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Il Corriere della Sera 12-11-2008 I costi della
politica: più 100 milioni. le uscite nel 2008 sono salite di 13 milioni. Colpa dei nuovi vitalizi. I Palazzi del potere hanno aumentato le spese. Dalle agende alle liquidazioni, sprechi e privilegi Sergio Rizzo, Gian Antonio Stella (Brano tratto da «La Casta», nuova edizione aggiornata)
Nelle bellissime agende da tavolo e
agendine da tasca del Senato, appositamente disegnate per il 2009 dalla fashion house Nazareno Gabrielli,
tra i 365 giorni elegantemente annotati ne manca uno. Il giorno con il
promemoria: «Tagli ai costi della politica». A partire, appunto, dal costo
delle agendine: 260.000 euro. Mezzo miliardo di lire. Per dei taccuini
personalizzati. Più di quanto costerebbero di stipendio lordo annuo
dodici poliziotti da assumere e mandare nelle aree a rischio. Il doppio, il
triplo o addirittura il quadruplo di quanto riesce a stanziare mediamente per
ogni ricerca sulla leucemia infantile la Città della Speranza di
Padova, la struttura che opera grazie a offerte private senza il becco di un
quattrino pubblico e ospita la banca dati italiana dei bambini malati di
tumore. Sentiamo già la lagna: uffa,
questi attacchi alle istituzioni democratiche! Imbarazza il paragone coi
finanziamenti alle fondazioni senza fini di lucro? Facciamone un altro.
Stando a uno studio del professor Antonio Merlo dell'Università della
Pennsylvania, che ha monitorato gli stipendi dei politici americani, quelle
agendine costano da sole esattamente 28.000 euro (abbondanti) più
dello stipendio annuale dei governatori del Colorado, del Tennessee,
dell'Arkansas e del Maine messi insieme. È vero che quei quattro sono
tra i meno pagati dei pari grado, ma per guidare la California che da sola ha
il settimo Pil mondia-le, lo stesso Arnold Schwarzenegger prende (e
restituisce: «Sono già ricco») 162.598 euro lordi e cioè meno
di un consigliere regionale abruzzese. Sono tutti i governatori statunitensi a
ricevere relativamente poco: 88.523 euro in media l'anno. Lordi. Meno della
metà, stando ai dati ufficiali pubblicati dalla Conferenza delle
Regioni e delle Province autonome, degli emolumenti lordi d'un consigliere
lombardo. Oppure, se volete, un quarto di quanto guadagna al mese il
presidente della Provincia autonoma di Bolzano Luis Durnwalder,
che porta a casa 320.496 euro lordi l'anno. Vale a dire quasi 36.000 euro
più di quanto guadagna il presidente degli Stati Uniti.(...) Se è vero che non saranno le agendine o i
menu da dieci euro a portare alla rovina lo Stato italiano, è
altrettanto vero però che non saranno le sforbiciatine date dopo il deflagare delle polemiche a raddrizzare i bilanci d'un
sistema mostruosamente costoso. Né tanto meno a salvare la cattiva coscienza
del mondo politico. Certo, l'abolizione dell'insopportabile andazzo di un
tempo, quando bastava denunciare la perdita o il furto di un oggetto per
avere il risarcimento («Ho perso una giacca di Caraceni».
«Prego onorevole, ne compri un'altra e ci porti lo scontrino»), è un'aggiustatina meritoria. Come obbligati erano la
soppressione a Palazzo Madama del privilegio del barbiere gratuito e l'avvio
di un nuovo tariffario (quasi) di mercato: taglio 15 euro, taglio con shampoo
18, barba 8, frizione 6... E così la cancellazione del finanziamento
di 200.000 euro per i corsi di inglese che non frequentava nessuno. E tante
altre cosette ancora. Un taglietto qua, una limatina
là... (...) Sul resto, però, buonanotte. L'andazzo degli ultimi
venti anni è stato tale che, per forza d'inerzia, i costi hanno
continuato a salire. Al punto che i tre questori Romano Comincioli (Pdl),
Benedetto Adragna (Pd) e Paolo Franco (Lega Nord),
nell'estate 2008, hanno ammesso una resa senza condizioni scrivendo
amaramente nel bilancio: «Non è stato possibile conseguire l'obiettivo
di inversione dell'andamento della spesa in proposito fissato dal documento
sulle linee guida». Risultato: le spese correnti di Palazzo Madama, nel
2008, sono salite di quasi 13 milioni rispetto al 2007 per sfondare il tetto
di 570 milioni e mezzo di euro. Un'enormità: un milione e 772.000 euro
a senatore. Con un aumento del 2,20 per cento. Nettamente al di sopra
dell'inflazione programmata dell' 1,7 per cento. Colpa di certe spese non facilmente comprensibili per un
cittadino comune: 19.080 euro in sei mesi per noleggiare piante ornamentali,
8.200 euro per «calze e collant di servizio» (in soli tre mesi), 56.000 per
«camicie di servizio » (sei mesi), 16.200 euro per «fornitura vestiario di
servizio per motociclisti ». Ma soprattutto dei nuovi vitalizi ai 57 membri
non rieletti e dei 7.251.000 euro scuciti per pagare gli «assegni di
solidarietà» ai senatori rimasti senza seggio. Come Clemente Mastella.
Il cui «assegno di reinserimento nella vita sociale» (manco fosse un
carcerato dimesso dalle patrie galere) scandalizzò anche Famiglia
Cristiana che gli chiese di rinunciare a quei 307.328 euro e di darli in
beneficenza. Sì, ciao: «La somma spetta per legge a tutti gli ex
parlamentari». Fine. Grazie alle vecchie regole, il
«reinserimento nella vita sociale» di Armando Cossutta è costato
345.600 euro, quello di Alfredo Biondi 278.516,
quello di Francesco D'Onofrio 240.100. Un pedaggio pagato, ovviamente, anche
dalla Camera. Dove Angelo Sanza, per fare un
esempio, ha trovato motivo di consolazione per l'addio a Montecitorio in un
accredito bancario di 337.068 euro. Più una pensione mensile di 9.947
euro per dieci legislature. Pari a mezzo secolo di attività
parlamentare. Teorici, si capisce: grazie alle continue elezioni anticipate,
in realtà, di anni «onorevoli » ne aveva fatti quattordici di meno. Un dono ricevuto anche da larga parte dei
neo-pensionati che erano entrati in Parlamento prima della riforma del 1997 e
come abbiamo visto si erano tirati dietro il privilegio di versare con modica
spesa i contributi pensionistici anche degli anni saltati per l'interruzione
della legislatura. Come il verde Alfonso Pecoraro Scanio, andato a riposo a
49 anni appena compiuti con gli 8.836 euro al mese che spettano a chi ha
fatto 5 legislature pur essendo stato eletto solo nel 1992: 16 anni invece di
25. Oppure il democratico Rino Piscitello: 7.958
euro per quattro legislature nonostante non sia rimasto alla Camera 20 anni
ma solo 14. Esattamente come il forzista Antonio Martusciello. Che
però, con i suoi 46 anni, non solo ha messo a segno il record dei baby
pensionati di questa tornata ma ha trovato subito una «paghetta»
supplementare come presidente del consiglio di amministrazione della Mistral
Air: la compagnia aerea delle Poste italiane. C'è poi da stupirsi se, in un contesto
così, le spese dei Palazzi hanno continuato a salire?
Quirinale, Senato, Camera, Corte costituzionale, Cnel
e Csm costavano tutti insieme nel 2001 un miliardo e
314 milioni di euro saliti in cinque anni a un miliardo e 774 milioni. Una
somma mostruosa. Ma addirittura inferiore alla realtà, spiegò
al primo rendiconto Tommaso Padoa-Schioppa:
occorreva includere correttamente nel conto almeno altri duecento milioni di
euro fino ad allora messi in carico ad altre
amministrazioni dello Stato. Ed ecco che nel 2007 tutti gli organi
istituzionali insieme avrebbero pesato sulle pubbliche casse per un miliardo
e 945 milioni. Da aumentare nel 2008 fino a un miliardo e 998 milioni. A quel
punto, ricorderete, nell'ottobre 2007 scoppiò un pandemonio: ma come,
dopo tante promesse di tagli, il costo saliva di altri 53 milioni di euro,
pari circa al bilancio annuale della monarchia britannica? Immediata
retromarcia. Prima un ritocco al ribasso. Poi un altro. Fino a scendere a un
miliardo e 955 milioni. «Solo» dieci milioncini in più rispetto al
2007. Col Quirinale che comunicava gongolante di aver tagliato, partendo dai
corazzieri (lo specchietto comunemente usato per far luccicare gli occhi
delle anime semplici), il 3 per mille. Certo, era pochino rispetto ai tagli
del 61 per cento decisi dalla regina Elisabetta, però era già
una (piccola) svolta... Bene: non è andata così. Nell'assestamento
di bilancio per il 2008 i numeri hanno continuato a salire e salire fino ad
arrivare il 13 agosto a 2 miliardi e 55 milioni di euro. Cento milioni secchi
più di quanto era stato annunciato in un tripudio di bandiere che
sventolavano per festeggiare i «tagli». Risultato finale: l'aumento che avrebbe dovuto essere virtuosamente contenuto nello 0,5
per cento si è rivelato di almeno il 5,6: undici volte più
alto. |