale, dicendo tra l'altro di essere professore a Stanford
e adducendoche l'Ecpp aveva
ricevuto un mandato dai ministri dell'Ambiente dei Paesi membri», ricorda il
professor Paolo Oliviero, che poco dopo divenne direttore del dipartimento.
Sembrava una proposta valida e con una delibera del 19 giugno 2000 il
dipartimento decise «di istituire un programma denominato Centro di Politica
spaziale ».Il punto 3 della delibera diceva che «le modalità operative
del Centro saranno definite con un apposito regolamento del Dipartimento» e il
punto 4 che «la sede del Centro sarà presso il Dipartimento stesso
».Anche questa volta era una dichiarazione di intenti a cui
sarebbero dovuti seguire accordi operativi. Anche questa volta a Scaramella bastò.E
scomparve.
Il suo nome riemerse un anno dopo,il 14 luglio 2001,
quando il Dipartimento ricevette una lettera dei carabinieri,che«per urgenti
indagini di polizia giudiziaria» chiedevano se Scaramella«è
in possesso del titolo di ricercatore e formatore in politica spaziale presso
codesta Università »e«se è,ovvero è stato,direttore del
Centro di Politica spaziale ».Le risposte furono entrambe negative.
Passò poi un altro anno prima che Oliviero
risentisse il nome di Scaramella. Questa volta a
farglielo fu una professoressa universitaria colombiana, che il 27 marzo 2002
lo andò a trovare all'Università per mostrargli un attestato
appena ricevuto. Si trattava di un diploma su carta pergamenata del «Centro di
politica spaziale del Dipartimento di scienza e
ingegneria dello spazio». Era firmato dal direttore del centro, il professor
Mario Scaramella.
«Se ricordo bene mi disse di averlo pagato », dice
Olivero, che a quel punto, dopo aver avuto l'indirizzo, decise di recarsi di
persona negli uffici del Centro spaziale di Scaramella.
«Era al primo piano sottoscaladel palazzo del Cinema
delle Palme, in Via Vetriera a Chiaia
n.12», ricorda il professore. «Fuori del portone,
sulla placca del campanello,trovai appiccicati due
piccoli stemmi dell'Università». Oliviero scrisse una lettera di
denuncia al rettore, mettendosi a disposizione dell'ufficio legale dell'Università.
Ma il 4 ottobre successivo,ricevette l'invito ufficiale a un convegno
che Scaramella stava organizzando al Centro italiano
di ricerche aerospaziali (Cira), diretto da un altro professore di ingegneria
dell'Università di Napoli, Sergio Vetrella.
Oliviero si preoccupò ovviamente di avvertire il collega della trappola.
In un'email mandata in copia all'intero Dipartimento
il 23 ottobre 2002, scrisse:«Caro Sergio, ho avuto
notizia di un workshop su tecnologie spaziali...organizzato da tale Mario Scaramella presso il Cira a nome di un fantomatico Centro
di politica spaziale del Disis. Ti ricordo che noi,come Dipartimento, non ci siamo mai sognati di costituire
tale centro... Non abbiamo mai visionato le credenziali dello Scaramella, né delle sue iniziative.Dette
iniziative devono intendersi del tutto arbitrarie e,
comunque, mai autorizzate né da me né tanto meno dal Disis.
Paolo Oliviero».
Una decina di giorni dopo, il Cira diffuse un
comunicato annunciando il convegno in cui si diceva: «Organizzatore dell'evento
è l'Ecpp, rappresentato in Italia dal
professor Mario Scaramella, segretario generale
dell'Ente e direttore del Centro di politica spaziale dell'Università
Federico II». Il convegno, a cui partecipò una
folta delegazione russa oltre i soliti noti come Papadopoulos
e Penders, si svolse senza intoppi di sorta per Scaramella. Anzi,fu il coronamento
delle sue attività nel settore spaziale. Tant'é
che prese sempre più a presentarsi come direttoredel
Centro spaziale della Federico II.
Lo fece anche in un'intervista sul Mattino il 3 febbraio 2003 che destò
di nuovo l'attenzione di Oliviero. «Il 4 febbraio decisi di telefonargli per
diffidarlo a continuare a usare quel nome », ricorda.
Il giorno dopo ricevette un lunghissimo fax di scuse e giustificazioni:
«Gentile professore Oliviero, le scrivo per chiedere scusa a lei e ai suoi
colleghi del dipartimento se nell'intervista pubblicata dal Mattino ho
menzionato tra i miei titoli quello di direttore del Centro di
politica spaziale e se con questo atto ho causato qualche disturbo».
Dove trovava i soldi?
Diplomi, attestati e corsi professionali condotti a seconda
delle occasioni da Ecpp, Srmc,
Centrodi politica spaziale eUnità
criminalogica ambientale non soloservivano
a soddisfare giovani neolaureati che gli davano una mano come Christian Trentolao Carmine Minopol , i quali potevano menzionarli nei propri curricula. Erano anche una potenziale fonte di
finanziamento.Quel che è certo è che il
curriculum messo online da Minopoli fa riferimento a
corsi di formazione professionale "patrocinati dalla Regione
Campania" svolti tra il 1994 e il 1998.
Scaramella trovò altri finanziamenti pubblici
presso alcuni parchi nazionali. Come quello del Gargano che, il 27 giugno 2002,
con una delibera dell'allora presidente Matteo Fusilli affidò l'incarico
di demolizione di manufatti abusivi a Scaramella. Il
contratto fu formalmente assegnato alla Eccp,
definita«organizzazione intergovernativa di diritto pubblico con sede a WashingtonDc e rappresentanza a Via Vetriera
a Chiaie n.12,
Napoli».Insomma il solito sottoscala del Cinema Delle Palme. Rappresentante
legale dell'organizzazione: Giorgia Dionisio, all'epoca compagna di Scaramella,in veste di
"special assistant secretary
general dell'Ecpp".
Nel 2002 risultano essere stati fatti tre pagamenti, rispettivamente di 51.645,
43.336 e 268.764 euro.Ma come si poteva pagare un
organismo che non esisteva e non era mai stato registrato formalmente in alcun
Paese? No problem: i versamenti furono fatti sul
conto corrente 27/36249 di una filiale del Banco di
Napoli. Intestatario del conto: Mario Scaramella.
Nel 2003,venne poi firmata una nuova convenzione, per
altri 500mila euro che però venne revocata nel giugno 2004 dal nuovo
presidente del Parco, lo scrupolosissimo avvocato Domenico Gatta,e dal suo
consiglio direttivo. Altro committente di Scaramella
fu l'Ente Parco nazionale del Vesuvio. Ecco cosa ci ha scritto Matteo Rinaldi,direttore di quel parco dal novembre scorso: «L'Ente ha
stipulato con la Ecpp due
convenzioni per attività di demolizione di manufatti abusivi e
ripristino ambientale in data 25/03/2003 e 2/12/2003... Per gli atti redatti
dall'Ente Parco i firmatari delle convenzioni hanno eletto domicilio in Via Vetriera a Chiara 12/d. La ragione sociale della
società è: Organizzazione intergovernativa di diritto pubblico
per la prevenzione dei crimini ambientali con sede in Washington. È
stato corrisposto all'Ecpp un compenso di 860.824,34
euro». Rinaldi ha specificato che nel caso della prima convenzione l'Ecpp è stata " rappresentata"dal
suo«segretario generale, dottor Pavel Suian», mentre
la seconda da Giorgia Dionisio (assieme a un altro collaboratore di Scaramella, tale Livio Ricciardi).
Suian era un ex diplomatico romeno che all'epoca era
consigliere legale del Segretariato della Convenzione diBasilea,
uno degliorganismi associatisi a Scaramella.
Contattato dal Sole24 Ore, il Segretariato ha spiegato che «se Suian avesse effettivamente firmato quel contratto sarebbe
stato in violazione delle norme dell'Onu » La strategia di Scaramella
risulta a questo punto chiara: utilizzare ogni singolo
contatto o evento per accreditarsi e legittimarsi con quello successivo in una
straordinaria catena autoreferenziale senza limiti geografici. Ma se è
riuscito a farla franca fino al 24 dicembre scorso, giorno del suo arresto,
è stato per l'ingenuità, la passività e la connivenza di
persone che adesso fanno a gara nel minimizzare il proprio contributo.
Seconda parte La resistibile ascesa di Mario Scaramella di Claudio Gatti 11-1-2007
Per 18 anni Mario Scaramella
si è presentato presso giornali, procure, organi nazionali e
internazionali spacciandosi per professore universitario con cattedre a Napoli,
Londra, Stanford, San José
e Bogotà oltre che segretario generale di
un'importante organizzazione intergovernativa, l'Ecpp.
Non era né l'uno né l'altro e nella prima parte della nostra inchiesta abbiamo
raccontato com'è riuscito a passarla liscia per oltre un decennio. Ma
come ha fatto poi a traslocare dal campo della criminalità ambientale a
quello dell'intelligence sovietica, diventando consulente della Commissione
parlamentare Mitrokhin? Come mai il presidente di
quella commissione, il senatore di Forza Italia Paolo Guzzanti,
ha deciso di affidargli una serie di compiti estremamente delicati come quello
di acquisire documenti ed effettuare ricerche presso istituzioni e organismi
dell'ex Unione Sovietica, e addirittura di cercare «collegamenti
tra l'intelligence sovietica, il terrorismo islamico e altre strutture
eversive straniere»?
Si potrebbe essere tentati di rispondere cinicamente che in questa vicenda
l'incredibile si è spesso rivelato possibile. Ma c'è una
spiegazione più pedestre (e puntuale): la sua candidatura fu
sponsorizzata da Lorenzo Matassa, magistrato distaccato a tempo pieno presso la
Commissione Mitrokhin. Abbiamo perciò girato a
lui la domanda: «Nel 2002 avevo incontrato Scaramella
al convegno del Cira (il Centro italiano di ricerche
aerospaziali che aveva ospitato un incontro organizzato da Scaramella,
nonostante un'email di avvertimento che lo descriveva
come un millantatore, ndr). In quell'occasione ebbi modo di intuire che aveva
diretti rapporti anche con alti rappresentanti di pubbliche istituzioni russe.
Ricordai quest'ultima circostanza circa un anno dopo allorché, presso la
commissione Mitrokhin, si manifestò la necessità
di acquisire la sentenza di condanna per tradimento irrogata nei confronti del defezionista del Kgb (Mitrokhin, ndr); per questo motivo prospettai al presidente
Guzzanti la possibilità di utilizzare i
contatti istituzionali del professor Scaramella in Russia».
Quando abbiamo chiesto che cosa c'entri il mondo spaziale con il Kgb, Matassa si è limitato a dire che i contatti di Scaramella al Cira «saranno stati dei militari, vicini al Cremlino... e poi comunque non ci sono "serviziologhi"».
Viktor Zaslavsky, storico
russo da anni residente in Italia e membro sia della Commissine
stragi che della Mitrokhin, non è d'accordo.
«Innanzitutto il collegamento tra il mondo spaziale e il Kgb
manca di presupposti logici - osserva - e poi non è vero che non esistono
esperti». A lui, unico consulente russo della Mitrokhin,
non fu comunque chiesto un parere sulla scelta. In realtà non gli fu
chiesto mai nulla. «All'inizio presentai un piano. L'idea era di andare negli
archivi russi, trovare documenti e analizzarli, anche perché i documenti esistono e si potevano trovare. Ma la Commissione non aveva
alcun interesse a trovarli, e il mio piano non fu mai approvato. Da allora
nessuno mi chiese più nulla», aggiunge.
«Diciamo pure che io sia stato preso in giro - ammette oggi Matassa
- ma non sono stato io bensì un intero organismo parlamentare a
conferire l'incarico a Scaramella. E
all'unanimità». Che in questo non abbia torto
lo dimostra il testo dell'intervento dell'onorevole diessino
Valter Bielli nella seduta dell'11 dicembre 2003:
«Nell'ambito dell'Ufficio di Presidenza integrato si è discusso...
l'incarico da affidare al professor Scaramella... e
in quella sede è stata manifestata una volontà unanime,
dichiarandoci tutti d'accordo».
Il fatto che, nella Commissione Mitrokhin, Matassa
non sia stato il solo a dare credito a Scaramella non
giustifica però nessuno. «Scaramella si
presentava molto bene, conosceva le lingue straniere e sapeva tenere lunghi
discorsi. Ma non diceva nulla», osserva il professor Paolo Oliviero, che per
anni ha denunciato menzogne e trucchi di Scaramella.
«Io mi sono accorto che era un imbroglione proprio da quello. Perché non solo
non era in regola con le carte o i titoli, ma neppure con la sostanza di quello
che diceva».
Con Scaramella il professor Oliviero parlava di
tecnologie spaziali da applicare alla protezione ambientale, ma la sua analisi
vale anche in materia di Kgb. Un vero esperto avrebbe
capito che annaspava nel buio. È anche per questo che tendiamo ad
escludere quello che molti sospettano: che Scaramella
sia stato un agente dei servizi. Italiani o stranieri.
Di quale utilità poteva essere per un servizio segreto? Né le conferenze
internazionali né tantomeno i sequestri di edifici
abusivi potevano interessare al Sismi o alla Cia. E poi,
checché se ne dica, l'Ecpp non aveva affatto
«cospicue risorse». Riusciva a tirare avanti con i fondi regionali o con quelli
dei parchi nazionali. Insomma lo scenario spionistico sembra decisamente poco
credibile.
C'è però da dire che un collegamento con il mondo
dell'intelligence effettivamente esiste. Si chiama Filippo Marino, e porta dritto dritto alla Cia. Ex tenente
dell'esercito italiano trasferitosi negli Usa nei primi anni 90, Marino
è amico e socio di Scaramella sin dall'epoca
dei Nasc. Nel corso del processo contro il
"commissario" Scaramella, la difesa
introdusse una "missiva" firmata da tale Marino e lui stesso ha
ammesso di avere fatto corsi di addestramento all'uso delle armi al gruppo di Scaramella. Insieme hanno poi
fondato sia l'Ecpp che lo Science
research monitoring center
o Srmc (perlomeno così dice la biografia di
Marino pubblicata online da un suo ex datore di lavoro).
Da 15 anni Marino lavora anche nel campo della sicurezza negli Usa, a stretto
contatto con persone legate alla Cia. Uno di questi è Lou Palumbo, per 22 anni alla Agency. Un altro è Robert Seldon Lady detto Bob, oggi ricercato dalla Procura di
Milano per aver organizzato il rapimento dell'imam
egiziano Abu Omar nella sua veste di capo-centro Cia
a Milano. Un terzo è Mark Read, che l'anno
scorso ha venduto a Lady la propria ditta, la Read
International.
A collegare Marino con questi signori sono innanzitutto alcune intercettazioni
fatte dalla polizia italiana sul telefono del casale nell'astigiano
che Lady si era comprato quando lavorava a Milano per
la Cia. Il 2 giugno 2005, sua moglie Marta, parlando con la figlia, spiega che
il marito «ha tanto lavoro da fare con Mark e con l'altro socio, Filippo»,
aggiungendo che i tre devono andare in Ecuador, Argentina e in altri Paesi
latinoamericani.
Il successivo 13 giugno è lo stesso Bob Lady a chiamare la moglie: «Io
andrò a Cordoba, in Argentina... e Filippo farà Quito... il 14 devo essere a Washington per un colloquio.
... Mi incontro con Filippo per discutere quello che diremo... e poi il 16
andiamo insieme a Washington (a una conferenza sulla sicurezza delle Olimpiadi
a Torino e di Atene)».
Il 18 giugno c'è una nuova telefonata di Lady alla moglie in Italia in
cui fa il resoconto degli incontri avuti in occasione della conferenza a
Washington: «Secondo Mark, la mia parte è andata molto bene, ma quella
di Filippo no... metteva i piedi sul tavolo, si comportava come se non gliene
importasse, era noioso... Il 28 iniziano gli
spettacoli di Disney World on Ice. Iniziano a Panama,
dove andrà Mark. Io andrò a Buenos Aires e a Cordoba, Mark
andrà a Santiago... Quito
lo farà Filippo».
Dalle risposte che Marino dà nell'intervista al Sole-24 Ore pubblicata
sotto, si capisce che è proprio lui il Filippo in questione. Marino ha
anche ammesso di aver conosciuto Lady quando era ancora un funzionario della
Cia a Milano. Ma che cosa c'entra tutto ciò con la vicenda di Scaramella? Apparentemente nulla.
cgatti@ilsole24ore.us