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Documento d’interesse   Inserito il 3-4-2007


 

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L’Unità 3-4-2007

 

Non c’è più religione

Di Marco Travaglio

 

 

È falso che la classe politica italiana sia succube del Vaticano. C'è almeno un settore nel quale essa oppone una tetragona resistenza agl'insegnamenti della Chiesa: la questione morale. Nel novembre '91 la Cei emanò la nota pastorale "Educare alla legalità", in cui lanciava l'allarme sul malaffare dilagante e denunciava "la nuova criminalità dei colletti bianchi che impone tangenti a chi chiede anche ciò che è dovuto". I politici, forse per dimostrare il loro laicismo, continuarono imperterriti a rubare, e tre mesi dopo arrivò Di Pietro. Papa Wojtyla, dalla valle dei templi di Agrigento, lanciò un anatema contro la mafia. Ma, se Dio vuole, i politici italiani continuarono a convivere con la mafia, e arrivò Caselli. Ora papa Ratzinger, la Domenica delle Palme, informa che "non può salire al monte di Dio chi ha mani sporche di corruzione e tangenti". Anche stavolta la classe politica fa orecchi da mercante: non sia mai che qualcuno possa sospettarla di farsi influenzare dal Papa (ben altro atteggiamento si registrò l'anno scorso, quando il Parlamento ripescò il vecchio appello di Giovanni Paolo II alla clemenza per i carcerati, per varare il più enorme indulto della storia repubblicana, ovviamente allargato a chi ha "mani sporche di corruzione e tangenti" e non stava in carcere, ma in Parlamento). Fa eccezione, nel silenzio generale, Paolo Cirino Pomicino, che sull'omelia di Benedetto XVI ha rilasciato una strepitosa intervista ad Angela Frenda del Corriere. Dall'alto delle due condanne e delle numerose prescrizioni per mazzette assortite, Cirino deplora il malcostume dilagante: "S'è persa l'etica della responsabilità, sia sotto il profilo religioso, sia sotto quello laico. La politica si è rovinata". Se lo dice lui c'è da crederci, perché parla uno dei massimi esperti mondiali del settore. Pomicino precisa che "il problema, per noi politici e per tutti coloro che amministrano la cosa pubblica, è gestire il proprio percorso verso Dio cercando una mediazione". Con che cosa? Con il codice penale, ovviamente. "Quando cercavo contributi per le mie campagne elettorali (costavano 1 miliardo e mezzo) ­ ricorda l'onorevole pregiudicato, membro della commissione Antimafia ­ mi sono sempre chiesto, anche da cattolico, se il fatto di non dichiararli fosse giusto". Gli sarebbe bastato consultare il codice penale, per scoprire che non solo non era giusto, ma era un reato: il "finanziamento illecito" istituito nel 1974 e ribadito anche col suo voto nel 1981. Ma lui dal codice penale si è sempre tenuto a debita distanza, per poterlo violare più serenamente. Così si rispose nei seguenti termini: "Poiché quei soldi non deviavano il mio progetto politico, era lecito". Ecco, in base alle leggi votate anche da lui, era illecito: ma le leggi valgono solo per gli altri. Se poi qualche giudice ha letto che tutti i cittadini, compresi i pomicini, sono uguali dinanzi alla legge, e lo condanna, provvede poi lui ad autoassolversi, con l'aiuto di ben due padri spirituali ("un gesuita e un cappuccino"). Non sappiamo se per merito loro o per merito suo, ma Pomicino crede più nel Dio Quattrino che nel Trino: "La corruzione è da sempre compagna di strada dell'uomo. La cultura cattolica ci insegna: senza soldi non si cantano messe". Veramente i 10 comandamenti insegnerebbero che i soldi bisogna guadagnarli, non rubarli, ma sono dettagli veterotestamentari. Volendo sottilizzare, la cultura cristiana insegnerebbe pure a non raccontare bugie. Ma Pomicino preferisce definirle "ambiguità costruttive". E ne fornisce un esempio fresco fresco: "Non sono mai stato condannato per corruzione". Forse dimentica di aver patteggiato a Milano una condanna per corruzione a 2 mesi, per 600 milioni di lire di fondi neri sottratti all'Eni, in continuazione con quella a 1 anno e 8 mesi per i 5,5 miliardi di finanziamenti illeciti dalla Ferruzzi-Montedison. Alla fine, meglio i vecchi tangentisti socialisti, che almeno non tirano in ballo il Padreterno per giustificarsi. L'altro giorno al consiglio nazionale del "Nuovo Psi" di De Michelis, che ha più dirigenti che elettori, se le son date di santa ragione: schiaffi, pugni, calci, fino all'arrivo della polizia. Questo Psi sarà anche Nuovo, ma resta ligio alla sua migliore tradizione: appare il garofano e subito, in lontananza, si sentono le sirene. Uliwood party