HOME PRIVILEGIA NE IRROGANTO di Mauro Novelli Documento
d’interesse Documento inserito il 19-1-2007 |
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Da Antitrust: osservazioni sul settore della distribuzione dei
carburanti Autorità Garante
della Concorrenza e del Mercato - Attività di segnalazione al
Parlamento e al Governo - decisione 18/01/2007 L’Autorità garante della
concorrenza e del mercato intende formulare, nell’esercizio dei poteri di
segnalazione e consultivi di cui agli articoli 21 e 22 della legge 10 ottobre
1990, n. 287, alcune osservazioni in merito alle dinamiche di mercato del
settore della distribuzione dei carburanti,
richiamando in particolare l’attenzione sulle criticità che tutt’ora
permangono e ne impediscono un’evoluzione in senso concorrenziale. La necessità di ristrutturare la rete di distribuzione dei carburanti, riducendone l’ampiezza e modernizzandone i
punti vendita, è da tempo enunciata quale priorità degli
interventi del legislatore nel settore. In tal senso non si può non
rimarcare come alcuni risultati siano stati ottenuti, posto che ancora nel
1980 la rete era formata da circa 39.000 punti vendita, che sono
progressivamente diminuiti fino agli attuali 25.000 circa. Tuttavia, tali
progressi appaiono ancora insufficienti se confrontati con la situazione di
altri paesi europei: come emerge dall’analisi che segue, la rete nazionale
risulta, infatti, tutt’ora connotata da un numero particolarmente elevato di
punti vendita, un erogato medio per impianto notevolmente inferiore alla
media europea, una esigua percentuale di
distributori dotati di impianti self-service, nonché una presenza del tutto
marginale degli operatori della Grande Distribuzione Organizzata (GDO). La presente segnalazione intende individuare alcuni limiti della
regolazione dell’attività di distribuzione
carburanti, rinvenibili sia nella legislazione nazionale che regionale, che
hanno indubbiamente contribuito a determinare tale esito insoddisfacente,
indicando altresì possibili rimedi, ambiti e criteri di riforma
coerenti con l’obiettivo di favorire uno sviluppo maggiormente concorrenziale
del settore. Più precisamente, la segnalazione, dopo aver descritto le
principali caratteristiche e problematiche della rete di distribuzione
carburanti, pone in evidenza le persistenti restrizioni normative all’accesso
(attraverso, ad esempio, l’imposizione di un numero massimo di nuove
installazioni, di distanze minime e/o superfici minime),
di società non verticalmente integrate, ed in particolare degli
operatori della GDO nonché i vincoli all’esercizio dell’attività
(quali orari massimi di servizio e turni obbligatori di chiusura). Da ultimo,
si rilevano le distorsioni della concorrenza derivanti dalla composizione e
dalle modalità con cui opera la "Cabina di monitoraggio e
valutazione del mercato petrolifero", organismo istituito presso il Ministero
per lo Sviluppo Economico con l’obiettivo di fornire informazioni
sull’andamento dei prezzi dei carburanti in Italia.
L’insieme di tali limitazioni al libero esplicarsi delle dinamiche
concorrenziali si traduce, soprattutto in ragione del loro effetto
cumulativo, in un ostacolo alla capacità competitiva degli operatori
maggiormente efficienti e dunque, in ultima analisi, al conseguimento di
benefici per i consumatori in termini di costi inferiori e migliore
qualità del servizio. I. L’assetto della rete di distribuzione carburanti in Italia i) Prezzi elevati e arretratezza della rete Il settore della distribuzione dei carburanti in rete in Italia
è storicamente caratterizzato da prezzi più elevati e rete
più inefficiente (in termini di erogato per punto vendita e di
diffusione del self-service) rispetto al resto d’Europa. Per quanto concerne
i prezzi, il prezzo industriale (cioè al
netto della componente fiscale) in Italia risulta costantemente più
elevato della media di 15 paesi UE. Quanto all’arretratezza della rete distributiva, dalla tabella
che segue emerge in modo inequivocabile che l’Italia ha in assoluto (e di
gran lunga) il più alto numero di punti vendita tra i paesi europei. La Germania, con il 50% in più di automobili in
circolazione, ha solo due terzi dei distributori di carburante che ha
l’Italia. Paesi con numero di automobili in circolazione comparabile con
quello dell’Italia (Francia e Regno Unito) hanno un numero di punti vendita
pari rispettivamente al 60% e al 50% di quelli presenti in Italia. Tra i
paesi della tabella, solo in Svizzera l’erogato medio di un punto vendita
è inferiore a quello italiano e solo in Spagna c’è una quota di
punti vendita attrezzati per la modalità
self-service comparabile a quella italiana, che risulta invece
significativamente ridotta rispetto a quella degli altri paesi, tutti molto
vicini ad una copertura del totale dei punti vendita con attrezzature per il
self-service. Struttura della rete di distribuzione carburanti
in alcuni paesi europei a fine 2004
*dato di fine 2003 ii)
Liberalizzazione del mercato e razionalizzazione della rete: il ruolo della
GDO Le ragioni dell’insuccesso del processo di
razionalizzazione e ammodernamento della rete di distribuzione carburanti
sono da ricercarsi nelle modalità adottate in Italia nel perseguimento
di tale obiettivo. La riduzione del numero di punti vendita e il relativo aumento
dell’erogato medio è stata infatti ricercata,
non già quale risposta alla necessità di ottimizzare le
strutture produttive per far fronte alla concorrenza di nuovi operatori,
quanto quale risultato di un’azione promossa su base volontaristica dagli operatori
già presenti e concordata tra gli stessi anche attraverso l’intervento
delle associazioni di categoria [Cfr. caso I53 Ristrutturazione rete distributori carburanti, in
Bollettino n. 14/1993 e caso I469B Unione Petrolifera/Piano di
razionalizzazione della rete carburanti, in Bollettino n. 13/2004.] (l’Unione Petrolifera), che ha, nel complesso, prodotto
gli esiti insoddisfacenti sopra delineati. Al fine di individuare con maggior precisione i termini che
dovrebbe assumere il processo di liberalizzazione per conseguire l’auspicato
risultato di un’effettiva razionalizzazione e ristrutturazione della rete,
con i conseguenti benefici effetti per i consumatori in termini di minor
costo del prodotto e migliore qualità del servizio, è importante
rilevare come tale risultato sia stato ottenuto nei
paesi europei in cui la penetrazione gli operatori della GDO è stata
significativa [Nel 1980 i punti vendita in Francia erano addirittura
più numerosi che in Italia (41.500) e anche in Germania e nel Regno
Unito erano comunque molti più di adesso (rispettivamente 32.000 e
35.000). In tutti questi paesi, pertanto, la razionalizzazione delle
rispettive reti di distribuzione carburanti è stata decisamente
più radicale che in Italia.]. In particolare, in Germania, nel Regno
Unito ma soprattutto in Francia, dove la percentuale delle vendite di
carburante attraverso il canale della GDO supera in volume il 50% del totale,
i punti vendita da essa gestiti si caratterizzano
per elevati volumi di erogato e prezzi di vendita inferiori rispetto ai punti
vendita delle imprese petrolifere. In Italia, al contrario, la presenza della
GDO nel settore risulta del tutto marginale, inferiore allo 0,5% sul totale
dei punti vendita e all’1% in volume. Da quanto precede, appare evidente che una maggiore presenza di
nuovi operatori, dotati di adeguate risorse e incentivi, quali quelli della
GDO, nei mercati della distribuzione di carburanti in rete potrebbe
efficacemente indurre quella pressione concorrenziale necessaria ad
un’effettiva modernizzazione della rete. In tale prospettiva, i necessari
interventi di riforma della regolazione, di cui si dirà nel proseguo, dovrebbero consentire alle imprese della GDO di
espandere anche in Italia la loro presenza nella distribuzione carburanti.
L’aumento della pressione concorrenziale generato dalla liberalizzazione del
settore spingerebbe tutti gli operatori a ridurre i propri costi e quindi
anche a razionalizzare le strutture distributive, nonché a convertire i
guadagni di efficienza in una riduzione dei prezzi e in un miglioramento
della qualità del servizio a beneficio dei
consumatori. II. I vincoli allo sviluppo della concorrenza
nella normativa vigente: esigenza di riforma della regolazione Già nel novembre 2004, l’Autorità aveva trasmesso
una segnalazione al Parlamento, al Governo e alle Regioni, ponendo in
evidenza come gli obiettivi di razionalizzazione e liberalizzazione del
settore perseguiti dalla normativa di riforma della regolamentazione adottati
a livello nazionale (decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32; legge 28
dicembre 1999, n. 496; decreto ministeriale 31 ottobre 2001) non fossero
stati conseguiti nella misura necessaria a garantire l’effettivo
raggiungimento degli attesi guadagni di efficienza e
a rendere possibile il loro trasferimento ai consumatori, attraverso una
riduzione dei prezzi al consumo [Cfr. Segnalazione
sulla disciplina normativa dell’attività di distribuzione di carburanti, in Bollettino n. 45/2004.]. Tuttavia,
all’intervento di segnalazione dell’Autorità non è seguita
alcuna modifica della legislazione nazionale, né di quelle regionali in senso
conforme a quanto auspicato. Al contrario, dall’analisi delle normative
adottate dalle amministrazioni regionali e locali nell’ultimo biennio emerge
chiaramente come gli ampi margini di discrezionalità ad esse riconosciuti dalla legislazione nazionale siano stati
utilizzati, per lo più, in modo assolutamente difforme rispetto ai
suggerimenti di riforma della regolamentazione del settore all’epoca
formulati. Ci si riferisce, in particolare, a tutta una serie di previsioni
che ripropongono, anche se in modo differenziato, forme di regolamentazione
strutturale dell’offerta, in cui viene di fatto
stabilita dai pubblici poteri la struttura "ottimale" della rete in
termini di equilibrio artificiosamente predeterminato tra domanda e offerta. Più specificatamente, le restrizioni contenute nella
regolamentazione di settore attengono principalmente ai seguenti due profili:
i) limitazioni dell’accesso al mercato (attraverso, ad esempio, l’imposizione
di un numero massimo di nuove installazioni, di distanze minime e/o superfici
minime); ii) vincoli al
comportamento, ovvero all’esercizio dell’attività (orari di servizio,
turni obbligatori di chiusura). i) Restrizioni quantitative dell’accesso al
mercato In relazione alle restrizioni
quantitative all’entrata, la normativa nazionale prevede che le regioni,
nella determinazione dei criteri per l’installazione dei nuovi impianti,
definiscano: bacini di utenza (dei quali possono essere conosciute
caratteristiche deficitarie o eccedentarie
dell’offerta in base a parametri quali l’erogato totale regionale, i veicoli
circolanti, il numero di abitanti, il numero punti vendita esistenti, i
flussi di traffico, la stagionalità della
domanda per motivazioni turistiche); superfici minime in funzione della
localizzazione dell’impianto; nonché distanze minime obbligatorie misurate
dall’accesso sulla viabilità pubblica (decreto ministeriale 31 ottobre
2001, "Approvazione del Piano nazionale contenente le linee guida per
l’ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti). Nel dare concreta attuazione a tali previsioni, le
amministrazioni regionali e provinciali hanno adottato, seppur secondo modalità differenziate (distanze minime da Accanto alla generalizzata definizione di distanze minime e
superfici minime, alcune normative regionali continuano a prevedere l’obbligo
di chiusura di un determinato numero di impianti quale condizione per
l’apertura o per il trasferimento di nuovi punti vendita, rendendo di fatto definitiva una previsione che il legislatore
nazionale aveva apposto unicamente in via transitoria (fino al 30 giugno
2000, ex articolo 3, co. 1, D.lgs
n. 32/98), al fine di agevolare la razionalizzazione e l’ammodernamento della
rete distributiva. Altre regioni ancora provvedono direttamente alla
definizione del numero massimo di impianti autorizzabili nei diversi bacini
d’utenza in cui è stato suddiviso il territorio. L’effetto più evidente e immediato dell’apposizione di
restrizioni all’accesso al mercato è, come già più volte argomentato dell’Autorità, quello di limitare
l’entrata di operatori più efficienti: solo in presenza di una
maggiore pressione concorrenziale, i guadagni di efficienza derivanti dalla
ristrutturazione della rete si tradurrebbero in un’effettiva riduzione dei
prezzi e in un miglioramento della qualità dei servizi a beneficio dei
consumatori. Peraltro, alcuni dei vincoli all’accesso considerati risultano
del tutto privi di giustificazioni in termini di
protezione di interessi generali; altri ancora risultano non necessari e
proporzionati rispetto agli interessi perseguiti. Più
specificatamente, le ragioni comunemente addotte al fine di giustificare
l’apposizione delle descritte restrizioni all’accesso al mercato sono, nel
complesso, riconducibili ad esigenze di indubbio e incontestabile interesse
pubblico, quali: tutelare l’assetto paesaggistico, garantire la sicurezza
stradale, assicurare una distribuzione omogenea e razionale nel territorio degli
impianti di distribuzione, nonché la prossimità del servizio. Al riguardo, occorre porre in evidenza che sia nella normativa
nazionale che in quelle regionali sono già presenti norme volte
specificatamente a salvaguardare alcuni di questi interessi. Ci si riferisce,
in particolare, alle disposizioni che pongono il divieto di nuove
installazioni nei centri storici o a quelle finalizzate ad assicurare la
sicurezza dell'impianto e dell'automobilista, quali il divieto di installare
nuovi impianti in curva e in prossimità di incroci o ancora la
definizione di superfici minime riservate a rifornimenti di carburante,
parcheggi, manovre di accelerazione e decelerazione. Altre esigenze ritenute meritevoli di tutela, quali quelle
relative alla prossimità del servizio, potrebbero essere efficacemente
perseguite non limitando artificialmente l’entrata ma, ad esempio,
incentivando la localizzazione in zone disagiate/disservite
attraverso interventi di sussidio diretto. Quanto all’ulteriore obiettivo perseguito dal legislatore della razionalizzare dell’offerta attraverso la riduzione
del numero di impianti e il conseguente aumento dell’erogato medio, anch’esso
potrebbe essere efficacemente conseguito con strumenti alternativi meno
restrittivi della concorrenza, quali incentivi diretti alla chiusura di
impianti considerati inidonei. ii) Vincoli al
comportamento degli operatori Una sostanziale uniformità tra le diverse realtà
regionali e provinciali si riscontra anche con riferimento alle limitazioni
all’esercizio dell’attività, quali: l’imposizione di un orario massimo
giornaliero, di un intervallo di durata variabile tra la fascia antimeridiana
e quella pomeridiana, di turni di chiusura obbligatoria (ad esempio
successivi all’apertura domenicale). Anche in questo ambito, dunque, la
maggior parte delle previsioni vigenti a livello regionale risulta improntata
ad un irrigidimento delle già stringenti prescrizioni fissate dalla
legislazione nazionale [Già nella richiamata segnalazione del novembre
2004, l’Autorità aveva posto in evidenza la natura distorsiva
della concorrenza della norma che vincolava alla "chiusura di almeno
settemila impianti" la possibilità che l’orario massimo di
servizio sia incrementato "fino al cinquanta per cento dell'orario
minimo stabilito" (art. 7 del D. Lgs. 11
febbraio 1998, n. 32). In merito, l’Autorità aveva osservato che tale norma non solo riduceva le possibilità di
scelta dei consumatori, ma si traduceva anche in una restrizione delle
condizioni d’ingresso nel mercato, non giustificata dal perseguimento di
obiettivi di interesse generale connessi alla garanzia di un livello minino
di servizio.]. In via preliminare, si pone in evidenza che l'orario di servizio
costituisce uno degli elementi, insieme al prezzo e alle altre
caratteristiche del bene offerto, rispetto alle quali può svolgersi
una concorrenza tra operatori. Nel settore della distribuzione carburanti,
l’intervento pubblico volto alla regolamentazione degli orari di prestazione del servizio ha principalmente ad oggetto: la fissazione a
livello di normativa nazionale di un orario minimo (52 ore) o, al contrario,
l’imposizione, questa volta a livello regionale, di un orario massimo (dalle
8 alle 13 ore giornaliere). La prima modalità di intervento è funzionale a
garantire un livello minimo di servizio alla collettività e, pur
comportando presumibilmente un aumento del costo del servizio offerto,
potrebbe risultare giustificata da esigenze di interesse generale. L’intervento pubblico diretto, invece, ad imporre un orario
massimo allo svolgimento di una determinata attività limita la
differenziazione del servizio, riducendo le possibilità di scelta dei
consumatori in assenza di chiare giustificazioni in
termini di perseguimento di obiettivi di interesse generale. L’unico effetto
riconducibile a tale tipologia di intervento è quello di stabilizzare
il reddito degli operatori, in quanto minimizza la possibilità che la
clientela di ciascuno venga sottratta dagli altri.
In tal modo, ogni operatore può ragionevolmente contare sulla domanda
espressa nell'ambito del proprio bacino d'utenza. E' perciò evidente
come in una situazione così artificiosamente cristallizzata siano fortemente ridotti gli incentivi per gli operatori a
migliorare le condizioni qualitative dei servizi offerti ai consumatori. Peraltro, l’uniformazione per via normativa degli orari di
servizio di impianti con caratteristiche
dimensionali e qualitative molto diverse, livellandoli alle esigenze degli
operatori di dimensioni minori, penalizza proprio quelle imprese che investono
per realizzare nuovi e più moderni punti vendita, che non sono in
grado di recuperare in tempi ragionevoli gli ingenti investimenti realizzati,
nonché gli operatori della GDO che intendono ampliare l’offerta del proprio
centro commerciale/ipermercato con un punto vendita di carburanti, soggetti
all’osservanza di diverse e incongruenti discipline (ovvero la normativa
relativa alla distribuzione dei carburanti e quella concernente la
distribuzione commerciale), in termini di orario di servizio delle due attività.
A tale specifico riguardo, un coordinamento tra le due discipline eviterebbe
il verificarsi di paradossali situazioni in cui il centro
commerciale/ipermercato risulta aperto mentre la
relativa stazione di servizio è chiusa e viceversa. III. Attività della "Cabina di
monitoraggio" e distorsioni della concorrenza L’Autorità intende, altresì, richiamare
l’attenzione sugli effetti distorsivi della concorrenza derivanti dalla composizione e dalle
modalità di funzionamento della "Cabina di Monitoraggio e
valutazione del mercato", specifico organismo istituito presso il
Ministero per lo Sviluppo Economico, con decreto ministeriale del 16 febbraio
2000. In particolare, a tale organo è stato assegnato il
compito di "supportare l’attività del Ministero sui seguenti
argomenti: i) andamento del mercato petrolifero, con particolare riferimento
ai prezzi internazionali ed interni nonché ai fattori differenziali tra i
prezzi nel mercato interno e quello internazionale; ii)
struttura del mercato petrolifero in Italia e differenze rispetto a quello
degli altri Paesi europei ai fini di un’effettiva armonizzazione".
L’articolo 4 del decreto prevede che la Cabina di monitoraggio riferisca al
Ministro "con cadenza settimanale sull’andamento dei prezzi al consumo
in Italia e negli altri Paesi dell’UE e con cadenza mensile sulla
reattività dell’adeguamento dei listini prezzi in Italia rispetto
all’andamento delle quotazioni internazionali. La Cabina dà, inoltre,
visibilità al suo operato attraverso l’uso di tecnologie dell’informazione
e della comunicazione". In attuazione di tale disposizione, dall’aprile
del 2000, sul sito Internet del Ministero (www.sviluppoeconomico.gov.it) vengono pubblicati quotidianamente i prezzi base
consigliati dalle singole società petrolifere per tipologia di
prodotto (benzina senza piombo, gasolio e GPL), nonché una tabella
riepilogativa, unica per tutte le società petrolifere, con una
forcella di valori (minimi e massimi) dei differenziali integrativi rispetto
al prezzo base, applicabili per ogni punto vendita tenendo conto della
modalità di erogazione del carburante, della localizzazione geografica
dell’impianto di distribuzione, della qualità del prodotto venduto. Con riferimento alla composizione dell’organo, alla Cabina di
monitoraggio partecipano, oltre a rappresentanti del Ministero, anche un
membro in rappresentanza delle società petrolifere, delle associazioni
nazionali di categoria dei gestori degli impianti di
distribuzione dei carburanti più rappresentative a livello nazionale
dell’industria, del Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti,
dell’ISTAT e dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas [In
origine, era prevista anche la presenza di un rappresentante
dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che, tuttavia,
non ne ha mai fatto parte.]. Al riguardo, l’Autorità intende porre in
evidenza i rischi per il corretto funzionamento del mercato derivanti dalla
prevista partecipazione di rappresentanti delle società petrolifere e
delle principali associazioni nazionali di categoria dei gestori degli
impianti di distribuzione in seno ad un organismo che ottiene ed elabora
informazioni dettagliate in merito ai prezzi dei carburanti consigliati dalle
singole società petrolifere. Ciò presenta indubbie criticità
dal punto di vista della concorrenza dal momento che in tale contesto
potrebbe verificarsi uno scambio di informazioni sensibili tra gli operatori
del settore, senza peraltro alcuna giustificazione con riguardo
all’attività che la Cabina è deputata a svolgere (attività
di supporto del Ministero, come sopra specificato). Inoltre, la pubblicazione quotidiana dei prezzi consigliati da
ogni società petrolifera determina condizioni di trasparenza del
mercato che, lungi dal giovare ai consumatori, risultano idonee a facilitare
equilibri collusivi di prezzo tra le società petrolifere.
L’informativa relativa al prezzo consigliato dalla società petrolifera
non apporta, infatti, alcun vantaggio ai consumatori in merito alla scelta
della società presso cui rifornirsi in quanto
non dà conto né dei suddetti differenziali integrativi (che variano a
seconda del tipo di prodotto, della modalità di fornitura e della
localizzazione geografica del punto di vendita), né delle eventuali campagne
di sconto presso i singoli punti di vendita e, comunque, non riguarda il
prezzo finale di vendita, deciso in autonomia dal gestore (entro, tuttavia,
un margine limitato). Pertanto, anche qualora il consumatore decidesse di
consultare il sito Internet del Ministero non disporrebbe di uno strumento utile
ad orientare le proprie scelte di acquisto. L’Autorità auspica, dunque, una modifica delle
modalità di pubblicizzazione dei prezzi
consigliati dalle società petrolifere nel senso di non consentire
l’individuazione del prezzo consigliato da ciascuna società, posto che
tale dato, fornito quotidianamente, è suscettibile di ridurre il
già scarso grado di incertezza delle imprese sulle rispettive
politiche commerciali, facilitando l'adozione di convergenti strategie di
prezzo [Già in passato l’Autorità aveva sottolineato i rischi
per la concorrenza di una "eccessiva trasparenza" del mercato
derivante dalla pubblicizzazione dei prezzi consigliati dalle società
petrolifere (cfr. Segnalazioni
del maggio 1994, Prezzi dei carburanti per autotrazione,
in Bollettino n. 19/94 e del ottobre 1999, Distribuzione dei carburanti, in
Bollettino n. 39/99). Anche a seguito dell’intervento dell’Autorità,
il decreto del Ministro dell'Industria 30 settembre 1999 (Disposizioni
concernenti le modalità di pubblicità dei prezzi dei prodotti petroliferi per uso di autotrazione
presso gli impianti automatici di distribuzione dei carburanti) aveva
abrogato l’articolo 3 del decreto ministeriale 7 maggio 1994
(Pubblicizzazione sui punti vendita dei prezzi consigliati), che prevedeva il
cosiddetto obbligo della doppia cartellonistica per
il gestore del punto di vendita ossia l’obbligo di esporre, affinché fosse
visibile dalla carreggiata stradale, il prezzo consigliato dalla
società petrolifera oltre al prezzo effettivamente praticato qualora
differente dal primo. Tale intervento ha eliminato uno strumento di
trasparenza dei prezzi consigliati dalle società petrolifere dal
momento che i gestori sono tenuti a rendere visibili i soli prezzi
effettivamente praticati. ]. Peraltro, lo stesso articolo 4 del decreto
ministeriale 16 febbraio 2000 indica che il Ministro venga
aggiornato su base settimanale e mensile dell’andamento dei prezzi. In ogni
caso, le informazioni dovrebbero essere diffuse unicamente in forma
aggregata. Del resto, anche la normativa comunitaria [In particolare, cfr. la decisione del Consiglio
1999/280/CE del 22 aprile 1999 concernente una procedura comunitaria di
informazione e di consultazione sui costi dell’approvvigionamento di petrolio
greggio e i prezzi al consumo dei prodotti petroliferi, in GUCE L 110/8 del
28 aprile 1999. Si veda anche la decisione applicativa della Commissione n.
280 del 26 luglio Quanto all’introduzione di strumenti che consentano
realmente al consumatore di orientare le proprie scelte in materia di
acquisto di carburanti, essi per essere efficaci dovrebbero riguardare i
prezzi effettivamente praticati dai gestori nei singoli punti vendita, ed
avere, quindi, diffusione locale tenuto conto degli ambiti geografici in cui
si esplicano le abitudini d’acquisto dei consumatori (ad esempio, informative
su Internet, sulla cronaca locale dei quotidiani o idonea cartellonistica
di pubblicizzazione sulla rete autostradale o su quella ad alta percorrenza),
consentendo l’effettivo instaurarsi di un processo di ricerca e confronto da
parte del consumatore. IV. Conclusioni Dall’analisi che precede emerge in tutta evidenza l’esito del
tutto insoddisfacente, in termini di maggior prezzo del carburante ed
inefficienza della rete distributiva, delle politiche di intervento pubblico
nel settore, volte a predeterminazione in astratto una struttura dell'offerta
"ottimale" rispetto alle esigenze della domanda, attraverso sia
l’imposizione, diretta o indiretta, di un numero massimo di operatori, sia la
previsione di vincoli all’esercizio dell’attività. Le diverse esperienze maturate a livello regionale mostrano
l’adozione di forme di pianificazione dell'offerta
volte a cristallizzare gli assetti distributivi esistenti, proteggendo gli interessi
delle imprese già presenti sul mercato. Come detto, la libertà
d'ingresso in un determinato mercato da parte di nuovi operatori costituisce
uno dei più importanti elementi di disciplina dei
comportamenti degli operatori già presenti. La libertà d’ingresso
intacca infatti gli equilibri preesistenti, dal
momento che il nuovo entrante, nel tentativo di guadagnare quote di mercato,
adotterà una politica più attenta all’innovazione tecnologica e
al prezzo, con benefici significativi per i consumatori in termini di
riduzione dei prezzi e di miglioramento della qualità del servizio. In questa prospettiva, l’Autorità reitera l’auspicio di
una riforma della normativa nazionale e regionale di settore che rimuova tutti quei vincoli (diretti e indiretti) che bloccano
l’evoluzione del mercato, per difendere l'esistente; rimozione necessaria al
fine di fornire alle imprese un contesto favorevole per adattarsi
all'evoluzione della domanda, creando adeguati spazi di competitività
e dunque valorizzando appieno il principio di concorrenza, nel perseguimento
di obiettivi di efficienza produttiva, contenimento dei prezzi e incentivo
all’innovazione. Al riguardo, l’Autorità ritiene opportuno incentivare
l’entrata nel settore della GDO, in particolare attraverso il coordinamento
dei tempi di apertura del servizio di distribuzione
carburanti e dell’attività di distribuzione commerciale. L’Autorità
auspica, inoltre, da un lato, la modifica del DM del Ministero dello Sviluppo Economico del 16 febbraio |