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il 29-5-2008 |
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Il
Corriere della sera 29-5-2008 DOPO LA CADUTA «In bagno». «In missione per Silvio» Le
«giustificazioni» dei cento assenti Mondello: ero stanca per la campagna elettorale. Versace: in Russia,
aiuto il sistema Paese. Di Monica
Guerzoni e Roberto Zuccolini ROMA — «Fannullone io? Non scherziamo, ragazzi! Sto
lavorando per tutti voi, per promuovere la mia azienda e il made in Italy nel
mondo». Non potrebbe farlo dal suo scranno in Parlamento, onorevole Santo
Versace? «Ho comunicato per iscritto al capogruppo del Pdl il mio viaggio a
Mosca per presentare la torre di 52 piani che sorgerà a Panama, un
grattacielo da cento milioni tutto arredato Versace ». E quindi non si sente
un peone-fannullone, lei. «I fannulloni alla Camera sono quelli che
presentano certi emendamenti. E poi io a questa storia ci credo poco, cento
deputati assenti sono un segnale politico». Troppo
impegnati (altrove) o troppo stanchi, malatissimi o solo incontinenti, in
missione segreta a Palazzo Grazioli
o, semplicemente, un filino distratti. C'è di tutto nella lista nera
stilata da Berlusconi dopo il flop della maggioranza sulla tutela della fauna
selvatica: 48 onorevoli di Pdl-Lega-Mpa in missione e 51 assenti al momento
del voto, quando la corazzata del Cavaliere è andata sotto in Aula con
relativo strascico di polemiche tra alleati. E adesso, sulla lunga guida
rossa che taglia in due il Transatlantico, i «pentiti» camminano a testa
bassa, in attesa che da Palazzo Chigi giunga la lettera di richiamo auspicata
da Giorgio Stracquadanio: «Spero che ci sia una lezione, una vera e propria
sanzione...». Assente ingiustificato? «Ero a Palazzo Grazioli a lavorare
sulla comunicazione». Analoga scusa accampa il forzista Gianni Mottola,
«uscito a fare una cosa per il presidente Berlusconi». Ce la racconta? «Non
mi sembra il caso». Misterioso anche Giancarlo Pittelli, dice che si è
assentato «solo tre minuti» ma non vorrebbe rivelare il perché e poi si
scopre che era alla toilette. Probabilmente in fila, visto il fuggi fuggi
verso i bagni all'ora del quarto voto, spiegazione ufficialmente addotta
anche dal barese Carmine Santo Patarino di An: «Pensavamo che la cosa tirasse
avanti, ci siamo presi qualche minuto di pausa e siamo cascati nella trappola
del Pd». Gli
assenti per motivi politici, i diniani Italo Tanoni e Daniela Melchiorre. Le
vittime dei ritardi Alitalia come Maria Grazia Siliquini, che chiama Italo Bocchino dall'aeroporto e geme
«sono bloccata dallo sciopero». E gli sgobboni alla Gabriella Mondello,
«traditi» dalla stanchezza dopo aver conquistato la palma degli stakanovisti
parlamentari: «Sono dispiaciutissima, per tre legislature ho raggiunto
percentuali bulgare di presenza in Aula, il mio record è il 97 per
cento...». E martedì? «È che non sto bene, non mi sono ripresa
dalle fatiche della campagna elettorale — sospira l'ex sindaco di Lavagna —.
Ho scompensi di pressione da caldo e il medico mi ha detto di stare a casa.
Se avessi saputo che quel voto era importante, sarei venuta anche in
barella». E c'è un altro onorevole che ha perso punti quanto a pulsanti
schiacciati: il responsabile esteri di An, Marco Zacchera, si annovera «tra i
dieci parlamentari più secchioni » però al momento del voto
incriminato stava presenziando all'avvicendamento in Italia tra numeri due
dell'ambasciata di Israele. Impegni politici pure per il presidente della
commissione Esteri, il leghista Stefano Stefani («Aveva delle persone nella
stanza») e per Barbara Saltamartini, responsabile donne di An: «Ho preso un
giorno di permesso, ero a Palermo a sostenere le nostre candidate alle
provinciali. Altro che fannullona, c'erano 45 gradi!». E quando Adriano
Paroli risponde al cellulare quasi ci resta male: «Perché chiamate proprio
me? Ero assente giustificato, sono il sindaco di Brescia e stavo preparando
l'anniversario della strage di piazza della Loggia». Nell'affollatissima
casella malati si incontrano gli ex ministri Antonio Martino e Mirko
Tremaglia, la giovane Chiara Moroni («Accertamenti in ospedale, ho il
certificato») e Roberto Tortoli, scappato a casa dopo i primi due voti causa
«febbre a 39». L'avvocato gallipolino Ugo Lisi era a Milano per «controlli
medici», però confessa di aver sentito anche lui di supposti
«maldipancia per promesse non mantenute ». L'azzurra Maria Teresa Armosino
è stata bloccata da un malanno, cinque giorni di terapia. Si sente
supergiustificata, eppure si dispera: «Avevo inviato tutti i certificati,
assicuro. Ma mi dicono che si è perso tutto». Anche Giulia Cosenza
(An) era «semplicemente malata, un antipaticissimo malessere». E c'è un
capitolo lutti in area leghista. Il sindaco di Cittadella, Massimo Bitonci,
ha perso la mamma e il comasco Nicola Molteni l'amico del cuore. Mario
Baccini non ha nessun problema a raccontare: «Ero appena tornato dalla
Mongolia dove ho inaugurato un ospedale per bambini». Si scopre infatti che
l'ex Udc passato per la Rosa Bianca è anche presidente di una
fondazione dal nome latino, Foedus: «Sì, è vero che ho votato
la fiducia, però sto nel gruppo misto...». E quindi si sente con le
mani libere. E Niccolò Ghedini? Risponde quasi stupito: «Veramente io
stavo con il Cavaliere. Come sempre. La mattina ho votato, ma il pomeriggio
avevo una riunione inderogabile con Berlusconi sui rifiuti napoletani, le
intercettazioni e tante altre cose. Comunque, il capogruppo lo sapeva benissimo».
Maledetto fu il pulsante di Nicola Cosentino (Forza Italia): «Non ha
funzionato, non so perché, proprio in quella votazione. Sono andato a dirlo
al presidente, l'hanno messo a verbale». Anche il leghista Giacomo Chiappori
dà la colpa al pulsante, schiacciato meno del dovuto. Il
neosottosegretario allo Sport Rocco Crimi (Forza Italia) invece si era
allontanato: «Mi dispiace, ero andato qualche minuto a lavorare nel mio
ufficio». Cose che capitano? Risponde, con autodisciplina: «Sì, ma non
devono capitare più». «Un problema di organizzazione», invece, per
Basilio Catanoso (An): «Siamo un grande gruppo, noi del Pdl e a volte
può capitare un po' di confusione. Io stavo facendo una riunione per
il governo siciliano e non mi sono accorto che dovevo andare a votare». Anche
il compagno di partito Carmelo Briguglio si occupava di cose siciliane, ma
con altre motivazioni: «Sono
candidato sindaco di Taormina, che non è una passeggiata ». Sempre di
An e sempre in campagna elettorale Benedetto Fabio Granata: «Ho accompagnato
Alemanno ad aprire la campagna per le provinciali di Palermo». E l'Mpa di
Raffaele Lombardo? Roberto Di Mauro ha una giustificazione inappuntabile:
«Sono subentrato all'onorevole Leanza che ha scelto il governo siciliano, ma
non mi sono ancora insediato ». Non ha votato Antonio Milo e così
Arturo Iannaccone, che ha pigiato con diligenza il bottone ma non quello
sulla fauna selvatica: «È stato un banale disguido, non avevo alcuna
intenzione di affossare quella norma». E mancavano all'appello, infine, anche
big del calibro di Umberto Bossi, del coordinatore di Forza Italia Denis
Verdini e dello stesso capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto, che si è
giustificato dicendo che stava in Transatlantico a richiamare dentro l'Aula i
suoi. Ma nella serata di martedì è stato convocato da Silvio
Berlusconi per chiarire il flop di Montecitorio.
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