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Il Corriere della Sera 14-4-2008 UN SINDACATO SENZ'ANIMA Il patto di Faust di
Dario Di Vico A tratti è persino crudele. Il libro di
Stefano Livadiotti sulla casta dei sindacalisti
assesta un colpo da kappaò all'immagine delle grandi confederazioni
del lavoro. Le descrive come strutture bizantine quando devono ascoltare la
società e prendere decisioni coerenti, ma
capaci poi di trasformarsi in vere e proprie catene di montaggio del consenso
forzoso e organizzato. Tutto è finalizzato a produrre tessere,
privilegi e denaro. In quelle pagine il sindacato italiano del 2008
finisce per somigliare alle strutture tipiche della tradizione novecentesca
dell'Est europeo più che a moderni strumenti di rappresentanza da
paese industrializzato dell'Ovest. La fotografia di Cgil-Cisl-Uil è quella di un kombinat politico-economico che punta prima di tutto a
perpetuare se stesso e a garantire i propri apparati. I singoli capi di
imputazione sono difficili da contestare ma il pamphlet di Livadiotti ha generato disapprovazione da parte di
studiosi del mondo sindacale. Le obiezioni più ricorrenti sottolineano
come Cgil-Cisl-Uil sia un
corpo intermedio «vivo», legittimato da un rapporto ininterrotto con la
propria base. Il coefficiente di coinvolgimento democratico delle strutture
sindacali è giudicato nettamente superiore
agli standard dei partiti politici o di organizzazioni similari. Molti
delegati, inoltre, svolgono compiti di frontiera perché organizzano una sorta
di pronto soccorso di socialità nelle piccolissime fabbriche, nelle
zone del Sud dove è più forte la pressione mafiosa, nei
cantieri fuori norma e sovente sono il riferimento immediato per gli
extracomunitari alla ricerca di un percorso di cittadinanza. Si tratta di
argomenti a difesa che hanno un'indubbia validità e raccontano l'altra
faccia del sindacalismo italiano, quella più capace di onorarne la
grande eredità storica e di tradurla in rinnovato impegno. Ma è anche vero che se i leader di Cgil-Cisl-Uil si accontentassero di ripetere a mo' di litania
queste obiezioni sbaglierebbero per manifesta miopia. Il sindacato,
preoccupato di rendere permanenti e indistruttibili le basi materiali della
propria azione, ha accettato uno scambio di Faust, per il potere ha ceduto
l'anima. Per assicurarsi stabilità organizzativa ha chiuso in un
armadio l'innocenza. E il libro di Livadiotti
può rappresentare per Cgil-Cisl-
Uil una straordinaria occasione. Può diventare lo stimolo «per correre
da soli» nella direzione giusta, per prendere con decisione la strada
dell'autoriforma, prima che un blitz della politica o le richieste di
un'opinione pubblica ostile li obblighi. Sono diverse le riforme che si
possono adottare in tempi brevi. L'istituzione, ad esempio,
di limiti di mandato validi per tutti, dalla Rsu ai
segretari generali. Tre mandati per i primi, due per gli altri. Si registrano
casi limite di segretari di categoria o di Regione che sono rimasti al loro
posto per più di 25 anni. E' fisiologico che cicli di potere così
lunghi creino distorsioni in un meccanismo già di per sé delicato come
quello della rappresentanza sindacale. Una misura di rotazione degli
incarichi dovrebbe abbinarsi a una liberalizzazione degli accessi. Oggi
uscire dal sindacato è difficile, gli automatismi nel rinnovo della
tessera diventano una barriera all'uscita. Ridare indietro la tessera
è un rompicapo burocratico che equivale alla fatica di voler chiudere
il proprio conto corrente in banca. La seconda misura che gioverebbe
enormemente all'immagine del sindacato riguarda la trasparenza dei rendiconti
economici. Non esistono bilanci consolidati ma solo singoli documenti
disaggregati sostanzialmente autocertificati. Va invece adottata una prassi
di completa trasparenza, analoga a quella in uso per le società
quotate. Ma forse il capitolo più delicato da aprire e la vera chiave
di volta di un possibile «rinascimento » sindacale sta nell'adozione di un
metodo nuovo nella proclamazione degli scioperi. L'ipotesi di ricorrere al
referendum preventivo tra i lavoratori può avere per Cgil-Cisl-Uil l'effetto di un
balsamo. Ma come per tutti i medicamenti ci vuole prima di tutto il coraggio
di voler guarire. 14 aprile 2008 |