Da La
Repubblica 27-1-2007 La seconda puntata dell'inchiesta sullo sfascio del tribunale di
Roma
Tra mance e incuria, l'odissea
quotidiana delle carte processuali
Quei carrelli
pieni di fascicoli abbandonati nei corridoi
Chi ha bisogno di ritirare degli atti
e non ha tempo, si rivolge a Jimmy l'egiziano
Sbriga tutto lui, al suo servizio ha persino quattro galoppini
di ATTILIO BOLZONI
(1^ Parte- 26-1-2007)
Un carrello carico di fascicoli
ROMA - È lì anche stamattina,
appoggiato al muro con la sigaretta in bocca e l'aria stanca. Era lì
anche ieri. E l'altro ieri. E lunedì. Arriva sempre poco dopo o poco
prima delle dieci, trascinando faticosamente il suo carrello fino dall'altra
parte del cortile. Si ferma, infila la mano in tasca, afferra l'accendino e
un attimo dopo beato butta fumo e scompare dietro una vetrata. Ma il suo
carrello lo lascia, lo abbandona all'angolo sinistro di quella palazzina
nuova dove si arrampicano frotte di avvocati verso le sezioni che trattano di
diritto societario e immobiliare. Il carrello è sempre pieno di
fascicoli. Resta lì incustodito, all'aperto. In mezzo alla folla. Lui,
il commesso del Tribunale civile di Roma, con calma torna a riprenderselo
dopo un po'. Qualche volta dopo sette minuti, qualche altra volta dopo quasi
un quarto d'ora.
L'ho seguito per cinque giorni ogni mattina - il 16, il 17, il 18, il 19 e il
22 gennaio - il commesso con la giacca a vento rossa e quel suo carrello di
ferro che fa la spola fra le cancellerie e l'ufficio "Movimento
fascicoli Repertorio cronologico". Non c'è stato giorno che non
l'abbia mollato con un carico di documenti, all'inizio e alla fine del suo
piccolo viaggio nei meandri degli uffici giudiziari di viale Giulio Cesare 54
b.
Sono ancora qui nella bolgia del Tribunale civile di Roma, nella casbah della
giustizia, fra abissi di carte e una ressa di legali, denunciati e
denuncianti, segretari tuttofare, avvocaticchi, maneggioni. Tutti a caccia di
scartoffie, tutti che si sbattono per un timbro o la copia di una sentenza,
la firma di un cancelliere. Mi confondo nella calca e sento parlare di
farmaci contraffatti, di "immobili da prendere a tutti i costi in
blocco". Ma sono quasi le dieci del mattino e punto verso l'uomo con la
giacca a vento rossa. Punto con la telecamera nascosta nella mia borsa verso
il carrello piantato davanti al muro dove, appena un secondo prima, c'era lui
che fumava.
Sono le 10,12 di venerdì 19 gennaio, eccolo il carrello. Dopo sette
minuti ricompare il commesso, spinge il carrello verso il centro del cortile
interno, lo ferma un avvocato. Parlano per una manciata di secondi, riprende
a far scorrere ancora il suo carrello verso la porta che conduce all'interno
del vecchio palazzo. È sulla pedana di ferro che scavalca il gradino,
gira a destra, avanza come al rallentatore lungo il corridoio, si ferma,
scansa due impiegate che procedono in senso contrario a passo veloce, avanza
ancora. Dopo una decina di metri svolta a sinistra e si infila in una stanza.
Il carrello è fuori. Un minuto. Due minuti. Otto minuti. Dopo nove minuti
se lo viene a riprendere. E finalmente lo ricovera nell'ufficio
"Movimento fascicoli Repertorio cronologico". La telecamera
è accesa. Riprende sequenza dopo sequenza un trasporto di fascicoli
dentro il Tribunale civile di Roma.
Uno dei tanti. Di carrelli e fascicoli abbandonati, ce ne sono a ogni angolo.
E ogni giorno. Ore 10,20 di giovedì 18 gennaio, secondo piano del
palazzo vecchio, stanza 118. Metto la testa dentro e sul pavimento vedo sei
pile di fascicoli ben allineati. Tutti a terra. Ripasso dopo dieci minuti,
qualcuno ha chiuso a chiave la stanza 118.
Ore 10,25 di venerdì 19 gennaio, primo piano. Il corridoio è
quello a sinistra, appena dopo l'entrata. Davanti alla porta della stanza 20
c'è un pacco di carte giudiziarie, buttate lì come un sacco
dell'immondizia. Una targa sulla porta: "Segreteria della
dirigenza".
Ore 10,55 di venerdì 19 gennaio, secondo piano. Il carrello è
incustodito da otto minuti davanti alla stanza 110, quella che sta di fronte
ai luridi cessi con le pareti dipinte di giallo. Esce il commesso, rientra.
Il carrello è sempre solo. Poi il commesso esce un'altra volta e si
avvia verso il corridoio, si ferma sull'uscio della stanza 120 dei giudici
Mangano e Fanti. E, solo lì, se lo porta dentro.
Ore 10,35 di lunedì 22 gennaio, il solito commesso con la giacca a
vento rossa sta entrando ancora una volta nell'ufficio "Movimento
fascicoli Repertorio Cronologico". Lascia le carte sul carrello. Ho
tutto il tempo di sbirciare. C'è un registro di passaggio fascicoli
delle stanze 531 e 527. E, sotto, un foglio bianco scritto a mano con qualche
segreto in più. È "un registro di passaggio fascicoli al
Pm".
* * *
Ogni giorno sparisce qualcosa nel Tribunale più grande d'Europa. I
palazzi dove trovano alloggio le varie sezioni sono tre. E ci sono ingressi
in viale Giulio Cesare, in via Lepanto e in via Damiata. Ogni mattina i
fascicoli vengono trasferiti non solo da un ufficio all'altro ma anche da un
luogo all'altro.
C'è un furgone che trasporta le carte. È quasi sempre puntuale,
entra da via Damiata. Intorno alle 11 c'è il "carico" dei
documenti che arrivano dall'Ufficio del Ruolo Generale, che è
dall'altra parte di viale Giulio Cesare. Il furgone lo guidano autisti
dell'amministrazione giudiziaria, chi prende in mano i fascicoli spesso
è anche personale di ditte esterne che hanno vinto l'appalto del
trasporto. C'è qualcuno che ha mai controllato, uno per uno, chi sono
gli "scaricatori" al Tribunale civile di Roma?
* * *
C'è una fila in ogni angolo in questa "città
giudiziaria" dove tutto si muove nella baraonda. Una fila è
riservata solo agli avvocati. Chiedono atti al terminale. Alcuni legali mi
garantiscono che nessun impiegato ha mai voluto un documento di
riconoscimento. Li guardano in faccia e glieli consegnano.
Ma che faccia hanno gli avvocati che entrano qui? Devono avere almeno 19.200
facce diverse, tanti quanti sono gli avvocati iscritti all'Albo di Roma.
Appena qualche centinaio in meno di tutti i loro colleghi del Giappone, 20
mila avvocati su 120 milioni di abitanti.
Sono in fila anch'io. Da mezz'ora sono a turno in uno dei tre punti
"Servizi ricerche telematiche". Faccio la fila per informarmi sulla
data di fissazione di un'udienza, con la data posso entrare in una
cancelleria e prelevare a colpo sicuro il fascicolo. Mi sono procurato il
numero di un processo, voglio provare se lo danno anche a me senza fiatare.
Se mi dovessero chiedere qualcosa - ma non accade mai, a volte ti mettono
davanti un modulo dove uno scarabocchio vale per firma - mi presenterò
come "collaboratore di studio". Tanto la delega dell'avvocato non
la pretendono. Tempo perso.
Per finire la mia fila ci vuole almeno un'altra ora, mi chiamano: c'è
qualcuno che ha trovato finalmente Jimmy l'egiziano. Ricordate?, è
quello sbrigafaccende che sta ogni giorno dove "il passaggio è
consentito solo al personale", quello che notifica atti delle Corti di
Appello per conto degli avvocati. Diffide. Citazioni. Ricorsi. Precetti.
Decreti ingiuntivi. Pignoramenti.
Jimmy l'egiziano è in mezzo alla bolgia dei segretari che rassegnati
sono lì dall'alba, ha addosso una giacca di pelle marrone e un paio di
occhiali con lenti gialle fosforescenti. Gli vado incontro e gli chiedo
quanto prende per il suo lavoro, non mi fa finire di parlare, sospettoso
chiede: "Chi sei tu?". Poi cambia tono, si rilassa: "Ce ne
sono tanti come me qua dentro... ".
Jimmy l'egiziano ha tre o quattro "dipendenti" che fanno la fila
per lui. Ha messo su una bella impresa dentro il Tribunale.
È la prima volta da quando sono entrato in questo caravanserraglio che
mi identificano come un "estraneo". È il fiuto di Jimmy
l'egiziano. Mi guardo intorno e vedo un bivacco. A terra ci sono grandi
valigie piene di documenti giudiziari. È il quartier generale delle
"agenzie" per il disbrigo delle pratiche.
* * *
Torno alla fila "Servizi Ricerche Telematiche" per riprovarci. Ma
è troppo lunga, fra un po' il tribunale chiude. Salgo, mi ritrovo
un'altra volta alla III sezione, quella del diritto societario. I soliti
armadi aperti, i fascicoli in bella mostra. E scopro uno strano aggeggio
sopra la porta della giudice Loredana Nazzicone. È spento ma è
qualcosa di sicuro che si illumina. Busso alla porta e chiedo della giudice.
Mi risponde un cancelliere: "È in maternità". Mi
risponde un suo collega: "No, è tornata ma non c'è".
Chiedo dello strano aggeggio sopra la porta. Mi rispondono tutti e due:
"È un numeratore". Un numeratore come quelli del salumiere o
del pescivendolo nei supermarket. La giudice ha pensato bene di farselo
montare per "regolare" le udienze. Gli avvocati di prima mattina
prendono il numero e poi aspettano. Chi arriva in ritardo alla chiamata della
Nazzicone perde il posto in fila. E passa per ultimo. È
l'organizzazione della giustizia fai-da-te nel Tribunale di Roma.
* * *
Esco dal palazzo di viale Giulio Cesare 54 b ed entro nel palazzo di via
Lepanto 4, la Lavoro. È ancora più popolata delle altre
sezioni, c'è ancora più confusione, più rumore,
più promiscuità nelle aule di udienza. Una cancelleria deserta
e colma di documenti l'hanno trasformata in una "sala fumatori", i
giudici non hanno assistenti, a riempire i verbali sono avvocati sempre
più incazzati. Uno di loro la sera di mercoledì scorso mi ha
dato una dritta: "Deve andare alla sezione Lavoro della Corte di
Appello, si tiene un'udienza a settimana. È uno spettacolo, non se lo
perda".
Giovedì 18 gennaio mi presento a Piazzale Clodio, in un'avveniristica
costruzione di vetro e cemento dove c'è la prima sezione Lavoro delle
Corti di Appello. Fuori da una grande aula pendono lunghissime strisce di
carta, la lista dei processi del giorno. In quella udienza sono 233. In fondo all'aula
c'è un tavolo lungo, è coperto, uno sopra l'altro i fascicoli
formano pile alte più di 80 centimetri. Sento una voce, del presidente
Silvio Sorace riesco però a intravedere solo la fronte. Il resto del
suo volto e del suo corpo sono nascosti da un muro di faldoni. È
così ogni giovedì mattina.
Duecento, duecentotrenta, duecentocinquanta cause per udienza. Sto per uscire
dal Tribunale di piazzale Clodio e mi fermo alla bacheca. C'è un
manifesto, lo leggo. Dopo tutto quello che ho visto al Tribunale civile di
Roma, mi sembra uno scherzo. È l'annuncio di un convegno: "Le
scienze forensi alle soglie del terzo millennio".
(2 -
fine)
(27 gennaio 2007)
1^ Parte
Da La Repubblica
26-1-2007
L'inchiesta shock: viaggio
nel caos del Tribunale di Roma
Archivi senza controlli, armadi aperti e fascicoli non custoditi
"Così
ho violato i segreti
del tribunale di Roma"
di ATTILIO BOLZONI
ROMA - SE VOLETE rubare carte
riservate e informazioni preziose c'è un posto dove fare razzia.
Ammassate in ordine sparso, sono tutte a portata di mano. Provate a cercarle,
rovistate, arraffate, impadronitevi di tutto ciò che vi può servire
oggi o tornarvi utile in futuro. Per ricattare, estorcere, barattare notizie.
O, più semplicemente, per spiare gli altri. Troverete il 740 del
vostro vicino di casa, i movimenti bancari della collega che si è
appena separata, i conti di una grande azienda, lo stato di salute di un
compagno di lavoro, i precedenti penali di un impiegato della vostra banca,
troverete le vite nascoste di un famoso attore o di un calciatore o di una
velina. Non abbiate paura, si può fare. Carte riservate e informazioni
preziose là dentro spariscono ogni giorno. A volte si perdono, a volte
se le prendono. Ve lo do io l'indirizzo di quel posto. È in viale
Giulio Cesare 54b e 54d: è il Tribunale civile di Roma.
Per una settimana ho bivaccato in quel caravanserraglio che è la
"città giudiziaria" in Prati, dalle 9 alle 13 ogni mattina.
Avrei potuto portarmi via fascicoli avvolti nella carta di giornale. Avrei
potuto trafugare processi interi nascondendoli in due cartelle da avvocato.
Avrei potuto penetrare nelle pieghe intime dell'esistenza di centinaia di
uomini e donne che per i più svariati motivi sono stati trascinati in
giudizio da soci, dipendenti, mariti, mogli, concorrenti, pazienti,
assicuratori, condomini, medici legali e perfino da figli. È tutto o
quasi a vista, tutto a un passo. Basta allungare il collo e aprire la borsa.
Gli armadi sono aperti, le ante spalancate, gli schedari incustoditi. In
cassaforte sono conservati solo i documenti di chi ha cambiato sesso o
contratto l'Aids per una trasfusione, di tanto in tanto sotto chiave finisce
anche qualche vip. Una serratura che diventa privilegio, è la toppa
che fa la differenza. Per tutti gli altri c'è la grande
"corsia" della giustizia italiana, come nella Sanità, come
le barelle dei malati qualunque abbandonate nei corridoi degli ospedali. Per
quelli senza lucchetto tutto è pubblico e niente è privato al
Tribunale civile di Roma.
Ci sono entrato per la prima volta lunedì 15 gennaio. E mi sono
inoltrato nei gironi infernali che chiamano "sezioni" fino al
lunedì successivo, il 22. Su e giù per rampe di scale strette,
buie. Mi sono perso in sudici seminterrati, infilato nelle cancellerie, ho
seguito il popolo che ogni giorno si riversa in quello che è il
più grande Palazzo di giustizia d'Europa per bacino di utenti e per
cause. Al martedì e al giovedì ne celebrano di media 2.500. In
certe aule è una mischia umana. Questo Tribunale è una sacca.
Mi hanno dato informazioni che non potevano darmi, mi hanno fatto entrare in
stanze dove non potevo entrare, sono venuto a conoscenza di notizie che non
avrei mai dovuto conoscere. Ho seguito per ore e ore carrelli stracolmi di
carte processuali, mollati dai commessi fuori dalle aule o in un cortile
interno. Ho visto in azione Jimmy l'egiziano all'Ufficio Unico Notifiche
della Corte di Appello, un suq dove "il passaggio è riservato
solo al personale" e dove gli avvocati affidano a una truppa di
pittoreschi personaggi gli atti urgenti. Ho assistito a udienze chiassose
dove si confondevano voci di processi in corso e processi ancora da fare,
nomi sputtanati ad alto volume come quello di un padre che poteva vedere i
suoi figli solo con l'assistente sociale perché (secondo la moglie) spacciava
coca.
Nessuno mi ha mai fermato. Nessuno mi ha mai invitato a esibire un documento.
Nessuno si è mai domandato che facevo in un'aula a spulciare
fascicoli, in una cancelleria a curiosare fra i faldoni.
La mia traversata nelle 19 sezioni (comprese quelle del Lavoro e della
Fallimentare) è iniziata con una borsa da "collaboratore di
studio" a tracolla e una piccola telecamera nascosta.
Viale Giulio Cesare 54b, l'entrata principale è una strettoia dove ad
ogni ora in migliaia arrivano e in migliaia se ne vanno. Non c'è un
metal detector, non ci sono carabinieri, neanche una guardia giurata. Uno
può portare fuori tutto. Ma può anche portare dentro tutto al
Tribunale civile di Roma.
Sono le 9 e 30 e cominciano le udienze. Si aprono gli armadi. Ne vedo tre
traboccanti di fogli nel lungo corridoio che al primo piano porta alla
Fallimentare, salgo ancora una scala ed ecco la cancelleria della I sezione.
Ci sono alti scaffali, a destra e a sinistra. Tutti i fascicoli sono pronti
per essere presi. Monto su una scaletta di ferro, leggo i nomi dei giudici,
scendo e apro un faldone. La signora S. chiede l'adeguamento per il mantenimento
dei due figli. Ci sono le sue dichiarazioni dei redditi degli ultimi 3 anni.
Apro un altro incartamento. È una causa di divorzio. Sono finito in
una cancelleria di istruttorie in corso.
Scendo al piano terra, esco nel cortile interno, lascio il palazzo vecchio e
mi infilo in una costruzione più recente. Un grande cartello indica
che qui c'è la "Riabilitazione Protesti", in realtà
ci sono 5 sezioni: la III, la V, la IX, la XII e la XIII. Comincio dalla III,
quella del diritto societario. Anche qui armadi aperti, fascicoli
dappertutto. Ne prendo uno. Ne apro un altro. Sfoglio qualche pagina. Mancati
pagamenti. Concorrenza sleale. Sono tutte "cause interrotte" per
morte di una delle parti o di un legale. Ci sono almeno cento persone intorno
a me. Sembro invisibile.
Provo in un'altra cancelleria. Entro, a destra ci sono impiegati e impiegate
chini sulle loro scrivanie e a sinistra gli archivi. Ci scivolo dentro, sfilo
carte, le guardo, le rimetto a posto. Controllo i nomi dei giudici. Budetta e
Paone, Di Matteo e Maselli. Afferro alcuni fascicoli. Sono alla XIII sezione,
cause di circolazione stradale con danni a cose, lesioni con morte,
responsabilità professionali. Sto lì dieci minuti a frugare:
avrei potuto starci altre tre ore e nessuno si sarebbe mai accorto di me.
Esco e cambio piano.
Scendo e mi perdo: il Tribunale è un labirinto.
Mi ritrovo davanti una porta. Un cartello avverte: "Qui possono entrare
solo avvocati e collaboratori di studio muniti di delega". Un altro
avvertimento è più giù: "Uno per volta". Entro
anche qui. Ci sono almeno sei persone, quattro uomini e due donne che cercano
carte. Cerco anch'io fra i fascicoli dei giudici Thellung, Martinelli e
Scalia. Comincio a orientarmi: nei fascicoli si tratta di appalti,
transazioni, gestioni di affari. Sono all'XI. Ogni fascicolo ha un suo
piccolo segreto. Mi allontano indisturbato e ridiscendo ancora nel cortile
interno.
Sono già le 11 e il cortile è rumoroso. Da qualche parte stanno
lavorando i carpentieri, scaricano detriti, con colate di cemento rinforzano
muri spaccati. E' un cantiere. Un po' di tempo fa è crollato un
soffitto e c'è stata una perdita d'acqua. Alcune aule di udienza si
sono inondate, i fascicoli galleggiavano. Fra le 9 e le 10 ero passato per
caso anche dalla Fallimentare e sono inciampato fra una mezza dozzina di
scatoloni di cartone, proprio all'entrata. Ci torno alle 11 e 30 e gli
scatoloni sono ancora lì. Nessuno li ha tolti. Come la polvere sulle
scrivanie o la sozzura sui muri. Puliscono male, non lavano mai.
Gli avvocati girano e rigirano da una sezione all'altra, è un'ansia
collettiva, tutti in movimento perenne. Sono appena due mattine che sono
salito sulla giostra della giustizia e mi raccontano che ogni giorno qualche
fascicolo svanisce, sottratto da qualcuno o inghiottito fra quelle montagne
informi di carte.
Anche oggi, 17 gennaio 2007, un fascicolo non si trova più. L'hanno
scoperto ieri (il 16) alla cancelleria della sezione che si occupa di appalti
e contenzioso con la pubblica amministrazione, la II. Verso mezzogiorno si
è presentato un avvocato e ha chiesto l'incartamento del suo cliente,
il senatore X. L'hanno cercato e non l'hanno trovato. Sparito. Il senatore X.
nella passata legislatura è entrato a Palazzo Madama in ritardo, dopo
un riconteggio di voti che l'ha "ripescato". Una volta eletto ha
chiesto allo Stato gli stipendi arretrati. Ma adesso aspetterà ancora
prima di prenderli. E, prima che ritrovino la sua richiesta di risarcimento,
passerà molto tempo. Nel maggio scorso fra le anse del Tribunale si
è perso pure un fascicolo di Berlusconi-Mediaset, una citazione per
una satira giudicata troppo spinta. Dopo qualche settimana è
improvvisamente riapparso. Come quegli altri che sono stati ritrovati da una
ragazza sulle rotaie della metropolitana di Ottaviano. Li avevano rubati in
tre sezioni, presi alla rinfusa e poi gettati via. Parecchi mesi dopo un
cancelliere li ha rivisti fradici d'acqua su un termosifone, qualcuno li
aveva messi lì ad asciugare. Altri fascicoli li hanno sequestrati i poliziotti
al segretario imbroglione di un giudice onorario. Li aveva sfilati dagli
archivi, li teneva a casa.
Un fascicolo può leggere
una vita. C'è dentro tutto: riferimenti alle malattie, al reddito,
alle frequentazioni, ai precedenti penali, ai problemi dei figli, alla salute
dei genitori. Chi garantisce la segretezza di queste informazioni al
Tribunale civile di Roma? Chi protegge il cittadino che finisce come un libro
aperto negli armadi della III o della V o della XIII sezione di viale Giulio
Cesare 54b?
La legge dice che i "custodi" sono i cancellieri. Ma solo a Roma ne
mancano almeno 164. Mancano anche contabili, commessi, mancano autisti. Se
però sparisce un fascicolo ne risponde sempre il cancelliere, è
lui "il responsabile del trattamento dei dati cartacei". Un paio di
mesi fa il sindacato dei cancellieri ha scritto alla presidenza della
Tribunale e al Garante per la protezione dei dati personali. Denunciava la
vergogna: i fascicoli alla mercé di tutti. I cancellieri chiedevano una
videosorveglianza, l'identificazione e la registrazione degli accessi agli
archivi, regole. I capi del Tribunale (che non ha presidente da quasi un anno
e non ha nemmeno il dirigente della cancelleria) non hanno mai risposto. A
novembre, il Garante "ha preso in esame la problematica relativa
all'applicazione delle misure di sicurezza nel trattamento dei dati presso
gli uffici giudiziari... richiedendo, a tale scopo, la collaborazione delle
istituzioni e degli uffici interessati".
Ma se al Tribunale civile di Roma qualcuno applicasse davvero quelle misure
di sicurezza e quelle regole che tutti reclamano, ogni cancelleria e ogni
sezione si fermerebbe in meno di un'ora. Se giudici, cancellieri e avvocati
si dovessero rigidamente attenere a procedure e mansionari, già da domani
mattina il Tribunale di viale Giulio Cesare 54b potrebbe chiudere. Per
paralisi totale. Lo sanno i cancellieri: "È vero, in mezza
giornata qui dentro non funzionerebbe più niente". Lo sanno gli
avvocati: "Noi non potremmo più lavorare". Lo sanno i giudici,
che fanno finta di non vedere ciò che accade ogni giorno nelle loro
aule. Per far rispettare la legge al Tribunale civile di Roma si fa tutto
fuorilegge.
È così che i fascicoli della signora B. o quello del signor M.
finiscono a mezzogiorno di giovedì 18 gennaio sempre nelle mie mani.
Sto ancora frugando fra le cancellerie quando vengo a sapere che qualcuno ha
appena presentato un'istanza di divorzio per X. Y., un attore comico di una
certa notorietà. Non ci sono segreti per i frequentatori del Tribunale
civile di Roma. Tutti sanno tutto di tutti.
Salgo, scendo, arrivo alla VIII sezione. Ci sono 5 armadi, due chiusi e 3
aperti. Allungo la mano, anche qui "cause interrotte". Successioni,
divisioni ereditarie. Mi spingo lungo i camminamenti che congiungono palazzi
vecchi e palazzi nuovi e sono alla IV, esecuzioni immobiliari. È una
mattinata come tante. Le aule sono stipate di avvocati, i magistrati sono
coperti dalla folla. Udienze di massa. No stop dalle 9, una cagnara fino
all'ora di pranzo. Il giudice Cottone ne ha 35 di cause, il giudice Vigorito
48. Gli avvocati rumoreggiano dentro e fuori, parlano, gridano. E tutti fanno
"il mucchio". Accatastano i loro fascicoli uno sopra l'altro, dal
primo che è arrivato all'ultimo. Si formano pile alte anche mezzo
metro. Poi si infilano nelle aule tutti insieme e, lentamente, "il
mucchio" cala. Scendo un'altra volta, c'è un altro cortile. E un
altro divieto.
Da questa porta potrebbero passare solo i dipendenti del Tribunale, ma
lì davanti sono forse in quattro o cinquecento. È l'Ufficio
Unico Notifiche delle Corti di Appello. Mi dicono che le file cominciano a
formarsi fra le 5 e le 7 del mattino. Sono le segretarie degli avvocati le
sfortunate, si alzano all'alba per far notificare gli atti. C'è
però un'altra via per non fare quelle file. Qualcuno mi sussurra
all'orecchio che devo rivolgermi "a Riccardo". Cerco Riccardo.
Chiedo in giro e mi rispondono che è morto durante le feste di Natale.
Un infarto. E mi consigliano: "Cerca la cugina, è lei che ha
preso il suo posto". Cerco "la cugina" ma non la trovo. Pare
che sia indaffaratissima a recuperare tutte le carte che aveva Riccardo, deve
restituirle agli avvocati. È tardi, quasi mezzogiorno. E non trovo
neanche Jimmy l'egiziano, lo sbrigafaccende che è il nuovo
"re" dell'Ufficio Unico Notifiche del Tribunale di Roma. Ha
cominciato vendendo marche da bollo, ora qua dentro si muove come il padrone.
Proverò a cercarlo ancora domani, Jimmy l'egiziano.
(26 gennaio 2007)
Da La Repubblica 26-1-2007
Il ministro della Giustizia
interviene dopo l'inchiesta pubblicata su 'Repubblica'
E annuncia che sta valutando quali "provvedimenti ispettivi"
adottare subito
Mastella
sul Tribunale di Roma "Una situazione raccapricciante"
ROMA - "Stupefacente e raccapricciante". E' questo il commento del
ministro della Giustizia Clemente Mastella all'inchiesta sul Tribunale civile
di Roma apparsa oggi sul quotidiano 'RepubblicA' e filmata con una telecamera
nascosta da Repubblica Tv. "Stupefacente e raccapricciante ma al tempo stesso
- prosegue il ministro - mi vado rendendo conto che è una situazione
con la quale si convive. Anche se non collima con le esigenze della privacy
né della giustizia".
Per una settimana, l'inviato Attilio Bolzoni è liberamente entrato e
uscito dal Tribunale. Ha potuto frugare tra carte riservate e schedari
incustoditi, nelle cancellerie, negli archivi.
"Tutto questo - dichiara ancora a Repubblica Tv il ministro Mastella -
accresce il rancore da parte dell'opinione pubblica. Sono fatti che vanno
corretti. Io credo che dal 2010 potremo rendere queste azioni telematiche, in
modo da evitare brutte soprese. Ma mi pare evidente che appena finita
l'inaugurazione dell'anno giudiziario mi dedicherò del Tribunale di
Roma anche per capire quali provvedimenti di natura ispettiva si possano
subito adottare".
(26 gennaio 2007)
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