HOME PRIVILEGIA NE IRROGANTO di Mauro Novelli www.mauronovelli.it Documento d’interesse Inserito il 30-4-2008 |
|||
Il Corriere della sera 30-4-2008 Energia, l'Italia dei no. Eolico, nucleare, rigassificatori: tutti bocciati. I consumi? Come mezzo
miliardo di africani Sergio Rizzo - Gian Antonio Stella Lo «scienziato» Giovanni Paneroni era sicuro di se stesso: «Come il giovane Davide
/ decapitò Golia / il Paneroni
impavide / cambiò l'astronomia». Girava per le sagre paesane
della Lombardia degli anni Trenta vendendo arance, torroni, ciambelle e
tiramolla illustrando urbi et
orbi la sua teoria scientifica. Primo: «È il sole che ruota intorno
alla terra e non il contrario, o bestie!». Secondo: «Il sole ha un diametro
di Alberto Asor Rosa, invece, un rovello ce l'ha: «A fronte
della minaccia di scempio del paesaggio non è da escludersi il ricorso
alle centrali nucleari». E come lui, uno dei protagonisti dell'intellighenzia
di sinistra italiana, cominciano ad averlo in tanti. Piuttosto che distese
immense di pannelli solari e sconfinate foreste metalliche di mulini a vento,
non sarà il caso di tornare all'energia atomica? Ma per carità,
s'infiamma Alfonso Pecoraro Scanio: «Chernobyl ha
dimostrato che le dimensioni del rischio nucleare sono inaccettabili e
immorali. Per difendere il bello non c'è bisogno di giocare alla
roulette dell'atomo». Meglio le centrali a carbone? No, le centrali a carbone
no. Meglio le centrali a petrolio? No, le centrali a petrolio no. Meglio il
gas, che però chiede i rigassificatori,
cioè impianti che riportino il combustibile dalla forma liquida a
quella gassosa? Ma per carità! È vero che si potrebbero usare
le piattaforme dove un tempo si estraeva metano, già allacciate ai
metanodotti e abbandonate in mare aperto nell'Adriatico, ma prima «bisogna
preparare una valutazione sugli impatti ambientali insieme con i nostri
vicini, soprattutto con la Slovenia, ma anche con la Croazia ». Allora l'eolico? Adagio: «Alcuni
impianti si possono fare. Però non dobbiamo installare torri
gigantesche proprio sulle rotte degli uccelli migratori, che vengono
sterminati dalle pale». Di più: «L'Europa ci condannerebbe». L'Europa,
a dire il vero, ha fatto scelte diverse. Tenendo conto sì degli
uccelli migratori, ma non solo. Anche la Francia restò atterrita
davanti al disastro di Chernobyl, ma si è tenuta 59 centrali atomiche.
Anche la Germania ammutolì vedendo le immagini dell'incendio al
reattore numero 4, ma i suoi 17 impianti non li ha affatto chiusi seduta
stante neppure negli anni in cui i verdi erano fortissimi e avevano agli
Esteri Joschka Fischer, che mediò un'uscita
dal nucleare (oggi tutta da rivedere) nell'arco di vent'anni. (..) E così tutti gli altri Paesi europei, che si
sentirono come noi appestati dalle radiazioni che venivano da lontano e
scossi dall'idea di non poter mangiare l'insalata o il basilico contaminati,
ma non si affrettarono a mettere i lucchetti alle turbine. Risultato: siamo
esposti a tutti i rischi di 158 centrali europee altrui, alcune delle quali
sono a poche decine di chilometri dai nostri confini, e senza avere per
contro uno straccio di elettricità. Di più: siamo alla mercé
dei capricci degli altri. Il che, se l'Italia fosse una comunità di Amish della Pennsylvania che si alzano al levar del sole,
si coricano al tramonto e vivono rifiutando la modernità, non sarebbe
un problema enorme. Il guaio è che non lo siamo. Consumiamo ogni anno,
tra imprese, uffici, negozi e famiglie, 338 miliardi di chilowattora. Una
quantità impalpabile. Della quale fatichiamo a capire le dimensioni se
non grazie a dei paragoni. Che mettono i brividi. Secondo Eurostat, l'Italia
«brucia» tanta energia elettrica quanto Turchia, Polonia,
Romania e Austria le quali messe insieme hanno 136 milioni di
abitanti. O se volete (stavolta i dati sono dell'Aie, l'Agenzia
internazionale dell'energia) quanto mezzo miliardo di africani. E avanti di
questo passo nel 2025 consumeremo il 5,3% di tutta l'energia prodotta nel
pianeta con lo 0,7% della popolazione mondiale. Bene: esaurita ogni
possibilità di sfruttare ancora di più le risorse idriche (ogni
salto, dalle Alpi valdostane ai monti Nebrodi,
è già stato usato) e poveri come siamo di materie prime, la
nostra autonomia è pari al 12% del totale. Per il resto dipendiamo
dall'estero. Il 12% lo compriamo direttamente dai Paesi vicini, il che
significa, spiega l'ingegner Giancarlo Bolognini, «che all'estero ci sono 8
centrali nucleari della potenza di quella di Caorso
che lavorano a pieno regime per noi». Il 75% ce lo facciamo da noi ma solo
grazie a materie prime acquistate da governi e società stranieri (gas
dalla Russia e dall'Algeria, petrolio da più parti). Risultato finale: l'energia elettrica prodotta in Italia
costa il 60% più della media europea, due volte quella francese e tre
volte quella svedese. Si pensi che per produrre elettricità, spiega l'Aie, l'Italia brucia in un anno tanto olio
combustibile quanto l'India in un anno e mezzo. Per l'esattezza in 551
giorni. E tanto gas quanto tutta l'America Latina in 439 giorni. Va da sé che
siamo il Paese europeo che (nonostante il gas naturale copra ormai la
metà del settore) dipende di più dal petrolio. Nel solo 2005 ne
abbiamo consumato nelle centrali circa 6 milioni e mezzo di tonnellate, pari
a 32 superpetroliere come la Exxon
Valdez che anni fa affondò in Alaska
causando un disastro ecologico. Sei volte di più che la Germania o la
Francia, dodici volte più che il Regno Unito. Una «bolletta» pazzesca. Di oltre 30 miliardi di euro
l'anno. (…) Un Paese serio, davanti a un quadro
così fosco di dissesto energetico e alla minaccia di blackout come
quello che paralizzò ore e ore l'Italia il 28 settembre del 2003 per
un guasto dovuto alla caduta in un albero in Svizzera, non si darebbe pace
nella ricerca di vie d'uscita. Nucleare o solare, eolica o geotermica: ma una
soluzione. La cronaca di questi anni, invece, è un impasto di veti, controveti,
velleitarismi, fughe in avanti, viltà e retromarce. Nel caos
più totale. (…) Se abbiano ragione o torto,
ad avere tanta fiducia nel nucleare, non lo sappiamo. Lo stesso Carlo Rubbia,
in un'intervista ad «Arianna editrice», conferma che «il nucleare di oggi
produce scorie radioattive da far paura» e che «in realtà avevamo il
modo per produrre energia bruciando proprio le scorie, anzi l'Italia era
leader nel mondo in questa tecnologia» ma ora «ce la stanno copiando i
giapponesi ». Insomma, la questione è aperta. E non ha senso, tanto
più dopo aver visto le reazioni sconvolte sul tema delle scorie a Scanzano Jonico o in Sardegna,
andarsi a impiccare in discussioni nelle quali sono spaccati gli stessi
scienziati. Ma resta il tema: o facciamo qualcosa o restiamo appesi, con
le nostre fabbriche e le nostre lampadine, ai capricci degli stranieri che ci
tengono in pugno. Ed è lì che si vede la disastrosa
incapacità della nostra classe dirigente, non solo dei «signor no»
dell'ambientalismo talebano, di fare delle scelte. Anche gli svedesi, per
dire, votarono a favore del progressivo abbandono del nucleare. Molto prima
di noi, nel 1980. Ma dandosi scadenze lunghe lunghe.
Per spegnere completamente la centrale di Barsebäck
hanno aspettato venticinque anni e l'ultima chissà quando la
chiuderanno davvero dato che tutti i sondaggi dicono che la stragrande
maggioranza dei cittadini ha cambiato idea: piuttosto che finire ostaggio
degli stranieri, meglio il nucleare. In ogni caso, si sono mossi. Cercando
sul serio le alternative possibili. Come hanno fatto tutti i governi seri in
tutto il mondo. Compresi quelli che il petrolio ce l'hanno. Noi invece…
|