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Il Corriere della Sera 2-9-2009 Il caso - L’attivismo del responsabile
della Pubblica amministrazione Brunetta, la rivolta
dei dirigenti e l’insofferenza degli altri ministri I dubbi tra i colleghi di governo sulla strategia degli annunci ROMA — «Io, povero, non bello e non
ricco, ho fatto il c... al mondo e sono Un anno dopo il ministro già più amato
dagli italiani si appresta ad affrontare un autunno con qualche insidia in
più, e non certamente a causa di sondaggi meno generosi.
Che i suoi rapporti con il ministro dell'Economia Giulio Tremonti siano complessi
non è affatto un mistero: lo sono da tempo,
anche da prima che i due si ritrovassero insieme al governo. Più
recenti, e collegate alla sua azione governativa, sono invece le insofferenze
che altri ministeri (certamente non il suo), e altri ministri, manifestano
nei suoi confronti. Malignando che la strategia brunettiana
abbia prodotto finora soprattutto annunci sensazionali a mezzo stampa.
Culminati nella pubblicazione del libro
«Rivoluzione in corso », che qualche invidia pure l'ha suscitata. Alle critiche lui ha sempre ribattuto con i dati che
dimostrerebbero un calo a precipizio dell'assenteismo,
ridottosi del 30% anche soltanto come effetto degli annunci.
Il fatto è che decisioni sacrosante, come quella di non consentire la
nomina a dirigente generale per coloro che distano
dalla pensione meno di tre anni ha mandato letteralmente su tutte le furie
le alte sfere della burocrazia, abituate a promuovere i fedelissimi pochi
mesi prima del pensionamento per farli uscire dal ministero con la pensione
dorata. Per modificare quella norma sarebbe intervenuta perfino Ma
Brunetta deve fronteggiare anche la rivolta dei travet, che non accenna a placarsi
dopo il taglio della parte variabile della retribuzione in caso
di malattia. Tanto più che la mannaia sui dirigenti, spesso i veri
responsabili della scarsa efficienza della pubblica amministrazione, non è ancora calata. Tutto questo mentre del regolamento che dovrebbe stabilire quali alti papaveri
pubblici devono essere sottoposti al tetto degli stipendi fissato dal governo
di Romano Prodi, e che doveva essere pronto entro il 31 ottobre 2008, ancora
nessuna notizia. «Ora li staneremo», ha promesso alla fine
di luglio, riferendosi ai dirigenti responsabili delle inefficienze, il
ministro a Vittorio Zincone sul «Magazine» del
Corriere. Ricordando il prossimo varo di un
organismo per la valutazione dei servizi. Un'idea nata in seguito alla
proposta avanzata dal giuslavorista Pietro Ichino, ora
senatore del Partito democratico, ma la cui attuale formulazione ha lasciato
alquanto deluso anche chi, nel centrosinistra, aveva sostenuto senza riserve
la crociata del ministro. Fatto sta che quella che doveva
essere nelle intenzioni un'autorità indipendente vera e propria
è diventato un organismo gestito in condominio da Brunetta e Tremonti.
Circostanza che avrebbe snaturato il progetto. «L'apparato sta frenando la
sua riforma», commentava già alla fine dello scorso aprile lo stesso Ichino, lasciando intendere che Brunetta avrebbe le mani
legate. Osservazione rigettata dal ministro, che deve
tuttavia fare i conti non soltanto con i sindacati «conservatori », i burocrati colpiti nella pensione, i
consulenti che si sono visti pubblicare i compensi online, e i dipendenti
inferociti. C'è anche chi gli rema contro nel
suo stesso schieramento. Un mese fa, per esempio, si è scoperto
l’emendamento di un senatore del suo partito che avrebbe cancellato la
norma della trasparenza totale, quella secondo cui i cittadini dovrebbero
poter conoscere con un semplice clic sul mouse del computer vita, morte e
miracoli dei dirigenti pubblici. Lui ci ha messo
una pezza, ma è chiaro che quella norma non avrà vita facile.
Insomma, ce n'è abbastanza perché qualcuno interpreti la singolare
«aspirazione» a fare il sindaco di Venezia, che il ministro ha recentemente
espresso, come un auspicio. Sergio Rizzo © RIPRODUZIONE RISERVATA |