Da www.fondionline.it
del 29-10-2007
Analisti finanziari nella tempesta
29 Oct 2007
di Rocki Gialanella
Un nuovo studio ad ampio raggio d’azione conferma la presenza
di conflitti di interesse e asimmetrie informative
nei mercati finanziari
Gli analisti bancari vivono nuovamente momenti difficili. Poche settimane fa,
uno studio pubblicato da alcuni accademici statunitensi e ripreso dalla
stampa internazionale (inclusi The Economist e Financial Times) sottolineava che i due terzi degli analisti di Wall Street
ricevono favori dagli esecutivi delle corporate (che in tal modo puntano ad
assicurarsi giudizi lusinghieri).
Lo studio realizzato da James Westphal (Università del
Michigan) e dal suo collega Michael Clement (Università del
Texas) non è il primo dedicato ai conflitti di interesse, asimmetrie
informative e altre falle che imperversano all’interno dei mercati
finanziari, sia azionari che obbligazionari. Sulla scia di altre
pubblicazioni che lo hanno preceduto, lo studio si basa su dati empirici
molto ampi. In particolare, gli autori hanno raccolto le opinioni di 1.800
analisti e centinaia di CEO, responsabili finanziari delle aziende ed altre
figure di primo piano negli organigrammi societari. La media è di tre
favori pro- capite in periodi che vanno da un mese ad un anno. La
novità è che lo studio è stato pubblicato dopo che Wall
Street ha deciso di introdurre delle norme tese a limitare i conflitti di interesse all’interno delle banche di investimento e
tra analisti e banchieri, creando le famose muraglie cinesi.
Questi tipo di investigazione è usuale e
frequente per i mercati sviluppati, in particolare, quello statunitense.
Curiosamente è meno usuale per i mercati Emergenti, dove può
facilmente essere ipotizzata la presenza di tali conflitti. In uno studio
datato 2000 a
cura della Harvard Business School si dimostrava che
c’erano in media 13 analisti dedicati per ciascuna società. Il numero
arrivava a 30 nel caso delle corporate statunitensi e tedesche. Il confronto
con i paesi dell’America Latina dimostra le profonde differenze con i paesi
Emergenti, e le ancor più marcate differenze individuabili all’interno
del gruppo dei Pvs.
Messico e Brasile, rispettivamente con 18 e 16, sono i paesi dell’America
Latina che possono contare sul numero più elevato di
analisti finanziari specializzati sui titoli di rischio. Negli altri
mercati Emergenti il livello di copertura è nettamente inferiore. In
Colombia era appena di tre analisti per società, in Perù 8, in Cile 5 e in Venezuela
solo 2. La dispersione degli errori risultava molto
più ampia nei mercati in via di sviluppo: tra il 40% e il 60% in paesi
come Cina, Messico, Argentina. Si trattava di un livelli
sensibilmente superiore alla media complessiva (19%) e al livello registrato
dal mercato Usa (2%).
In uno studio più recente, curato dall’OECD, è stato dimostrato
che la copertura dei paesi Emergenti da parte degli analisti obbligazionari
delle banche di investimento è molto
relativa. Le principali banche di investimento
localizzate a Wall Street e nella City ‘coprono’ appena 35 paesi Emergenti.
Più di 120 paesi in via di sviluppo semplicemente non esistono per gli
analisti finanziari specializzati nel mercato obbligazionario.
L’America Latina è l’area geografica che beneficia della migliore
copertura (situazione ereditata dall’intenso flusso di emissioni
obbligazionarie che caratterizza da sempre questi paesi). L’Africa è
il continente con la copertura più risicata (sono appena sei i paesi
che compaiono di tanto in tanto nelle analisi). Intere aree dell’Asia
Centrale e dell’America Centrale semplicemente non
esistono. Detto in altri termini
Attraverso l’analisi di 3.500 raccomandazioni diffuse nel periodo 1996-2006
dagli analisti ( delle 10 principali banche di investimento)
specializzati sulle obbligazioni emesse da paesi dell’America latina, i
curatori dello studio hanno dimostrato un’intensa relazione tra le
raccomandazioni e il business delle banche in questi paesi. In altri termini,
il 90% delle banche raccomanda di acquistare o mantenere i bond quando
provengono da paesi con cui hanno instaurato una relazione commerciale, e in
particolare, quando le stesse banche hanno ricevuto il mandato per curare l’emissione
del debito sui mercati internazionali.
Queste investigazioni dimostrerebbero la scarsa efficacia delle muraglie
cinesi, in particolare per i mercati Emergenti. Tuttavia, e
per fortuna di tutti gli investitori retail ed istituzionali, sono ormai lontani
i tempi in cui uno speculatore poteva inventarsi di sana pianta la presenza
di un El Dorado finanziario come quello immaginato dallo scozzese McGregor.
Agli inizi del XIX secolo, l’inventore della
fantomatica Repubblica di Poyais provocò la prima crisi dei mercati
Emergenti nella City londinese.
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