PRIVILEGIA NE IRROGANTO di Mauro Novelli Data inserimento: 20-11-2006
Dal Corriere della Sera del 20/11/2006
Rassegna Dal Corriere Economia (20-11-06)
Energia. Italia fuori anche dalle
minicentrali. Parla Beccalli (Ge):
«In tutto il mondo si fanno scelte diverse» |
Crif lancia un
servizio che avvisa i clienti su possibili frodi creditizie. Di S. RIG. |
Cybercriminali Le
password rubate? Vanno all’asta. Di Chiara Sottocorona |
Energia. Italia fuori
anche dalle minicentrali. Parla Beccalli (Ge): «In tutto il mondo si fanno scelte diverse» L’italiano numero due della General
Electric: nei prossimi 15 anni 100 nuovi reattori Nucleare
La corsa all’energia nucleare è già
cominciata. «Un centinaio di reattori sono in progetto in giro per il mondo da
qui al 2020 - spiega Ferdinando "Nani" Beccalli,
numero due di General Electric
- e le aziende energetiche si vanno posizionando di conseguenza, per competere
meglio in un mercato che appare prossimo al boom».
È la seconda ondata di centrali atomiche, dopo quelle
che hanno rivoluzionato il sistema energetico occidentale negli anni Sessanta e
che oggi stanno entrando nella fase del declino. Tony Blair,
venerdì scorso, ha evidenziato la necessità di chiudere quelle
obsolete risalenti agli anni Sessanta e Settanta, costruendone di nuove con
tecnologie innovative. «Peccato che l’Italia resterà tagliata fuori -
commenta Beccalli, presidente e ad
di Ge International - così come ormai
è praticamente tagliata fuori da tutti i grandi settori industriali:
avevamo l’alta tecnologia, la meccanica, la chimica, la farmaceutica e oggi non
le abbiamo più, restano solo piccole sacche di forniture di elementi,
che non riescono a innescare la vera innovazione. Lo stesso per il nucleare».
General Electric non ha
preferenze in materia di energia: ha le mani in pasta dappertutto, dal carbone
alle fonti rinnovabili, dal teleriscaldamento di Pragelato
alla diga cinese delle Tre gole. Realizza sistemi di estrazione e raffinazione
del petrolio, turbine a gas, ha tagliato il traguardo di cinquemila pale
eoliche installate, si occupa di solare, di idrogeno e di biomasse.
Con il suo braccio fiorentino, il Nuovo Pignone, è impegnata nella
costruzione del più grande impianto del mondo per la liquefazione del
gas naturale, in Qatar.
«Diversificare è importante - ricorda Beccalli
- ma con il greggio a 60 dollari e la concentrazione di anidride carbonica che
si avvicina alla barriera di 500 parti per milione, l’atomo si prospetta come
la fonte di energia più pulita ed economicamente più competitiva:
anche alcuni ambientalisti ormai hanno capito che è l’unica soluzione se
vogliamo arginare l’effetto serra».
Del resto non si può fare a meno di notare come «ad appena cento
chilometri da Torino ci sia già la prima centrale nucleare francese»,
con tutte le conseguenze immaginabili per la sicurezza. «Ma all’Italia -
commenta Beccalli - quelle centrali fanno molto
comodo, visto che vi attinge a piene mani. E sarà sempre più
così in futuro».
Per la prima volta in trent’anni di storia,
l’International Energy Agency
ha lanciato un appello per spingere chi può a costruire nuove centrali
nucleari: nel suo rapporto annuale, ha dipinto un futuro energetico «sporco,
costoso e incerto», se non si darà un colpo di acceleratore allo sviluppo
dell’energia atomica, per ora l’unica alternativa realistica all’economia del
carbonio. Un messaggio che le compagnie energetiche hanno già raccolto.
Con una trentina di reattori in costruzione, di cui uno in Finlandia, Paese
europeo fra i più attenti alle problematiche ambientali, si è
già scatenata la corsa agli appalti.
«L’alleanza appena annunciata fra General Electric e Hitachi segue di poco
quella della francese Areva con Mitsubishi
e l’acquisizione di Westinghouse da parte di Toshiba: nel processo di consolidamento in corso si sono
formati così tre grossi poli, che prevedibilmente si spartiranno il
mercato», spiega Beccalli.
General Electric ha 2.500
dipendenti impegnati sull’atomo, con un giro d’affari da un miliardo di
dollari. Le nozze con la divisione nucleare di Hitachi
(fatturato 1,4 miliardi di dollari), darà origine a due joint ventures
: la prima, controllata all’80% da Hitachi,
punta solo sul mercato giapponese; la seconda copre il resto del mondo e
sarà dominata al 60% da Ge. Protagonista di
questa svolta è il nuovo reattore di terza generazione che gli americani
stanno mettendo a punto nel loro centro di ricerca sulle rive del Mohawk River nello Stato di New
York: un mini-impianto da 4-500 megawatt, che punta
molto sulla sicurezza passiva, ottenuta innescando un rallentamento automatico
della reazione nucleare in alcuni casi di emergenza, e quindi sul contenimento
estremo dei costi.
«Un reattore di questo tipo - spiega Beccalli -
costerà molto meno dei suoi predecessori, sia per le dimensioni ridotte
che per la semplificazione delle tecnologie di sicurezza». L’Economic Simplified Boiling Water Reactor (Esbwr), che sarà costruito a Port
Gibson in Mississippi in collaborazione con la grande
utility Entergy, si candida
dunque a superare il grande scoglio dell’investimento iniziale, che
nell’energia nucleare è molto alto - attorno a un miliardo e mezzo di
dollari contro i 500 milioni di una centrale a ciclo combinato a gas - e quindi
fa da deterrente alla costruzione di nuovi impianti. Mentre i francesi lavorano
a Flamanville per mettere a punto un bestione da 1600
MW, l’European Pressurized
Water Reactor (Epr) di
terza generazione, l’Esbwr, più semplice e
flessibile, potrebbe diventare così il nuovo standard americano, con un
occhio al mercato cinese, dov’è già pianificata la costruzione di
27 centrali nucleari.
«La nuova frontiera sono le grosse economie in via di sviluppo, come la Cina e l’India - precisa Beccalli
- che producono una minuscola frazione del loro fabbisogno con il nucleare e
ora si vedono costrette a incrementarla di fronte ai preoccupanti rincari dei
combustibili fossili». In Russia, pioniere assoluto
dell’atomo con il reattore di Obninsk, operativo dal
1954, un quarto del parco centrali sta arrivando a fine corsa e quindi si sta
lanciando un nuovo programma nucleare. «Anche in Europa si sta muovendo
qualcosa: i Paesi bloccati dalla moratoria, come la Svezia, cominciano a
cambiare idea».
La prossima tappa è la Germania. Perfino in
Italia, secondo alcuni recenti sondaggi, l’opinione pubblica sarebbe in
maggioranza favorevole. Ma la politica è ferma.
Forse
non sono 20 mila, come ha detto il senatore Massimo Villone.
Ma certo le società pubbliche sono tante: qualche migliaio, considerando
anche le numerose municipalizzate. E forse non tutti gli amministratori
intascano 120 mila euro l’anno, come lo stesso Villone
afferma, facendo una media per forza di cose un po’ grossolana. Perciò
difficilmente la norma che lui e Cesare Salvi, con il sostegno di Valdo Spini,
hanno chiesto di introdurre, potrà consentire un risparmio di 2 miliardi
l’anno. Tuttavia la proposta di limitare tassativamente a 3 il numero dei
componenti dei consigli di amministrazione delle
società pubbliche avrà una conseguenza ancora più
importante che limitare gli sprechi: quella di introdurre un serio freno alla
lottizzazione. Non si può non ricordare che questa idea - applicare
senza eccezioni la regola del 3 - era stata lanciata
nel giugno scorso dal Corriere Economia , con un’inchiesta che denunciava la
proliferazione delle poltrone nei consigli di società come Poste
italiane o Sviluppo Italia. E in un Paese in cui spesso le denunce pubbliche
cadono nel vuoto, fa piacere constatare che in qualche caso, invece, i giornali
servono a qualcosa. Si tratta ancora di una semplice proposta di legge,
è vero. Ma è un segnale. E in ogni caso neanche il primo.
Settimane fa il viceministro dell’Economia D’Antoni ha promesso che la regola del 3 sarà
applicata a tutti i Cda di Sviluppo Italia in
scadenza. Lo aspettiamo al varco (anche se forse
sarebbe meglio chiudere in toto Sviluppo italia).
L’Identikit
contro i furti d’identità Un sms ti avverte se qualcuno sta chiedendo un prestito usando
il tuo nome
Nel
2005 ci sono stati in Italia 11 mila tentativi di frode creditizia, che hanno
portato a un controvalore complessivo di 46,5 milioni di euro. Una tendenza in
netta accelerazione nel 2006. Solamente nel primo quadrimestre i tentativi sono
stati 8 mila, per un ammontare di 36,4 milioni di euro. La crescita a fine anno di queste esperienze delinquenziali si
assesterebbe sul 120 per cento. Un dato che fa riflettere e che affonda le
proprie radici sul parallelo sviluppo dell’utilizzo di Internet e del credito
al consumo. In questi casi, soprattutto, si tratta del cosiddetto «furto di
identità», che permette di truffare il venditore presentandosi come un
buon pagatore…
Crif, la più importante banca dati in Italia
al servizio del credito (controlla il 95% del mercato delle informazioni
creditizie, ed ha come clienti i principali gruppi bancari e le istituzioni
creditizie), ha così deciso di aprirsi per la prima volta al mercato
consumer con Identikit, un programma di informazioni volte a garantire il
cliente da possibili frodi. «I dati del cliente - spiega Beatrice Rubini di Crif - vengono quotidianamente
monitorati. Se viene rilevata una nuova richiesta di
finanziamento o un credito accordato, il cliente riceve, nelle 24 ore
successive alla richiesta di finanziamento o di credito, un sms
e una mail di avviso. Così è possibile rilevare con
tempestività l’utilizzo fraudolento dei propri dati personali. Questo
permette di bloccare subito l’operazione e conseguentemente di non gravare
sulla reputazione del cliente».
Finora le frodi, per la maggior parte dei casi, venivano
scoperte dalla vittima solo diverso tempo dopo la loro realizzazione. Quando
magari, a propria volta, il cliente si recava ignaro a chiedere un prestito o
un finanziamento. «Il nostro servizio - continua Rubini
- permette invece di intervenire subito. Sapendo rapidamente del furto di
identità è molto più facile recuperare tempo, soldi e
salvaguardare la reputazione della vittima. Il nostro cliente avrà infatti a disposizione anche un numero verde dal quale
rispondono consulenti specializzati nel furto di identità».
Dati alla mano, le vittime di furti di identità sono oggi in Italia
circa 65 al giorno (91 se si considerano i soli giorni
lavorativi), un numero in continua crescita proprio per la estrema
facilità con cui si sta diffondendo anche in Italia il commercio via
Internet e il credito al consumo.
Le
frodi online sono raddoppiate negli ultimi due anni. Per il 2006,
Gartner ha stimato perdite finanziarie di 2,8
miliardi di dollari. E il maggior numero di attacchi avviene con il phishing, la tecnica basata sulle mail
e i siti fantasma per rubare ai clienti di banche e finanziarie password e
numeri di carte di credito. Rsa security,
che nel
Ad agire così, sono molti piccoli gruppi, che non si conoscono nè si incontrano, ma lavorano sincronizzati. In
tutto il mondo. La prima fase è la raccolta delle mail
degli utenti. La seconda è la creazione di siti nascosti in computer o blog di utenti ignari. «Gli attacchi alle nostre banche in
Europa avvengono da lontano - dice Rivner -. Per
esempio, dall’Asia, tramite i computer di famiglie americane».
Con altri software, altri gruppi raccolgono password e
dati personali. «Li rivendono poi in chat e forum ad
altri frodatori e si fanno pagare cash tramite e.gold
o Western Union su conti di utenti puliti, reclutati di volta in volta, a cui offrono una piccola percentuale». Spesso si tratta di
studenti, reclutati intorno alle scuole.