HOME    PRIVILEGIA NE IRROGANTO   di Mauro Novelli     www.mauronovelli.it    

Documento d’interesse   Inserito il 14-5-2009


 

Documenti correlati

 

 

 

La Repubblica 14-5-2009

Alitalia, manager sotto accusa. "Un crac da cinque miliardi"

Nell'inchiesta di Roma i pm accusano Cimoli, Mengozzi e Zanichelli
La storia di una eutanasia finanziaria per "dissipazione delle risorse"

di Carlo Bonini

 

ROMA - La bancarotta di Alitalia non è una notte in cui tutti i gatti sono neri, del tutti colpevoli perché nessuno davvero lo sia. Dopo sei mesi di lavoro a fari spenti, oltre sessanta testimonianze raccolte, ripetuti accessi analitici ai documenti contabili dell'azienda affidati al nucleo di polizia tributaria di Roma della Guardia di Finanza, il procuratore aggiunto Nello Rossi e i suoi sostituti Stefano Pesci, Maria Francesca Loy, Gustavo De Marinis mettono un primo punto al loro lavoro istruttorio. E nel definire il canovaccio di una catastrofe già costata alle casse del Paese cinque miliardi di euro in dieci anni, di cui sono oggi la coda bond per 270 milioni di euro ridotti poco più che carta straccia, ne individuano e ipotizzano le prime responsabilità penali nelle scelte di Francesco Mengozzi (amministratore delegato dal 2001 al febbraio 2004), Marco Zanichelli (direttore delle relazioni esterne nel 1989, direttore centrale nel 1992, segretario generale nel 2001, presidente Alitalia Airport nel 2002, direttore generale nel 2003, amministratore delegato per soli quattro mesi nel 2004) e Giancarlo Cimoli (monarca della compagnia dal 2004 al 2007). La loro iscrizione al registro degli indagati - ormai risalente nel tempo e condivisa, di ufficio, con tutti gli altri presidenti e amministratori delegati che si sono avvicendati dal 2001 al fallimento - ha assunto infatti la forma di un primo articolato capo di imputazione che prelude, con le informazioni di garanzia per bancarotta, a un prossimo interrogatorio. Ma che, soprattutto, documenta una storia di eutanasia finanziaria per "dissipazione delle risorse" che ora comincia ad avere qualche data, qualche numero, qualche fatto certo.

Mengozzi, Zanichelli e Cimoli sono manager diversi. Per formazione professionale e appartenenza (il primo, voluto dal governo Amato. Gli ultimi due dal primo gabinetto Berlusconi). Ma tutti e tre condividono il genoma del manager Alitalia. Si muovono - per quello che l'inchiesta può oggi documentare - secondo le regole non scritte che vogliono la compagnia retrobottega della politica. Barattano retribuzioni d'oro in cambio di "performance" che ignorano l'interesse economico di azionisti, obbligazionisti e creditori. Giancarlo Cimoli - per dirne una - raggiunge nel 2006 una retribuzione di 6.400 euro al giorno, mentre l'azienda perde 626 milioni in soli 12 mesi. Prima di lui, nel 2001, Mengozzi ne guadagna 630 mila lordi l'anno, firmando il suo primo bilancio con un saldo negativo per 907 milioni. Ognuno dei tre manager - osserva nelle sue informative la Finanza - si presenta con piani industriali che, in una sequenza schizofrenica, promettono di riportare la baracca in attivo e puntualmente vengono disattesi. Qualche volta, per imprevedibile contingenza (lo choc post 11 Settembre ne è un esempio). Normalmente, per scelta di quegli stessi manager che del "piano" hanno fatto pubblicamente la propria linea del Piave.

E' il caso della vendita di "Eurofly". Siamo nel 2003 (gestione Mengozzi-Zanichelli), e quella che soltanto tre anni prima è diventata la compagnia charter ufficiale di Alitalia (la guida Augusto Angioletti, ex presidente del potente sindacato dei piloti Anpac) viene venduta alla società "Spinnaker Luxembourg" di Banca Profilo per 13 milioni e mezzo di euro. La mossa è curiosa. Soltanto cinque mesi prima della vendita, "Eurofly" è stata ricapitalizzata da "Alitalia" con denaro pubblico per 5 milioni di euro. E quel che è peggio - scopre ora la Finanza - i 13 Md-80 che vengono ceduti con la compagnia charter lo sono a prezzo fuori mercato (mediamente, 1 milione e 800 mila euro l'uno). Nell'arco di pochi mesi, gli aerei verranno infatti rivenduti dal compratore ad altre società per circa il doppio, con plusvalenze che raggiungono i 13 milioni di euro. Del resto, in quegli stessi anni, i criteri di "dissipazione" con cui viene gestita la flotta hanno una loro riprova nel settore Cargo. Centotrenta piloti ruotano su cinque vecchi aerei passeggeri modificati che per stare in aria volano regolarmente zavorrati a prua con mattoni e che, alla fine di ogni anno, fanno registrare perdite medie per 30 milioni di euro.

Non andrà meglio con "Volare Group". Questa volta, 2006, l'Alitalia di Cimoli compra. La compagnia è già con un piede nella fossa e impiombata da personale sovradimensionato, ma ciò nonostante sborsa 38 milioni di euro per rilevare all'asta la low-cost italiana e i suoi 12 slot sull'aeroporto di Linate. Con "Volare", Cimoli si fa carico anche di 700 addetti, cui viene garantito il mantenimento degli organici per i successivi tre anni. "Volare" e i suoi due marchi (Volareweb e Air Europe) cessano la loro attività neppure due anni dopo.

"Eccesso di signorilità", hanno chiosato in Procura con voluto sarcasmo alcuni dei testimoni sentiti e, pubblicamente, lo stesso Augusto Fantozzi, oggi commissario liquidatore. Che del resto ha la sua cartina di tornasole nella politica di "esodi incentivati" dei dirigenti di cui restano misteriosi i criteri, nell'operazione di separazione di Az servizi, come anche nella distribuzione delle consulenze. Cimoli, in soli 3 anni, brucia 128 milioni di euro. Sessanta li incassa "McKinsey", 29 "Accenture", per piani di riorganizzazione aziendale e informatica che, stando alle verifiche della Finanza, restano sulla carta e da cui l'azienda non trae alcun beneficio. Di "criteri di economicità" ed efficienza non c'è traccia. Anche quando l'azienda vende e non compra. Accade con i tre immobili della Magliana che ospitano il quartier generale della compagnia. Nel 2002, Mengozzi li cede alla "Peabody Lamaro srl" per 140 milioni di euro e ne riaffitta contestualmente uno dal compratore per un canone di 18 milioni e mezzo di euro l'anno. Una cifra che, in meno di 8 anni, avrebbe consentito alla Lamaro di rientrare dell'intero acquisto.

L'istruttoria della Procura non finisce evidentemente qui. I magistrati si preparano a chiedere una proroga di sei mesi di indagine, per poter definire le possibili richieste di rinvio a giudizio entro l'anno. E per quel che è possibile cogliere, coltivano una speranza. Che Mengozzi, Zanichelli e Cimoli, ora che l'inchiesta li assedia, decidano di liberarsi di qualcuno dei segreti della Magliana.

(14 maggio 2009)