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Dal Corriere della Sera 29-1-2007 Fondi o Tfr?
Sei clausole in cerca d’autore Massimo
Fracaro, Paolo Golinucci
Tra i vantaggi della
liquidazione il rendimento garantito e la flessibilità. A favore della
complementare il contributo aziendale e gli sconti fiscali I principali punti che
possono frenare l’adesione alla previdenza integrativa. Qualcosa si
può migliorare, ma...
Sono sei i principali
ostacoli, spesso di carattere psicologico,
che frenano la destinazione del Tfr alla previdenza
complementare. Dubbi e remore comprensibili, e in
qualche caso fondati. Che nascono, forse da un peccato originario. L’uso del Tfr, parte della retribuzione, per integrare la pensione.
Probabilmente non c’era altra strada da percorrere. Ma il Tfr
rappresenta, da sempre, un paracadute a cui è
difficile rinunciare e sul quale si scaricano aspettative anche esagerate.
L’adesione ai fondi comporta, però alcuni vantaggi spesso
sottovalutati. Come il contributo del datore di lavoro che va ad aumentare il
capitale finale. E quindi la rendita. Ecco un esame di questi sei punti sui
quali sarà necessaria un’ulteriore riflessione per convincere gli
scettici. Pur restando la scelta dei fondi assolutamente consigliabile se non
si vuole rischiare una vecchiaia di ristrettezze. Destino inesorabile che,
purtroppo, attende i giovani di oggi. 1 Il sistema è troppo rigido. Una volta entrati è impossibile uscire prima della
pensione. La scelta di destinare il Tfr alla
previdenza complementare è irreversibile. Prima di dire sì, quindi,
è opportuno fare uno scrupoloso esame della propria situazione
familiare, finanziaria, previdenziale e anche dei propri progetti di vita.
Perché dai fondi si uscirà solo
all’età della pensione, o al verificarsi di eventi particolarmente
gravi. La norma sembra corretta in questa fase di avvio, perché se i riscatti
fossero liberi, i fondi avrebbero maggiori oneri amministrativi e minori
risorse investibili. E’ auspicabile, però, che una volta raggiunta una
certa massa critica, si introduca qualche correttivo. Troppo lungo in assenza
di ammortizzatori sociali, ad esempio, il termine di 48 mesi di
disoccupazione per poter ottenere il 100% del capitale (il 50% viene dato nei primi 12 mesi, ma con penalizzazione
fiscale). Altro esempio: una donna che si ritiri per curare figli o nipoti,
deve aspettare 4 anni per rivedere tutti i suoi soldi. 2 Non c’è una
garanzia di rendimento minimo. E quando è prevista i costi sono alti.
Il Tfr offre un rendimento garantito: il 75%
dell’inflazione più un punto e mezzo. In pratica offre un rendimento
positivo fino a un’inflazione del 6%. Con i fondi pensione nulla
è garantito. I rendimenti
dipenderanno dall’andamento dei mercati finanziari, dalle capacità dei
gestori e dai costi. I fondi devono avere una sorta di linea garantita, ma
aderendovi si deve rinunciare a quell’extra rendimento che è
necessario perché diventi conveniente rinunciare al Tfr.
Si investe la liquidazione sperando di avere qualcosa di più di quanto renda in azienda, non lo stesso risultato. Si
potrebbero, però, prevedere linee che, pur non dando una garanzia
completa, riducano al minimo la possibilità di andare incontro a
rendimenti negativi. Tra le ipotesi anche la creazione di un fondo di
garanzia costituito dagli intermediari. Ogni forma di tutela, però
deve essere ben calibrata per evitare che poi i gestori, forti di questa
garanzia, aumentino gli investimenti a rischio. Tanto l’aderente non ci
perde. 3 Le disposizioni sugli acconti sono favorevoli, ma sui termini serve una interpretazione più elastica. A derendo a un fondo pensione si può incassare in
ogni momento il 75% del capitale per gravi problemi di salute. Per l’acquisto
della prima casa servono otto anni (come oggi per il Tfr).
Termine che si calcola dall’adesione ai fondi. Una penalizzazione per i
giovani. Ad esempio chi ha iniziato a lavorare nel 2000 e adesso aderisce a
un fondo avrà l’anticipo solo nel 2014. I sei anni in azienda non
contano. Basterebbe prevedere che l’acconto possa essere chiesto, pro quota,
al datore di lavoro e al fondo a condizione che l’anzianità totale sia
di 8 anni. 4 Quando si iniziano i versamenti non si conosce come verrà determinata la rendita. Solo quattro dei 31
fondi chiusi attualmente operativi hanno stabilito in base a quali parametri
il capitale accumulato verrà convertito in
rendita (vedi articoli qui sotto). I parametri dipendono dalle speranze di
vita degli aderenti: gli attuali coefficienti di conversione hanno, quindi,
una validità limitata. È corretto che i fondi non si assumano
il rischio di definire oggi come trattare i pensionati di domani — se
sbagliano i conti, rischiano il dissesto — ma
l’incertezza non favorisce certo le adesioni. 5 Il trattamento fiscale
è molto favorevole. Ma durerà? Uno dei principali vantaggi
dell’adesione ai fondi è il trattamento fiscale molto favorevole. La leva tributaria è
lo strumento più efficace per favorire il loro decollo. Sembra, però, che nell’attuale
maggioranza si stia pensando a una revisione di un regime considerato troppo
favorevole rispetto a quello delle pensioni pubbliche. C’è da
augurarsi che questo non accada. Non si possono spingere i dipendenti ad aderire alla previdenza complementare, spesso attirati
dai vantaggi fiscali, e poi cambiare le regole del gioco. Serve un impegno
serio a mantenere un regime favorevole, sia pure con qualche piccola
correzione, per un lungo periodo di tempo. 6 Il meccanismo delle rendite non
sembra essere sufficientemente protettivo in caso di decesso. Per tutelare i
propri cari una volta raggiunta l’età pensionabile sarà
necessario scegliere la rendita reversibile, perché in caso contrario dopo il
decesso il capitale verrà incamerato dal
fondo. La reversibile, però, è più bassa anche del 30%
se il coniuge ha cinque anni di meno (vedi qui sotto). E il gap aumenta se la
differenza di età è maggiore. Quindi i sacrifici fatti per
avere una pensione di scorta possono portare ad avere una rendita inferiore
alle aspettative. In caso di decesso, il capitale residuo dovrebbe, invece,
essere interamente restituito agli eredi. Oggi, invece, i fondi hanno solo la
facoltà di inserire questa opzione. Il meccanismo della
reversibilità è corretto in campo assicurativo, ma stona quando la maggior parte del capitale è
costituita dalla retribuzione. In caso di decesso il Tfr
spetta sempre e comunque. Non si può perderlo solo perché viene trasformato, con un’alchimia finanziaria, in
rendita. 29 gennaio 2007 |