HOME PRIVILEGIA NE IRROGANTO di Mauro Novelli Documento d’interesse Inserito il 14-9-2007 |
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Da www.loccidentale.it 13-9-2007 Cosa c'è dietro gli immobili
"a saldo" La vicenda delle cartolarizzazioni è recentemente tornata alla
ribalta, svelando come potenti e loro vassalli e valvassori sono risuciti ad accaparrarsi notevoli proprietà immbiliari a prezzi di saldo. I potenti di turno, biasimati da
pubblica stampa per tale loro comportamento, si sono però indignati e
difesi sostenendo che: -
hanno solo applicato la normativa all’epoca vigente; -
hanno (addirittura) acquistato solo grazie all’accensione di un mutuo (come
se, del resto questo non sia il solo modo che i cittadini “normali” hanno per
acquistare un immobile); Ma per capire se tali
giustificazioni siano sufficienti ad esimersi da pubblica riprovazione e come
e perché questo sia comunque potuto accadere è forse necessaria
qualche ulteriore precisazione “tecnica”. Mi sono occupato della vicenda cartolarizzazione già nel 2005, quando, in
qualità di Ufficiale della Riserva dell’Esercito, viste le mie
competenze legali nella vita “civile”, venni
richiamato ad hoc per approfondire criticità e fattibilità
dell’operazione di cartolarizzazione SCIP 3,
relativa alla dismissione dei beni demaniali del Ministero della Difesa. Le criticità allora
emerse erano le stesse che oggi destano tanta
attenzione e perplessità. Tramite la cartolizzazione
gli immobili pubblici vengono dunque ceduti in blocco ad una società
“veicolo” appositamente costituitasi, la Scip
appunto, che, in cambio, “anticipa” allo Stato una parte del valore “stimato”
di vendita degli immobili. La Scip,
che non ha capitali propri e reperisce i fondi emettendo obbligazioni (in
sostanza indebitandosi), s’impegna a rimborsare gli investitori, a scadenze
prefissate, delle somme ricevute e dei relativi interessi tramite i fondi
incassati dalla vendita degli immobili pubblici. Le dismissioni di
proprietà pubbliche sono state però sempre problematiche.
Già infatti era saltata (a causa di alcune
contestazioni comunitarie) la cessione delle reti autostradali dall’ANAS a
Infrastrutture SpA (per 3 miliardi di Euro), SCIP2
(relativa agli immobili degli istituti previdenziali) non ha dato i risultati
sperati ed è anzi oggi quella che “desta scandalo” per le
modalità di attuazione, SCIP 3, infine, dopo lungo dibattito, si
è comunque arenata. La vendita degli immobili, del
resto, di per sé, non rappresenta nulla di nuovo sotto il sole del panorama
pubblico. In teoria, una volta effettuata la ricognizione
secondo criteri di trasparenza e pubblicità (cosa però
che sembra avvenire con estrema difficoltà), si può procedere
alla dismissione del patrimonio immobiliare. Tali tipi di operazioni,
però, sono realizzabili solo su proprietà immobiliari
facilmente vendibili. La cartolarizzazione consente
dunque, così, la trasformazione del patrimonio immobiliare in flussi
finanziari. Ogni operazione di cartolarizzazione
presuppone quindi l’individuazione di determinati beni immobili, i quali vanno
a costituire un patrimonio separato da quello delle società veicolo. Tali patrimoni sono vincolati
cioè al soddisfacimento delle ragioni dei portatori dei titoli e di
tutti coloro nei confronti dei quali sia stato
contratto un debito nell'ambito delle operazioni di cartolarizzazione.
Ma che cosa resta allo Stato? La società veicolo versa l’importo
raccolto dalle operazioni di cartolarizzazione (con
le sottoscrizioni delle obbligazioni), a titolo di prezzo iniziale, agli enti
che hanno ceduto gli immobili. La società veicolo si occupa poi della
gestione degli immobili e della loro rivendita sul mercato. I proventi
derivanti dalla gestione e dalla vendita degli immobili sono quindi
utilizzati per il rimborso: del debito, degli interessi, degli oneri accessori,
delle commissioni ai soggetti terzi e degli altri costi. L'eventuale
residuo costituisce infine il cosiddetto prezzo "differito" da
retrocedere all'originario titolare del diritto di proprietà,
cioè allo Stato. E come ci guadagnavano gli inquilini degli
immobili venduti (tra cui anche gli “indignati” politici)? La legge 326/03 stabiliva, per
esempio, che i conduttori delle unità immobiliari hanno
il diritto di opzione per l’acquisto, con possibilità, in caso di
reddito familiare inferiore a determinati limiti, di accendere un mutuo a
tasso agevolato finalizzato all’acquisto stesso. Chissà se anche nelle
vicende di recente evidenziate dalla stampa nazionale, i vari soggetti
coinvolti, hanno usufruito anche di tali accensioni agevolate? Visti i lauti compensi ricevuti
in qualità di politici, ritengo di no (ma non
si sa mai). Il prezzo di vendita delle unità immobiliari è
comunque determinato (rectius: dovrebbe essere
determinato) in base alle valutazioni di mercato, considerando i prezzi
effettivi di compravendite di unità immobiliari aventi caratteristiche
analoghe. Gli immobili, però, vengono offerti
in opzione ai conduttori (che godono di diritto di prelazione) e il prezzo
viene comunque diminuito del 30 per cento. Oltre a tale riduzione
(già notevole) i conduttori possono godere inoltre di un’ulteriore
riduzione del prezzo se acquistano, a mezzo di
mandato collettivo, un numero di unità immobiliari rappresentativo
dell’80 per cento delle unità complessive dell'immobile, al netto di
quelle libere (ecco forse perché tra i casi segnalati dalla stampa abbiamo
visto che rientravano acquisti non di uno, ma di dieci o venti appartamenti
in blocco?). Comunque se i conduttori non
raggiungono la suddetta percentuale dell’80%, ma solo quella del 50%,
ottengono pur sempre uno sconto, anche se di entità inferiore. Solo
nel caso in cui i conduttori non abbiano esercitato
il diritto di opzione, e/o rimangano delle unità libere, si procede
quindi alla vendita al miglior offerente, individuato con procedura
competitiva (e finalmente con effettivo guadagno per le casse pubbliche). Per gli immobili di pregio (tra
cui, “a occhio”, dovrebbero rientrare molti degli immobili acquistati dai
vari soggetti coinvolti nella vicenda), infine, vale (rectius:
dovrebbe valere) una disciplina a parte, in quanto non dovrebbe
essere concesso ai conduttori, che esercitano il diritto di opzione, lo
sconto del 30 per cento sul prezzo. Gli immobili di pregio vengono individuati, su proposta dell’Agenzia del
Territorio, dai decreti che trasferiscono gli immobili alle società
veicolo. Non sono però soggetti
all’individuazione dei decreti citati, e quindi sono sempre considerati di
pregio gli immobili situati nei centri storici urbani, ad eccezione di
quelli, espressamente indicati nei suddetti decreti, sempre su proposta dell’Agenzia del Territorio, che si trovano in
stato di degrado e per i quali sono necessari interventi di restauro e di
risanamento conservativo, ovvero di ristrutturazione edilizia. Molti degli immobili che hanno
destato scandalo rientravano appunto in questa categoria. In conclusione, il
patrimonio immobiliare pubblico è una enorme
risorsa sulla quale è lecito e possibile fare leva per risolvere i
problemi finanziari che il nostro sistema economico sta attraversando. Il
dubbio invece riguarda il metodo di dismissione scelto e, soprattutto, i
criteri per la sua applicazione. E’ quindi lecito chiedersi: a chi giova
tutto ciò? Giova certamente agli occupanti,
che continuano così a godere di già ingiusti privilegi (non ci
scordiamo infatti quanto pagavano di affitto per gli
immobili poi comprati a due soldi). Giova (ancor di più) a quegli
inquilini (magari ad alto reddito) che hanno potuto arricchire il proprio
patrimonio immobiliare a spese dello Stato. Ma queste, a ben vedere, sono
solo le briciole. Gli interessi maggiori si hanno da parte degli speculatori
di tutti i generi che si sono buttati a capofitto nell’“affaire” della
vendita del patrimonio pubblico. L’immissione sul mercato di un
patrimonio pubblico, che dovrebbe aggirarsi attorno ai 35 miliardi, ma che ha
un potenziale valore di dieci volte tanto, ha scatenato appetiti fortissimi e
forti speculazioni, con la inevitabile concorrenza
d’interessi tra pubblico e privato. È evidente che il patrimonio
alloggiativo pubblico ha tutte le caratteristiche
che interessano gli speculatori. E’ lì che le grandi multinazionali
del mercato immobiliare hanno quindi concentrato la loro attenzione, proprio
perché si tratta di un patrimonio facilmente “riconvertibile” o con ristrutturazioni
o con abbattimenti e ricostruzioni. Gran parte del patrimonio degli
enti sorge, infatti, proprio nella fascia d’interesse del centro o appena a
ridosso del centro, quindi con valori catastali
già alti e con valori commerciali da incrementi stratosferici. Insomma
ce n’è per tutti: “piatto ricco, mi ci
ficco”. 13 Settembre 2007 | cartolarizzazioni | immobili
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