La Repubblica
17-7-2008
Bocciato
il condono Iva '98-2001
Illegali anche gli aiuti alle Poste
Secondo i giudici
del Lussemburgo il provvedimento ha leso i principi di uguaglianza
I contribuenti italiani sono stati di fatto
praticamente esentati
Lo ha stabilito il
commissario europeo per la Concorrenza, Neelie Kroes
Eccessivi gli interessi pagati dal Tesoro per i conti correnti depositati
di ROSARIA AMATO
BRUXELLES - La Corte di Giustizia Europea ha bocciato il condono
sull'Iva per gli anni 1998-2001 contenuto nella Finanziaria 2003 (governo
Berlusconi), dando così ragione alla Commissione Europea, che aveva
già contestato il provvedimento nel 2004, e successivamente presentato
ricorso il 7 marzo 2006. Il provvedimento, secondo la Corte, ha violato i
principi di uguaglianza tra i contribuenti europei: infatti
nessuno Stato membro ha il diritto di sottrarsi unilateralmente all'obbligo
di assoggettare all'Iva determinate categorie di operazioni, come di fatto
è successo in Italia per via del condono.
La sentenza non stabilisce alcun termine, ma è inappellabile, e pertanto
l'Italia è tenuta ad adeguarsi, a effettuare gli accertamenti fiscali
evitati in seguito al condono e a riscuotere per intero l'Iva dovuta e
indebitamente ridotta. Se non lo dovesse fare, la Commissione potrebbe a quel
punto legittimamente aprire una procedura d'infrazione. Solo nel 2001, il 15%
dei soggetti tenuti al versamento dell'Iva, ossia 800.000 imprese, hanno
aderito al condono. Una causa simile, che concerne l'estensione e la
generalizzazione dell'amnistia dell'Iva ("condono tombale") prevista
dalla legge finanziaria 2004, è ancora pendente davanti alla Corte. Una
decisione analoga a quella odierna potrebbe quindi ulteriormente aggravare la
posizione dell'Italia.
Con un altro provvedimento il commissario europeo per la Concorrenza, Neelie Kroes, ha dichiarato
illegali gli aiuti concessi dal ministero del Tesoro a Poste Italiane sotto
forma di rimborso per i fondi dei conti correnti postali depositati nelle
casse di via xx settembre. Dall'indagine avviata
dalla commissione nel settembre 2006 è emerso
infatti che i tassi d'interesse versati dal Tesoro conferiscono un
vantaggio indebito all'azienda, a discapito dei suoi concorrenti.
Il condono dell'Iva. La Corte, si legge nel comunicato che si
riferisce al condono Iva, "condanna la rinuncia generale e
indiscriminata all'accertamento delle operazioni imponibili relative all'Iva,
effettuate nel corso di una serie di periodi di imposta, tramite la quale la Repubblica italiana viola gli obblighi derivanti dalla
sesta direttiva Iva e l'obbligo di leale cooperazione".
Infatti per i giudici di Lussemburgo "la legge
italiana induce fortemente i contribuenti o a dichiarare soltanto una parte del
debito effettivamente dovuto o a versare una somma forfettaria invece di un
importo proporzionale al fatturato realizzato, evitando in tal modo qualunque
accertamento o sanzione".
Non è pertanto affatto vero quanto sostenuto dalle autorità
italiane, ritiene la Corte, e cioè che l'erario grazie al condono ha potuto "recuperare immediatamente e senza la
necessità di avviare lunghi procedimenti giudiziari una parte dell'Iva
non dichiarata inizialmente".
In effetti, il condono è intervenuto ancora prima che i soggetti sui
quali gravava l'imposta avessero il tempo di decidere se pagare o evaderla:
"La misura in questione - si legge nel comunicato - implicante appena
dopo la scadenza dei termini entro cui i soggetti passivi avrebbero dovuto
pagare l'Iva e implicante il pagamento di un importo assai modesto rispetto a
quello effettivamente dovuto, consente ai soggetti passivi di sottrarsi
definitivamente agli obblighi in materia Iva, perfino quando le
autorità fiscali nazionali avrebbero potuto individuare le
irregolarità".
Gli interessi versati alle Poste. Secondo l'esecutivo Ue, Poste
Italiane era tenuta per legge a depositare le somme raccolte dai conti
correnti postali presso il Tesoro (cosiddetto "vincolo d'impiego").
L'indagine della Commissione ha rivelato che i tassi d'interesse versati dal
Tesoro a Poste Italiane a partire dal 2005 sono sia superiori a quelli che
avrebbe offerto un mutuatario privato sia superiori
a quanto Poste Italiane avrebbe ottenuto se fosse stata libera di investire
le liquidità sul mercato.
La Commissione è quindi giunta alla conclusione che con questi tassi
d'interesse, che non sono conformi alle condizioni di mercato, Poste Italiane
"ha goduto di un vantaggio economico che ha falsato la concorrenza e
inciso sugli scambi nel mercato comune". "In un
settore postale liberalizzato è cruciale garantire condizioni di
parità fra concorrenti. L'aiuto illegale
versato a Poste Italiane deve pertanto essere recuperato", ha detto il
commissario Kroes.
(17 luglio 2008)
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