La Repubblica
6-12-2007
Il Psi, il governo, Tangentopoli
ecco le carte dell'archivio Craxi
In
400mila documenti quarant'anni di politica italiana
Berlusconi: "Bettino grazie per il decreto
sulle televisioni"
di
SEBASTIANO MESSINA
TRA I 400
mila fogli, lettere, discorsi, biglietti, appunti e telegrammi che ora
riempiono la stanza accanto, Stefania Craxi ne ha
scelto uno, che ora è appeso alle sue spalle. E' probabilmente
l'ultimo scritto di suo padre Bettino - che lei non chiama mai
"papà", ma sempre "Craxi"
- e fu trovato sulla scrivania di Hammamet il 19 gennaio 2000, il giorno della sua morte. E'
un semplice foglio di bloc notes, con le righe
celesti solcate dalla grafia ancora forte e decisa di un uomo forse
già morente: "In questo processo, in questa trama di odio e di menzogne, devo sacrificare la mia vita per le
mie idee. La sacrifico volentieri. Dopo quello che
avete fatto alle mie idee la mia vita non ha più valore. Sono certo
che la storia condannerà i miei assassini. Solo una cosa mi
ripugnerebbe: essere riabilitato da coloro che mi uccideranno".
Ma neanche Stefania, che ha scelto in un minuto il
documento da incorniciare, sa esattamente tutto quello che c'è in quei
285 faldoni nei quali è sigillata la storia
di suo padre, o meglio le tracce cartacee e visuali che ne sono rimaste. Forse,
per dire, non sa neanche che nello scatolone della corrispondenza personale,
tra le lettere di Yasser Arafat
e i biglietti di Mitterrand, c'è una lettera
firmata Silvio Berlusconi.
Una lettera breve, di una paginetta, ma scritta di suo pugno alla fine di ottobre del 1984. Una testimonianza importante, perché è il tassello
mancante di una vicenda decisiva, nella storia della televisione italiana: il
decreto Berlusconi. Era successo che il 16
ottobre tre pretori - a Roma, Torino e Pescara - avevano ordinato
l'oscuramento di Canale 5, Retequattro, Italia Uno e altri due network perché trasmettevano in diretta su
tutto il territorio nazionale, nonostante il divieto allora imposto dalla
legge. Berlusconi guidò ovviamente la
protesta, parlò di "sconcerto, amarezza e ribellione", ma
dovette tenere spente per quattro giorni le sue tv.
Finché, la mattina del 20 ottobre, il Consiglio dei
ministri - convocato d'urgenza da Craxi -
varò un decreto-legge che sanava immediatamente la situazione e
concedeva un anno di tempo alle tv. Tutti pensarono, molti dissero e
qualcuno scrisse che il capo del governo aveva voluto dare una mano al suo
amico Silvio. Nessuno però poté dimostrarlo. Ebbene,
la lettera di Berlusconi è la conferma che
mancava.
"Caro Bettino - scrive il Cavaliere - grazie di cuore per quello che hai
fatto. So che non è stato facile e che hai dovuto mettere sul tavolo
la tua credibilità e la tua autorità. Spero
di avere il modo di contraccambiarti. Ho creduto giusto non
inserire un riferimento esplicito al tuo nome nei titoli-tv prima della
ripresa per non esporti oltre misura. Troveremo insieme al più presto il modo di fare qualcosa di meglio. Ancora
grazie, dal profondo del cuore. Con amicizia, tuo
Silvio".
Le lettere di Craxi sono una netta minoranza, nel
mare magnum della corrispondenza catalogata, perché
il leader socialista scriveva spesso a mano e non
conservava una copia delle missive che spediva. Tra le poche di cui è
rimasta traccia, ce n'è una scritta a un
compagno socialista con il quale lui ebbe rapporti altalenanti: Sandro Pertini.
Maggio 1984: Pertini è al Quirinale, Craxi a Palazzo Chigi. Ma è una lettera
privata, da compagno a compagno, quella che Bettino scrive. "Caro
Sandro, anche il presidente della Repubblica consentirà al segretario
dei socialisti italiani di essere franco. Dopo la
campagna di aggressione polemica ripresa dai
comunisti contro i socialisti da quando ho l'onore di guidare il governo
della Repubblica, penso che se tu ti fossi trovato tra i delegati socialisti
del congresso di Verona, ti saresti unito alla loro legittima protesta con lo
stesso orgoglio e la stessa energia con la quale sempre i socialisti
riformisti hanno dovuto difendere il socialismo ogni qualvolta esplodeva il
settarismo dei comunisti. Un abbraccio fraterno, tuo Bettino".
Cos'era successo? Al congresso socialista di Verona
la platea aveva rumorosamente fischiato Enrico Berlinguer,
capo della delegazione del Pci. "Io non posso
unirmi a questi fischi solo perché non so fischiare" aveva commentato Craxi dal palco. Una frase che non era piaciuta
affatto a Pertini (come lo stesso presidente
si era premurato di far sapere al leader socialista, con una secca
telefonata) e della quale lo stesso Craxi si
sarebbe poi amaramente pentito, un mese dopo, al momento della morte di Berlinguer.
Uno sprazzo di luce su una vicenda ancora oggi più ricca di ombre che di luci arriva invece da una lettera che
Giuliano Amato scrive a Craxi il 9 febbraio 1993. La
data è importante. Lo scandalo di Tangentopoli è al culmine
della sua deflagrazione: da 24 ore Silvano Larini viene interrogato dal pool di Mani Pulite, e sta
raccontando di un conto "Protezione" su cui Licio Gelli ha versato sette milioni di dollari al Psi. Craxi è già
stato raggiunto da un avviso di garanzia e tre giorni dopo si
dimetterà da segretario. Martelli darà
le dimissioni entro poche ore.
In questo clima infuocato Amato, presidente del Consiglio, scrive a Craxi una lettera di suo pugno - su carta intestata di
Palazzo Chigi, ma non protocollata e dunque non
classificata - che sembra avere un solo obiettivo: rassicurarlo sui suoi guai
giudiziari. "Caro Segretario, prendo a calci i primi mattoni di un muro
di silenzio che non vorrei calasse fra noi. E vorrei chiederti invece di avere fiducia in quel che io
sto cercando di fare. Occorre certo che passi qualche giorno, che la
situazione delle imprese, e non solo della politica, appaia
(come del resto già è) insostenibile. E' inoltre
realisticamente utile che la macchia d'olio si allarghi. Neppure a quel punto
credo che sarà possibile estinguere reati di codice. Ma credo che
l'estensione per essi dei patteggiamenti e delle
sospensioni condizionali sia una strada percorribile. Sto conquistando su questo preziosi consensi. E ritengo che si ottengano
così procedure non massacranti, che evitano la pubblicità
devastante dei dibattimenti e forniscono possibilità di uscita (...). Claudio mi pare ormai in pericolo.
Apprendo che, se ci fosse un riscontro a ciò
che ha detto Larini, già sarebbe partito un
avviso per concorso in bancarotta fraudolenta. Io sono qua.
E continuo ad esserti grato ed amico. Giuliano".
Il giorno dopo, al Senato, Amato dirà che
"la questione morale è diventata, di prepotenza,
prioritaria". E tre settimane più tardi,
il 5 marzo, il suo governo varerà quello che passerà alla
storia come il "decreto salva-ladri": depenalizzazione per il
finanziamento illecito dei partiti ed estensione del patteggiamento ai reati
di concussione e corruzione. Decreto che sarà precipitosamente
ritirato dopo la clamorosa protesta in tv del pool milanese.
Alcuni dossier sono riservati a politici e giornalisti. Uno è dedicato
a Cesare Merzagora. Un altro è intitolato
"Eugenio Scalfari" e contiene cento
documenti catalogati, tra i quali gli articoli dattiloscritti (consegnati
dunque a Craxi prima della pubblicazione) di
un'inchiesta dell'"Europeo", cinque puntate al vetriolo sul
fondatore di "Repubblica".
Nomi invece ce ne sono tanti. Cossiga
scrive più di tutti: lettere, biglietti, telegrammi. Una lettera dal Quirinale sembra scritta alla vigilia delle dimissioni:
"Caro Bettino, non ho potuto seguire, in coscienza, il tuo consiglio di
"restare". Ma ho gettato piuttosto un
ponte con quel galantuomo che è Oscar Luigi Scalfaro...".
Roberto Benigni nel 1991 gli manda da Porto Cesareo
(Lecce) una cartolina con uno scoglio scritta nel suo stile: "Bettino, e
a stare zitti ho già detto tutto. Ti saluto".
Nel 1986 Leonardo Sciascia gli scrive: "Ho
votato per il Psi e per il
giovane Musotto. Già da anni io voto come se
ci fosse il sistema uninominale (che bisognerebbe ripristinare). Ma non
è questo il punto: è che la campagna elettorale del Psi in Sicilia mi pare sia
partita sul piede sbagliato: quando si vuole rinnovare, e si vuole
rinnovamento, bisogna che siano nuovi gli uomini che si propongono. Questa
è la terra in cui l'esperienza della storia si è coagulata
nella sentenza che "'ncapu a lu re c'è lu vicirè", al di sopra del
re c'è il vicerè...".
Una delle ultime lettere, dell'estate 1999, è per Giovanni Paolo II:
"Santo Padre, don Verzè mi porta il Suo
messaggio augurale. Grazie. L'unica grande fiducia
è in Lei. Offro le mie sofferenze per il mio
paese e per le intenzioni di Vostra Santità. B. Craxi".
(6 dicembre 2007)
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