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Il Corriere della Sera 26-4-2008 I dubbi sulla ricostruzione ufficiale partiti da
un'email diffusa da un esponente del Pd Sospetti e veleni sullo
stupro di Roma. L'ex
sindaco: troppe stranezze. La replica: ipotesi assurde Di Fiorenza Sarzanini ROMA - Se ne è parlato riservatamente per giorni tra salotti, comitati
elettorali e redazioni dei giornali. E ieri i presunti retroscena dello
stupro della giovane studentessa africana avvenuto la scorsa settimana a La
Storta — periferia nord di Roma — sono diventati materia di scontro tra i
candidati a sindaco della capitale. Ha iniziato Rutelli: «Alcune di queste vicende
degli ultimi giorni sono state anche un po' sospette. Ma non tocca a me
parlarne, indagheranno le forze dell'ordine, indagherà la magistratura
». Immediata la replica di Alemanno: «Si è
toccato il fondo. Sono preoccupato di come Rutelli sta affrontando
quest'ultimo scorcio di campagna elettorale». Poi ha rivelato: «Si lascia intendere chissà che cosa intorno allo
stupro della studentessa del Lesotho nei pressi della stazione La Storta.
È una cosa talmente fantascientifica che non so
se fa più ridere o piangere. Come si fa a strumentalizzare il dolore?
Sottacqua dicono che è stata la destra a organizzare lo stupro della
studentessa del Lesotho. Sono dei cialtroni e vanno rimandati a casa». A
mettere in pubblico alcune «stranezze» dello stupro alla Storta era stato,
mercoledì scorso, il sito internet Dagospia,
pubblicando una lettera siglata MD che ricalca una e-mail
fatta circolare dall'ex assessore della giunta Veltroni, oggi consigliere
regionale del Pd, Mario Di Carlo. «Ricevo e giro», avvertiva il politico per
dire che non è lui la fonte primaria dell'informazione. Nel messaggio
ci si chiedeva come fosse possibile che un rumeno senza fissa dimora
nominasse un avvocato del calibro di Marcello Pettinari,
«famoso penalista difensore del magistrato Metta indagato nell'ambito del
processo Lodo Mondadori che vedeva indagati Berlusconi, Pacifico, Previti e
Squillante». E faceva notare che Pettinari ebbe in
gioventù un passato missino, mentre uno dei soccorritori della ragazza
di colore violentata, «guarda caso, firma con Alemanno con tanto di foto sul
Messaggero del 22 aprile 2008 il patto per la legalità e la
sicurezza». Conclusione della lettera: «Agatha Christie faceva dire a Poirot che quando ci sono tre coincidenze diventano un
indizio». In questo caso l'indizio sarebbe quello di un concentrato un po' sospetto
di
uomini di destra intorno alla vicenda. Al quale il Secolo d'Italia ha
replicato ieri mattina con un articolo intitolato «Rutelliani disperati: il rumeno? Assoldato dal Pdl». E la nomina di Pettinari, che non ricorda di essere stato missino e oggi
si autodefinisce «liberale convinto», era stata spiegata dall'interessato al
Riformista (che aveva ripreso Dagospia) in questi
termini: il rumeno aveva in tasca un biglietto da visita di un avvocato suo
amico, Cesare Sansoni, risalente a un trasloco di un paio di anni fa;
chiamò lui, che però è un civilista e quindi ha passato
il caso al figlio Antonio e a suo zio, Marcello Pettinari.
Sempre ieri l'agenzia Ansa ha diffuso un'altra notizia che alimenterebbe
l'indizio nato dalle coincidenze riassunto nella e-mail:
una donna rumena «che lavora in un negozio di generi alimentari sulla via
Cassia », dunque vicino alla Storta, avrebbe testimoniato in un
interrogatorio svoltosi nei giorni scorsi in Procura, che «nella
comunità rumena della capitale sarebbero circolate voci secondo le
quali Joan Rus, l'uomo accusato di aver violentato
la studentessa del Lesotho, potrebbe essere stato coinvolto in un gesto
tendente a screditare la comunità stessa». La testimone avrebbe detto di aver «sentito queste voci tra i suoi
connazionali», senza poter affermare se rispondessero alla realtà. In Procura la
notizia di questa testimonianza sul rumeno mandato a violentare una ragazza
di colore non trova riscontro. Anzi, viene smentita. Confermata solo la
deposizione del «salvatore» della vittima, Bruno Musci,
ufficialmente secretata dagli inquirenti per
evitare possibili «inquinamenti » derivanti da interviste sui giornali o in
tv. Ma è una deposizione durata ben quattro ore, e di solito su un
verbale si mette il segreto quando emergono novità che vanno
verificate. Per esempio tempi e modalità con cui lo stesso Musci e il suo amico Massimo Crepas
hanno dato l'allarme ai carabinieri. La donna avrebbe anche detto che pochi
giorni prima dell'aggressione la moglie del violentatore era tornata in
Romania. Per il marito, che i connazionali conoscerebbero come un tipo
«violento e aggressivo», i difensori hanno chiesto la perizia psichiatrica. |