HOME    PRIVILEGIA NE IRROGANTO    di Mauro Novelli    

Documento d’interesse   Inserito il 5-9-2007


 

 

Il Corriere della Sera 30-8-2007

 

Su «Newton» di settembre. Che cosa c’era prima del big bang .

È la domanda prima. E ultima. Che cosa c’era «là fuori»?

E se ci fosse un laboratorio dove nascono universi. Compreso il nostro?

 

 

Roberto Trotta
Università di Oxford & St Anne’s College - Royal Astronomical Society

 

 

Dal numero di Newton di settembre

Che cosa c’era prima del Big Bang? Non solo dal punto di vista della religione, ma anche da quello della cosmologia classica, solo porsi la domanda è un’eresia. Infatti, il tempo e lo spazio sono creati con il Big Bang, per cui non avrebbe senso chiedersi dove e quando ciò accadde poiché i concetti stessi di spazio e tempo non possono essere definiti «al di fuori» e «prima» del Big Bang. Oggi gli scienziati possono ricostruire la storia del cosmo a partire da un milionesimo di miliardesimo di secondo dopo il Big Bang, ma rimane inspiegato questo minuscolo lasso di tempo proprio all’inizio del tempo stesso, che secondo molti è la chiave per la comprensione della natura fondamentale del nostro universo. Negli ultimi anni, così, sono state proposte molte teorie per risolvere l’enigma. Si va dalle costruzioni matematico-fisiche più impervie all’estremizzazione della fisica quantistica, che com’è noto prevede e descrive i fenomeni apparentemente più improbabili (come il teletrasporto quantistico e la trasformazione di particelle in onde e viceversa), fino alle ipotesi più audaci, secondo cui la nascita del cosmo potrebbe essere il risultato di un esperimento compiuto da scienziati di un altro universo. E questa ipotesi non esclude che anche noi potremmo fare altrettanto. C’è infine chi sottolinea che la stessa teoria della grande esplosione primordiale non spiega, di fatto, niente. «Nonostante sia chiamata la teoria del Big Bang, questa non ci dice assolutamente nulla sul Big Bang stesso», afferma Alan Guth, famoso fisico teorico del MIT. «Non ci dice che cosa è esploso, né perché è esploso, né che cosa ha causato l’esplosione. E non descrive nemmeno le condizioni immediatamente dopo l’esplosione».
Il problema è che se riavvolgessimo all’indietro un ipotetico filmato della storia del cosmo, vedremmo che l’universo primordiale era molto più piccolo, molto più denso e molto più caldo di quello odierno. Più ci avviciniamo al tempo zero, il momento del Big Bang, e più la temperatura aumenta, fino a diventare teoricamente infinita all’attimo dell’esplosione. E a questo punto le equazioni della gravità di Einstein diventano inservibili, poiché nessuna teoria è in grado di descrivere ciò che accade quando le quantità fisiche tendono all’infinito: la cosmologia parrebbe così giunta al capolinea della singolarità iniziale.

E se il nostro cosmo fosse una simulazione in un computer alieno?

Cosa dicono le grandi religioni sull’origine del cosmo

SCONTRI FRA UNIVERSI - Per anni tutti gli sforzi di superare lo scoglio della singolarità del Big Bang appaiono destinati a naufragare, finché nel 2001 Neil Turok, dell’Università di Cambridge, e Paul Steinhardt, dell’Università di Princeton, stupiscono tutti con un’idea straordinaria che «potrebbe essere sufficientemente folle per essere corretta», secondo il cosmologo Michael Turner dell’Università di Chicago. I calcoli di Turok e Steinhardt, infatti, dimostrano che l’universo visibile potrebbe essere solo una minuscola parte della realtà. Possiamo tentare di rappresentarcelo come un sottile foglio a quattro dimensioni (tre spaziali più il tempo), chiamato «membrana» o «brana», che fluttua in un iperspazio a 5 o più dimensioni, per noi nascoste. L’esistenza di una quinta dimensione, inaccessibile a ogni forma di materia ed energia tranne che alla forza di gravità, è una delle predizioni chiave della teoria delle stringhe. Non solo: l’iperspazio è considerato un luogo pieno di attività e «là fuori» potrebbero esserci molte brane simili alla nostra. Avremmo allora degli universi paralleli fluttuanti nell’iperspazio, forse solo a pochi milliardesimi di millimetro di distanza da noi, ma separati dalla quinta dimensione spaziale per noi invalicabile. Solo la forza di gravità può trasmettersi attraverso l’iperspazio, creando così un’attrazione fra una brana e l’altra che le spinge ad avvicinarsi sempre di più. Prima o poi, lo scontro è inevitabile. «Il Big Bang non sarebbe altro che la conseguenza dello scontro fra due universi paralleli», spiega Neil Turok. L’enorme energia liberata dall’impatto fra due brane darebbe luogo a ciò che noi chiamiamo il Big Bang. «Ma l’esistenza delle brane prima della singolarità significa che il tempo esisteva anche prima del Big Bang», prosegue Turok. «Il tempo può così essere ricostruito anche al di là della grande esplosione». Turok e Steinhardt hanno battezzato la loro teoria «universo ekpirotico», prendendo a prestito un antico termine della filosofia degli Stoici che significa «nato dal fuoco». Se davvero il nostro universo prese inizio dallo spettacolare scontro fra due brane, il Big Bang non sarebbe affatto l’inizio del tempo, ma solo l’azzeramento dell’orologio cosmico della nostra brana. Forse, in questo stesso istante un’altra brana si sta avvicinando pericolosamente alla nostra lungo la quinta dimensione. L’immane scontro fra universi paralleli potrebbe ripetersi nel futuro, annullando così il nostro universo in un nuovo Big Bang.

«Prima del big bang non c'era niente

«L'universo non è stata creato nel tempo, ma insieme al tempo

L’AMNESIA COSMICA - Potrebbe dunque essere di grande importanza ricostruire ciò che accadde prima e durante l’ultimo scontro, così da poter predire l’eventualità di una nuova collisione. Ma non abbiamo fatto i conti con l’«amnesia cosmica», come afferma un’altra, recentissima teoria, quella del Big Bounce (Grande rimbalzo). Come ha scritto nel luglio scorso Martin Bojowald, un esperto di gravità quantistica della Pennsylvania State University in un lavoro apparso su Nature, «Il Big Bounce sostituisce l’idea classica del Big Bang quale inizio del nostro universo». Bojowald ha usato una «macchina del tempo matematica» chiamata Loop Quantum Gravity (Gravità quantistica ad anello), per risalire all’inizio di tutto. La LQG cerca di unificare le teorie, altrimenti incompatibili, della Relatività generale e della meccanica quantistica. Nella LQG lo spazio-tempo è formato da microscopici anelli interconnessi, ognuno grande 10-35 metri, che formano un tessuto omogeneo. Mandando indietro nel tempo le equazioni della LQG, Bojowald ha scoperto che queste possono evitare il paradosso matematico della singolarità, l’istante zero dove in un punto si condensano una densità e una temperatura infinite. A mano a mano che l’universo collassa, arriva a un punto in cui il tessuto spazio-temporale si lacera e la gravità da attrattiva diviene repulsiva, facendo rimbalzare l’universo in un nuovo Big Bang. Il processo si ripete in un ciclo perpetuo. Ma in questa fase, afferma sempre Bojowald, si sviluppano delle forze quantistiche così intense da creare una specie di «amnesia cosmica» tale da cancellare pressoché ogni informazione su ciò che era avvenuto prima del fenomeno. Quindi in ogni Big Bang l’universo dimentica il suo passato e ricomincia una nuova vita.

Stephen Hawking: «È il presente che crea il passato»

John Archibald Wheeler: «L’universo è nato ed esiste solo perché noi lo osserviamo»

BENVENUTI NEL MULTIVERSO - Se l’idea di una catastrofe cosmica causata da un universo parallelo non vi piace particolarmente, forse potreste trovare qualche conforto rifugiandovi nel Multiverso, un’altra creatura della teoria delle stringhe al cui confronto l’universo di Matrix appare tutto sommato abbastanza ragionevole. Nonostante che il cosmo appaia per lo più vuoto, lo spazio fra le stelle e le galassie non è affatto innocuo come potrebbe sembrare. Nel mondo submicroscopico della meccanica quantistica, in ogni punto dello spazio vengono create e subito distrutte delle coppie di particelle elementari di tutti i tipi, che appaiono e scompaiono troppo in fretta perché sia possibile osservarle. Di tanto in tanto, però, è possibile che venga prodotta una coppia di particelle particolarmente energetica, che non può essere riassorbita abbastanza velocemente. Questo fenomeno induce un cambiamento nella natura del vuoto, lo stesso tipo di processo che avviene nell’acqua quando passa dallo stato solido (ghiaccio, formato da cristalli ordinati) a quello liquido (fluido e disordinato). Ciò scatena un’espansione dello spazio a velocità superiore a quella della luce, creando una «bolla» che molto presto si ritrova totalmente disconnessa dall’universo da cui è stata generata. Si è appena formato un nuovo elemento del Multiverso. Come nell’universo ekpirotico, anche nel Multiverso il problema del Big Bang e dell’inizio del tempo sono una questione di prospettiva. Infatti, per gli ipotetici abitanti di ciascuna bolla l’inizio dell’universo corrisponde al momento in cui la loro bolla si è prodotta da quella precedente. Ma un ipotetico abitante del Multiverso avrebbe una differente concezione del tempo, e potrebbe osservare nuove bolle continuamente prodotte, in un ribollio di mini-Big Bang.

Jeffrey Weeks, matematico, Stati Uniti «L’universo è come una sala di specchi»

IL BIG BANG IN LABORATORIO - Ma potrebbe essere addirittura possibile riprodurre un mini-Big Bang in laboratorio, e creare così una bolla di universo sintetica. Un team di fisici giapponesi guidati da Nobuyuki Sakai, dell’Università di Yamagata, ha elaborato un piano che, seppure ancora al di là delle nostre capacità tecniche, potrebbe essere realizzato da una civiltà più avanzata. Secondo Sakai, il primo passo sarebbe quello di trovare un monopolo magnetico, un’ipotetica particella molto pesante e con la curiosa caratteristica di avere solo un polo Nord o solo un polo Sud, e non entrambi i poli come nei magneti che conosciamo. Bisognerebbe poi bombardarlo con dei fasci di particelle, in maniera da concentrare in uno spazio ridottissimo un’enorme energia. Le proprietà del monopolo magnetico farebbero sì che l’energia si trasformerebbe in una nuova bolla di universo in espansione, completo del suo proprio spazio-tempo a quattro dimensioni. Ma niente paura: il nuovo universo creato in laboratorio non fagociterebbe il nostro, poiché Sakai ha calcolato che l’espansione sarebbe tanto veloce da creare un tunnel nello spazio-tempo, attraverso il quale il nuovo mini-universo scomparirebbe in un tempo brevissimo, andando ad aggiungersi alla collezione di Universi-bolla all’interno del Multiverso. Sfortunatamente nessuno è mai riuscito a osservare un monopolo magnetico. Ma un acceleratore di particelle sufficientemente potente potrebbe crearlo artificialmente. Tanto che, dice il fisico giapponese, forse il nostro stesso universo è nato da una bolla creata in un esperimento del genere svoltosi in un’altra parte del Multiverso. Ci piacerebbe riuscire a raggiungere i colleghi «dell’altra parte» che lo hanno realizzato e farci spiegare come ci sono riusciti ma la stessa teoria di Sakai lo vieta, poiché le bolle del Multiverso si espandono talmente in fretta che neppure viaggiando alla velocità della luce per un tempo infinito riusciremmo a entrare in una di esse.

30 agosto 2007